Art. 56
(Ripartizione delle funzioni pubbliche)

Nel rispetto delle attività che possono essere adeguatamente svolte dall'autonoma iniziativa dei cittadini, anche attraverso le formazioni sociali, le funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni, Province, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà e differenziazione. La titolarità delle funzioni compete rispettivamente ai Comuni, alle Province, alle Regioni e allo Stato, secondo i criteri di omogeneità e adeguatezza. La legge garantisce le autonomie funzionali.

È attribuita ai Comuni la generalità delle funzioni regolamentari ed amministrative anche nelle materie di competenza legislativa dello Stato o delle Regioni, ad eccezione delle funzioni espressamente attribuite dalla Costituzione, dalle leggi costituzionali o dalla legge alle Province, alle Regioni o allo Stato, senza duplicazione di funzioni e con l'individuazione delle rispettive responsabilità.

Senza oneri finanziari aggiuntivi possono essere istituite aree metropolitane anche con ordinamenti differenziati. I Comuni con popolazione inferiore al minimo stabilito dalla legge approvata dalle due Camere, ovvero situati in zone montane, esercitano anche in parte le funzioni loro attribuite mediante forme associative, alle quali è conferita la medesima autonomia riconosciuta ai Comuni.

Gli atti dei Comuni, delle Province e delle Regioni non sono sottoposti a controlli preventivi di legittimità o di merito.

Contenuto

Il principio di sussidiarietà (primo comma)

Il comma in esame definisce i principi sulla cui base le funzioni pubbliche sono ripartite tra i principali soggetti dell'ordinamento, stabilendo in primo luogo (al primo periodo) l'applicazione del principio di sussidiarietà anche al rapporto tra enti pubblici e soggetti privati, le cui attività non potranno essere limitate dall'attribuzione di funzioni agli enti pubblici stessi.

Con tale norma, il principio di sussidiarietà, sancito a livello comunitario dal Trattato di Maastricht, trova un proprio ambito di esplicazione anche all'interno del rapporto tra sfera pubblica e sfera privata. Nella seconda parte del comma lo stesso principio è applicato al riparto di funzioni tra gli enti pubblici. Importante, in questo contesto, è anche la valorizzazione, accanto ai cittadini, delle formazioni sociali in cui essi possono autonomamente organizzarsi, la cui rilevanza essenziale nell'ambito dell'intero ordinamento è riconosciuta dall'art. 2 della Costituzione.

 

Ripartizione delle funzioni tra gli enti pubblici territoriali (primo comma)

Gli altri periodi del primo comma e il resto dell'articolo dettano i criteri di ripartizione tra gli enti pubblici delle funzioni ad essi attribuite, soffermandosi in particolare su quelle amministrative e regolamentari.

Sanciti i principi di sussidiarietà e differenziazione, lo stesso primo comma stabilisce altresì che la titolarità delle funzioni compete rispettivamente agli enti elencati nel precedente articolo 55 (di cui ripete anche l'ordine, sottolineandone in questo caso il valore di criterio-guida preferenziale) secondo criteri di omogeneità (per cui non bisogna procedere a una dispersione di funzioni attinenti ad un medesimo oggetto) e adeguatezza (delle strutture rispetto alle funzioni, come previsto, in origine, dal testo approvato a giugno). Il rispetto di analoghi criteri è peraltro previsto anche per il conferimento di funzioni a Regioni ed enti locali, così come disposto dalla L. 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. "Bassanini 1").

Il secondo comma attribuisce ai Comuni la generalità delle funzioni regolamentari e amministrative, prevedendo che lo Stato e le Regioni possano svolgere tali funzioni solo ove ciò sia espressamente indicato dalla Costituzione o dalle leggi, evitando ogni forma di duplicazione di funzioni che possa rendere incerta l'attribuzione di responsabilità. La norma specifica che tale attribuzione è valida anche per le materie di competenza legislativa dello Stato e delle Regioni, precisazione finalizzata a superare il criterio del "parallelismo" tra funzioni legislative e amministrative che ha presieduto finora alla ripartizione delle funzioni amministrative tra Stato e Regioni, sulla base del dettato dell'art. 118 della Costituzione vigente.

Questa attribuzione di competenza generale ai Comuni sottolinea il ruolo primario che nel nuovo sistema costituzionale è affidato agli enti territoriali minori, le cui strutture amministrative sono a più diretto contatto con i cittadini.

L'attuale terzo comma individua due ulteriori categorie di enti territoriali: le aree metropolitane, la cui istituzione è solo eventuale e potrà avere luogo senza determinare ulteriori oneri finanziari; le associazioni tra Comuni montani o con popolazione inferiore ad un minimo (fissato con legge bicamerale), associazioni che dovranno assumere tutte o parte delle funzioni comunali e potranno godere della medesima autonomia riconosciuta ai singoli Comuni.

Infine il quarto comma, con una norma fondamentale per la definizione del nuovo statuto di autonomia degli enti territoriali, sancisce il principio per cui gli atti di Comuni, Province e Regioni non possono essere sottoposti a controlli preventivi, né di legittimità né di merito; il vigente testo costituzionale (art. 125 Cost.) assegna invece il controllo di legittimità ed eventualmente di merito (con potere limitato, in questo caso, alla sola richiesta di riesame) sugli atti delle Regioni, ad un organo dello Stato; quello sugli atti di Province e Comuni è invece attribuito ad un organo della Regione (art. 130 Cost.).

Dibattito in Commissione

Il dibattito svoltosi sul primo comma dell'articolo 56, sia nella prima fase dei lavori, sia in quella successiva all'approvazione del testo di giugno ha visto emergere evidenti divergenze. L'andamento della discussione ha infatti portato, dapprima, all'abbandono del testo approvato a giugno, quindi, alla formulazione di due ipotesi alternative.

La Commissione si è confrontata essenzialmente sulla concreta portata da dare al principio della "sussidiarietà orizzontale" e, dunque, sui principi costituzionali riguardanti il riparto tra funzioni pubbliche e autonomia dei privati e delle formazioni sociali.

Nella fase autunnale la discussione in Commissione si è sviluppata una riflessione su due proposte alternative (che vengono denominate con i nomi dei presentatori degli emendamenti che hanno ispirato la stesura delle proposte che sono state poste in votazione):

  1. ipotesi Bressa-Urbani, sostenuta essenzialmente dai gruppi del Polo, che precisava che gli enti pubblici "esercitano le attività che non possono essere svolte in modo più efficace dall'iniziativa autonoma dei cittadini", individuando così nel criterio della maggiore o minore "efficacia relativa" il contenuto specifico del principio di sussidiarietà nella sua dimensione "orizzontale" (in particolare, Pera, 2240; Urbani, 2243);
  2. ipotesi Folloni-D'Onofrio, che configurava la sfera di autonomia dei cittadini come un momento riconosciuto e valorizzato dagli stessi enti pubblici nell'esercizio delle proprie funzioni. In tal senso, si prevedeva di stabilire il principio in base al quale Comuni, Province, Regioni e Stato esercitano le loro funzioni in base al principio di sussidiarietà, "nel rispetto dell'autonomia delle persone, delle formazioni sociali e delle autonomie funzionali riconosciute dalla legge". Si prevedeva inoltre che, nell'esercizio delle loro funzioni, tale enti "riconoscono e valorizzano interventi autonomi dei cittadini e delle formazioni sociali" (sull'interpretazione di tale proposta, si vedano in particolare Pieroni, 2239; Marchetti, 2245).

Al termine del dibattito la maggioranza della Commissione ha approvato (con ulteriori modifiche) una proposta del senatore Elia, fatta propria dal relatore, che costituisce l'attuale testo dell'articolo.

Meno distanti le posizioni sugli altri punti affrontati nell'articolo, che pure ha conosciuto alcune sostanziali modifiche nel passaggio dal testo di giugno all'attuale. In particolare, si segnala la soppressione dell'originario terzo comma, che individuava alcuni principi che avrebbero dovuto presiedere all'esercizio delle funzioni regolamentari e amministrative da parte dei Comuni, ed estendeva l'applicabilità del principio di sussidiarietà alle ripartizioni del territorio comunale. Con la fusione in un unico comma degli originari commi quarto e quinto si è anche eliminata l'esplicita identificazione del soggetto competente ad istituire le aree metropolitane.

Si è infine registrato un consenso abbastanza ampio sull'attribuzione preferenziale ai Comuni delle competenze amministrative. In un primo momento, si era pensato di ammettere deroghe a tale principio unicamente con un procedimento aggravato, tramite la previsione di una legge "bicamerale" per attribuire funzioni regolamentari o amministrative ad altri enti territoriali. La Commissione ha poi optato, in sede di coordinamento del testo, per un "ritorno" al testo di giugno, ripristinando pertanto il riferimento alle sole leggi monocamerali.

Si ricorda infine che il divieto di controllo preventivo sancito dall'ultimo comma è rimasto fermo nonostante numerosi emendamenti soppressivi del comma o esplicitamente diretti a reintrodurlo (si veda, in proposito, Servello, 2258).


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