RESOCONTO STENOGRAFICO SEDUTA N. 63

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO D'ALEMA

indi

DEI VICEPRESIDENTI LEOPOLDO ELIA E GIULIANO URBANI



Pag. 2559


La seduta comincia alle 16.20.


(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).


Seguito dell'esame del progetto di legge di revisione della parte seconda della Costituzione (C. 3931 - S. 2583).


PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame del progetto di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.


FRANCESCO SERVELLO. Signor presidente, mi chiedo se lei possa cortesemente raccomandare agli uffici di predisporre un grafico o qualcosa di simile che ci orienti in ordine al Senato. Vi sono infatti competenze comuni tra Camera e Senato, vi sono competenze autonome, cioè quelle delle nomine di alcuni giudici e delle Commissioni di inchiesta con i poteri dell'autorità giudiziaria; vi sono poi procedure che devono essere svolte dal Senato in seduta straordinaria con i rappresentanti degli enti locali e delle regioni. Questo per dire che vi è una situazione in cui riesce forse ad orientarsi chi lavora qui dentro, ma per chi è fuori diventa difficile anche spiegarla.
Sarei quindi molto soddisfatto di una sua raccomandazione a questo riguardo, signor presidente.


PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Servello. Senza dubbio, gli uffici provvederanno a predisporre uno schema che aiuti ad avere una più evidente indicazione di tutti i compiti e dei diversi procedimenti legislativi. Naturalmente, non appena avremo approvato i testi.
Procediamo nell'esame degli articoli concernenti il Parlamento e le fonti normative e la partecipazione dell'Italia all'Unione europea (v. allegato Commissione bicamerale), e dei relativi emendamenti già pubblicati nell'apposito fascicolo, riprendendo dall'articolo 86 nel testo rielaborato dal Comitato ristretto sulla base degli emendamenti presentati.
L'articolo in questione è relativo ai criteri di costituzione del Senato nella quota elettiva. Come risulta anche dall'articolo 97, il Comitato si è orientato per la proposta di un Senato integrato, in sessione speciale, dai rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.
L'unica variazione, rispetto al testo precedente, riguarda la ripartizione dei seggi tra le regioni.


GIUSEPPE CALDERISI. Signor presidente, non abbiamo ancora il testo.


PRESIDENTE. Lo stanno distribuendo, onorevole Calderisi. Comunque, credo che lei lo conosca perché è quello che abbiamo esaminato stamattina.
Rispetto al testo originario, la differenza sta nel fatto che la ripartizione dei seggi tra le regioni si effettua in proporzione alla popolazione, salvo la garanzia di una quota minima di quattro senatori per ogni regione, due per il Molise e uno per la Valle d'Aosta. Quindi, rispetto al testo originario, che prevedeva l'assegnazione di cinque senatori per ciascuna regione, due per il Molise ed uno per la Valle d'Aosta e l'attribuzione dei restanti seggi con un criterio di proporzionalità


Pag. 2560

riferito alla popolazione, in questo caso è l'intero numero dei senatori che verrebbe assegnato in proporzione alla popolazione, salvo la garanzia di una quota minima di quattro senatori per ogni regione. Come è evidente, cambia notevolmente il riparto.
Si è arrivati a questa intesa in considerazione del fatto che la rappresentanza degli enti locali e delle regioni è garantita da quanto previsto all'articolo 97 e che, quindi, la rappresentanza su base regionale del Senato delle garanzie avvenga più in proporzione alla popolazione che non, invece, attraverso un riparto fisso tra le regioni.
In sostanza, è questa l'unica variazione.
Vi sono obiezioni?


KARL ZELLER. L'obiezione di fondo rimane tale: in questo modo non si crea un vero Senato delle regioni, una vera rappresentanza delle regioni. Tuttavia, a prescindere da questo, la limitazione del numero dei senatori a quattro impedisce di salvaguardare le misure del pacchetto per la provincia di Bolzano, che prevede un numero di tre senatori per garantire la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici ivi residenti.
Per questo motivo, propongo - ho presentato un emendamento in tal senso - di concedere alla provincia di Bolzano tre senatori; altrimenti, si approva una norma in aperto contrasto con un accordo internazionale.
Questa obiezione di fondo si riverbera anche sull'articolo 97, sul quale mi pronuncerò successivamente.
Vorrei inoltre proporre di effettuare la ripartizione dei senatori sulla base di un criterio medio tra popolazione e territorio perché in questo modo si riesce a distribuirli in modo più equo sul territorio. Il criterio qui proposto, infatti, penalizza fortemente le regioni con un grande territorio ma con una popolazione relativamente piccola e quindi non è a mio avviso equo.


PRESIDENTE. La senatrice Pasquali, il senatore Andreolli... manca l'onorevole Boato...


MARCO BOATO. Sono qui!


PRESIDENTE. Si riapre la sessione della Sottocommissione sul Trentino Alto Adige, che è quella che ha impegnato la gran parte dei nostri lavori.


ADRIANA PASQUALI. Si tratta in effetti di argomenti delicati. Capiamo come pesino sul complessivo, pesante lavoro della Commissione questioni che possono apparire estranee e che tuttavia hanno un'estrema rilevanza. Nel testo che presenteremo alla valutazione dei due rami del Parlamento abbiamo introdotto un riferimento ad obblighi internazionali, che non avrebbe senso e che noi abbiamo comunque contestato, ma che potrebbe essere qui richiamato - come ha voluto evidenziare l'onorevole Zeller - nel momento in cui in effetti esiste un impegno del Governo italiano, esattamente con la misura 111 del pacchetto, la quale è prevista a favore dell'intera popolazione altoatesina e prevede che siano riservati tre collegi elettorali nella sola provincia di Bolzano. Ciò per dare spazio e possibilità di concorrere elettoralmente a tutte le popolazioni e a tutti i gruppi linguistici.
Insisto quindi sulla valutazione degli emendamenti Mitolo C.86.46 e Acierno C.86.34.


MASSIMO VILLONE. Vorrei intervenire sull'ordine dei lavori e in particolare chiedere ai presentatori degli emendamenti, vista l'impossibilità evidente di affrontare in questa sede e in questo testo una questione assai complessa dal punto di vista tecnico e assai delicata politicamente come quella del Trentino Alto Adige, se non ritengano opportuno trattarla in una norma finale, eventualmente con una disposizione ad hoc in grado di tener conto dei diversi profili, piuttosto che tentare di modificare la norma generale, operazione questa a mio avviso più difficile.


TARCISIO ANDREOLLI. Indubbiamente potrà sembrare estraneo, creare qualche fastidio questa insistenza su problematiche


Pag. 2561

specifiche che riguardano quella particolare regione e provincia. Tuttavia, senza dubbio la misura 111 che ha chiuso il pacchetto non dice testualmente che si devono dare tre collegi senatoriali alla provincia di Bolzano. Rispetto alla situazione abnorme presente in quel momento - la regione aveva sette senatori, mentre le due province sono pari come popolazione; allora quattro collegi erano a Trento, due a Bolzano, il settimo era vacante - in ossequio alla misura 111 fu approvata una legge che modificava la distribuzione interna portando tre collegi a Trento, tre a Bolzano e lasciando il settimo vacante. L'applicazione di questa norma che prevede quattro senatori - quindi de facto due a Trento e due a Bolzano; essendo pari la popolazione è inevitabile che sia così - comporterebbe una situazione per cui a Bolzano con novanta probabilità su cento, per la consistenza numerica dei gruppi linguistici, avremmo due senatori di lingua tedesca e nessun senatore di lingua italiana.
Allora, mi pare che l'ipotesi Villone non sia da abbandonare...


PRESIDENTE. Mi permetto di interromperla per dire che qui stiamo introducendo un criterio tutto affatto diverso e nuovo. Il punto 111 prevede una revisione delle circoscrizioni elettorali in relazione alla legge elettorale che vigeva...


TARCISIO ANDREOLLI. No, mi sono espresso male...


PRESIDENTE. Sì, prevedeva una revisione delle circoscrizioni elettorali...


TARCISIO ANDREOLLI. ...al fine di favorire la rappresentanza...


PRESIDENTE. La legge elettorale per il Senato non è prevista. Può darsi benissimo che non ci siano collegi elettorali, che queste elezioni avvengano su base regionale proporzionale; in questo caso il problema della creazione nella provincia di Bolzano di due o tre collegi verrà completamente meno perché a quel punto i cittadini della regione Trentino-Alto Adige proporzionalmente eleggeranno i loro rappresentanti su base regionale. Poiché non abbiamo una previsione di legge elettorale per il Senato - se non il fatto che lo spirito del Senato delle garanzie fa sì che si pensi generalmente ad una legge elettorale di tipo più proporzionale e su base regionale rispetto a quella attuale - come possiamo in questo momento trattare questa questione, che lì fu affrontata in modo assai specifico sollecitando una correzione della ripartizione delle circoscrizioni sulla base della legge elettorale per il Senato che vigeva all'epoca!


TARCISIO ANDREOLLI. Infatti, stavo concludendo il mio intervento dicendo che condivido l'impostazione dell'onorevole Villone secondo cui è meglio affrontare questo problema in una sede di carattere non generale ma specifico, in un contesto finale.
Abbiamo sollevato il problema, vedremo come risolverlo in quella sede. In ogni caso, il problema esiste perché, al di là della distribuzione dei collegi nella futura legge elettorale, di fatto in questa prima parte dei deliberati già assunti abbiamo già sancito che la regione si articola nelle due province e che quindi in qualche misura bisogna tener conto nella futura legge elettorale di questo sistema; il numero complessivo dei collegi da attribuire non sarà irrilevante ai fini del rispetto dell'impegno internazionale di dare equa rappresentanza a quelle popolazioni mistilingue di rappresentanti eletti in Parlamento.


KARL ZELLER. Non si tratta qui della questione delle leggi elettorali; il punto nodale è la rappresentanza di tutti e due i maggiori gruppi linguistici e poiché per un terzo sono italiani e per due terzi sono tedeschi, è matematicamente esclusa una rappresentanza proporzionale avendo solo due senatori.


PRESIDENTE. Insisto su questo concetto. Il Trentino-Alto Adige ha quattro


Pag. 2562

senatori; se vengono eletti su base regionale con la proporzionale, potrebbero risultare eletti anche quattro cittadini della provincia di Bolzano.


KARL ZELLER. Mi permetta di sottolineare un fatto. Questa misura del pacchetto non vale per la regione Trentino-Alto Adige; sono misure in favore delle popolazioni altoatesine. Questo principio della rappresentanza proporzionale riguarda solo la provincia di Bolzano; Trento non c'entra per niente. Non potremmo dire che il gruppo italiano di Bolzano può essere rappresentato da un senatore eletto in un collegio o anche a livello regionale dove votano i trentini; questo cozza apertamente con la misura 111 del pacchetto, in cui si dice che nel territorio di Bolzano deve essere favorita la rappresentanza proporzionale. Con due è matematicamente impossibile rispettare questo principio. Trento non c'entra niente.


PRESIDENTE. Insisto su questo concetto: non è affatto detto che siano due. Noi non abbiamo stabilito l'istituzione dei collegi elettorali, abbiamo stabilito che il riparto avviene su base regionale. A questo punto muterà completamente il criterio, nel senso che mentre la minoranza di lingua tedesca su base regionale ha una proporzione di voti che le garantisce di avere un proprio rappresentante nel Senato, sarà compito delle formazioni politiche che rappresentano i cittadini di lingua italiana in modo prevalente far sì che venga eletto almeno un rappresentante dei cittadini della provincia di Bolzano. È un problema che diventa politico, se andiamo verso il criterio di una elezione di tipo proporzionale su base regionale; a meno che non stabiliamo che per il Trentino-Alto Adige l'elezione debba avvenire su base provinciale. È un altro concetto, che non dipende dal numero, perché se avviene su base regionale noi potremmo portare il numero a venti, ma non possiamo garantire in Costituzione che venga eletto un cittadino di lingua italiana della provincia di Bolzano, perché non è una garanzia costituzionale, è un problema politico; dipenderà dalle preferenze, dalle candidature.


KARL ZELLER. Se sono quattro, e la popolazione di Trento e Bolzano è identica, e sono 450 mila persone, allora è chiaro che anche creando un collegio unico a livello regionale, due senatori più o meno spetteranno a Trento e due a Bolzano.


PRESIDENTE. Ma se si vota su base regionale (e le elezioni sono libere) gli elettori potrebbero eleggere tutti cittadini di Bolzano, tutti di Merano, per esempio. Qui non ci sono collegi, noi non stabiliamo collegi, noi effettuiamo un riparto su base regionale. Lei può obiettare che per Trento e Bolzano il riparto deve avvenire su base provinciale e non su base regionale. Questa è un'obiezione che trovo ragionevole, se viene condivisa. Ma allo stato degli atti, l'aumento del numero non risolve il problema che pone lei, che andrà risolto attraverso altre garanzie. Ha ragione Villone, deve essere studiato in una norma transitoria, ma cambiando il sistema elettorale, cambiando il criterio di costituzione del Senato; non è più un problema di numero di collegi, perché noi non sappiamo neppure se ci saranno i collegi.


KARL ZELLER. Se ci saranno i collegi, sarà impossibile rispettare la norma. Se si creassero quattro collegi, sarebbe impossibile.


PRESIDENTE. Se ci saranno i collegi faremo una norma transitoria, una norma finale, ma in questo momento la discussione è del tutto costruita sulle nuvole, perché non c'è un riferimento ad una scelta concreta, che non spetta a noi. Noi stabiliamo un principio generale di riparto su base regionale in rapporto alla popolazione.


KARL ZELLER. Se c'è un impegno da parte di tutti di trovare una soluzione a questo problema nelle norme finali, allora


Pag. 2563

possiamo risparmiarci il dibattito, che poi verrebbe fuori anche sull'articolo 97, perché si pongono problemi più o meno identici. Se c'è un impegno generale di risolvere questa problematica nelle norme finali, allora va bene, altrimenti dobbiamo insistere sul voto e sulla discussione.


MASSIMO VILLONE. Presidente, penso che ci possa essere senz'altro un impegno a verificare se esiste un problema e, qualora esista, a definire una norma finale.


PRESIDENTE. Anche perché quell'intesa internazionale era riferita ad un Senato di 315 eletti, ad una rappresentanza del Trentino di sette senatori, ed è una legge ordinaria. Se il Senato dovesse dimezzare i suoi membri, è difficile che si possa applicare lo stesso parametro di riferimento, onestamente mi pare abbastanza problematico. L'intesa era riferita ad un contesto dato, cioè quella legge elettorale, quel numero di senatori e quel numero di senatori del Trentino.


GIUSEPPE CALDERISI. Desidero svolgere una breve dichiarazione sull'articolo 86 ma anche sulle connessioni con gli altri articoli riguardanti la questione Senato, dichiarazione che faccio, credo opportunamente, a titolo personale. I gruppi del Polo avevano prospettato la soluzione del Senato elettivo da eleggere appunto contestualmente con i consigli regionali, ritenendola una soluzione più adeguata rispetto a quella del cosiddetto Senato integrato. Credo che tale soluzione debba rimanere sullo sfondo; non vi chiedo che venga sottoposta ad una votazione. Riconosco che sul problema del Senato integrato è stato fatto tutto il massimo sforzo ed è stato profuso l'impegno delle forze politiche per trovare una soluzione di equilibrio tra le varie istanze poste dalle diverse forze politiche.
Tuttavia intendo esprimere una forte preoccupazione circa il funzionamento del sistema bicamerale così come è venuto a delinearsi. Abbiamo un numero molto elevato di procedimenti legislativi, perché avremo le leggi bicamerali, le leggi bicamerali imperfette, le leggi con richiamo, oltre ai decreti-legge che hanno procedure diverse; ma per le prime due, forse per le prime tre che ho citato dovremo poi distinguere se il Senato le affronti nella composizione integrata o in quella soltanto elettiva. Nel complesso si tratta addirittura di sei o sette diversi procedimenti legislativi. Credo che sia un procedimento bicamerale molto, molto macchinoso. Nutro una grossa preoccupazione sulla possibilità che questo sistema possa funzionare; temo che possano esservi gravi problemi di conflitti di competenza per i disegni di legge, per gli emendamenti e che tutto questo meccanismo risulti molto bizantino, molto complicato e di complesso funzionamento.


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LEOPOLDO ELIA


GIUSEPPE CALDERISI. Queste sono riserve di fondo che voglio esprimere a titolo personale. Dovremmo tutti quanti riflettere bene sulla possibilità che questo meccanismo individuato, ripeto, con molto sforzo (non voglio disconoscerlo, anzi lo riconosco io stesso) funzioni. Credo però che la proposta alternativa, che era stata avanzata dai gruppi del Polo, di un Senato eletto contestualmente in rappresentanza delle comunità territoriali, che quindi potesse svolgere tutte le funzioni che abbiamo previsto per il Senato, quelle cosiddette di garanzia, quelle di rappresentanza delle autonomie regionali e delle autonomie locali, riguardasse un sistema più adeguato e molto più semplice. Il meccanismo mi sembra addirittura più complesso di quello del cosiddetto camerino.
Spero di sbagliarmi nell'esprimere queste preoccupazioni sul funzionamento del sistema bicamerale. Ripeto, sarò felice se mi sarò sbagliato, ma credo che questa materia nel corso dell'esame parlamentare dovrà essere ancora oggetto di una ponderata riflessione.


Pag. 2564


PRESIDENTE. Per la verità lo intendiamo riferito soprattutto all'articolo 97.


GIUSEPPE CALDERISI. Ma anche all'articolo 87.


PRESIDENTE. Per una parte anche all'articolo 87.


LUIGI GRILLO. Nella seduta del 25 settembre alcuni di noi avevano rilevato che la questione del numero dei parlamentari, se non affrontata adeguatamente, sarebbe diventata dirompente.
Io sono favorevole in linea di massima a scrivere nella nuova Costituzione che il Parlamento del futuro sarà formato da un numero di componenti ridotto rispetto a quello attuale. Ritengo però che le grandezze proposte in questi emendamenti siano il frutto più di una logica antiparlamentaristica che di una impostazione raziocinante, che risponda a parametri oggettivi con riferimento alle questioni di media europea.
Non esistendo un riferimento oggettivo, nell'esprimere la mia astensione sulla proposta della relatrice, aggiungo che in un Senato composto da 200 membri la ripartizione proporzionale in modo secco rappresenta un'impostazione oggettivamente squilibrante, poiché carente sotto il profilo della rappresentatività. Quindi mi riconosco di più nel primo testo della relatrice, nel quale veniva garantita una rappresentatività territoriale, tendente a salvaguardare gli interessi del paese rappresentato in Senato.


GIANCLAUDIO BRESSA. Presidente, intendo svolgere una dichiarazione a titolo personale. Ho presentato una serie di emendamenti al testo approvato a giugno, finalizzati a dar vita ad una seconda Camera completamente diversa da quella che va delineandosi. Nel rinunciare a chiedere la votazione su questi emendamenti, ritengo importante svolgere una dichiarazione complessiva sul tema della seconda Camera così come è stato affrontato.
Prendo sicuramente atto che la volontà maggioritaria della Commissione va nella direzione di un Senato integrato. Il mio sarà un voto contrario a questa ipotesi di lavoro, ma mi rendo conto che le esigenze di una larga convergenza verso tale soluzione non possono essere arrestate.
Vorrei però restasse agli atti una preoccupazione. Il modello pensato e costruito rischia probabilmente di non essere adeguato né alle esigenze di un Senato delle garanzie in presenza di una formula di bicameralismo attenuato - come quella pensata - né ad un processo indirizzato verso uno Stato federale (una delle altre grandi esigenze emerse nel dibattito svoltosi in Commissione).
Il rischio è che questo modello sia insufficiente rispetto a due esigenze che hanno una propria validità ed importanza e che, come tali, sono state ampiamente riconosciute da tutti. Credo vada sottolineato il rischio di avere un modello ambiguo, ibrido, non esauriente né sufficientemente capace di dare risposte dirette ed immediate a queste due esigenze. Il rischio è soprattutto in relazione alla necessità di individuare un luogo nel quale il processo di federalizzazione dello Stato debba avvenire. È un rischio grande, che va rilevato soprattutto in ragione del buon lavoro compiuto da questa Commissione nella costruzione di un modello di Stato federale.
Nell'esprimere, con una dichiarazione di voto unica per tutti gli articoli che interessano questa seconda Camera, il mio voto contrario, preannuncio che presenterò emendamenti tesi ad attenuare le preoccupazioni che ho richiamato.


PRESIDENTE. Vorrei invitare coloro che interverranno a svolgere una dichiarazione di voto globale sugli articoli 86 e 97. Naturalmente ciò non esclude eventuali riferimenti a singoli punti, per esempio nel caso della presentazione di emendamenti. Comunque sarebbe opportuno esaurire l'esame del problema nel suo complesso.


MARCO BOATO. Presidente, per quanto riguarda la questione sollevata in


Pag. 2565

merito al Trentino-Alto Adige non intervengo nuovamente sulla materia. Credo però sia da assumere formalmente la proposta Villone, richiamata anche dal presidente D'Alema, di affrontare la questione in sede di disposizione finale. Ciò vale sia per l'articolo 86, quinto comma, sia per l'articolo 97. Infatti laddove si fa riferimento ai consigli regionali è evidente che la particolare struttura della regione Trentino-Alto Adige - che si articola nelle province di Trento e Bolzano - debba trovare uno specifico riflesso.
Credo che il problema debba essere risolto una volta per tutte con una disposizione finale che interpreti tutte le norme della Costituzione nelle quali si fa riferimento alle regioni alla luce della norma contenuta nell'articolo 58, in cui viene specificato che la regione Trentino-Alto Adige si articola nelle province di Trento e Bolzano.
Non affronto più il problema specifico degli eletti al Senato, proprio perché assumo insieme con voi questo impegno.
Prima della votazione dell'articolo 97 vorrei chiedere alla collega relatrice di apportare una modifica formale al primo comma dell'articolo, per coerenza con la denominazione utilizzata negli altri testi. In sostanza sarebbe opportuno, laddove si parla di «consigli regionali», modificare la formulazione in «assemblee regionali».


MARIDA DENTAMARO, Relatrice sul Parlamento e le fonti normative e sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea. Sì, però si parla anche di consigli provinciali e comunali.


MARCO BOATO. Basterebbe scrivere: «...da componenti delle assemblee regionali e dei consigli provinciali e comunali». Credo sia opportuno utilizzare in tutto il testo costituzionale la stessa terminologia. Si tratta soltanto di un'operazione di drafting, senza alcun contenuto sostanziale. Semplicemente dico che è possibile compierla ora piuttosto che in sede di coordinamento.
Sottopongo infine alla relatrice un problema relativo al terzo comma dell'articolo 97. Laddove si fa riferimento alle competenze del Senato integrato anche per quanto riguarda i disegni di legge approvati dalle Camere, dovremmo prevedere - già in questa fase, oppure in sede di coordinamento - un'integrazione all'articolo 101, secondo comma, dove si prevede la Commissione mista Camera-Senato per l'esame in seconda lettura delle modifiche apportate dalla seconda Camera nell'esame delle leggi approvate dai due rami del Parlamento. In questo caso, infatti, dovremmo prevedere che nella parte della Commissione mista espressa dal Senato la composizione sia integrata.


MARIDA DENTAMARO, Relatrice sul Parlamento e le fonti normative e sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea. Concordo. Mi pare opportuno riservarci la stesura in sede di coordinamento, non potendo procedere ora a questa formulazione in modo sufficientemente preciso.


MARCO BOATO. Non ho nulla in contrario. Ho sollevato la questione soltanto per chiedere a lei ed agli uffici di prendere cortesemente nota di questo problema di coordinamento.
Per quanto riguarda l'insieme dell'impianto che stiamo approvando ho anch'io numerose riserve, in parte già espresse da altri colleghi. Credo tuttavia che dobbiamo in qualche modo farci carico del fatto che nella presente fase dei lavori la Commissione è arrivata a questo approdo a maggioranza; esso potrà essere rivisto durante l'esame da parte delle Assemblee.
Annuncio pertanto un voto favorevole, sia pure con la riserva di un'ulteriore verifica e di un approfondimento nella successiva fase parlamentare dei nostri lavori.


LUCIANO GASPERINI. Signor presidente, vorrei soltanto illustrare una mia personale perplessità sul primo comma dell'articolo 86: «Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale».
La mia perplessità è la seguente, e la pongo come sommesso suggerimento di


Pag. 2566

ripensamento. La rappresentanza delle comunità territoriali, con questo sistema elettorale, può subire un pericoloso fenomeno: l'elezione su base regionale può cioè mortificare le aree a scarsa densità abitativa, caratterizzate da rarefazione di insediamento, a favore dei grandi centri urbani.
È evidente che grandi città come Milano potranno essere favorite nell'elezione dei propri rappresentanti, a differenza di quanto avviene nel circondario. Parlando dei fenomeni politici dell'inizio del secolo, potremmo dire che con questo sistema si favorisce la classe operaia a discapito di quella contadina; nei grandi centri urbani le industrie raggruppano migliaia e migliaia di operai, mentre la rarefazione abitativa delle campagne impedisce che funzioni lo stesso meccanismo. È più facile che in una grande fabbrica si raggiunga il quorum necessario per eleggere il rappresentante del popolo e che nell'area circostante, nei piccoli centri, tale compito sia più difficile. Potremmo quindi assistere ad un fenomeno perverso: nei grandi centri vengono eletti rappresentanti del popolo mentre nelle campagne (faccio un esempio molto semplice) non verrebbe eletto nessuno.
Se questo dubbio può essere condiviso da altri, suggerisco di prevedere una garanzia affinché ciò non avvenga. La norma dovrebbe stabilire che il Senato della Repubblica è eletto su base regionale, rimanendo però salvo per queste entità regionali il diritto di legiferare in subiecta materia, in modo da garantire l'effettiva rappresentanza delle aree diverse componenti il loro territorio, cioè indipendentemente dalla densità abitativa dello stesso.
In tal modo non solo avvicineremmo il nostro ordinamento ad un criterio di federalismo, ma daremmo a quest'ultimo anche una valenza positiva, lasciando alle regioni il compito di trovare un punto di equilibrio che garantisca l'effettiva rappresentanza popolare.


PRESIDENTE. Si tratta di una legge elettorale nazionale: sarebbe difficile intervenire con legge regionale.


ETTORE ANTONIO ROTELLI. Non ho partecipato all'elaborazione di questi tre articoli e dovrei compiacermi del fatto che si è andati nella direzione della proposta da me formulata a gennaio prima e a giugno poi. Infatti, è stata istituita la conferenza delle regioni, respingendo l'ipotesi della Commissione all'interno del Senato; è stata anche avanzata l'ipotesi che altri, e non i senatori, concorrano alla definizione delle decisioni del Senato in una determinata materia.
Dovrei e potrei rallegrarmi, quindi. Tuttavia devo dire che, a parte la direzione di marcia, il risultato è insoddisfacente rispetto alla mia proposta, che la relatrice aveva esplicitato assai bene nella sua relazione.
In sostanza, non si tratta di una conferenza delle regioni ma di una conferenza tra Stato e regioni, province e comuni; soprattutto, essa ha lo scopo di promuovere intese ai fini dell'esercizio delle rispettive funzioni di governo. Dunque, lo Stato, le regioni, le province e i comuni, per esercitare le rispettive funzioni di governo, devono promuovere intese tra loro. Questo sarebbe l'unico scopo dichiarato della conferenza delle regioni.
È evidente il carattere riduttivo di questa formulazione. Formalmente siamo in sede di esame degli emendamenti e non posso fare a meno di ricordare che avevo previsto che la conferenza delle regioni, con la partecipazione del Governo, determinasse - nelle materie di competenza regionale ed in relazione a quelle di competenza statale - gli obiettivi e le direttive della programmazione economica nazionale: si tratta di ben altro.
Inoltre, avevo previsto che la conferenza delle regioni, di fronte ad una Camera dei deputati che votasse leggi invasive delle competenze regionali, potesse impugnarle; ove la Corte avesse riconosciuto esistente il fondamento di tale impugnativa, esse dovevano essere inviate al Senato, integrato con un numero di senatori pari a quello dei senatori elettivi. Prevedevo oltre tutto che quella decisione del Senato fosse definitiva. Anche se qualche passo è stato compiuto


Pag. 2567

nella direzione da me proposta non posso quindi dichiararmi soddisfatto e prevedo con estrema facilità che le regioni esprimeranno la loro totale insoddisfazione per questo risultato.
Devo inoltre fare un'osservazione sull'articolo 86, affinché resti agli atti. Anche su questo argomento fu da me presentato a giugno, e fu respinto, un emendamento che proponeva che i seggi senatoriali fossero ripartiti secondo la consistenza della popolazione delle regioni. A luglio ho sottoscritto con il collega Frau l'emendamento S.86.154. Si indicava un sistema pienamente proporzionale e si prevedeva che la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni regionali si effettuasse dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per 200 e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni regione sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. Alla regione o alle regioni che per effetto di tale procedimento non spettasse alcun senatore era attribuito un senatore da computare oltre il numero dei 200 senatori elettivi.
È un sistema chiaramente proporzionale, analogo a quello esistente per la Camera. La formulazione che abbiamo di fronte realizza la proporzionalità in misura maggiore rispetto al testo del precedente articolo 86 e anche rispetto a quelli che avevano circolato fino alla metà di questa mattinata. Il presidente D'Alema ha presentato uno specchietto, redatto dagli uffici, da cui risultano quali sarebbero i senatori per ogni regione. Ritengo possibile, ma non certo, che questa formulazione del penultimo comma dell'articolo 86 determini il risultato che questa mattina, durante i lavori del Comitato ristretto, il presidente D'Alema ha indicato.
In particolare, citando l'esempio della prima regione indicata nell'elenco, si prevede che la Lombardia avrà trenta senatori. Si tratta di una proporzione sicuramente superiore rispetto a quelle formulate in precedenza ma non è una proporzione in senso assoluto perché in tal caso alla Lombardia spetterebbero trentuno o trentadue senatori. Questa considerazione deve essere fatta valere, tanto più perché noi procediamo ad un raddoppio della distorsione se si considerano i senatori non direttamente eletti.
Secondo la formulazione attuale, ad ogni regione sono comunque attribuiti quattro senatori; il Molise ne ha due e la Valle d'Aosta uno. La promessa - prendiamola per buona - è che il calcolo viene effettuato in una prima fase con una ripartizione tra le regioni e soltanto dopo si constata quali siano quelle che non hanno ottenuto comunque quattro senatori. Non sono sicuro che questa sia la formulazione del testo, però desidero che risulti dagli atti che questa mattina tale formulazione è stata proposta dal presidente della Commissione, D'Alema, e che quella Commissione dava quel risultato. Come dicevo, la regione Lombardia avrebbe trenta senatori; la distorsione c'è anche se è minore di quella respinta a giugno con l'argomento del senatore Villone secondo il quale, poiché prevedevamo un Senato delle regioni, dovevamo tollerare una relativa identità di numero dei senatori tra le varie regioni. Non facevamo allora e non facciamo adesso il Senato delle regioni; non abbiamo mai consentito agli italiani di scegliersi le regioni e arbitrariamente avremmo determinato questa distorsione.
Sull'articolo 97 faccio una semplice osservazione: il complesso meccanismo di collegi elettorali formati dai componenti dei consigli regionali, provinciali e comunali rappresenta oggettivamente un ostacolo ad una politica, che considero essenziale, di accorpamento dei comuni, perché, dal momento in cui venisse approvata questa norma a livello costituzionale, ogni mutamento del numero dei comuni e ogni accorpamento verrebbero valutati dal punto di vista degli equilibri politici. Questo è un aspetto negativo.
Se il Senato avesse avuto una funzione puramente legislativa, poiché i comuni e le province non partecipano all'esercizio di tale funzione, si sarebbe potuto prevedere

Pag. 2568

un Senato con l'aggiunta di senatori provenienti dalle regioni.


ANTONIO ENRICO MORANDO. La mia è una dichiarazione di voto a titolo personale perché il gruppo al quale appartengo voterà a favore degli articoli 86 e 97, mentre io voterò contro perché considero la soluzione del cosiddetto Senato integrato, che si riunisce per sezioni distinte, troppo distante da quel Senato federale eletto a suffragio universale diretto in occasione delle elezioni regionali che ho proposto fin dall'inizio e che continua a sembrarmi lo strumento più limpido ed efficace per dare rappresentanza nel processo legislativo agli interessi delle comunità regionali. Su cosa si fonda questo mio giudizio? Su molti elementi, ma, per economia di tempo, ne vorrei citare solo uno che considero fondamentale.
Ho sempre ritenuto, credo con il conforto di tutta la dottrina in questo campo, che non ci sia federalismo, non ci sia riforma federale dello Stato se i soggetti politici, i protagonisti della vita politica del paese, cioè i partiti, non conoscono a loro volta una radicale riforma in senso federale; se non c'è, in buona sostanza - uso un'espressione brutta ma efficace - una federalizzazione delle forze politiche e del personale politico. Per ottenere questo scopo non bastano le riforme istituzionali - lo so bene - ma esse sono indispensabili; in particolare lo sono due riforme istituzionali: una forma di governo e un sistema elettorale regionale che favoriscano l'investitura diretta dei governi da parte dei cittadini, al fine di conferire autorevolezza a questo personale politico e una Camera dei rappresentanti, un Senato federale attraverso il quale questo personale politico possa partecipare da protagonista alle decisioni della federazione che influiscono direttamente sulle comunità regionali. Una Camera - insisto - nella quale il principio organizzativo interno - questo è il nodo di fondo - sia costituito non dalla logica della competizione politica nazionale o federale ma dalla rappresentanza degli interessi regionali. Il Senato integrato per sezioni distinte non è questa Camera, perché i duecento eletti direttamente lo saranno secondo la logica della competizione per il Governo nazionale, che trova invece la sua naturale espressione nell'elezione della Camera politica. Di più: se il sistema elettorale, come è facilissimo prevedere, per il Senato sarà il proporzionale puro, allora il Senato rischierà addirittura di comporsi secondo una competizione politica più arretrata nello sviluppo dei processi politici rispetto a quella che troverà manifestazione nella competizione tra le coalizioni nell'elezione della Camera politica.
Avevo però riconosciuto che la soluzione del Senato integrato per sessioni rappresentava un passo in avanti nel dare rappresentanza agli interessi delle comunità regionali rispetto alla soluzione approvata dalla bicamerale a giugno. Ciò perché la proposta contenuta nell'emendamento Salvi S.97.19, da cui si è partiti per arrivare oggi a questa soluzione, esplicitava un criterio che non ritrovo più in questa formula e che mi sembrava fondamentale, convincente: mi riferisco al principio dell'equilibrata rappresentanza del territorio nei duecento membri aggiuntivi.
Anche in quella formulazione il rinvio alla legge nella definizione della composizione era molto ampio, anzi a ben vedere era assai opportunamente più ampio di quello che oggi non è previsto da questo testo, ma il punto è che in quella formulazione era salvato il principio della rappresentanza territoriale. Oggi il testo fa un rinvio alla legge, ma introduce un dettaglio di principi cui la legge deve ispirarsi, e nel dettagliare tali principi quello della rappresentanza territoriale è scomparso. Se capisco bene, con il richiamo alle cosiddette rappresentanze degli enti interessati, ci si riferisce non all'equilibrio territoriale di quella rappresentanza ma a quello tra i rappresentanti della regione, delle province e dei comuni, il che disancora completamente dal criterio riferito alla territorialità.


Pag. 2569


Inoltre, i consiglieri comunali, provinciali e regionali, quelli che esistono realmente e non quelli virtuali, sono il prodotto di meccanismi elettorali maggioritari. In che senso potranno essere rappresentati correttamente i comuni, le province e le regioni i cui consigli sono figli di una logica maggioritaria, se si assume come criterio il meccanismo proporzionale, come dice chiaramente il riferimento finale del testo in esame? La risposta a questa domanda è che ci sarà il collegio elettorale formato non «dai», ma «da» consiglieri comunali. La mancanza di quella «i» dice chiaramente che si comporrà un collegio di delegati; non vedo altra soluzione possibile cui possa ricorrere la legge se non quella, per i consiglieri comunali, di un collegio di delegati.
D'altra parte, la soluzione del collegio dei delegati è inevitabile se si vuole rispettare il principio della rappresentanza non della composizione dei consigli ma dei voti espressi per eleggere questi consigli, poiché - insisto - in ogni consiglio comunale esiste oggi una componente che è espressione di un criterio maggioritario tale che se venisse travolto per essere sostituito con il criterio proporzionale dei voti, la capacità di ogni consiglio comunale di eleggere senatori sarebbe ridimensionata di una percentuale pari alla percentuale dei voti ottenuti da quelle liste che non hanno avuto eletti. Per ricomporre la capacità di eleggere, bisognerà fare ricorso al voto di consiglieri virtuali, cioè di consiglieri che nella realtà non esistono.
Mi chiedo - e mi rivolgo ai sostenitori di questa proposta - se non sarebbe saggio almeno ritornare alla formulazione dell'emendamento Salvi S.97.19. Non lo condivido ma è lineare; assicura che i rappresentanti che andremo ad eleggere nelle regioni saranno rappresentanti degli enti locali così come essi sono realmente, mentre l'introduzione nel testo di questo criterio finale comporta per forza l'obbligo di fare riferimento ad una realtà virtuale che, a sua volta, determina come conseguenza inevitabile il fatto che gli eletti assumano la rappresentanza non degli enti locali bensì di coloro che introdurranno in quel collegio un principio di organizzazione, inesorabilmente le forze politiche, che sono le uniche in grado di farlo.
Non che io consideri illegittimo il fatto che nel Senato vi siano i rappresentanti delle forze politiche, ma quella è una cosa, la rappresentanza delle istituzioni locali è altra cosa. Se si ricorre a questo metodo, il risultato finale sarà contraddittorio rispetto allo scopo che si intende perseguire. Per questa ragione il mio voto sui due testi in discussione non potrà essere favorevole.


ORTENSIO ZECCHINO. Ho chiesto alla cortesia della presidenza e dei colleghi, dovendo partecipare ad una concomitante riunione di gruppo, di rendere - non rispettando l'ordine delle iscrizioni - una telegrafica dichiarazione di voto contrario agli articoli 86 e 97, ritenendo che i testi attuali non soddisfino né le ragioni del federalismo né quelle del bicameralismo.


NATALE D'AMICO. Prendo anch'io la parola per esprimere il mio voto contrario ad entrambi gli articoli in discussione. A me pare che nell'impianto complessivo di riforma che stiamo disegnando la soluzione più debole tra tutte sia questa che stiamo delineando con riferimento alla seconda Camera. Ho già argomentato perché trovo poco ragionevole la stessa soluzione di Camera delle garanzie qui abbozzata e dalla quale molti dei difetti dell'impianto che stiamo disegnando discendono. Se c'è necessità di sottrarre all'indirizzo politico maggioritario alcune materie, lo si può fare all'interno di una sola Camera. In realtà, la ripartizione delle competenze che stiamo immaginando sottrae all'indirizzo politico maggioritario una serie di materie che non è bene vengano ad esso sottratte; in più, a me pare che l'assunto, più volte dato per scontato in questa sede, secondo il quale la Camera delle garanzie deve essere eletta su criteri di rappresentanza proporzionale


Pag. 2570

sia un assunto sbagliato. A me pare che si possa legittimamente, semmai, sostenere il contrario: che parlamentari eletti sulla base di sistemi proporzionali tendono a riconoscere come propria constituency il partito di cui sono espressione e parlamentari eletti sulla base di sistemi maggioritari riconoscono come propria constituency il collegio elettorale di cui sono espressione. Quindi, premesso che lo stesso concetto di Camera delle garanzie mi pare barocco ed inutile, ritengo che l'assunto, dato per accettato da molti membri della Commissione bicamerale, secondo il quale una Camera delle garanzie debba essere eletta secondo criteri di proporzionalità, sia nella sostanza sbagliato.


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIANO URBANI


NATALE D'AMICO. Ritengo, inoltre, che la soluzione di Camera integrata, mista, alternante per sessioni sia una soluzione anch'essa barocca, che introduce gravi complicazioni nel procedimento legislativo. Stiamo ora definendo un sistema delle fonti, un'articolazione del procedimento legislativo che, in realtà, complica le cose, le rende meno trasparenti, introduce forti rischi che il sistema si intoppi in ogni fase dei suoi passaggi. È il contrario di quello di cui avevamo bisogno.
C'è, poi, il tentativo di recuperare all'interno della Camera delle garanzie la funzione di una Camera di natura federale. Avevamo il modello della «camerina», che è stato giustamente ritirato. Abbiamo ora questo modello della integrazione per sessioni; tuttavia, mi pare che tale modello non regga perché nella sostanza, per come è formulato, torna a dare rappresentanza alle preferenze partitiche dei cittadini. Ma se questo è, non ne abbiamo bisogno. Non ne abbiamo bisogno perché lo abbiamo già nella prima Camera. Non ne abbiamo bisogno perché non risolviamo così il nostro problema di dare rappresentanza ai soggetti dello stato federale. E poi, se proprio a quello dobbiamo arrivare, non capisco perché dobbiamo immaginare un sistema tanto barocco.
Il sistema qui disegnato io credo sia incomprensibile al 99 per cento degli italiani; e tra questo 99 per cento sia chiaro che ci sono anch'io, perché trovo assolutamente incomprensibili alcune delle cose che sono qui scritte. Indicare in Costituzione un sistema di formazione di una delle Camere legislative di questo paese secondo un criterio che i cittadini non possono comprendere, perché è - lo ripeto - barocco, arzigogolato ed inutilmente complesso, vuol dire fare il contrario di quello che una Commissione seria dovrebbe fare, cioè scrivere una Costituzione che i cittadini comprendano e, in particolare, una Costituzione che consenta ai cittadini di comprendere come le proprie scelte si trasformino in voti in Parlamento.
Per tutti questi motivi voterò contro entrambi gli articoli qui indicati. Credo che l'Assemblea dovrà modificare radicalmente l'impianto di questo bicameralismo incomprensibile che stiamo disegnando.


LUIGI GRILLO. Desidero ricordare, presidente, di aver presentato alcuni emendamenti per un Senato delle autonomie ad elezione di secondo grado, quindi del tutto legato alla logica della rappresentanza di quei soggetti costituenti che sono stati indicati all'articolo 55, cioè i comuni, le province e le regioni.
Non ripeterò le motivazioni già esposte da molti colleghi che mi hanno questa sera preceduto. Osservo soltanto che mi è piaciuto molto il richiamo, sia pure indiretto, fatto da Morando collegando il meccanismo dell'organizzazione federale delle istituzioni a quello federale dei partiti. È difficile pensare che vi possa essere una Costituzione federale, uno Stato federale se a questo presiedono dei partiti che hanno una caratura centralistica, quindi, in fondo, gerarchica, totalizzante e perciò in completo contrasto con lo spirito del federalismo.


Pag. 2571


Per questo, presidente, e per i motivi che hanno indicato meglio di me i colleghi che mi hanno preceduto, il mio voto sarà un voto contrario.


FRANCESCO SERVELLO. Signor presidente, onorevoli colleghi, sono veramente stupito dai mutamenti intervenuti rispetto ad un progetto che è un punto avanzato in confronto a quello del luglio scorso, quando era stata ipotizzata e poi varata, sia pure in sede referente, quella che fu definita dai giornalisti una «cameretta». Quella soluzione non era soddisfacente nemmeno per noi, si ritenne però che fosse una soluzione possibile. Mi pare che il proponente fosse il vicepresidente onorevole Elia ed ora vedo che il partito popolare si squaglia o addirittura dichiara il voto contrario ad una soluzione molto più avanzata di quella ipotizzata nel luglio scorso. Si tratta di un clima preelettorale, per cui bisogna cercare di stimolare certe spinte di carattere generale o comunale? C'è qualcosa di nuovo nell'aria che non riesco a percepire bene, tanto più che ero perplesso anche per questa soluzione pasticciata al punto che all'inizio della seduta ho chiesto al presidente di pregare i funzionari di delineare la mappa dei poteri, dei semipoteri di questo Senato rispetto al testo attuale.
Purtroppo c'è una spinta settoriale, da parte degli assertori del monocameralismo, del federalismo puro e integrale come fossimo in Svizzera, di coloro che sono alla Camera dei deputati, per fare del Senato una Camera delle garanzie. Avevamo allora mutuato in parte gli indirizzi del Senato americano per attribuire poteri ispettivi, di controllo e quant'altro; è però intervenuto qualcuno della Camera a sostenere che questa non può essere espropriata del potere di inchiesta. In tal modo la Camera diminuirà i suoi effettivi, ma vedrà aumentare poteri e competenze, mentre per il Senato ci sarà un intreccio di competenze che sono parte della Camera e insieme del Senato, parte direttamente del Senato, parte del Senato insieme alla rappresentanza di regioni comuni e province.
Ma almeno questa mi sembra una soluzione che va avanti e non nel senso che dice Morando, il quale continua a pensare che siamo uno Stato federale. La rivoluzione per trasformare la Repubblica italiana in una confederazione di tipo austriaco o americano, caro Morando, non l'hai fatta! Quando ci arriverai con le quadrate legioni che scendono dalle montagne forse ci sarà un nuovo risorgimento che la dirà lunga rispetto al mantenimento di un senso dell'unità nazionale! Vivaddio c'è una rappresentanza organica di comuni province e regioni, come fa un senatore della Repubblica preso dalla demagogia federalista a dire che i consiglieri comunali o i sindaci che parteciperanno alle assemblee che eleggeranno poi i rappresentanti in Senato sono consiglieri virtuali? I sindaci sono eletti con voto popolare e rappresentano le comunità territoriali, non i partiti, come cerchi di asserire quasi tu fossi figlio non dei partiti politici che ti hanno portato in Parlamento in questa occasione ed in quella precedente. C'è dell'ipocrisia, onorevole presidente, che denuncio in maniera forte.
Anche se non sono completamente d'accordo con questa soluzione la considero possibile, perché cerca in tutti i modi di comporre le spinte che ci sono verso l'autonomia e mantiene allo Stato alcune prerogative sopratutto nel senso della sua unità.


FAUSTO MARCHETTI. Credo che tutte le difficoltà di comporre un sistema bicamerale imperfetto siano ancora presenti nella soluzione che viene prospettata. Noi restiamo convinti che la soluzione monocamerale sia quella idonea e lo dimostrano le difficoltà che si incontrano nel perseguire una soluzione di bicameralismo imperfetto; sono difficoltà grandi, complicate dal fatto che si è ritenuto di dover dare una rappresentanza ad enti locali e regioni anche a livello di Senato integrato, non ritenendosi sufficiente la costituzionalizzazione della Conferenza Stato-regioni-autonomie.
Credo che le difficoltà restino tutte e che venga fuori una soluzione farraginosa


Pag. 2572

nella quale il percorso legislativo è estremamente complicato: abbiamo vari percorsi e difficoltà di distinguere le materie da assegnarsi ad un percorso all'altro e nel distinguere tra materie di competenza esclusiva della Camera. Nonostante gli sforzi che ci sono stati - e che anch'io riconosco - per dare un minimo di equilibrio alla soluzione, non mi pare si sia raggiunto un risultato soddisfacente e credo che restino molti margini di equivoco.
Credo, per esempio, che andrebbe affermato con più chiarezza, non in Costituzione ma anche nel dibattito, che comunque il Senato deve essere eletto non con un sistema maggiormente proporzionale rispetto all'altra Camera - come ho sentito dire dallo stesso presidente - ma con un sistema proporzionale. Su questo occorre avere estrema chiarezza, perché se vi fossero ancora dubbi su questo, cadrebbe la stessa impostazione di un Senato delle garanzie.
Non so se la formula adottata per quanto riguarda i rappresentanti di regioni ed enti locali, che sottende una chiara volontà di rispettare il voto degli elettori, sia sufficiente di per sé a garantire che il risultato sia di assicurare effettivamente la rappresentanza delle forze politiche nel Senato integrato, se non si accompagni alla previsione di collegi elettorali con qualche elemento di voto limitato. Nel testo l'intenzione c'è; non sono sicuro che il meccanismo previsto di per sé garantisca il risultato al quale si dichiara di voler pervenire.
Debbo anche rilevare che, per quanto riguarda la rappresentanza da dividersi tra gli enti locali (comuni e province) e regioni, nel momento in cui stabiliamo un uguale numero di 200 senatori e 200 membri che vanno ad integrare in alcune occasioni il Senato della Repubblica, occorrerebbe stabilire anche in Costituzione quanti di quei 200 siano i rappresentanti delle regioni e quanti dei comuni e delle province. Non credo sia una scelta felice quella di rimettere la determinazione di quest'equilibrio tra le rappresentanze territoriali alla legge approvata dalle due Camere; credo che questo sia un elemento costitutivo, di partenza del Senato integrato e che la scelta dovrebbe essere compiuta già nel testo costituzionale, poiché in questo modo rinvieremmo la soluzione di una questione alla legge approvata dalle due Camere, il che costituirebbe un'occasione di scontro, che in tal modo sarebbe accentuato, tra le posizioni di comuni e province e le posizioni delle regioni. Al contrario, una scelta già fatta in Costituzione chiuderebbe in qualche modo almeno quest'aspetto dei problemi che abbiamo di fronte.
Quindi, complessivamente quella proposta è una soluzione che lascia ancora molti ambiti irrisolti e che desta una certa preoccupazione quanto all'equilibrio complessivo ed alla suddivisione delle competenze legislative nelle varie materie dei vari percorsi legislativi da seguire.
Quanto al problema riemerso nelle ultime settimane nelle nostre discussioni, riteniamo che, per ciò che concerne il numero dei senatori ed anche dei deputati, occorra mantenere ferma una scelta che vada in direzione di un forte contenimento di tale numero, e non per porre in essere una scelta antiparlamentare ma, al contrario, proprio per una qualificazione del momento parlamentare e per rapportarci alla nuova ripartizione di competenze tra Parlamento nazionale ed assemblee regionali. Credo che questo non costituisca uno degli elementi populistici, come pure è stato detto, ma che rappresenti un'esigenza da mantenere ferma.


MICHELE SALVATI. Vorrei rendere una brevissima dichiarazione limitandomi semplicemente a rinviare a quanto ho già asserito in occasione della discussione svoltasi a giugno su questo stesso argomento e, in particolare, sul Senato delle garanzie e sulla sua composizione.
Le ragioni che allora non mi convincevano erano più radicali, riguardando l'intero Senato delle garanzie, rispetto al quale l'articolo sulla formazione e la composizione del Senato stesso è semplicemente la pietra conclusiva. Quindi, se una persona dissente rispetto al disegno


Pag. 2573

complessivo del Senato delle garanzie, necessariamente dissente anche da questo modo di comporre il Senato. La ragione per cui dissentivo - lo ricordo brevemente - è che si tratta di un organo con una doppia funzione difficilmente interpretabile e che darà luogo ad un insieme di complessità di comprensione da parte sia dei cittadini sia della stessa giurisprudenza. Questo è il motivo per cui mi sentirei di votare contro questa soluzione.


CLAUDIA MANCINA. Anch'io voterò contro il testo attuale degli articoli 86 e 97.


ANTONIO SODA. Il nostro gruppo ha partecipato alla formazione di questi testi e voterà a favore di essi. Cercherò brevemente di rispondere alle quattro osservazioni fondamentali che a me sembra siano oggi emerse contro questa proposta.
La proposta di costituzione di un Senato integrato è da alcuni ravvisata come struttura complessa, farraginosa ed incomprensibile (mi riferisco, in particolare, alla posizione espressa dall'onorevole Calderisi e dal senatore D'Amico); da altri è respinta perché non si ravvisano in questo Senato elementi di federalismo; da altri ancora perché inquinerebbe l'indirizzo di Governo attribuendo funzioni e natura politica alla rappresentanza che è nel Senato; infine, vi è l'osservazione del senatore Marchetti, secondo cui questa soluzione ci farebbe avvicinare al ripristino di un bicameralismo perfetto.
Comincerò da quella che mi sembra la contestazione più radicale, cioè che un assetto del Senato, o meglio delle istituzioni centrali che vedano una presenza così debole dei soggetti politici territoriali farebbe sì che si perda quell'indirizzo o quella struttura federale che vogliamo realizzare nell'ordinamento. Orbene, l'osservazione più acuta mi è sembrata quella di Morando, che fa riferimento ai soggetti politici che debbono essere riformati in senso federale: senza questa condizione, non si realizzerebbero la spinta federalista, l'assetto federalista né l'ordinamento federalista.
A me sembra che in questa posizione vi sia una confusione tra sistema politico e formazione e funzione della rappresentanza. Il sistema politico riflette i processi liberi, spontanei, le scelte culturali ed ideologiche che le singole formazioni politiche liberamente deliberano e scelgono di dare al proprio assetto, alla propria articolazione sul territorio in relazione al ruolo, alle funzioni, agli obiettivi ed alle finalità che vogliono perseguire. Altro è il problema della formazione della rappresentanza, altro è il problema della natura, della qualità e della presenza delle rappresentanze delle comunità - e questo è l'aspetto federalistico - all'interno delle istituzioni centrali, in che misura siano presenti e con quali poteri. Allora, se è così, a me sembra che un ordinamento costituzionale non possa disciplinare e condizionare un sistema politico, che appartiene non alla sfera dell'ordinamento ma a quella delle libere organizzazioni politiche. L'ordinamento si preoccupa di realizzare e qualificare la rappresentanza. E come avviene nell'ordinamento la qualificazione della riarticolazione o della redistribuzione dei poteri sul territorio? Perché è di questo che noi parliamo, non di federalismo che nasce storicamente per cessioni di sovranità di Stati originariamente costituiti. Parliamo storicamente, in Italia, di una redistribuzione dei poteri sul territorio, tentando di definire e di garantire costituzionalmente l'originarietà di alcuni poteri che la Costituzione riconosce agli enti politici territoriali.
Dunque, limitare il federalismo soltanto ad uno dei suoi tanti aspetti, quello cioè della rappresentanza delle comunità politiche territoriali nelle istituzioni centrali, è una visione limitativa, riduttiva, fuorviante.
Quando scriviamo che vi è una netta ripartizione legislativa, vuol dire che riconosciamo una funzione originaria, una potestà legislativa originaria, agli enti politici territoriali, che sul territorio sviluppano la loro capacità di produrre norme, di regolare la vita dei cittadini. Questo è un elemento di federalismo inteso come redistribuzione dei poteri sul territorio.


Pag. 2574


Quando scriviamo che vi è un'autonomia statutaria assoluta delle regioni per quanto riguarda il loro ordinamento, vuol dire che la Costituzione riconosce un altro aspetto, un versante di poteri originari a questi enti politici territoriali.
Quando definiamo nel comune il centro di riforma della pubblica amministrazione, rompendo con il vecchio parallelismo e con la pluralità delle pubbliche amministrazioni, scriviamo un altro pezzo del parallelismo.
Quando diciamo che i conflitti fra i soggetti politici articolati sul territorio e lo Stato unitario centrale si risolvono giurisdizionalizzandoli davanti alla Corte costituzionale, affrontiamo un altro versante forte del federalismo.
Quando definiamo tecniche e modalità di concertazione per quanto riguarda la redistribuzione delle risorse o la loro distribuzione sul territorio, ne affrontiamo un altro ancora.
Infine, quando rafforziamo, attraverso la costituzionalizzazione, la conferenza degli esecutivi, rafforziamo un quadro complessivo nel quale chiunque dovrebbe riconoscere che il problema del raccordo degli enti politici territoriali nelle istituzioni centrali è uno dei tanti aspetti del federalismo che vogliamo costruire.
La risposta a questa accusa è quindi ricca, complessa e articolata. Il Senato federale non è inteso come Senato delle esclusive rappresentanze delle autonomie territoriali che concertano e codecidono. È certamente un Senato che, in relazione a tutto il sistema che abbiamo voluto costruire, risponde a due funzioni (lo abbiamo già scritto negli articoli 59, 98, 112, 113 e 64). È quindi uno sviluppo conseguente di quella scelta di fondo che abbiamo compiuto. Gli articoli che ora esaminiamo, cioè l'86 e il 97, sono in armonia con ciò che abbiamo scritto in precedenza negli articoli 59, 98 e 64 e con quello che ci viene proposto dal Comitato ristretto nelle disposizioni agli articoli 112 e 113.
Il sistema è semplice, armonico, lineare e coerente. A due funzioni corrispondono due composizioni; ad un bicameralismo imperfetto e differenziato corrispondono, anche per il Senato integrato, procedimenti legislativi di bicameralismo perfetto e di bicameralismo imperfetto. Vi è un parallelismo tra le funzioni e il procedimento di formazione delle leggi; e non è, come sostiene l'onorevole Calderisi, che siano sette i procedimenti legislativi: quelli tipicizzati in questa proposta di costituzione sono due, cioè bicameralismo perfetto e bicameralismo imperfetto. I due procedimenti si applicano, rispettivamente, nelle materie tassativamente definite nel testo, al Senato a composizione esclusivamente elettiva e al Senato a composizione integrata per il raccordo territoriale.
Vi è poi una contraddizione nella polemica dell'onorevole D'Amico, il quale o non ha letto bene i testi o deve chiarire a se stesso ciò che vuol dire quando sostiene che si attribuisce a questo Senato a composizione integrata un indirizzo politico o comunque uno sconfinamento nell'indirizzo di governo. Nel testo è invece ben chiaro che è altra la partecipazione al processo legislativo (mi riferisco, in particolare, alla materia fiscale, al coordinamento della finanza locale con la finanza nazionale nonché alla legislazione sui fondi perequativi e sui fondi di sviluppo). È questa la materia di concertazione nel Senato integrato, e non è di codecisione. Infatti, proprio per la loro natura essenzialmente politica, il bilancio e le politiche fiscali restano all'interno dell'indirizzo di Governo, tanto che si prevede la decisione definitiva da parte della Camera dei deputati.


NATALE D'AMICO. No, mi riferivo al Senato senza integrazione, alle materie bicamerali.


ANTONIO SODA. Il Senato senza integrazione riguarda l'articolo 98 che, come D'Amico sa, attiene alle leggi di revisione costituzionale, ai diritti fondamentali, alle norme penali e processuali, all'ordinamento dei comuni e delle province nelle funzioni minime. Si tratta di un pacchetto di norme che da quando abbiamo iniziato


Pag. 2575

a lavorare in quest'aula sono state da tutti riconosciute come norme di garanzia del sistema che non debbono essere manomesse a colpi di maggioranza dal Governo o dalla maggioranza che si forma nella dialettica della Camera politica che esprime e revoca la fiducia al Governo.
Le garanzie del processo non sono strumento di politica di governo; devono essere garanzie tanto della maggioranza quanto della minoranza. Questa è la funzione di garanzia del bicameralismo perfetto in questa materia. La revisione della Costituzione non è una materia che può essere affidata alle scelte politiche contingenti dell'uno e dell'altro Governo (e anche questa è sottratta). La materia fondamentale sull'organizzazione dei comuni non è tale da poter far parte di una proposta di Governo. È questo che si è voluto dire.
Quindi, l'indirizzo politico governativo del Senato elettivo e del Senato integrato non c'è.


NATALE D'AMICO. Tony Blair non ha consultato la minoranza prima di fare


ANTONIO SODA. Concludo, per non essere ostruzionistico, dichiarando il voto favorevole della sinistra democratica a questo pacchetto di norme.


GIORGIO REBUFFA. Intervengo a titolo personale per dichiarare il mio voto contrario, anzi contrarissimo agli articoli 86 e 97. Le argomentazioni sono state già sviluppate nelle precedenti sedute, per cui non le rinnovo. Una in particolare mi sta a cuore più di altre e quindi la annuncio soltanto: non è vero - apprezzo l'eroismo dialettico del collega Soda - che il procedimento legislativo viene semplificato. Questa è la ragione fondamentale; sono d'accordo, non c'è più nel nostro impianto il federalismo, ma non possiamo costruire una Costituzione dove aggraviamo il procedimento legislativo, lo rendiamo complesso, tortuoso, difficilissimo.
Questo porta ad una considerazione politica. Se noi dovevamo scrivere una Costituzione pur che fosse, come gli articoli 86 e 97 mostrano, forse non era necessario tutto l'apparato di studi che abbiamo impegnato in questa bicamerale. Mi pare che questi due articoli segnino sul punto centrale, che io considero architrave della Costituzione (il federalismo e la semplificazione del procedimento legislativo) un fallimento nel nostro lavoro. Per questo voto contro.


LUCIANO GUERZONI. Voterò a favore dell'articolo 86, anche se non corrisponde pienamente alla mia convinzione. Voterò invece gli articoli 97 e 97-bis per rispetto verso lo sforzo compiuto dal Comitato, verso la decisione assunta dal mio gruppo, anche se preannuncio, come ha fatto l'onorevole Bressa per altro verso, che presenterò emendamenti per le successive verifiche.
L'articolo 97 mi sembra ancora un assemblaggio un po' rozzo tra le due proposte in campo, una specie di sommatoria tra la Camera delle regioni e il Senato delle garanzie. Mi sembra un'assemblea troppo ampia con componenti di serie A e di serie B, poco efficiente e poco autorevole, mentre dovrebbe esserlo in relazione alle funzioni di garanzia che dovrebbe svolgere. Desidero ricordare che ci sono pochissime assemblee miste (in buona sostanza parliamo di assemblea integrata, ma è mista); e, dove esistono, non funzionano o sono in via di superamento, proprio perché alla prova dei fatti non si sono dimostrate molto efficaci.
Avevo proposto un altro tipo di formazione del Senato, privilegiando i consiglieri comunali, provinciali e regionali con il potere esclusivo di scelta delle candidature per il Senato nelle loro regioni, tenuto conto che in questo modo si poteva dare ai senatori anche il ruolo di garanzia che va riconosciuto e che si vuole riconoscere - non lo metto in dubbio - alle comunità territoriali.
Devo dire che non capisco la necessità di mettere in Costituzione questa assemblea politica perché i governi si possono sempre riunire. Non è un'assemblea che decida per accordo. Ritengo che qui vi sia - mi si consenta - un equivoco: probabilmente


Pag. 2576

pensiamo che per le politiche funzioni la ripartizione che abbiamo definito per le competenze. Attenzione, le cose non sono così! Noi abbiamo ripartito le competenze, ma tutti i soggetti con competenze diverse - regioni e Stato per le legislative, province e comuni per le amministrative - eserciteranno quelle politiche. Ecco allora la necessità di una conferenza dei governi; altrimenti, corriamo il rischio dell'anarchia sul piano delle politiche programmatiche. Per tale motivo anch'io avevo proposto una conferenza dei governi con poteri decisionali e con la possibilità di ricorrere alla Camera politica per i soggetti soccombenti, essendo appunto una conferenza che decide delle politiche e dovendo spettare alla Camera politica l'ultima parola, in quanto eletta in funzione della realizzazione di determinati programmi politici.
In buona sostanza, mi chiedo se non sia il caso di soprassedere a prevedere in Costituzione un istituto così poco pregnante e significativo.


RENATO GIUSEPPE SCHIFANI. Voteremo a favore degli articoli 86 e 97.
In ordine all'esito del dibattito su un argomento che non ho riscontrato essere oggetto di riflessione questo pomeriggio, il numero dei senatori, vorrei fare qualche riflessione, che è stata già oggetto di particolare attenzione nell'ambito del Comitato di redazione.
Si è deciso - credo all'unanimità - di lasciare inalterata la previsione del numero di 200 parlamentari del futuro Senato, ma introducendo nel momento dinamico della previsione di questo articolo un'ipotesi di lavoro alla quale dovrebbe dedicarsi un piccolo gruppo di lavoro interparlamentare, eventualmente aggiungendo al testo finale, che licenzieremo entro il 16 ottobre, un ordine del giorno che individui l'elaborazione di criteri in forza dei quali il Parlamento potrà rivedere la materia sulla base di parametri oggettivi, quanto più asettici e meno estensibili alla demagogia esterna, sulla quantificazione serena e pacata del numero dei parlamentari stessi.
Questi parametri dovrebbero obbedire ad un ancoramento proporzionale tra il parlamentare e il numero degli abitanti del suo collegio, potrebbero oscillare con un rapporto di un parlamentare ogni 100 o 120 mila abitanti, in linea con la media europea che vede l'Italia collocata non certo alle prime posizioni come numero di parlamentari. Credo sia ormai sotto gli occhi di tutti l'esito del pregevole lavoro elaborato dall'ufficio studi del Senato.
Abbiamo deliberato all'unanimità di licenziare questo testo, ma nella consapevolezza che l'argomento rimane aperto. Ritengo che la Commissione, se accanto a questa apertura di argomento assumerà anche la responsabilità di dare un indirizzo di lavoro per il Parlamento sulla base di questi criteri, apporterà un notevole contributo alla soluzione di un problema estremamente annoso e delicato.
Per quanto riguarda la ripartizione dei seggi, il testo oggi esaminato è certamente migliore, più aderente ad un'esigenza di spalmatura del rapporto parlamentare-numero di abitanti. L'individuazione di un tetto minimo è stata rivisitata tenendo presente l'esigenza di assicurare in ogni caso a ciascuna regione un numero inderogabile (pari a 4 seggi), lasciando poi la possibilità di attribuire altri seggi alle regioni in relazione al loro coefficiente abitativo, mantenendo quanto più possibile un criterio di piena proporzionalità tra abitanti e numero dei parlamentari eletti.
Come altri colleghi - l'onorevole Guerzoni lo ha già annunciato - mi adopererò in chiave emendativa sul testo dell'articolo 97. Credo tuttavia che l'impianto risponda ad una esigenza elaborata e perfezionata ormai in questi mesi sulla scorta della richiesta di maggiore rappresentatività del mondo delle autonomie e di migliore raccordo tra l'attività parlamentare e l'attività amministrativa del territorio, di enti ai quali abbiamo dato piena potestà statutaria, piena potestà regolamentare ed amministrativa, secondo l'applicazione dell'articolo 56, commi 1 e 2. La famosa «cameretta» da noi elaborata a giugno l'abbiamo esaminata ed approvata, ma in


Pag. 2577

piena serenità devo dire che non piaceva a nessuno. Credo pertanto che una risposta andasse data.
Vi sono dei punti di passaggio che meritano un approfondimento, quali il rapporto tra il numero dei senatori eletti e il numero dei rappresentanti del mondo delle autonomie, quali l'esigenza, eventualmente in un testo di coordinamento, di specificare meglio che le leggi di bilancio e di contabilità rientrano nella materia oggetto di esame nel Senato integrato, e mi richiamo espressamente all'articolo 113. Sarà inoltre opportuno rivedere, estendendoli, i tempi stabiliti dall'articolo 100 per la legge di richiamo, per cui è prevista la possibilità di esame da parte del Senato soltanto entro i trenta giorni. Ritengo che alcune materie saranno oggetto di richiamo da parte del Senato in sessione integrata e se vogliamo disciplinare meglio l'attività del Senato integrato dobbiamo prevedere una tempistica più ponderata e più razionale.


KARL ZELLER. Annuncio il voto contrario della Sudtiroler Volkspartei, perché la soluzione proposta non garantisce una rappresentanza effettiva delle regioni e non rispetta gli accordi internazionali.


FRANCESCO D'ONOFRIO. Credo che nella seduta odierna dobbiamo aver presente che non stiamo per votare per la prima volta sul Senato delle garanzie, sulla sua composizione, sui suoi rapporti con il territorio. A giugno abbiamo votato su queste tre questioni, le votazioni sono alle nostre spalle; oggi dobbiamo valutare se, respingendo questa proposta di modifica, preferiamo tornare al testo di giugno. Mi sembra di non aver ascoltato da parte di nessuno dei colleghi che hanno preannunciato voto contrario il ricordo del testo di giugno come testo da preferire. Ecco la questione politica che è davanti a noi oggi.
Io ritengo che, appartenendo ad un partito che ha indicato la preferenza per l'elezione del Senato contestualmente ai consigli regionali, dovrei votare contro questo testo che non recepisce la nostra indicazione. Invece dichiaro, a nome del CCD, il voto favorevole mantenendo la proposta di una diversa articolazione del Senato. Noi infatti riteniamo questo testo, per quanto riguarda il Senato integrato, decisamente migliore rispetto al testo di giugno. Il che ci induce a votare a favore, perché la sua bocciatura significherebbe riproporre un testo che abbiamo considerato assolutamente scadente.
Mi sembra che i colleghi che indicano la preferenza per un Senato solo delle regioni dovrebbero onestamente prendere atto della circostanza che l'orientamento di procedere verso un ordinamento federale basato su enti locali, regioni e Stato è largamente condiviso, anche nel mondo delle autonomie. Quindi ipotesi di Senato tipo Bundesrat tedesco sono culturalmente e politicamente del tutto comprensibili, ma non ha molto significato opporle ad un'ipotesi di Senato misto, che certamente rappresenta un avanzamento rispetto al testo elaborato a giugno.
Esprimendo dunque soddisfazione in ordine al miglioramento del testo e mantenendo per l'aula la riserva di un testo diverso nell'ambito di una nuova valutazione, voteremo a favore.


PRESIDENTE. Credo che dopo una discussione così ampia ed approfondita si possa procedere alla votazione.
Pongo in votazione l'articolo 86 nel testo del Comitato ristretto.


(È approvato).


Risultanto cosė respinti tutti gli emendamenti ad esso riferiti, non integralmente assorbiti come da elenco in allegato.
Passiamo all'articolo 97.
Ne pongo in votazione il primo comma, nel testo elaborato dal Comitato ristretto.


(È approvato).


Gli onorevoli Bressa e Zeller hanno elaborato la seguente formulazione, emersa nel corso dei lavori del Comitato ristretto, che propongono di inserire come comma aggiuntivo dopo il primo comma dell'articolo 97: «Nelle province autonome


Pag. 2578

di Trento e Bolzano l'elezione ha luogo, per i consiglieri provinciali, da parte dei rispettivi consigli provinciali, per i consiglieri comunali da parte di collegi formati dai consiglieri comunali di ciascuna provincia». Le ragioni ormai sono note, perché più volte illustrate. Ricordo che al riguardo il parere della relatrice è contrario.


KARL ZELLER. Lo scopo dell'emendamento è di salvaguardare l'esistenza di altre due Camere legislative all'interno della regione Trentino-Alto Adige; del resto non si può non attribuire alle due province autonome di Trento e Bolzano la potestà di eleggere i propri rappresentanti. Tuttavia, per quanto riguarda la collocazione, ho parlato con altri colleghi e a maggioranza si è preferito inserire questa formulazione tra le norme finali. Per questo motivo, se la presidenza in sede di coordinamento del testo scegliesse la collocazione nelle norme finali, sarei ovviamente d'accordo.


PRESIDENTE. Questo vuol dire che voteremo l'emendamento nel momento in cui esamineremo le norme transitorie e finali.


KARL ZELLER. Già altre volte abbiamo votato un testo per poi scegliere la collocazione dopo. Mi pare inutile riprendere tutta la discussione in sede di norme finali se i termini sono abbastanza chiari.


PRESIDENTE. Interpretando le sue parole come un'insistenza perché si voti ora, pongo in votazione la proposta Bressa e Zeller.


(È respinta).


Naturalmente l'onorevole Zeller sa benissimo che in sede di norme finali la disposizione può essere riproposta nei termini che egli riterrà opportuni.
Sulla base di orientamenti emersi nel corso dei lavori del Comitato ristretto, il senatore Elia e gli onorevoli Bressa e Zeller hanno proposto di aggiungere, alla fine del secondo comma dell'articolo 97, le seguenti parole: «e disegni di legge relativi all'attuazione dell'articolo 59, secondo comma»; essi hanno proposto altresì di aggiungere, sempre alla fine del citato secondo comma, le parole: «le norme di procedura di cui all'articolo 62, lettera b), e all'articolo 118, primo comma».


GIANCLAUDIO BRESSA. Vorrei intervenire sull'emendamento, presidente, perché è stato lungamente esaminato in sede di Comitato, ma non è stato possibile illustrarlo in Commissione.
Con il secondo comma dell'articolo 97 si stabilisce che deve essere determinata con legge la disciplina generale su una serie di materie che già oggi appartengono alla competenza legislativa della regione. Non prevedere per il Senato integrato con la presenza delle rappresentanze regionali la possibilità di discutere di queste materie significa compiere un evidente passo indietro rispetto all'attuale situazione di fatto. Il senso dell'emendamento, quindi, è non arretrare rispetto alla realtà già oggi più avanzata.


PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima delle due proposte di cui ho appena dato conto, non accettata dalla relatrice.


(È respinta).


GIANCLAUDIO BRESSA. L'emendamento riguarda gli accordi internazionali e l'attuazione delle norme dell'Unione europea. Valgono le considerazioni già illustrate per il precedente emendamento.


KARL ZELLER. Vorrei aggiungere che su questa materia (articoli 62 e 118) già sono previste leggi bicamerali. A questo punto mi sembra si sia incorsi in una svista nella redazione del testo: non avrebbe senso prevedere una legge bicamerale su questioni attinenti al coordinamento delle competenze statali per l'attuazione delle norme internazionali, per esempio. Essendo già prevista la legge bicamerale, la procedura non è aggravata.


Pag. 2579


PRESIDENTE. Pongo in votazione la seconda delle due proposte di cui ho già dato conto, non accettata dalla relatrice.


(È respinta).


Pongo in votazione il secondo comma dell'articolo 97, nel testo del Comitato ristreto.


(È approvato).


Pongo in votazione l'articolo 97 nel suo complesso.


(È approvato).


Risultano cosė respinti tutti gli emendamenti ed articoli aggiuntivi, relativi a tale articolo.
Passiamo all'esame dell'articolo 97-bis.
Gli onorevoli Mattarella e Bressa, sulla base di orientamenti emersi nel corso dei lavori del Comitato ristretto, hanno elaborato la seguente proposta, alternativa a quella presentata dalla maggioranza del Comitato ristretto: "ART.97-bis. E' istituita la conferenza delle autonomie territoriali della quale fanno parte il Presidente del Consiglio dei ministri e i membri del Governo statale, i presidenti di regione, i presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano e un pari numero di rappresentanti dei governi locali scelti tra i sindaci e i presidenti di provincia, individuati secondo le modalità stabilite con legge.
La conferenza è presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri. I presidenti di regione, i presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano e i rappresentanti dei governi locali eleggono un vicepresidente.
ART.97-ter. Spetta alla conferenza: promuovere e concludere accordi ed intese con il Governo, anche al fine di coordinare l'esercizio delle competenze attribuite ai diversi livelli territoriali di governo e di svolgere in collaborazione attività di interesse comune; assicurare lo scambio di dati e di informazioni tra Governo e regioni, province, comuni nelle materie di comune interesse.
Spetta altresì alla conferenza essere consultata sugli schemi di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di interesse delle regioni e delle autonomie territoriali.
La conferenza determina, nei casi previsti dalla legge, i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie assegnate alle regioni e alle autonomie territoriali.
Il Presidente del Consiglio dei ministri può sottoporre al parere o alla deliberazione della conferenza ogni argomento ritenuto opportuno».
Se l'onorevole Bressa intende illustrare il testo, gli cedo subito la parola.


GIANCLAUDIO BRESSA. Signor presidente, vorrei evidenziare qual è la differenza tra i due testi.
La proposta presentata dall'onorevole Mattarella e dal sottoscritto tende a recepire in sostanza il decreto legislativo 28 agosto 1997, altrimenti conosciuto come decreto Bassanini, il quale attribuisce alla Conferenza Stato-regioni ed alla Conferenza Stato-autonomie, anche in una loro dimensione congiunta e unitaria, poteri ben definiti e precisi.
Si tratta in sostanza di demandare alla Conferenza Stato-autonomie la possibilità di realizzare intese ed accordi nelle materie di propria competenza, riconoscendo alla Conferenza alcuni poteri e funzioni precisi e propri.
Concordo con le considerazioni che ho ascoltato durante la discussione generale dal senatore Rotelli. Attraverso la ripresentazione di alcuni emendamenti egli propone di accrescere questo tipo di poteri e di funzioni. Sono assolutamente convinto che se non tenessimo conto del dibattito svoltosi nel corso di questi mesi tra Governo, regioni e mondo delle autonomie, commetteremmo un grave errore: licenzieremmo un testo molto più arretrato di quanto Stato-regioni ed autonomie hanno già ottenuto, cioè hanno già in un certo senso discusso, condiviso e approvato.
Il senso dell'emendamento Mattarella, da me sottoscritto, è proprio questo: si tratta di riconoscere nella Costituzione un


Pag. 2580

pezzo di strada importante che il mondo delle autonomie e delle regioni hanno già compiuto con lo Stato. Da questo punto di vista il testo della relatrice è poco esplicito e lascia alcune questioni non chiaramente definite, mentre l'emendamento Mattarella, che ho sottoscritto, è molto più chiaro ed innovativo. Lo sarebbe ancora di più se fossero accolte le indicazioni del senatore Rotelli, con le quali mi dichiaro d'accordo.


FRANCESCO SERVELLO. Penso che la proposta della relatrice sia tutto sommato onnicomprensiva perché in pratica non esclude nulla. Per la prima volta si inserisce nella Costituzione la previsione relativa alla conferenza come tale: il testo della relatrice parla di promuovere intese ai fini dell'esercizio delle rispettive funzioni di governo, e mi pare che questo dica tutto. Voler inserire un'espressione diversa, come quella contenuta nella proposta di articolo 97-ter del collega Bressa, mi sembra eccessivo. Tale proposta vanifica la rappresentanza delle regioni nell'ambito del Senato perché la conferenza dovrebbe promuovere e concludere accordi ed intese con il Governo. L'accordo è qualcosa che attiene al rapporto giuridico; le intese riguardano i coordinamenti e i modi di esercitare le rispettive competenze su questa o quella legge. Invece gli accordi, dal punto di vista giuridico, sono vere e proprie direttive di carattere legislativo e comunque vincolanti.
Se attraverso la conferenza, che prima aveva carattere strettamente consultivo, compiamo questo passo avanti rappresentato dal riferimento alle intese, nel quadro delle rispettive competenze esecutive, tutto va bene. Se invece, in modo chiaramente intenzionale, ci riferiamo agli «accordi», scendiamo su un altro terreno, che non vedo come possa ritenersi giuridicamente compatibile con altre norme che abbiamo fin qui approvato e soprattutto con il criterio di rappresentanza diretta, nell'ambito del Senato della Repubblica, delle regioni, dei comuni e delle province. Questi ultimi, ove venissero bloccati addirittura sul terreno degli accordi con il Governo, perderebbero gran parte della loro dignità ed autorità.


MASSIMO VILLONE. Preannuncio un voto contrario su queste proposte alternative all'articolo 97.
O infatti non si aggiunge nulla alla formulazione certo più sintetica ma non per questo meno significativa del testo della relatrice, oppure si sostiene qualcosa di inaccettabile. In particolare, segnalo che la proposta di articolo 97-ter del collega Bressa prevede che la conferenza determini, nei casi previsti dalla legge, i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie assegnate alle regioni ed alle autonomie territoriali. Questo significa spostare nella conferenza - e quindi a livello degli esecutivi - una funzione che abbiamo ritenuto appropriatamente collocata nel Senato, laddove intendiamo in particolare attribuire alla sua composizione integrata tutto ciò che riguarda la formazione degli orientamenti legislativi in materia di ripartizione delle risorse.


GIANCLAUDIO BRESSA. Si tratta solo dei casi previsti dalla legge!


MASSIMO VILLONE. Allora siamo ad una superfetazione: se un Senato integrato approva una legge nella quale si prevede una certa ripartizione delle risorse, non vedo perché si debba approvare un'altra legge sulla ripartizione che si articola tra lo stesso Senato e la conferenza; mi sembra una complicazione del tutto inutile.
Segnalo poi la stranezza rappresentata da una conferenza che conclude accordi con il Governo, che è parte della conferenza medesima.


FAUSTO MARCHETTI. Avevamo pensato alla costituzionalizzazione della conferenza Stato, regioni ed autonomie come alternativa al Senato integrato. Ora è stata approvata quest'ultima soluzione; riteniamo comunque opportuno costituzionalizzare la conferenza nei limiti previsti dalla relatrice, cioè quale organo impegnato nel rapporto tra il Governo nazionale e quelli locali. Le sue competenze


Pag. 2581

devono quindi essere ben delimitate, così come mi pare preveda il testo della relatrice.
Pertanto, voteremo contro le proposte formulate dai colleghi Bressa e Mattarella.


PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dei deputati Mattarella e Bressa.


(È respinta).


Pongo in votazione l'articolo 97-bis, nel testo elaborato dal Comitato ristretto.


(È approvato).


Risultano pertanto respinti gli emendamenti relativi a tale articolo. A questo punto dei nostri lavori, in considerazione degli impegni di diversi gruppi politici e della necessità che molti hanno di allontanarsi, rinvio il seguito dell'esame ad altra seduta.
Avverto che il Comitato ristretto è convocato per il 7 ottobre 1997, alle 10.


La seduta termina alle 18.30.