PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO D'ALEMA
La seduta comincia alle 9.45.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Seguito dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.
Procediamo nell'esame del testo base sulla forma di governo e dei relativi emendamenti (e subemendamenti), già pubblicati in allegato. Iniziamo dall'articolo 1 e dall'emendamento del relatore IV.1.46 che non introduce elementi sostanzialmente nuovi, per cui lo porrei in votazione immediatamente per completare il testo base. In sostanza, infatti, il relatore si limita a proporre di aggiungere, infine, il seguente comma: «La legge bicamerale regola il procedimento per l'elezione del Presidente della Repubblica e stabilisce le altre modalità di applicazione del presente articolo». Si tratta quindi di una norma puramente tecnica.
Pongo in votazione l'emendamento del relatore IV.1.46.
(È approvato).
Passiamo adesso agli altri emendamenti, fra i quali ve ne sono alcuni che, ispirandosi al modello del premierato, credo che debbano essere considerati superati dal voto di principio che abbiamo espresso ieri. Si tratta infatti di emendamenti che ripropongono l'elezione del Presidente da parte del Parlamento o di un collegio più allargato.
Salvo obiezioni, quindi, considererei gli emendamenti di sostanza. A me sembra che il primo punto di sostanza sia relativo al periodo di durata in carica del Presidente eletto. Al riguardo, vi sono emendamenti che propongono di elevare a sette e a sei anni la durata del mandato del Presidente eletto. Il relatore ha fatto proprio l'emendamento De Mita IV.1.37, che porta a sei anni la durata del mandato presidenziale.
GIUSEPPE CALDERISI. Premesso che non è certo una questione da guerra di religione la durata del mandato del Presidente della Repubblica eletto direttamente, credo comunque che si debba fare una riflessione molto pacata su ciò che sia più opportuno scegliere nella realtà italiana.
Siccome si è parlato, si è detto e si dice che dobbiamo adattare questo sistema semipresidenziale alla realtà italiana, credo che l'aspetto della durata del mandato sia un elemento significativo per capire l'adattamento. Rispetto alla costituzione francese abbiamo sottratto al Presidente della Repubblica una gamma di poteri molto ampia: i poteri eccezionali in caso di crisi interna e internazionale; la possibilità di promuovere propri referendum; la presidenza del Consiglio superiore della magistratura. Stiamo inoltre discutendo di una disciplina del potere di scioglimento molto diversa da quella che vige in Francia, che prevede solo un limite temporale del primo anno di vita dell'Assemblea nazionale; si discute sulla presidenza non del Consiglio dei ministri ma di un organismo di difesa e degli esteri.
PRESIDENTE. Vorrei chiarire che in alcuni emendamenti la questione della durata del mandato è connessa al principio di non rieleggibilità. L'emendamento Crucianelli IV.1.35, per esempio, propone che il mandato duri sette anni ma che il Presidente non sia rieleggibile. Invece il relatore, facendo proprio l'emendamento De Mita IV.1.37, propone che il mandato duri sei anni e che il Presidente sia rieleggibile una sola volta.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Questo rapporto temporale - sei anni e cinque anni - è un punto qualificante dell'insieme delle mie proposte. Se dovesse venir meno dovrei chiedere una sospensione dei lavori per riesaminare gli altri aspetti della materia.
FABIO MUSSI. Siamo d'accordo con il relatore, perché credo che alla base della sua proposta vi sia una ragione molto semplice: con la sfasatura tra le elezioni per il Presidente e le elezioni per il Parlamento e con i meccanismi introdotti - li vedremo più avanti - di possibilità di crisi di governo, mandati troppo brevi terrebbero il paese costantemente sotto elezioni o sotto crisi di governo. Francamente, questa non ci sembrerebbe una risposta seria al tema della stabilità. Quindi, concordiamo con i sei anni del mandato e con la rieleggibilità del Presidente una sola volta.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Dichiaro di mantenere il mio emendamento IV.1.45 e chiedo che sia messo in votazione. È il primo di una serie non eccessiva di emendamenti direttamente funzionali all'introduzione di un regime presidenziale o, meglio, alla correzione del testo iniziale in senso semipresidenziale. Illustrerò questo punto quando passeremo ai successivi emendamenti. Come commissario che ha votato contro la relazione Salvi sulla forma di governo, mi preme soltanto contestare un'altra affermazione falsa di ieri del relatore Salvi, cioè che la non contestualità delle elezioni è tratto caratterizzante del modello semipresidenziale. Non è assolutamente vero.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Potrà non essere condiviso dal collega Rotelli ma tutti i sistemi definiti come presidenziali in Europa prevedono la non contestualità.
PRESIDENTE. È un fatto casuale. Non si può dire post hoc, propter hoc. Casualmente avviene così.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Questo non significa che la non contestualità sia il tratto caratterizzante del modello.
PRESIDENTE. Adesso non dobbiamo aprire una disquisizione accademica su questo tema.
Porrei distintamente in votazione prima gli emendamenti relativi alla durata del mandato poi quelli relativi alla questione della rieleggibilità. Si tratta infatti di questioni distinte anche se, evidentemente, fra loro connesse.
FAMIANO CRUCIANELLI. Avendo proposto sette anni con il mio emendamento, ho dilatato il tempo di durata del mandato accogliendo il principio del presidente della non contestualità...
PRESIDENTE. Allora pongo in votazione anzitutto l'emendamento più lontano dal testo, cioè l'emendamento Crucianelli IV.1.35.
(È respinto).
Pongo in votazione l'emendamento Rotelli IV.1.45.
(È respinto).
Pongo in votazione l'emendamento De Mita IV.1.37, fatto proprio dal relatore.
(È approvato).
Passiamo adesso agli emendamenti Passigli e Rotelli relativi alla elezione contestuale. Il primo è l'emendamento Passigli IV.1.33, che prevede l'elezione contestuale. Mi permetto di osservare che, avendo noi votato per il mandato della durata di sei anni, l'emendamento è precluso, nel senso che la diversa durata del mandato fa cadere questa proposta.
L'onorevole Bressa ha presentato con altri colleghi un emendamento che prevede che l'elezione del Presidente della Repubblica non possa avvenire nei 180 giorni precedenti o successivi all'elezione della Camera dei deputati.
GIANCLAUDIO BRESSA. Se lo ritiene, presidente, l'emendamento può essere discusso contestualmente a quello presentato dal relatore all'articolo 5, perché affronta lo stesso problema. La ratio dell'emendamento è quella di garantire a maggior ragione la non contestualità delle elezioni ed una certa distanza tra l'una e l'altra, venendo incontro alle esigenze prospettate ieri dal relatore; questa garanzia della non contestualità delle due elezioni è un dato caratterizzante la proposta. Pertanto se lei è d'accordo potremo discuterne quando affronteremo la proposta del relatore riferita all'articolo 5.
PRESIDENTE. Mi pare che questo consenta di affrontare la questione in modo più ordinato.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Non c'è dubbio, presidente; sono d'accordo. Vi sono anche altri emendamenti a questo proposito.
PRESIDENTE. Passiamo ora (mi scuserete se io prendo in considerazione gli emendamenti fondamentali, altrimenti non riusciamo ad esaminare la materia) alla questione del conflitto fra interessi privati del Presidente della Repubblica ed interessi pubblici. Su tale questione sono stati presentati vari emendamenti. Quelli del gruppo di rifondazione comunista sottolineano che il Presidente non può esercitare nessun'altra carica remunerativa, nessun mestiere, nessuna professione, non può far parte della direzione del consiglio di amministrazione di un'impresa fondata a scopo di guadagno. Un emendamento Mussi del gruppo della sinistra democratica (IV.1.39) prevede invece una legge bicamerale con disposizioni idonee ad evitare conflitti fra gli interessi privati del Presidente della Repubblica e gli interessi pubblici, cioè rinvia ad una legge ma prescrive una legge bicamerale sul conflitto di interessi.
Chiedo ai colleghi di rifondazione comunista se intendano convergere su un'unica formulazione in ordine alla previsione di una legge in materia di conflitto di interessi. Benissimo. Ci sono interventi su questo emendamento?
MARCELLO PERA. Il problema è obiettivo e deve essere affrontato in un clima e in un regime di garanzie. Sono d'accordo sull'ipotesi di affidare ad una legge il regolamento di conflitti fra gli interessi privati del Presidente della Repubblica e la sua carica e funzione, ma una legge dovrebbe essere in questo caso l'espressione della massima garanzia. Chiedo pertanto che la legge sia trasformata da bicamerale in costituzionale, dal momento che stiamo parlando della funzione principale e massima del Presidente della Repubblica. La legge bicamerale è manifestamente soggetta al mutare delle maggioranze politiche, per cui chiedo una garanzia maggiore: niente è più garante, in questo caso, di una legge costituzionale, così come avviene in altri casi. Mi pare
FABIO MUSSI. Ricordo al collega Pera che la legge sul conflitto di interessi è essa medesima una legge di garanzia verso il paese e verso i cittadini. Poi naturalmente deve essere discussa ed approvata con tutte le garanzie del caso, ma quando si parla di legge bicamerale si indica un percorso, una fondazione piuttosto solida. Sarebbe stato interessante se il collega Pera avesse proposto, magari in questa sede, un emendamento, una norma da inserire qui come legge costituzionale, ma ciò non è avvenuto, per cui chiedo che il testo venga messo in votazione così come è stato presentato.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il subemendamento Pera IV.0.1.39.1, teso a sostituire l'espressione «legge bicamerale» con «legge costituzionale».
(È respinto).
Pongo in votazione l'emendamento Mussi IV.1.39.
(È approvato).
Passiamo ora ad alcuni emendamenti relativi al meccanismo di formazione delle candidature. Il quarto comma dell'articolo 1 del testo base è del seguente tenore: «Le candidature sono presentate da parlamentari, da consiglieri regionali, da presidenti di province e da sindaci, che vi provvedono nel numero e secondo le modalità stabilite con legge bicamerale».
La proposta più lontana è l'emendamento Pieroni IV.1.32, che propone di sostituire il quarto comma con il seguente: «Le candidature sono presentate da almeno 500 mila elettori secondo le modalità stabilite con legge bicamerale».
L'emendamento D'Amico IV.1.40 dispone che la legge possa disciplinare lo svolgimento di elezioni primarie.
NATALE D'AMICO. Lo ritiro, presidente.
PRESIDENTE. L'emendamento Armando Cossutta IV.1.7 aggiunge all'elenco dei soggetti che possono presentare le candidature i cittadini elettori, quindi è un emendamento meno distante ma che si muove nella direzione dell'emendamento Pieroni.
L'emendamento Calderisi IV.1.41 è di parziale correzione, nel senso che allarga la platea dei soggetti istituzionali che possono concorrere a formare le candidature.
Affrontiamo la materia nel suo complesso, poi procederemo ai voti. Il relatore è contrario a tutti gli emendamenti.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Credo che nella soluzione contenuta nel testo base si sia trovato un adeguato punto di equilibrio rispetto alle ipotesi in campo, che del resto sono ipotesi conosciute anche nell'esperienza comparatistica in questa materia. Noi abbiamo varie soluzioni, vari meccanismi, tra cui appunto la raccolta di firme fra gli elettori, che tuttavia è una soluzione (vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi presentatori, in particolare del collega Boato) che accentua i rischi che possono essere legati ad una deriva plebiscitaria di questo sistema.
MARCO BOATO. Se lei cancella l'espressione «deriva plebiscitaria» io ritiro l'emendamento.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Cancello l'espressione «deriva plebiscitaria» e l'onorevole Boato ha ritirato l'emendamento. Il sistema sul quale ci siamo orientati, proposto in questo testo (che avrà comunque una possibilità di affinamento sia nel successivo esame parlamentare sia soprattutto nel momento in cui si definirà la legge bicamerale di attuazione), che è più vicino a quello previsto nel sistema francese, consente da una parte una platea sufficientemente ampia per evitare che questa norma possa essere considerata come una preclusione alla candidatura da parte di soggetti o personalità non interni al sistema politico attuale e, al tempo stesso, un filtro, un
MARCO BOATO. Ritiro l'emendamento IV.1.32.
GIUSEPPE CALDERISI. Posso anche accogliere l'invito, però vorrei far presente che il nostro emendamento IV.1.41 migliora l'impostazione stessa del relatore, perché da una parte è volto ad inserire i parlamentari europei, che sono meno di 100 soggetti; dall'altra parte, la riflessione era se considerare alla stessa misura di un parlamentare nazionale il sindaco di un comune di 5 mila abitanti. Qui si è prevista l'indicazione dei sindaci che sono eletti con il sistema maggioritario nei comuni con più di 15 mila abitanti. È un'indicazione, non è niente di particolare. Posso benissimo ritirare l'emendamento ed affrontare la questione in un altro momento.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Accoglierei senz'altro il punto relativo ai parlamentari europei, che mi sembra giusto. L'altro lo capisco, lo colgo, però suggerirei un approfondimento ulteriore dei vari aspetti, delle implicazioni.
PRESIDENTE. Si considera accolto il riferimento ai parlamentari europei, non quello sulla discriminazione tra i sindaci: già abbiamo molte impopolarità, adesso la protesta dei sindaci dei comuni minori sinceramente ce la possiamo risparmiare, almeno in questa fase...!
Pongo in votazione l'emendamento Calderisi IV.1.41 per la parte in cui estende ai rappresentanti italiani al Parlamento europeo la partecipazione alla presentazione delle candidature per l'elezione del Presidente della Repubblica.
(È approvato).
Passiamo ad alcuni emendamenti relativi alla disciplina dei finanziamenti e delle spese per la campagna elettorale. Scusatemi, ma non riesco a vedere la differenza sostanziale. Alcuni di essi sono consigli formali che penso il relatore possa accogliere (riguardano le trasmissioni televisive e radiofoniche).
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Ho accolto due emendamenti dell'onorevole Armando Cossutta. Il primo introduce in questa materia il criterio della parità. Mentre capisco che per le campagne elettorali parlamentari un criterio che formalmente indichi un'assoluta parità possa creare dei dubbi, delle perplessità (al riguardo si è svolta una discussione ieri), per le elezioni presidenziali, nelle quali sono in lizza poche persone al primo turno e due al secondo turno, il criterio giusto è quello dell'esatta parità, perché devono avere tempo eguale; ritengo anche che sia giusto estendere questo dato alle trasmissioni radiofoniche.
Per questo chiedo di accogliere i due emendamenti Armando Cossutta IV.1.29 e IV.1.30, che contengono i punti che ho qui indicato, ripeto, proprio per il carattere monocratico di questa elezione. Ritengo inoltre che rispetto alle preoccupazioni ed alle perplessità esistenti in ordine all'introduzione dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica nel nostro sistema, il tema dell'eguaglianza sul problema dei mezzi di comunicazione di massa sia un contrappeso di rilievo molto maggiore di tante altre preoccupazioni che ci possono essere.
Vorrei aggiungere che anche in sede di proposta di riforma della Costituzione
MARCELLO PERA. Presidente, mi domando e chiedo al relatore le ragioni dell'accoglimento dell'emendamento Cossutta che sostituisce l'equilibrio con la parità. Che cosa significa? Che imponiamo in Costituzione lo stesso numero di minuti, di ore, lo stesso tempo sia alle forze grandi, sia a quelle piccole?
PRESIDENTE. Qui non ci sono forze, qui ci sono persone.
MARCELLO PERA. Capisco perfettamente che non ci sono forze, ma persone.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Ho già detto, collega Pera, all'inizio del mio intervento che, mentre non proporrei questa formulazione così rigorosa in materia di campagna per l'elezione del Parlamento, nell'ambito di elezioni presidenziali, dove saranno candidate poche persone al primo turno e soltanto due al secondo, ritengo giusto che vi sia l'equal time.
PRESIDENTE. Allora consideriamo acquisito il concetto di «radiofoniche», che riguarda un aspetto puramente formale.
Pongo in votazione l'emendamento Armando Cossutta IV.1.29.
(È approvato).
Pongo in votazione l'emendamento Cossutta IV.1.30.
(È approvato).
L'emendamento D'Amico IV.1.42 mi sembra che dal punto di vista sostanziale definisca il periodo facendo riferimento ai giorni successivi all'indizione delle elezioni.
NATALE D'AMICO. Lo ritiro.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'ariticolo 1 con le modifiche apportate.
(È approvato).
Passiamo all'esame dell'articolo 2, rispetto al quale considero superati gli emendamenti che si riferiscono ad un'altra forma di governo.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Vorrei sapere se sono accantonati. Non si può andare avanti così: la Commissione continua a valutare avendo la spada di Damocle...
PRESIDENTE. Senatore, siamo in sede referente, nella quale l'informalità della procedura consente di tornare anche su questioni su cui abbiamo già votato! Il meccanismo rigido delle preclusioni scatterà quando saremo all'approvazione del testo in aula. Se vuole aprire un dibattito su questo, lo apro; siamo nati per soffrire, come si dice!
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Usi la parola «accantonati», allora vuol dire...
PRESIDENTE. Va bene: accantonati.
SERGIO MATTARELLA. Gli emendamenti De Mita IV.2.7 e Mattarella IV.2.8 sono ritirati...
MARCO BOATO. Vorrei chiedere al collega Mattarella, essendo io secondo firmatario dell'emendamento IV.2.8 (ma ho firmato un suo emendamento, per cui gliene riconosco la titolarità), di valutare se sia opportuno ritirarlo (Commenti dell'onorevole Mattarella). Onorevole Mattarella, poiché anch'io sono firmatario, devo ritirarlo anch'io, se vuole metterla sul piano formale; io, invece, volevo metterla sul piano della cortesia.
PRESIDENTE. L'emendamento Mattarella IV.2.8 sostituisce il terzo periodo con il seguente: «Vigila sul rispetto della Costituzione e sul rispetto dei trattati e dei vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia a organizzazioni internazionali e sovranazionali».
GIOVANNI RUSSO. A me pare che effettivamente questo articolo 2 enunci i poteri del Presidente della Repubblica con un'enfasi forse eccessiva. Mi domando se, anche in relazione agli emendamenti del relatore che tendono a delimitare i poteri del Presidente, non sia opportuno rinviare l'esame di questo articolo alla fine, per enunciare i poteri in maniera adeguata al disegno concreto che avremo dato. Mi sembra che il primo e l'ultimo periodo sarebbero sufficienti, quando si dice che il Capo dello Stato garantisce l'unità nazionale e, alla fine, che presta giuramento; ho l'impressione che le altre parti siano viziate da un'eccessiva enfasi.
SERGIO MATTARELLA. L'emendamento IV.2.8 è stato presentato con l'unico scopo di premettere la vigilanza sul rispetto della Costituzione a quella sul rispetto dei trattati. Questa formulazione mi pareva più elegante ed anche più ragionevole; avevo utilizzato lo stesso termine «vigila», perché non c'è un minor rigore sulla Costituzione rispetto ai trattati.
Lo avevo ritirato perché non accolto dal relatore, ma, visto che l'onorevole Boato lo mantiene, lo mantengo anch'io.
PRESIDENTE. Forse il relatore lo potrebbe accogliere.
MARCO BOATO. Condivido la preoccupazione del collega Russo sull'enfasi di questo articolo (non ho presentato altri emendamenti, sottopongo la questione in particolare all'attenzione del relatore). A mio parere, una volta detto che il Presidente rappresenta l'unità nazionale, dire che è il garante dell'indipendenza e dell'integrità della nazione, assicura il rispetto dei trattati porta a chiedersi quali siano gli strumenti istituzionali in base ai quali è garante ed assicura. La formulazione contenuta nell'emendamento Mattarella, dove si dice che il Presidente «vigila» mi sembra più opportuna.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Naturalmente, queste formule si prestano ad ogni tipo di considerazione. Ancora di recente si è svolta un'importante discussione sui poteri dell'attuale Presidente della Repubblica e la dottrina giuridica ha dato otto interpretazioni diverse della formula «rappresenta l'unità nazionale» prevista dalla Costituzione vigente; tuttavia, si intende il senso di questa norma.
La logica di queste previsioni, come tutti i principi generali, che possono apparire enfatiche ma non credo siano tali - anche se sono d'accordo non sul cambiamento terminologico ma sull'inversione proposta dal collega Mattarella, nel senso di far precedere l'espressione «Vigila sul rispetto della Costituzione» al periodo «Assicura il rispetto dei trattati...» - è chiara. Si intende che cosa significhi «garante dell'indipendenza e dell'integrità della nazione», in particolare «dell'integrità della nazione». L'espressione «vigila sul rispetto della Costituzione» qualifica i poteri del Presidente in sede, per esempio, di emanazione dei decreti-legge, rispetto alla firma che egli appone agli atti che sono sotto il suo controllo. L'espressione «Assicura il rispetto dei trattati e dei vincoli» si collega alla previsione della presidenza da parte del Presidente del Consiglio supremo da me proposto nella norma successiva.
Salvo l'inversione dell'ordine del rispetto della Costituzione da mettere subito dopo la questione del garante, queste formulazioni hanno una loro coerenza con il sistema che viene qui delineato, per cui inviterei a non appassionarsi più di tanto, come del resto nessun collega sta facendo.
MARCO BOATO. In questi termini, lei può accettare l'emendamento Mattarella IV.2.8.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Lo accetto nei termini in cui si anticipa l'espressione «Vigila sul rispetto della Costituzione» rispetto alla previsione «Assicura il rispetto dei trattati...». Manterrei i due verbi diversi perché riguardano due tipi di attribuzioni diverse del Presidente della Repubblica.
PRESIDENTE. Mi pare che il relatore accolga parzialmente l'emendamento Mattarella IV.2.8, nel senso di prevedere l'inversione tra i due periodi, per cui, visto che il presentatore era già disposto a ritirarlo, credo che questo aspetto possa considerarsi superato.
Vorrei chiedere all'onorevole D'Amico se intenda mantenere l'emendamento IV.2.9.
NATALE D'AMICO. In dottrina si è discusso lungamente sul Parlamento in seduta comune come terza Camera. Volevo cercare di evitare elementi di polemica, ma rinvierei la questione ad una fase successiva.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo all'emendamento Pera IV.2.6.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Capisco a che cosa alluda questo emendamento, di cui tuttavia chiederei il ritiro. Fissiamo in questa fase i principi fondamentali; abbiamo detto che il Presidente della Repubblica assicura il rispetto dei trattati, istituiremo con legge bicamerale il Consiglio supremo di politica estera e di difesa; mi pare ci siano tutti gli elementi per approfondire questo dato. L'emendamento, di per sé, serve a risolvere un problema specifico, ma francamente non mi pare il caso di affrontarlo in sede costituzionale; è puramente aggiuntivo rispetto alla formulazione esistente. Pregherei quindi l'onorevole Rebuffa di ritirare questo emendamento.
GIORGIO REBUFFA. Ne chiederei l'accantonamento perché si inserisce in un quadro di definizione del sistema. Se non ricordo male, ci sono convenzioni internazionali, come la Convenzione di Vienna, che danno proprio ai Capi di Stato la rappresentanza (eletti e non eletti). Proporrei l'accantonamento...
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. L'accantonamento a quando? La sede è questa, collega Rebuffa.
GIORGIO REBUFFA. Quando avremo definito i poteri del Presidente della Repubblica.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. In questo caso, esprimo parere contrario.
GIORGIO REBUFFA. Contrario all'accantonamento?
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Avevo suggerito l'accantonamento del problema, non dell'emendamento. Abbiamo detto molte volte che siamo in fase iniziale di riflessione; la mia opinione è che la questione debba essere affrontata nell'ambito della legge bicamerale attuativa del Consiglio supremo di politica estera e di difesa. Questo è il senso del mio intervento.
GIORGIO REBUFFA. Insisto a proporre l'accantonamento del problema...
PRESIDENTE. Il relatore chiede che si voti?
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Se e quando si dovesse votare, esprimerei parere contrario.
SERGIO MATTARELLA. Presidente, si è delineato uno schema; chiedo molto sommessamente che l'emendamento venga ritirato o che si voti; non è questo un tema che possa essere accantonato e lasciato aperto.
GIORGIO REBUFFA. Era il testo della proposta Maccanico!
PRESIDENTE. Dove era scritto «doppio turno», si riferisce a quel testo là!
Passiamo ai voti, si fa prima...
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Il collega Rebuffa ha ragione, ma l'onorevole Maccanico non ha formulato un testo normativo, ha enunciato una serie di principi. È del tutto ovvio che il presidente della Repubblica rappresenta
FABIO MUSSI. Vorremo pregare i colleghi di accedere a questa richiesta di accantonamento nel quadro disegnato dal relatore; non vorremmo votare contro questa norma.
GIORGIO REBUFFA. Ringrazio l'onorevole Mussi, di cui accolgo l'invito.
PRESIDENTE. Non ho capito quando verrà riesaminato...
SERGIO MATTARELLA. No, presidente, chiedo che l'emendamento venga posto in votazione.
PRESIDENTE. Si chiede che venga accantonato per essere esaminato quando?
CIRIACO DE MITA. Non credo sia opportuno l'accantonamento, perché la definizione dei poteri del Capo dello Stato non può essere rinviata ad una legge di attuazione, ad una legge diversa da quella costituzionale. Che il Capo dello Stato sia garante dell'indipendenza e dell'integrità della nazione, che assicuri il rispetto dei trattati, che vigili sul rispetto della Costituzione per me non è una dichiarazione retorica, riempie di contenuti la figura di un Capo dello Stato garante e non Capo dell'esecutivo; la rappresentanza sul piano dei rapporti internazionali è legata a questa funzione, che è distinta dall'attività di governo. Lasciare indistinto questo rapporto; creare equivoci, secondo me non giova; pertanto non è opportuno rinviare, è opportuno decidere. Se non decidiamo in questa sede, in quale sede dovremmo decidere?
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Mi pare un errore insistere, perché questo emendamento allude ad un problema diverso, ma è del tutto chiaro che il relatore non può chiedere che si voti contro il principio che il Presidente della Repubblica rappresenta la Repubblica nei rapporti internazionali. Ho già detto che se è una questione specifica, la si può esaminare in altra sede; se si insiste, è evidente che il relatore si rimette alla Commissione perché in tutto il mondo il Capo dello Stato rappresenta la Repubblica - o la monarchia - nei rapporti internazionali.
PRESIDENTE. Il problema è che la formulazione si presta ad un'ambiguità, poiché il senso letterale è forse diverso dalle intenzioni con cui la si propone. È evidente che il Presidente della Repubblica ha la rappresentanza - in questo momento, per esempio, credo che il Capo dello Stato italiano si trovi in Canada o in Islanda a rappresentare la Repubblica - altra cosa è se in questo modo si vuole introdurre il principio che il Presidente della Repubblica rappresenta lo Stato italiano nei vertici europei, nel G7 o nel G8, perché questo è un concetto diverso da un ruolo di rappresentanza della Repubblica. Poiché questa formulazione finisce per introdurre un elemento di ambiguità perché per una faccia è ovvia per l'altra invece no, nel senso che configura una funzione diversa del Presidente della Repubblica, credo che l'idea di accantonarlo in modo da chiarire prima tutti i diversi aspetti possa essere una soluzione, essendo chiare le ragioni di perplessità.
FRANCO MARINI. Naturalmente, presidente, a me interessano soltanto le discussioni che facciamo nella Commissione bicamerale ed a queste mi riferisco. Rispetto alla decisioni prese con le votazioni di ieri, abbiamo fissato un rapporto e un equilibrio tra Presidente e Capo del governo che non ha più riferimenti specifici al modello francese ed alle costruzioni che intorno a quel modello abbiamo sviluppato. Per aspetti particolari so che la Commissione decide quello che deve decidere, ma nelle discussioni svolte qui dentro e nel dibattito preparatorio dei nostri lavori, poteri diretti di governo sono stati esclusi senza obiezioni degli altri gruppi. In Commissione ritorno su questo punto: naturalmente vi è un problema di poteri del Presidente nella nuova configurazione che abbiamo delineato (Commenti del deputato Occhetto)... Collega Occhetto, hai ragione, è così: noi parliamo qui dentro.
PRESIDENTE. È stato detto qui nella discussione generale: l'onorevole Fini ed altri parlamentari lo hanno detto con chiarezza.
FRANCO MARINI. Faccio riferimento ad un dibattito culturale più generale che riguarda il paese. Venerdì qui dentro si è discusso anche di queste cose, sostengo allora la coerenza di questo rapporto: la figura non è quella di cui si è parlato in un primo momento e poteri diretti di governo spettano a quello che sarà il Presidente del Consiglio. Per il resto sono disponibile a vedere come possiamo costruire al meglio questo equilibrio.
All'esterno molti commentatori si preoccupano di pasticci: io vorrei proprio evitarli rispettando poteri importanti, ma la funzione di governo mi pare sia un'altra cosa.
PRESIDENTE. Allora accantoniamo la questione?
SERGIO MATTARELLA. Accantonare vuol dire che si riesamina in un altro momento o che viene rinviata ad altri momenti istituzionali? Perché se è un accantonamento rimane aperta una questione che non può restare aperta.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Onorevole Mattarella, vorrei invitare ad una riflessione sul fatto che è al nostro esame una norma giuridica la quale non stabilisce chi rappresenta il Governo nei rapporti internazionali, ma il Presidente della Repubblica...
SERGIO MATTARELLA. Onorevole relatore, la norma sostanzialmente configura l'esclusività della rappresentanza internazionale.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Ritengo che non sia la Commissione bicamerale la sede per esaminare tale questione, pertanto la proposta di accantonamento può riguardare la riflessione sia sulle norme costituzionali sia sulla legge bicamerale prevista per l'attuazione del Consiglio supremo. Per le ragioni che ho esposto e che ricordava il presidente D'Alema, questo principio è ineccepibile perché in tutti gli Stati del mondo il Capo dello Stato ha la rappresentanza nei rapporti internazionali, mentre le altre questioni alle quali qui si è fatto riferimento non sono materia di normativa costituzionale. Non ho visto infatti in nessuna costituzione del mondo regolamentare, nelle diverse e molteplici occasioni nelle quali uno Stato può avere rapporti internazionali, chi fra i diversi soggetti che potrebbero svolgere questa funzione (Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, ministro degli esteri, sottosegretario agli esteri e funzionari vari) sia incaricato di svolgere queste attività.
Se si riterrà necessaria una più puntuale definizione di tutto ciò, onestamente non credo che la sede sia quella della Costituzione.
SERGIO MATTARELLA. Prendo atto che io ed il relatore diciamo la stessa cosa: non si accantona l'emendamento per riesaminarlo in questa sede. Naturalmente
GIORGIO REBUFFA. Accediamo all'impostazione del relatore: lo consideriamo accantonato per discuterlo in un'altra sede e in un altro momento. Non mi sembra che il problema sia così spinoso come la discussione potrebbe far sembrare.
ARMANDO COSSUTTA. Vorrei capire meglio cosa vuol dire che lo si accantona per esaminarlo in un'altra sede.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Non è un accantonamento in senso tecnico, il problema viene accantonato.
ARMANDO COSSUTTA. In un'altra sede significa non nel corso delle sedute della Commissione bicamerale. È così?
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Se non intendo male, tecnicamente è ritirato.
ARMANDO COSSUTTA. Comprendo cosa significa in italiano «un'altra sede», non vorrei che invece si intendesse esaminarlo in un altro momento.
GIORGIO REBUFFA. Mi sembrava una formulazione assolutamente adiafora, vedo che non lo è, quindi probabilmente le trappole delle parole sono più grandi di quanto sospettassi. Poiché mi pare che questa formulazione corrisponda alle cose che hanno detto il presidente ed il relatore ed a ciò che è scritto non solo nelle convenzioni ma anche nelle prassi internazionali, mi sembrava una questione elementare, vedo invece che ha suscitato sensibilità molto acute. Accantonare la questione significava rivederla eventualmente in sede di redazione; se non riusciamo ad aggirare l'ostacolo delle sensibilità così acute su questo problema - che capisco benissimo - lo ritirerò. In questo momento mi sembra vi sia un'acutezza ed una sensibilità sul problema che vorrei sgombrare, quindi accantonarlo non significa ritirarlo, ma affrontarlo quando avremo chiarito meglio i termini giuridici.
CIRIACO DE MITA. Se passa il testo, anche con la variazione proposta da Mattarella - e lo dico a Rebuffa - l'affermazione che il Capo dello Stato garantisce i trattati, non li stipula, non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Tecnicamente viene accantonato con la riserva di ritirarlo.
PRESIDENTE. Si chiede che non venga messo in votazione ora: se eventualmente si riterrà, si chiederà di votarlo in un altro momento.
ERSILIA SALVATO. Poiché un attimo fa si è detto che viene accolta la formulazione Mattarella «vigila sul rispetto della Costituzione», vorrei sapere se il termine «assicura» rimanga oppure no. Quando abbiamo discusso dell'Europa, infatti, abbiamo votato una formula molto precisa secondo la quale è il Governo, cioè il Presidente del Consiglio, che assicura il rispetto dei trattati; mi sembra allora che stiamo scrivendo qualcosa che contrasta con quanto abbiamo già votato. Voglio segnalare i rischi di questo articolo che non solo è ridondante, ma conferisce poteri che abbiamo già attribuito ad un altro organo. Vorrei una risposta dal relatore su questo punto perché le contraddizioni formali le possiamo superare in sede di redazione, ma per quelle sostanziali mi sembra difficile farlo.
Vorrei allora capire se questo Presidente della Repubblica abbia più poteri rispetto al Governo in ordine ai trattati internazionali. Non è una questione di poco conto.
PRESIDENTE. Non li stipula, ed è questo il potere fondamentale in ordine ai trattati internazionali.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. A quale norma fa riferimento la senatrice Salvato?
ERSILIA SALVATO. Nel testo sull'Europa abbiamo stabilito che rispetto ai trattati che non sono stati applicati il Governo ha un potere di intervento. Per essere più chiara, preferirei una formulazione secca di questo articolo: il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta l'unità nazionale, garantisce la Costituzione, presta giuramento. Il resto si andrà a disciplinare con una legge normale.
MASSIMO VILLONE. Il termine «assicura» implica la disponibilità di una strumentazione giuridica successiva o no? È sinonimo di vigilare?
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. È senz'altro sinonimo di vigilare. Comunque mi rimetto alla Commissione perché mi interessa più la definizione dei poteri che la scelta dei verbi.
Una voce. Faccio presente che l'emendamento Mattarella IV.2.8 contiene proprio questa espressione.
PRESIDENTE. Non vi è dubbio: in sostanza si ripropone il testo dell'emendamento Mattarella IV.2.8 che il relatore aveva accolto relativamente all'ordine delle proposizioni, ma si ritiene più chiaro che tutte e due le funzioni siano rette dal verbo «vigila».
GIUSEPPE CALDERISI. Avevo capito che questo problema era stato risolto.
PRESIDENTE. Invece era stato accantonato. Non era stato risolto ed è risorto.
Per chiarezza, a questo punto ritengo si debba porre in votazione l'emendamento Mattarella IV.2.8 nella parte non accolta dal relatore e per la quale questi si rimette alla Commissione (Commenti).
Personalmente non vedo differenze sostanziali, tanto più che nel testo del relatore si prevede che il Presidente della Repubblica presieda il Consiglio supremo per la politica estera. Il senatore Villone faceva riferimento ad una strumentazione attraverso la quale il Presidente «assicura il rispetto dei trattati»: non credo affatto che chi assicura il rispetto dei trattati abbia il potere della politica estera; tale potere è di chi stipula i trattati stessi, cioè il Governo, e di chi li ratifica, cioè il Parlamento.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Il Presidente deve assicurare il rispetto degli impegni internazionali che il paese ha assunto: per questa ragione, in questo caso ritengo i due verbi davvero sinonimi. Comunque, visto che il tema piace, vedremo quale sarà preferito dalla Commissione.
SERGIO MATTARELLA. Neanche io, presidente, ritengo che vi siano differenze, poiché i termini «vigilare» o «assicurare» non fanno necessariamente riferimento a poteri specifici, bensì a quel tipo di rapporti che ad un certo livello si realizza e che non è del tutto codificabile in Costituzione.
Sono termini sostanzialmente equipollenti. Io ho utilizzato «vigila» e lo preferirei, ma credo che sostanzialmente sia lo stesso.
PRESIDENTE. Anche perché non si parla, comunque, di attuazione, ma si stabilisce che il Presidente della Repubblica «assicura il rispetto» dei trattati internazionali.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Cerca di evitare che la Repubblica commetta violazioni del diritto internazionale.
PRESIDENTE. Comunque, se si richiede una votazione su questo punto, votiamo; altrimenti lo consideriamo superato.
ERSILIA SALVATO. Se si procederà alla votazione, noi voteremo contro, presidente, ma non chiediamo una votazione
PRESIDENTE. Passiamo ora ai tre emendamenti Selva, Nania. Il IV.2.11 mi sembra affronti una materia che è stata risolta.
GUSTAVO SELVA. È ritirato.
PRESIDENTE. Il IV.2.12 propone di aggiungere, al primo comma, che il Presidente «assicura, mediante il suo arbitrato, il regolare funzionamento dei poteri pubblici e la continuità dello Stato».
GUSTAVO SELVA. È ritirato.
PRESIDENTE. Infine, l'emendamento IV.2.10 affronta una questione che è poi trattata all'articolo 3.
GUSTAVO SELVA. È ritirato anche questo.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda gli emendamenti di cui è primo firmatario l'onorevole Armando Cossutta, osservo che l'incompatibilità con altre cariche è già stabilita all'articolo 1, mentre i rapporti con il Governo sono disciplinati dall'articolo 3.
ARMANDO COSSUTTA. Mi scuso con il presidente ed i colleghi, perché avremmo dovuto valutare qualche riga dell'emendamento IV.2.2 in occasione dell'esame dell'articolo 1, con riferimento al modo in cui sono presentate le candidature a Presidente della Repubblica.
Nel nostro emendamento abbiamo indicato in forma un po' più generica la designazione dei comuni, delle province e delle regioni, per la semplice ragione che una forza politica che non sia molto grande non ha presidenti di province, non ha presidenti di regione e solo in qualche caso ha dei sindaci. Mi pare, dunque, giusto prevedere i presidenti delle regioni, quelli delle province e, se si vuole, i sindaci, ma ritengo altrettanto giusto aggiungere «e/o rappresentanti delle autonomie locali», in modo che nel momento in cui si approverà la legge si possa tenere conto di questa necessità.
Se, per caso, volessi candidare il mio carissimo compagno ed amico Fausto Bertinotti a Presidente della Repubblica, non avendo il mio partito presidenti di provincia non potrei farlo e si tratterebbe, a mio giudizio, di una preclusione non fondata. Formalmente, capisco che non si può tornare indietro; ma se vi fosse consenso si potrebbe affidare al Comitato di redazione il compito di procedere ad una migliore definizione della norma che abbiamo approvato all'articolo 1.
PRESIDENTE. Onestamente, siccome si rinvia ad una legge e nell'elenco sono previsti parlamentari sia nazionali sia europei, credo che la questione che lei pone sia assolutamente fondata e possa essere risolta nel senso di prevedere che un certo numero di parlamentari nazionali, quando rappresentino una forza politica presente su tutto il territorio, possano...
ARMANDO COSSUTTA. Mi riferivo a sindaci e presidenti di provincia.
PRESIDENTE. Ho capito. Ma l'emendamento è aggiuntivo, non comporta la necessità che la candidatura sia sottoscritta da tutte le categorie indicate.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Vorrei dare un'interpretazione autentica della proposta: è evidente che in essa non si prevede un collegio in cui vi sia una parificazione di posizioni; si prevedono soggetti titolari del potere di proposta e mi pare del tutto evidente che i parlamentari nazionali possano essere aggiunti.
ARMANDO COSSUTTA. Aggiungere «rappresentanti delle autonomie» per noi va benissimo.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Torneremo su questo punto in una fase successiva; d'altra parte, sono previsti anche i consiglieri regionali.
ARMANDO COSSUTTA. Su questo sono d'accordo, Salvi, ma poiché c'è la dizione «presidenti di province» osservo che non ne abbiamo neanche uno. Meriteremmo di averne moltissimi, ma non ne abbiamo neanche uno.
PRESIDENTE. È una carenza alla quale bisognerà porre rimedio al più presto!
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Alla prossima tornata!
ARMANDO COSSUTTA. Basterebbe aggiungere «e rappresentanti delle autonomie locali».
PRESIDENTE. Va bene. Rimettiamo al relatore la soluzione di questo problema.
A questo punto, pongo in votazione l'articolo 2.
(È approvato).
Passiamo all'esame dell'articolo 3.
Il relatore, senatore Salvi, ha presentato tre emendamenti (IV.3.41, IV.3.42 e IV.3.43) che credo abbiate presenti poiché sono sostanziali.
Do la parola al relatore perché illustri il primo, la cui approvazione farebbe decadere una serie di emendamenti alla lettera a) dell'articolo 3 che sono stati presentati da numerosi colleghi.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Do per illustrato l'emendamento IV.3.41, poiché l'ho già illustrato ieri ed è stato oggetto di dibattito nella seduta di venerdì mattina. Ricordo che sul fatto che il Presidente della Repubblica presieda il Consiglio supremo per la politica estera e la difesa si era verificata una amplissima convergenza.
PRESIDENTE. Credo che si potrebbe direttamente porre in votazione questo emendamento del relatore, che configura la collocazione del Presidente della Repubblica in rapporto al Governo, cioè delimita i poteri di governo che egli ha al compito di presiedere il Consiglio supremo per la politica estera e la difesa istituito con legge bicamerale, mentre inizialmente era previsto il potere di presiedere il Consiglio dei ministri.
MARCELLO PERA. Prendo la parola per una breve dichiarazione di voto. Poco fa noi abbiamo discusso ed accantonato un emendamento il cui esame aveva coinvolto, a mio parere in maniera surrettizia, la questione dei poteri politici del Presidente della Repubblica, cioè l'emendamento sulla rappresentanza della Repubblica nei rapporti internazionali.
Questo è effettivamente un emendamento sui poteri politici del Presidente, al quale si toglie la possibilità di presiedere il Consiglio dei ministri. Desidererei, allora, richiamare l'attenzione su un punto: il Presidente della Repubblica è eletto direttamente dai cittadini e si deve supporre che, durante la campagna elettorale, i candidati parlino di programmi tipicamente politici, soprattutto durante il ballottaggio.
PRESIDENTE. Non è stabilito dalla Costituzione.
MARCELLO PERA. Cerco di prefigurare come possa essere una campagna elettorale, specialmente nella settimana che precede il ballottaggio. Presuppongo che vi sarà lo scontro tra due programmi tipicamente politici; i candidati diranno cose che riguardano l'Europa, lo Stato sociale, la politica fiscale ed altro ancora. Il Presidente sarà dunque eletto dai cittadini sulla base di un tipico, importante programma politico.
A questo punto, togliergli la possibilità di presiedere il Consiglio dei ministri, che è esattamente il luogo nel quale il programma politico sulla cui base è stato eletto dovrebbe essere attuato, mi sembra non soltanto un depotenziamento dei poteri del Presidente della Repubblica - che
ACHILLE OCCHETTO. Vorrei soltanto chiarire qualcosa a me stesso rispetto alla coerenza delle posizioni che sono state assunte fin dall'inizio all'interno di questa Commissione.
Noi abbiamo tutti votato il testo Salvi non per capriccio, per gioco, ma perché tale testo aveva una visione unitaria, che si divaricava in due tipi di proposte: il premierato e il presidenzialismo. Vorrei che su questo punto si seguisse il mio ragionamento, poiché è un passaggio sul quale contraddico la posizione dei popolari ai quali, però, riconosco la totale coerenza di impostazione. Ho apprezzato moltissimo l'intervento svolto, nella seduta pomeridiana di ieri, dall'onorevole De Mita e ritengo che questa Commissione bicamerale stia, giustamente, segnando l'egemonia culturale di una corrente di pensiero istituzionale cattolica, che ha avuto il merito, nell'intero corso dei lavori della Commissione, di mantenere fermi i propri principi e la propria visione. L'intervento dell'onorevole De Mita, ed il successo che ha riscosso tra i banchi dell'opposizione, segnano questa coerenza ed il significato di una impostazione culturale che si è battuta, dall'inizio alla fine, con estrema chiarezza.
Mi sono battuto - e credevo che questa fosse la posizione anche del PDS - sulla posizione rappresentata dal progetto Salvi, il quale articolava (altrimenti non aveva alcun senso presentarlo all'interno dello stesso progetto) in due modi diversi il problema della soluzione del governo del paese. La soluzione francese non si è attestata sull'elezione diretta per sportiva volontà di far partecipare i cittadini scelta della figura del Presidente della Repubblica; è una soluzione alternativa al premierato per risolvere in un determinato modo (ho riconosciuto a Salvi di averlo perfezionato) il problema del governo del paese articolato sulla figura del Presidente della Repubblica e sul suo rapporto con l'esecutivo.
Noi tutti siamo legati a quel voto unanime dato all'inizio. Poi è intervenuta la posizione del cosiddetto presidenzialismo all'italiana. Nulla da eccepire. Ma rispetto a questa terza posizione, lì, a sedere come relatore non ci dovrebbe più essere Salvi, ma un altro relatore che sostenga questa nuova posizione, che è quella che a poco a poco - e i dibattiti sugli accantonamenti lo dimostrano - sta prevalendo nella Commissione, e cioè la soluzione di un Presidente che ha sempre meno a che vedere con l'esecutivo e ha sempre più funzioni esclusivamente di garanzia. Posizione legittima, che io considero collegata anche ad una certa visione della legge elettorale, quale quella che è stata ieri illustrata brillantemente da De Mita, e che ha una sua fortissima dignità culturale, ma che deve essere discussa organicamente in tutti i suoi aspetti. Non si può manipolare i voti che abbiamo dato sulla bozza Salvi facendoci credere che votiamo ancora le stesse cose, non lo si può fare attraverso quel sentiero di guerra attraverso il quale di emendamento in emendamento si arriva a soluzioni diverse da quelle che si erano illustrate in anticipo.
Non pretendo risposte né valutazioni, perché so benissimo che ieri abbiamo dato un voto di bandiera sul doppio turno; so benissimo che ieri quella soluzione era destinata ad essere sconfitta.
STEFANO PASSIGLI. In risposta all'onorevole Occhetto, che ha chiamato in causa il naso di molti di noi, a tutela del mio, che voglio menare da solo, mi limiterò a poche parole.
È stato chiaro fin dall'inizio - credevo alla totalità dei commissari della bicamerale, certo a me - che vi era una stretta correlazione tra la forma di governo (e in questo caso, alla luce del voto già dato da questa Commissione, tra i poteri del Presidente) e la legge elettorale. E credo che con molta correttezza ieri l'onorevole Mussi ed ella stessa, signor presidente, abbiate insistito per porre in votazione il principio del doppio turno. Era, credo, chiaro a tutti che non assumendo quello
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Anche se il relatore ne ha proposto la sostituzione, chiedo che si voti sulla lettera a) del testo formalmente presentato.
PRESIDENTE. È stato presentato un emendamento sostitutivo. Prima si votano gli emendamenti e poi i testi. Non so cosa possiamo fare di diverso, senatore Rotelli. Lei voterà contro l'emendamento.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Contro l'emendamento sostitutivo?
PRESIDENTE. Certo. È l'unico modo per mantenere il testo.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Per dichiarazione di voto vorrei allora rilevare che, dopo che non è stata accolta la formula dell'articolo precedente sulla politica estera, togliere al Presidente della Repubblica la Presidenza - ove non deleghi - del Consiglio dei ministri, ha il significato di escludere il Presidente della Repubblica dal potere esecutivo, dal Governo. Non di meno, il relatore ha continuato ieri a sostenere che staremmo nell'ambito di un modello semipresidenziale perché ci sarebbero tanti (mi pare di aver capito nove) modelli semipresidenziali. Naturalmente non è così, anche questo è falso. C'è, se c'è, un modello semipresidenziale, di cui ci sono molte fattispecie. Se assumessimo che ci sono nove modelli semipresidenziali, allora dovremmo assumere che c'è un numero infinito di modelli parlamentari e un numero infinito di modelli presidenziali.
PRESIDENTE. Il relatore si riferisce ad un volume appena pubblicato.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Senatore Rotelli, la prego di indirizzare gli ulteriori suoi improperi all'autore del volume!
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Il professor Rotelli non rivolge improperi! Gli improperi hanno per destinatarie le persone e io non rivolgo mai aggettivi qualificativi alle persone!
La tesi secondo la quale esisterebbero nove modelli semipresidenziali è in ogni caso infondata: non so se esista un modello semipresidenziale ma, se esiste, quello è il modello e le altre ne costituiscono le variabili.
Il relatore considera comunque che la non contestualità delle elezioni sia tratto caratterizzante del modello semipresidenziale e ritiene di potere non di meno qualificare semipresidenziale un modello nel quale il Presidente della Repubblica, oltre a non avere la titolarità della politica estera, non presiede nemmeno il Consiglio dei ministri.
Le osservazioni dell'onorevole Occhetto sono fondate, come lo sono quelle del senatore Pera: mentre procediamo all'elezione del Presidente della Repubblica comunichiamo agli elettori che questa figura non ha assolutamente nessun potere, neanche quello di figurare nella fotografia dei rappresentanti dei G7 o dei G8 che si presentano ai relativi vertici.
Voglio però porre l'accento sul fatto che quello che si viene a determinare in
PRESIDENTE. Torniamo all'emendamento.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Sì, ripristinata la verità - e cioè che introduciamo un regime parlamentare con elezione diretta del Presidente della Repubblica - non vi sono altri problemi. Mantengo comunque tutti i miei emendamenti che tendono all'introduzione di un regime presidenziale vero e proprio nella tradizione della cultura della sinistra democratica italiana azionista.
PRESIDENTE. Perfetto! La parola all'onorevole Fini; seguirà poi l'intervento del relatore.
GIANFRANCO FINI. Grazie, presidente. Recupererò un po' del tempo che il senatore Rotelli ha impegnato.
Per coerenza con me stesso, non fosse altro che per questa ragione elementare, voterò a favore dell'emendamento presentato dal relatore, volto - come i colleghi sanno - a cassare la precedente lettera a) dell'articolo 3, secondo la quale il Presidente della Repubblica eletto aveva potestà di presiedere il Consiglio dei ministri e ad introdurre la potestà - in questo caso l'obbligo - di presiedere il Consiglio supremo per la politica estera e la difesa istituito, con legge bicamerale.
Voterò a favore dell'emendamento in coerenza con me stesso perché, come del resto è stato già ricordato, questo emendamento accoglie o meglio comprende uno degli aspetti politici emersi nel corso del dibattito svolto venerdì mattina, quando - non da solo ma sicuramente nella presunzione di dare un contributo ai lavori della bicamerale - ebbi modo di affermare che si trattava di passare dal modello francese, in qualche modo preso come esempio e più o meno rispettosamente introdotto nella Costituzione italiana, ad un nuovo ed originale modello che partiva da un dato politico dal quale non era possibile prescindere, se davvero si voleva raggiungere una larga intesa; dato politico che il relatore, con questo emendamento ed anche con altri, recepisce. Qual era ed è questo dato: il Presidente della Repubblica eletto non può essere il capo dell'esecutivo, perché qualora lo divenisse, secondo il modello francese e secondo quello che a me personalmente molto sarebbe piaciuto, secondo ciò che in tante occasioni è stato detto dai colleghi del Polo, non saremmo politicamente nella condizione di dare il via a quella intesa che, onorevole Occhetto, almeno per quel che mi riguarda, qui espressamente ho indicato, in modo credo lineare.
PRESIDENTE. Gliene do atto: è stato venerdì scorso.
GIANFRANCO FINI. Esattamente. In ragione quindi di ciò che è stato detto in
ARMANDO COSSUTTA. Come tutti i colleghi sanno, siamo fermamente contrari alla soluzione nel suo complesso, così come viene indicata dal progetto, sia pure con gli emendamenti del relatore. Ciò non toglie che siamo qui pronti a sostenere tutte quelle ipotesi o proposte che in qualche modo possano condizionare, correggere, limitare i poteri, che sono già immensi, del Presidente della Repubblica.
Tutto questo oggi può essere discusso in un clima - voglio dirlo con grande sincerità - più disteso. Effettivamente la soluzione che viene indicata è accompagnata da un accordo che è stato siglato, sia pure nelle sue linee generali, dalle forze politiche, non soltanto sul presidenzialismo ma anche sulla legge elettorale, al quale accordo abbiamo contribuito e collaborato intensamente.
Per quanto riguarda la questione specifica, noi voteremo a favore dell'emendamento Salvi, non tanto e non già - per essere ancora più chiari - per quanto è scritto nell'emendamento - e cioè che il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio supremo per la politica estera e la difesa, istituito con legge bicamerale - ma perché la vera sostanza di questo emendamento è che viene cancellata la norma prevista nella lettera a) del vecchio testo, che sarebbe stata da noi avversata durissimamente e secondo la quale il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio dei ministri. Questo avrebbe fatto del Presidente della Repubblica quello che in Francia è non solo il Capo dello Stato ma dell'esecutivo.
Per queste ragioni, contrari come siamo a queste funzioni, voteremo a favore dell'emendamento Salvi.
FABIO MUSSI. Mi riferisco brevissimamente all'intervento svolto ieri dall'onorevole De Mita e a quello di oggi dell'onorevole Occhetto. Ieri l'onorevole De Mita, in modo anche suggestivo, ha esposto la dottrina del «vestito largo», secondo la quale la società, le storie nazionali e politiche rappresentano un flusso storico che deve trovare forme e strutture che non lo stringano troppo e lascino un elemento di mobilità permanente. Ciò corrisponde ad una visione, ad una cultura che rispetto. Vedo però le cose un po' diversamente perché il momento in cui un sistema istituzionale appare è quando questo flusso si condensa in una forma: le istituzioni, il sistema istituzionale. La forma raccoglie ma anche spezza questa dinamica. Le istituzioni sono cioè modelli, forme forti che richiedono coerenza. Questo aspetto della esigenza di coerenza di modello, di formazione istituzionale forte mi pare sia sfuggito un po' nel discorso dell'onorevole De Mita e sia stato - come dire - un po' estraneo al suo approccio culturale.
Attraverso una lotta ed una dinamica politica anche molto complessa in questa Commissione, abbiamo affacciato e poi escluso l'ipotesi del premierato: sistema coerente, una forma forte. Ieri abbiamo compiuto un altro passo molto importante: abbiamo scartato, con grande rammarico mio e della parte politica che qui rappresento, l'ipotesi di legge elettorale maggioritaria uninominale di collegio a doppio turno. Quella ipotesi è certamente la più coerente con un modello di Presidente governante. Non vi è dubbio che ha ragione l'onorevole Occhetto: a questo punto, scartata la prima forma, tolta dal
MAURIZIO PIERONI. Signor presidente, sarò brevissimo perché già ieri ho motivato la scelta di accedere alla sua richiesta di accantonare i nostri emendamenti tendenti a riproporre il premierato, sulla base del testo degli emendamenti proposti dal relatore.
Da questo punto di vista, con una facile battuta, si potrebbe dire che il nostro comportamento politico è dettato da una colazione da Salvi e non da altre oscure trame, nel senso che tutto ciò che abbiamo fatto è avvenuto sulla base di atti formali presentati in questa Commissione e qui valutati per il loro senso politico. Mi permetto però di sottolineare che mi meravigliano alcune meraviglie di stamane. Fin da venerdì scorso, l'onorevole Fini aveva motivato per il Polo la disponibilità a percorrere una pista comune, facendo un sacrificio politico che gli avversari politici, a mio modo di vedere, hanno il dovere di apprezzare per il peso che la cosa ha, trattandosi di una non piccola disponibilità a mettere in discussione i presupposti con cui il Polo era entrato in questa Commissione; e se altri lo fanno, forze maggiori di noi, forze che come schieramento complessivo raggiungono oltre il 40 per cento, mi pare che abbia il dovere di farlo anche una forza che ha il 2,5 per cento dei voti, come quella che io qui rappresento.
Più in generale - ed ho concluso, presidente - di fronte ad una fase di transizione qual è indubbiamente questa, non credo che la questione sia quella del vestito largo o stretto. Le metafore tendono ad ingannare e a spostare l'attenzione dalla realtà dei problemi. La scelta vera, di fronte ad una fase di transizione, è se si deve scommettere tutto su un punto di caduta, rischiando una disgregazione che può essere esplosiva, con processi che sono in corso anche in questi momenti, oserei dire anche in queste ore, perché fuori di qua c'è già chi chiama a raccolta il non meglio identificato popolo contro i pasticci che il parlamentarismo consuma, secondo una logica antiparlamentare antica, vecchia, i cui esiti storici abbiamo sempre misurato.
L'altra soluzione consiste nel percorrere una strada che può essere difficile, che può avere delle tappe e che può condurre a revisioni successive; nessuno di noi, in verità, è in grado di valutare gli effetti che potranno prodursi nel corso degli anni in conseguenza delle modifiche che ci accingiamo ad approvare. Di qui, la necessità di riservarci tutti i possibili margini di correzione e di adattamento.
ACHILLE OCCHETTO. Considero soddisfacenti le risposte fornite da Fini e Cossutta nonché dal presidente del nostro gruppo, Mussi, che ringrazio. Con estrema onestà e chiarezza, essi hanno dichiarato che stiamo seguendo una terza pista rispetto alle due originariamente in
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Contrariamente a quanto sostenuto dall'onorevole Occhetto nel suo primo intervento, credo non vi sia alcuna ragione al mondo che possa portarmi a non conservare le funzioni di relatore; nel contempo, cercherò di chiarire le motivazioni per le quali mi impegnerò fino in fondo perché il processo di riforma costituzionale prosegua lungo la linea tracciata. Tutto il lavoro che ho svolto fin dall'inizio ha una coerenza che, tra l'altro, risulta dagli atti. Nella seduta del 28 maggio, quando ho presentato i due modelli alternativi, parlando del semipresidenzialismo ho osservato come nella configurazione di quest'ultimo, partendo dal modello francese, si dovesse tenere conto «sia dei punti di debolezza manifestati da quel sistema nella sua stessa patria di origine, sia dalla necessità comunque di adattarlo alle caratteristiche ed alle ragioni peculiari del nostro paese». Quanto ai testi da me proposti, in quell'occasione avevo sottolineato come si trattasse di un'ulteriore elaborazione dei due modelli, ulteriore giacché avevo già presentato due bozze su entrambe le ipotesi, prima di quelle sottoposte al voto alternativo della Commissione: tutto ciò è accaduto dopo che la Commissione ha respinto la proposta del presidente D'Alema, di lavorare su un'unica ipotesi (quella del Governo del premier), respinta, come si sa, su richiesta esplicita dei colleghi del polo.
Osservavo, inoltre: «Nella seduta plenaria del 15 maggio si è ritenuto necessario un ulteriore approfondimento da parte del Comitato e del relatore su entrambi i modelli (...); ho adempiuto a tale mandato anzitutto nella seduta del Comitato del 22 maggio. Sono sostanzialmente quei due progetti, anche se con modifiche non fondamentali ma neppure irrilevanti, che presento oggi all'esame della Commissione (il vecchio testo B). Nell'ulteriore elaborazione dei due modelli ho tenuto conto delle osservazioni formulate nella riunione del Comitato ed anche in consultazioni successive. Naturalmente, ho ritenuto, nello svolgimento di tale mandato, di tenere maggior conto, per così dire, delle osservazioni formulate a ciascun modello dai sostenitori del medesimo». Quindi, maggior conto, nella formulazione del modello del semipresidenzialismo, delle ragioni dei sostenitori del modello semipresidenziale. Ricordavo, inoltre: «Ciò non toglie che, quale che sia il testo che la Commissione dovesse scegliere, esso non potrà che essere aperto alle ragioni ed alle proposte di chi abbia optato per l'altro modello. Ciò per ragioni non soltanto istituzionali (...), ma anche politiche, che sono legate alla ricerca di
ACHILLE OCCHETTO. Scusi, cosa vuol dire «disfattiste»?
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Mi riferisco a tutti quegli atteggiamenti che possano indurre a ritenere...
ACHILLE OCCHETTO. Se vogliamo fare una discussione serena, bene, ma parlare di disfattismo...! Qui ci sono solo posizioni diverse.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Onorevole Occhetto, anche la mia è una posizione.
ACHILLE OCCHETTO. La sua è una risposta formale ad un problema sostanziale. Non mi interessa quello che dice, perché al problema sostanziale hanno già risposto illustri colleghi, a partire da Fini...
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Se non le interessa quello che dico, non ha ragione di interrompermi, onorevole Occhetto!
ACHILLE OCCHETTO. Però la richiamo alla correttezza formale!
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. La correttezza è totale! Ritengo sia sbagliato assumere atteggiamenti disfattisti rispetto al nostro lavoro.
ACHILLE OCCHETTO. Sì, ma ci deve dire quali sono gli atteggiamenti che lei ritiene disfattisti, anche perché non vorrei cadere in questo errore.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Non mi riferivo a nessuno in particolare, onorevole Occhetto.
ACHILLE OCCHETTO. Non vorrei, un domani, cadere in questo errore. Se lei mi facesse una sorta di catalogo, che potrebbe essere la terza bozza Salvi, nel quale si chiarisse in cosa consiste un atteggiamento disfattista, può darsi che lo voterei.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Vorrei riprendere...
PRESIDENTE. Prego, relatore, continui pure.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Ho detto in quell'occasione - e ripeto oggi - che c'è un tempo per demolire ed un tempo per costruire. Credo che dobbiamo lavorare per costruire in positivo soluzioni valide alla crisi italiana; ritengo che ci sia la possibilità di farlo, che siamo in un momento delicato di passaggio nel quale si forma un'ipotesi, una proposta, che ha suoi elementi di forza ed anche possibili elementi di debolezza, e che comunque, lo dico serenamente, ci siano le condizioni per poter dire che stiamo realizzando un passo avanti sul terreno delle intese politiche nonché su quello delle soluzioni di merito. Se pensassi il contrario, allora non dovrei continuare a svolgere le mie funzioni; se dovesse arrivare il momento in cui pensassi il contrario, certamente non continuerei a svolgerle. In questo momento credo invece che siamo in una fase positiva e costruttiva.
Per queste ragioni ribadisco la richiesta di votare a favore del mio emendamento.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento IV.3.41 del relatore.
(È approvato).
Sono pertanto da considerarsi assorbiti tutti gli altri emendamenti riferiti alla lettera a) dell'articolo 3.
Chiedo ai presentatori degli emendamenti riferiti al punto b) se intendano mantenerli.
GIUSEPPE CALDERISI. Presidente, nell'annunciare il ritiro dell'emendamento Rebuffa IV.3.26, vorrei ricordare che lo stesso mirava a sopprimere l'inciso «tenendo conto dell'indirizzo politico espresso dall'elettorato e dalla composizione della Camera dei deputati». Si tratta di un'ovvietà, di un dato aggiuntivo. Vorrei chiedere al relatore se, a livello di drafting, l'espressione «tenendo conto dell'indirizzo politico espresso dall'elettorato» sia considerata sufficiente, apparendo superflua la specificazione «e della composizione della Camera dei deputati». Con riferimento a quest'ultima espressione, ho raccolto una serie di critiche da parte di chi vede in essa evocata una sorta di manuale Cencelli. Al fine di evitare critiche, anche se non giuste, chiedo se si ritenga opportuno escludere le ultime parole della lettera b) dell'articolo 3 («e della composizione della Camera dei deputati»).
Mi rimetto comunque al relatore, anche perché non vorrei che questa proposta suscitasse reazioni emotive.
PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole D'Amico se insista per la votazione del suo emendamento IV.3.25. Credo che la formulazione «nomina e revoca del Primo ministro» non sia sostenibile in questo contesto.
NATALE D'AMICO. Se possibile, vorrei illustrare l'emendamento.
PRESIDENTE. Prego, onorevole D'Amico.
NATALE D'AMICO. Ritengo che la strada scelta sia obiettivamente diversa rispetto al percorso al quale sembravamo indirizzati; almeno, lo ero io personalmente e mi sembrava che lo fosse anche la Commissione, dopo il voto sul semipresidenzialismo. Non proverò certo a riportare la Commissione sulla strada iniziale, ma mi ha fatto piacere che molti degli intervenuti abbiano ammesso che il percorso che stiamo seguendo è diverso dal momento che quello originariamente prescelto
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Non ho detto questo, per carità!
PRESIDENTE. Quello che è stato detto adesso, era già stato detto nel dibattito di venerdì mattina. Non è che scopriamo la luna nel pozzo! Ieri sera c'è stato un voto che ha confermato la nuova strada. È stato detto anche ieri sera: spero - per così dire - che non lo scopriremo domani!
NATALE D'AMICO. Quando le strade sono diverse, è inutile rivendicare coerenze con il passato.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Ho rivendicato coerenza con quello che avevo detto in una precedente seduta! Onorevole D'Amico, la prego di essere attento a quello che si dice.
NATALE D'AMICO. Esattamente...
CESARE SALVI, Relatore per la forma di governo. Ho parlato della possibilità, anzi della necessità di introdurre modifiche a quel testo...
NATALE D'AMICO. Stavo dicendo che non proverò a riportare la Commissione su quella strada... Alcuni pericoli che avevo intravisto nel nuovo percorso... È stata introdotta una formulazione che mi pare eviti un rischio grave tra quelli che si potevano immaginare. Tuttavia desidero mantenere questo emendamento, che ha quasi un contenuto di bandiera ma che, soprattutto, non prova a riportarci alla soluzione francese; riporterebbe invece la Costituzione ed i poteri del Presidente eletto verso un modello austriaco, e non francese. Si tratta infatti della formula presente nella Costituzione austriaca. Mantengo dunque l'emendamento, chiedendo che venga messo in votazione, perché anche nella nuova strada che abbiamo scelto mi sembra che un meccanismo di elasticità nei rapporti fra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio, che redistribuisca i poteri un po' più nella direzione del primo, titolare di una legittimazione diretta ottenuta dalla maggioranza assoluta degli elettori, potrebbe essere uno strumento utile.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Mi permetto di ricordare all'onorevole D'Amico che il Presidente della Repubblica nel sistema francese non ha il potere di revoca del Primo ministro...
NATALE D'AMICO. Ho detto esattamente questo; ho precisato che cerco di ricondurmi al modello austriaco.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Appunto, al modello dell'Austria, perché nel sistema francese non vi è il potere che l'onorevole D'Amico propone.
Per quanto riguarda la richiesta dell'onorevole Calderisi, se esiste questo problema, si potrà valutare in sede di coordinamento una formulazione che sia preferibile.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Signor presidente, mantengo il mio emendamento IV.3.38.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'emendamento D'Amico IV.3.25.
(È respinto).
Si considera accolta come raccomandazione di sistemazione formale l'osservazione dell'onorevole Calderisi.
Pongo in votazione l'emendamento Rotelli IV.3.38.
(È respinto).
Vi sono poi alcuni altri emendamenti riferiti alla lettera b), che sono ormai assorbiti perché riferiti ad un altro modello di governo.
ARMANDO COSSUTTA. Signor presidente, effettivamente alcuni nostri emendamenti si riferiscono ad una ipotesi di premierato che ormai non è più possibile riproporre dal momento che la Commissione ha già votato una serie di indirizzi che sono in netta contraddizione con questa soluzione. Ciò non vuol dire che noi rinunziamo alle nostre opinioni, ma questi emendamenti non possono essere in questa sede discussi: ripresenteremo però per l'esame in aula il nostro progetto volto ad evitare il presidenzialismo e viceversa a ridare vita ad una soluzione di tipo neoparlamentare, con poteri più significativi del Presidente del Consiglio.
PRESIDENTE. L'emendamento Passigli IV.3.13 mi sembra non attinente, poiché riguarda materia relativa all'articolo 5.
SERGIO MATTARELLA. Signor presidente, ritiriamo il nostro emendamento IV.3.27; consideriamo i nostri emendamenti IV.3.30 e IV.3.31 assorbiti da quelli presentati dal relatore.
PRESIDENTE. Quanto all'emendamento Crucianelli IV.3.16, dato che il relatore si è riferito alla necessità di rivedere formalmente il testo, mi sembra sinceramente difficile attribuire un significato sostanziale alla distinzione tra le formule «tenendo conto dell'indirizzo politico» e «conformemente all'indirizzo politico». Fra l'altro, l'indirizzo politico deve comunque essere valutato: se la legge elettorale non prevede un'esplicita designazione del Primo ministro, come fa il Presidente a conformarsi? È un mistero; non vorrei che questo Presidente fosse sottoposto a norme inapplicabili: evidentemente, comunque, terrà conto del risultato elettorale. In ogni modo, allo stato delle cose, la questione è abbastanza formale.
GIOVANNI RUSSO. Signor presidente, ritiro il mio emendamento IV.3.19.
PRESIDENTE. Passiamo alla lettera d), cui è riferito l'emendamento del relatore IV.3.42.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Signor presidente, ho formulato la proposta di sopprimere la prima parte della lettera d), cioè il potere presidenziale di autorizzazione alla presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo nel quadro del tentativo che si compie di operare chiarezza nella ripartizione tra le funzioni istituzionali e i compiti del Presidente della Repubblica e del primo ministro: è in qualche modo l'obiettivo principale cui si tende sia nelle nuove Costituzioni semipresidenzialiste che sono state introdotte in Europa, sia nelle proposte di riforma del sistema costituzionale francese.
Mi è sembrato pertanto che, tanto più nel momento in cui nell'articolo 8 è previsto, come è giusto a mio avviso, che sia il primo ministro a presentare alle Camere i disegni di legge di iniziativa del Governo, non prevedere questa attribuzione nell'ambito dei poteri del Presidente della Repubblica avesse la funzione, non già di sottrarre al Presidente della Repubblica un potere che oggi avrebbe ma al contrario quella di individuare, fra i poteri elencati quelli che hanno una maggiore connotazione perché collegati alle attribuzioni del Presidente della Repubblica. Per tale ragione, ho ritenuto possibile non inserire quelli che sono, o dovrebbero essere nella logica di sistema, poteri puramente di controllo, anche in base all'argomento che il Presidente della Repubblica ha poi il potere di rinvio alle Camere prima della promulgazione, secondo il testo che è stato già votato. Tuttavia, mi rendo conto che, per esempio, il controllo di regolarità formale e di corrispondenza alla Costituzione può essere esercitato anche in sede di autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge (potere peraltro già oggi esercitato dall'attuale Presidente della Repubblica in base alla Costituzione), per cui su questo punto, in base alla valutazione di questi due elementi, mi rimetto alla valutazione della Commissione. Non lo considero, cioè, un emendamento caratterizzante: è
VALDO SPINI. Considerata la posizione del relatore, sono favorevole al mantenimento della lettera d) per due motivi: uno di merito, perché tutto sommato questo istituto del passaggio per il vaglio del Presidente della Repubblica è stato utile in questi anni; un altro di opportunità, per evitare dal punto di vista politico la facile polemica (che effettivamente vi potrebbe essere) per la quale al Presidente della Repubblica vengono tolti anche i poteri che ha ora. Quindi, se il relatore ha questa posizione aperta, mi sembra che si possa evitare una controversia politica inutile.
GIORGIO REBUFFA. Come ha osservato l'onorevole Spini, ritengo che questa funzione da un lato sia di garanzia, dall'altro consenta al Presidente della Repubblica di interloquire nel procedimento di formazione legislativa. Questa funzione è stata sempre considerata come tale dalla Costituente e nella prassi costituzionale; è una tipica funzione di garanzia e non ha conseguenze sulla lettera a), perché il Consiglio dei ministri ha la possibilità di rivedere la questione autonomamente. Manterrei dunque tale funzione, per cui chiederei il relatore di ritirare il suo emendamento e di conseguenza ai colleghi di ritirare tutti gli emendamenti riferiti alla lettera d).
GIOVANNI RUSSO. Signor presidente, è vero che questo potere di autorizzazione esiste nella Costituzione vigente, ma in un quadro diverso della figura del Presidente della Repubblica: nel momento in cui questo assume una funzione politica, una responsabilità politica, il potere di autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge va al di là di un mero controllo formale e può assumere una funzione ed uno scopo di interferenza nell'iniziativa politica del Governo. A me sembra, quindi, che l'emendamento presentato dal relatore risponda ad una esigenza vera e sono ad esso favorevole.
ERSILIA SALVATO. Mi associo alle osservazioni del collega Russo e chiedo che l'emendamento venga posto in votazione.
SERGIO MATTARELLA. Signor presidente, per quanto sia inusuale per me essere d'accordo con il collega Rebuffa, le argomentazioni da lui prospettate hanno qualche ragionevole fondamento; se il relatore pensasse di ritirare l'emendamento, saremmo dunque consenzienti.
MAURIZIO PIERONI. Signor presidente, ove fosse presa in considerazione dal relatore l'ipotesi da noi suggerita al punto d), proprio per evitare quel conflitto cui faceva riferimento il senatore Russo (vale a dire se fosse tolto dal pacchetto dei poteri presidenziali quello di emanare i decreti aventi valore di legge approvati dal Consiglio dei ministri), allora credo che l'invito dei colleghi Spini e Rebuffa potrebbe essere accettato anche da noi.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Mi sembra che vi sia la richiesta di votare l'emendamento: devo dire che gli argomenti dei colleghi Spini, Rebuffa e Mattarella mi sono sembrati persuasivi e mi rimetto alla Commissione.
DOMENICO NANIA. Signor presidente, voteremo contro l'emendamento in esame perché riteniamo che sia davvero strano, per un verso, ritenere che il Presidente della Repubblica non debba presiedere il Consiglio dei ministri, quindi non svolgere azione di governo, per cui bene o male lo si inquadra in una certa dimensione formale e giuridica, per altro verso togliergli poteri che sono addirittura dati ed esercitati in maniera più consistente dall'attuale Presidente della Repubblica. L'elezione diretta diventerebbe quasi un elemento peggiorativo della sua posizione: è ben evidente che a questo non si può arrivare, per cui voteremo contro l'emendamento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Passiamo alla lettera e), cui è riferito l'emendamento IV.3.43 del relatore.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Signor presidente, questo emendamento ha una funzione puramente formale per la prima parte, perché non si ripete quanto era stato deciso in una precedente seduta per quanto riguarda le leggi ed il potere del Presidente della repubblica di rinviarle alle Camere (si è già votato al riguardo in occasione dell'esame del testo relativo al Parlamento). Inviterei quindi il collega che, forse non essendosi accorto di avere già votato la norma, ripresenta una proposta al riguardo di ritirarla.
Per quanto riguarda i regolamenti, si stabilisce il meccanismo della richiesta di riesame da parte del Presidente della Repubblica che era già previsto nel testo; si precisa, alla luce della nuova definizione dei rapporti fra Governo e Presidente della Repubblica che, nel caso in cui il Governo approvi nuovamente il regolamento, questo deve essere emanato. Naturalmente sappiamo che, per la materia del regolamento è aperta la questione che valuteremo in occasione dell'esame del testo sulle garanzie e dei meccanismi di tutela e verifica per le diverse ipotesi di illegittimità prospettabili.
STEFANO PASSIGLI. Il relatore è corretto perché della questione si era già parlato in sede di esame della bozza sul Parlamento. Però, per avere tutta la tastiera dei poteri presidenziali, che oltretutto verrà confrontata con quelli attuali, credo che nella fase del coordinamento tecnico non sarebbe male avere la riformulazione in questa sede piuttosto che nella sede del Parlamento. Ritengo che sia più corretto, fermo restando, come abbiamo già stabilito, che il Presidente ha il potere di rinviare la legge.
PRESIDENTE. È un potere che il Presidente ha. Il relatore ha proposto di mettere il riferimento all'articolo precedente.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. La proposta del senatore Passigli mi pare persuasiva. Vedremo, in sede di coordinamento, di riportare in questa sede la norma che abbiamo già approvato.
PRESIDENTE. Ciò che adesso importa sottoporre a votazione è la parte relativa ai regolamenti, che però non è aggiuntiva rispetto al testo. L'emendamento va comunque votato perché si prevede il meccanismo di riesame, eccetera, salvo che in sede di coordinamento si preferisca collocare in questo medesimo punto anche il potere di rinvio delle leggi, così come regolato dall'articolo sul Parlamento che abbiamo già approvato.
SERGIO MATTARELLA. Questa è una questione aperta. Si vedrà in sede di coordinamento, perché forse è più perspicua mantenerla nella procedura delle leggi.
PRESIDENTE. Il potere è sempre il medesimo, non c'è un fatto di sostanza.
Pongo in votazione l'emendamento del relatore IV.3.43.
(È approvato).
Abbiamo così esaurito gli emendamenti del relatore all'articolo 3. Vi è però una serie di altri emendamenti presentati dai colleghi deputati e senatori.
Passiamo all'emendamento Rotelli IV.3.39, che prevede, in caso di riesame da parte delle Camere di una legge rinviata, che ci voglia la maggioranza assoluta per l'approvazione, cioè un meccanismo rafforzato.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Credo che sia precluso, signor presidente, dal voto che vi è stato sull'articolo 21 del testo sul Parlamento.
PRESIDENTE. Credo anch'io che in quella sede abbiamo già votato un testo
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Ne prendo atto. La norma avrebbe senso nell'ambito del regime presidenziale perché è una forma, seppure attenuata, di veto presidenziale.
PRESIDENTE. L'emendamento Rotelli IV.3.40 è precluso in quanto legato alla contestualità delle elezioni.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Non ho capito perché sia precluso.
PRESIDENTE. Perché abbiamo già votato la sua proposta di elezione contestuale del Parlamento e del Presidente della Repubblica.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Signor presidente, mi permetta di dissentire. Abbiamo soltanto votato il mio emendamento con cui proponevo che la durata del mandato presidenziale fosse di quattro anni anziché di cinque o di sei. Quindi, non la contestualità.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Abbiamo votato sui cinque anni di durata della Camera e sui sei anni di durata del Presidente. Non lo abbiamo votato esplicitamente, ma dal combinato di queste due norme già votate...
PRESIDENTE. Come si fa, infatti, ad indire lo stesso giorno le elezioni di organi che hanno durate diverse? Comunque, se vuole, senatore Rotelli, pongo in votazione il suo emendamento. Ma logica vorrebbe che questo principio...
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Lei chiede che ritiri l'emendamento IV.3.40, signor presidente?
PRESIDENTE. Sì, la ringrazierei.
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Mi lasci soltanto spiegare il significato di questo emendamento. Facendo svolgere le elezioni del Parlamento in coincidenza con il secondo turno dell'elezione presidenziale si sarebbe evitato il Governo diviso americano e la coabitazione francese. Questo, nell'ambito dell'opinione che ho già espresso e senza voler essere offensivo nei confronti del relatore, cioè che la non contestualità non sia un elemento essenziale ai fini del modello.
PRESIDENTE. Ma questo dibattito si è svolto. Le do atto di queste sue opinioni ma adesso il problema era se sottoporre a votazione una norma che in questo contesto è priva di applicabilità.
Passiamo all'emendamento Selva e Nania IV.3.37. Chiedo ai presentatori se intendano mantenerlo.
DOMENICO NANIA. Lo ritiriamo.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Selva e Nania IV.3.33.
DOMENICO NANIA. Lo ritiriamo.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento D'Amico IV.3.28. Onorevole D'Amico, lo mantiene?
NATALE D'AMICO. Sì, lo mantengo.
PRESIDENTE. Qual è il parere del relatore sull'emendamento D'Amico IV.3.28, che prevede che ogni anno davanti alla Camera dei deputati il Presidente della Repubblica tenga un discorso sullo stato della Repubblica?
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Il parere è ovviamente contrario perché non c'è un rapporto diretto tra il Presidente della Repubblica e la Camera dei deputati.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento D'Amico IV.3.28, non accettato dal relatore.
(È respinto).
Passiamo all'emendamento Rebuffa IV.3.29. Si tratta di un punto di qualità. Qual è il parere del relatore?
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. È una di quelle formule presenti nella Costituzione attuale. Mantenendo il primo comma dell'articolo 8, per il quale è il Governo che dispone delle forze armate, resta una formula che può avere un senso negli stessi termini in cui si ragionava in materia di rappresentanza. Comunque, mi interessa conoscere il parere degli altri colleghi prima di formulare un giudizio più preciso. A mio avviso, il punto fondamentale è che vi sia chiarezza di ripartizione di compiti in questo campo.
STEFANO PASSIGLI. Questa è una formula che ha una lunga storia costituzionale che viene dalle monarchie. Sostanzialmente mi sembra, alla luce di quanto diceva il relatore, che potremmo innovare facendone a meno. Il Presidente rappresenta la nazione, al servizio della quale sono l'esercito e le forze armate, anche se sono a disposizione della discrezionalità politica del Governo. Credo che potremmo innovare rispetto alla tradizione costituzionale eliminando questa dizione. Non vedrei nessuna conseguenza. Anzi, mi sembra, francamente, che eliminarla faccia pulizia e chiarezza.
VALDO SPINI. Effettivamente, questo dibattito ha tanti lati così complessi che non so se tutti noi siamo preparati. Per quanto mi riguarda, non ho certo la preparazione del senatore Passigli, però vorrei fare un'osservazione: questa dizione, che è presente anche in altri paesi - chiedo aiuto ai giuristi - è per far vedere che vi è un civile alla testa delle forze armate, non un militare.
STEFANO PASSIGLI. Il Primo ministro è un civile.
VALDO SPINI. Però, dare il comando delle forze armate al Primo ministro mi sembrerebbe incongruo. Io manterrei l'attuale dizione costituzionale.
PRESIDENTE. L'alternativa è se il capo delle forze armate sia il Presidente della Repubblica o il Primo ministro, perché il testo del relatore prevede di attribuire comunque ad un civile questa funzione.
GIORGIO REBUFFA. Credo che l'osservazione dell'onorevole Spini vada accolta e che, quindi, vada mantenuto l'attuale testo della Costituzione, dove è detto che il Presidente della Repubblica ha il comando delle forze armate. Qui il problema non sta nel fatto che questo comando sia affidato o meno a un civile. È una regola parlamentare (Interruzione del senatore Pieroni)... Mi faccia terminare, senatore Pieroni. Disporre delle forze armate è una formula, poi si porrà un problema di comando delle forze armate. Se assegnamo al Presidente della Repubblica anche queste funzioni di garanzia, il comando delle forze armate è una tipica funzione bipartisan (un termine che non mi piace, ma non me ne viene in mente un altro). Quindi, si tratta di un principio di responsabilità del comando delle forze armate in democrazia presente nella nostra Costituzione. Invece di dire «è il capo», come io ho proposto nel mio emendamento, possiamo dire «ha il comando». Possono sorgere problemi? Ne sono sorti nel passato.
ARMANDO COSSUTTA. Mi sembra che ci convenga mantenere il testo attuale della Costituzione, anche se è molto forte e può creare problemi nei confronti del Governo (peraltro, forse si sono già determinati nel passato). Però, è normale che il Presidente della Repubblica abbia anche questo ruolo. Eviterei la dizione «capo delle forze armate», che mi sembra si addica di più al capo di stato maggiore che non al Presidente della Repubblica, il quale, come recita la Costituzione, «ha il comando delle forze armate».
GIOVANNI PELLEGRINO. Signor presidente, non vorrei peccare di semplicismo ma una volta che abbiamo assegnato al Presidente della Repubblica la presidenza del Consiglio supremo per la politica estera e la difesa, mi sembrerebbe che
PRESIDENTE. In effetti, si potrebbe mettere nel punto in cui si dice che il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio supremo per la politica estera e la difesa. Si potrebbe dire che in questa qualità ha anche il comando delle forze armate. Così facendo manterremmo la formula dell'attuale Costituzione collegandola a questo ruolo. Mi sembra sia la cosa migliore da fare. Il Presidente del Consiglio è parte, mentre il Capo dello Stato, sia pure eletto dai cittadini, è il supremo garante della Repubblica.
SERGIO MATTARELLA. Riteniamo anche noi che sia meglio dire che ha il comando delle forze armate, però bisogna stare attenti a come si colloca questa espressione nella lettera i), altrimenti può sembrare che questo comando lo abbia soltanto in caso di guerra.
PRESIDENTE. Propongo di riformulare l'emendamento IV.3.29 nel senso di sostituire le parole «è il Capo delle forze armate» con le seguenti: «ha il comando delle forze armate» e di riferirlo alla lettera a) dell'articolo 3, come sostituita.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Passiamo al punto relativo alle nomine, sul quale vi è una serie di emendamenti che correggono, in parte formalmente in parte sostanzialmente, la lettera k) del testo del relatore: «nomina, nei casi stabiliti dalla legge, i funzionari pubblici». Effettua le nomine stabilite dalla legge perché, in effetti, il concetto di funzionari pubblici appare forse un po' restrittivo rispetto a nomine negli organi costituzionali, per esempio. È in questo senso che va l'emendamento Passigli IV.3.14.
Vi è poi l'emendamento De Mita IV.3.31, tendente ad inserire, dopo le parole «dalla legge», le parole «su proposta del Primo ministro».
SERGIO MATTARELLA. Ho già detto, signor presidente, che lo considero assorbito dall'emendamento Mussi IV.3.32 accolto dal relatore, in base al quale la Costituzione e la legge stabiliscono i casi nei quali la nomina avviene su proposta del Governo, ovvero previo consenso del Senato.
PRESIDENTE. Credo che questo emendamento si leghi bene a quello proposto dal senatore Passigli.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Mi sembra che la sostanza del problema sia di chiarire, in questa norma, le diverse ipotesi di nomine presidenziali proprie e di nomine presidenziali su proposta del Governo. Questo però non lo si può fare elencandole in Costituzione, perché sarebbe difficilissimo; quindi occorre un rinvio alla legge.
PRESIDENTE. Credo che il testo vada riformulato. L'espressione «funzionari pubblici» appare restrittiva, perché il Presidente della Repubblica ha poteri di nomina anche in organi costituzionali, non nomina soltanto i funzionari pubblici.
SERGIO MATTARELLA. Mi sembra però che si tratti di un buon testo, perché quelle altre nomine di organi costituzionali sono del Capo dello Stato, tant'è che nel testo è previsto che non abbiano neanche controfirma. È giusto, quindi, che non vi sia il dubbio se siano su proposta del Governo o su parere del Senato: sono nomine del Capo dello Stato, sono sue. Per i funzionari, invece, la legge stabilirà i casi in cui la proposta è del Governo; dove non ci sarà la proposta del Governo, ci sarà il parere del Senato.
PRESIDENTE. La formulazione potrebbe essere la seguente: «nomina i funzionari dello Stato; la Costituzione e la legge stabiliscono i casi nei quali la nomina avviene su proposta del Governo».
SERGIO MATTARELLA. Io manterrei «nei casi stabiliti dalla legge». Se eliminiamo questa formulazione, qualunque pubblico funzionario dello Stato, anche periferico, è nominato dal Capo dello Stato e questo è eccessivo. La legge fisserà i casi in cui occorre la firma del Capo dello Stato, poi stabilirà anche quando su proposta del Governo e quando su proposta del Senato.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Sono d'accordo sull'indicazione dell'onorevole Mattarella. Ho ancora qualche dubbio sulla sostituzione dell'aggettivo «pubblici» con l'espressione «dello Stato», perché al di là della questione dei livelli decisionali, «Stato» corrisponderà sempre più all'amministrazione centrale dello Stato; quindi lascerei un termine più ampio che consenta poi di esaminare caso per caso.
STEFANO PASSIGLI. Credo che in Costituzione si debba lasciare il massimo di flessibilità; per questo avevo parlato di nomine stabilite dalla legge. Accogliendo il suggerimento del Presidente, mi sembra che questo si sposerebbe molto bene con l'emendamento Mussi IV.3.32 secondo il quale la Costituzione e la legge stabiliscono i casi in cui la nomina avviene su proposta del Governo.
Perché non parlerei solo di funzionari pubblici? Perché, anche se abbiamo previsto cose diverse per certi organi costituzionali, non è da escludere che domani vi sia una serie di enti, di istituzioni per i quali una legge demandi al Presidente della Repubblica la nomina. Domani l'Accademia dei Lincei, per esempio, oppure una qualsiasi istituzione di alta valenza culturale o un istituto di ricerca potrebbe voler fare riferimento alla Presidenza della Repubblica, per cui la formula «le nomine stabilite dalla legge» mi sembra più ampia.
Per quanto riguarda i funzionari pubblici, è chiaro che questo avverrà su proposta di autorità di Governo; in altri casi avverrà attraverso il meccanismo dell'advice consent del Senato. Perché, quindi, voler stabilire in Costituzione che il Presidente della Repubblica può effettuare nomine solo di funzionari pubblici e non di persone che non hanno questa qualifica, e non su posizioni diverse da quelle occupate da funzionari pubblici? Per lasciare il massimo di flessibilità, proporrei nuovamente di unire il mio emendamento IV.3.14 e l'emendamento Mussi IV.3.32.
VALDO SPINI. Che cosa vogliamo raggiungere l'abbiamo chiarito. A questo punto, lascerei libertà al coordinamento del presidente, per evitare di ingessare una formula.
MASSIMO VILLONE. Propongo il seguente testo: «effettua le nomine stabilite dalla Costituzione e dalla legge, che indicano i casi in cui la nomina avviene su proposta del Governo ovvero previo consenso del Senato» (emendamento IV.3.44).
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Sono favorevole, con riserva di approfondimento in sede di coordinamento.
GIUSEPPE CALDERISI. Bisogna salvaguardare il concetto che l'emendamento Mussi è aggiuntivo e non sostitutivo della lettera k).
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Per questo ho chiesto un momento di riflessione anche per il coordinamento, perché mentre qui, sia pure con riferimento ai casi stabiliti dalla legge, si fissa il principio che la nomina dei funzionari pubblici è del Presidente della Repubblica (quindi i casi previsti dalla legge saranno quelli che fisseranno il livello al di sopra del quale occorre la firma del presidente, perché è evidente che altrimenti egli dovrebbe passare il suo tempo a firmare carte di cui non sa nulla), nella formulazione Villone questo aspetto è meno evidente. Tuttavia, poiché siamo d'accordo sulla sostanza, possiamo risolvere il problema in sede di coordinamento.
SERGIO MATTARELLA. Mi pare giusta questa procedura, con un suggerimento: mantenere la possibilità che vi siano nomine del Capo dello Stato né proposte dal Governo né che vanno al Senato.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Certamente.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento Villone IV.3.44
(È approvato).
Passiamo all'emendamento Crucianelli IV.3.17. Non capisco il senso di questo emendamento.
FAMIANO CRUCIANELLI. Lo ritiro.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'articolo 3 come modificato.
(È approvato).
Passiamo all'articolo aggiuntivo Nania IV.3.01.
DOMENICO NANIA. Lo ritiro.
PRESIDENTE. Passiamo agli emendamenti riferiti all'articolo 4.
Gli emendamenti Armando Cossutta IV.4.1 e Pieroni IV.4.2 li consideriamo accantonati, secondo il sistema che abbiamo adottato fino ad oggi.
L'emendamento Rotelli IV.4.4 ha invece una natura più sostanziale, in quanto prevede che in caso di impedimento permanente sia il primo ministro ad esercitare le funzioni presidenziali. Mi sembra che l'emendamento debba essere considerato precluso dal modello che abbiamo adottato. Senatore Rotelli, intende ritirarlo o chiede che sia posto in votazione?
ETTORE ANTONIO ROTELLI. Se me lo chiede espressamente, lo ritiro.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento D'Amico IV.4.3.
NATALE D'AMICO. Lo ritiro.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'articolo 4.
(È approvato).
Passiamo agli emendamenti riferiti all'articolo 5, che è un punto importante dell'architettura.
Cedo la parola al relatore, che ha presentato un emendamento sostitutivo.
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di governo. Come dicevo nell'esposizione illustrativa di ieri, la tecnica con cui ho cercato di risolvere questo delicato problema, tenendo conto degli elementi emersi nel dibattito di venerdì mattina e nelle consultazioni, è quella di prevedere che il potere di scioglimento, di indire le elezioni anticipate in capo al Presidente della Repubblica sia previsto principalmente nell'ipotesi di crisi politica. Nel momento cioè in cui si verifica una crisi politica della maggioranza espressa dagli elettori, interviene il Presidente della Repubblica il quale assume funzioni arbitrali, che sono evidentemente funzioni politiche ma che intervengono nel momento in cui si è determinata la situazione di cui si parlava.
Nella proposta che ho formulato, questa situazione di crisi politica si traduce nelle dimissioni del Governo, le quali sono un atto dovuto, innanzitutto quando si dimette il primo ministro: il primo ministro ha questo potere con le sue dimissioni, com'è ovvio che sia, ma in questa proposta è un potere in capo alla figura monocratica del primo ministro, oltre che, com'è ovvio, al Consiglio dei ministri nel suo insieme. Dicevo, quindi, che le dimissioni del Governo sono un atto dovuto nel caso di dimissioni del primo ministro, nel caso di approvazione della mozione di sfiducia oppure nel caso di mancata approvazione della fiducia chiesta dal Governo. Queste due norme hanno anche una funzione di raccordo con la disciplina del rapporto fiduciario fra Governo e Parlamento, che è prevista in questo testo e sulla quale sono stati presentati emendamenti. Inoltre è previsto che ci siano le dimissioni del Governo; anche questo è un fatto legato all'ordinario funzionamento del sistema nel caso di nuove elezioni della Camera dei deputati.
MARCO BOATO. Me l'aveva suggerito lei, per la verità!
CESARE SALVI, Relatore sulla forma di Governo. Mi riferivo ad un altro di questi suoi ricordi. Quando fece parte della commissione per la riforma della Costituzione all'Assemblea legislativa francese cercò di opporsi in tutti i modi alla soluzione adottata dall'Assemblea costituente che prevedeva l'elezione popolare del Presidente della Repubblica, ma, per eccesso di timore rispetto a questa soluzione, individuava un mandato di quattro anni senza rieleggibilità con norma che si poteva rivedere soltanto a maggioranza di quattro quinti in due assemblee legislative consecutive. Tocqueville cercò di spiegare questo aspetto.
Naturalmente in Italia non si verificherebbe quello che accadde in Francia nelle note vicende, ma certamente insorgerebbero delle difficoltà. Penso che sia giusto
LEOPOLDO ELIA. Mi pare che il relatore abbia già toccato nel suo intervento il punto più delicato. Penso che a questo punto sia opportuno insieme ad altri giustificare il motivo della presentazione dell'emendamento di cui sono primo firmatario.
Rispetto al combinato disposto degli articoli 5 e 7, a noi va bene che il Presidente del Consiglio presenti le dimissioni quando c'è un nuovo Presidente della Repubblica, ma vorremmo anche che si aggiungesse la previsione per cui il Presidente lo invita a presentarsi entro cinque giorni alla Camera dei deputati per la verifica del rapporto fiduciario. Perché questo? L'emendamento del relatore - animato da eccellenti intenzioni di cui gli do atto, in particolare quella di evitare conflitti e contrasti - provoca a nostro e a mio avviso in particolare un gravissimo effetto di squilibrio all'interno del sistema, perché mette in gioco la compatibilità tra il semipresidenzialismo di cui si è discusso con la realtà dei poteri attribuiti al Presidente della Repubblica da una parte e al Presidente del Consiglio dall'altra.
Ho fatto affidamento sulle dichiarazioni del presidente Fini di venerdì, del presidente D'Alema, del presidente Berlusconi in cui si diceva - è stato ribadito oggi - che non si davano a questo Presidente della Repubblica poteri diretti di governo, che questi non era a capo del potere esecutivo. Anche il Presidente ha detto, quando si è parlato dei mezzi di comunicazione, che il contrasto era di persone e non di schieramenti politici.
Allora, mi sentirei un po' in contraddizione con me stesso, ma soprattutto con queste affermazioni, mi sentirei tratto nella situazione sgradevole di aver creduto una cosa e di trovarne un'altra quando poi mi trovassi di fronte a questo emendamento, il quale, trasportato nel contesto italiano, mi fa l'impressione di un meteorite mitterrandiano, se proprio non si vuole risalire a MacMahon nel 1855. Si propone un potere di scioglimento che presuppone l'essenza del sistema presidenziale francese, ossia la possibilità di confrontare due maggioranze: lo schieramento
PRESIDENTE. Ci sono molti iscritti a parlare. Considero questa una discussione unificata sugli articoli 5 e 7 e sui relativi emendamenti, dopo di che passeremo alle votazioni.
GIUSEPPE CALDERISI. Non sto qui a richiamare tutti gli elementi del dibattito che abbiamo svolto nelle passate discussioni e poi in particolare venerdì scorso; mi limiterò ad alcune considerazioni di fondo.
Ricordo come il potere di scioglimento sia anche un potere di garanzia, un potere che si esercita non solo all'atto dello scioglimento ma in ogni momento con finalità di deterrenza. Ho richiamato la posizione di Mortati, il dibattito all'interno dell'Assemblea costituente laddove l'articolo 88 della Costituzione vigente rispetto al potere di scioglimento attribuito al Presidente della Repubblica è visto come fattore che favorisce la stabilità e l'efficacia dei Governi, per evitare esecutivi che rimangono in piedi per - si è detto molto spesso - «tirare a campare». Rispetto all'articolo 88 della Costituzione, siamo in presenza di un Presidente della Repubblica eletto direttamente ed abbiamo anche la necessità di evitare che si crei una separazione tra la legittimazione popolare diretta ed i poteri del Presidente della Repubblica e ciò determini il rischio di conflitti.
Allora sia consentito a me, che a titolo personale sarei favorevole a mantenere il
CIRIACO DE MITA. Credo che uno scambio di opinioni, utile per venire alla definizione di norme praticabili, possa essere fatto meglio se riflettiamo sui processi che vogliamo regolare, anziché continuare a discutere entro l'ipotesi di definizione di un potere che ha una sua razionalità, indipendentemente però dal raccordo ai processi che è chiamato a governare. Anche se penso che poi non sarà possibile, vorrei non essere strattonato di qua e di là - lo dico con cordialità e con amicizia agli onorevoli Occhetto e Mussi - quando svolgo considerazioni, perché la mia preoccupazione non è quella di far prevalere qualcosa, quanto quella di riflettere sulle questioni che ci sono, per tentare di trovare una possibile soluzione condivisa.
Parto da una considerazione che stamattina ha alimentato un dibattito, a mio avviso inutile, sul significato del voto dato sul testo base presentato dal senatore Salvi. A chi dovesse o volesse ritenere che quel voto prefigurava l'introduzione del sistema presidenziale nel nostro ordinamento, vorrei richiamare alla memoria che la discussione svolta dalla Commissione, che ha accompagnato la riflessione fino alla proposta dei testi alternativi, in realtà non ha visto prevalere nessuna delle opinioni. Il dato che ha caratterizzato la discussione, all'interno della Commissione, è stato questo.
Ritengo - tra l'altro siamo stati coautori di questa scelta - che avere accettato il risultato del voto, reso determinante dall'incursione dei rappresentanti della lega, tutto sommato sia stato un atto di saggezza, perché ha sbloccato una situazione che, se si fosse «impiccata» nella contrapposizione di principio, non ci avrebbe portato lontano.
Voglio allora richiamare alla mia memoria, ma se mi consentite anche alla vostra, le considerazioni svolte dagli onorevoli Fini e Berlusconi venerdì mattina e richiamate stamattina, secondo le quali l'ipotesi di elezione diretta del Capo dello Stato non era la premessa per reintrodurre meccanicamente, nell'ordinamento costituzionale del nostro paese, la forma di semipresidenzialismo. Secondo la mia opinione, dovremmo fare uno sforzo per vedere in che misura sia costruibile, sulle cose che abbiamo deciso e su quelle che ci prepariamo a decidere, una forma di governo funzionale.
Non mi faccio tentare dalla dialettica se la razionalizzazione del sistema presidenziale, applicato al nostro paese, sia funzionale o no, perché se la affrontiamo in questo modo, non usciamo da questa discussione. Proviamo a riflettere - l'ho già detto ad alcuni colleghi in conversazioni qui, non a cena fuori, perché credo che le conversazioni servano anche a chiarirsi le idee - su un'ipotesi di governo neoparlamentare, liberato dai difetti del parlamentarismo inconcludente, e sulla costruzione della figura del Capo dello Stato non come garante neutro, ma come garante attivo del rinnovato ordine istituzionale nel nostro paese. Perciò, la preoccupazione di separare in maniera netta e distinta le funzioni di governo e quelle di garanzia, non è volta a recuperare il modello che abbiamo escluso né a tentare di anticipare surrettiziamente, e per qualche parte, il modello semipresidenziale che non prevale.
Mi permetterò, dopo che avremo approvato la prima bozza, di fare una riflessione sul recupero di alcuni poteri del Capo dello Stato che qui non ci sono, per esempio quello di Presidente del Consiglio superiore della magistratura. Ho trovato ragionevole l'orientamento emerso di consentire al Capo dello Stato l'autorizzazione alla presentazione delle leggi in funzione della garanzia della costituzionalità delle norme, poiché sarebbe davvero strano che, avendo il Capo dello Stato il potere di rinviare le leggi al Parlamento, gli venisse sottratta in anticipo la possibilità di fare la stessa valutazione.
Se è così, dovremmo adesso riflettere sulla questione dello scioglimento, cioè sull'obiettivo che ci prefiguriamo. Non ne
PRESIDENTE. Non ho ben compreso la posizione dell'onorevole De Mita sugli emendamenti al nostro esame, comunque proseguiamo negli interventi.
FRANCO MARINI. Mi scuso con lei, presidente, e con i colleghi, perché mi sembra alquanto irrituale che si svolgano l'uno dopo l'altro tre interventi di esponenti dello stesso gruppo; ma spenderò solo poche parole sull'ultimo punto trattato dal collega De Mita, cioè la questione della possibilità di scioglimento del Parlamento per l'elezione successiva del Capo dello Stato. Per il resto, gli oratori che mi hanno preceduto hanno sufficientemente approfondito la nostra posizione.
Ritengo che quello dello scioglimentoo sia un aspetto di estrema pericolosità rispetto all'obiettivo della stabilità e della funzionalità delle nostre istituzioni. Come ha detto De Mita, noi leghiamo alla maggioranza che esce dalle elezioni il rapporto con il Governo e la sua stabilità; il fatto che il Presidente eletto abbia comunque la possibilità di negare il risultato elettorale, costituirebbe di per sé un fattore di instabilità molto forte, aprirebbe nel rapporto Presidente eletto-maggioranza legittimamente eletta una spirale insostenibile. Nello stesso sistema francese, che non ha gli equilibri di quello che ora stiamo costruendo, è in corso in queste settimane un dibattito molto acceso: Chirac è indicato come il presidente sfiduciato.
Invece, l'emendamento che noi abbiamo presentato tempera la possibilità di cui ci stiamo occupando. Un atto di cortesia, come un sigaro, non si nega: di fronte a un nuovo Presidente si presentano le dimissioni, ma si deve procedere ad una verifica in Parlamento. Se c'è una maggioranza stabile, non si riesce a capire la logica politica di fondo, perché sarebbe distruttivo per il paese che il Parlamento fosse eletto con una condizione sospensiva. Qualcuno mi obietta che il Presidente che gli italiani dovrebbero eleggere in quanto persona saggia, a meno che non vi siano problemi insormontabili, non prenderebbe una decisione di questo genere, ma noi non dobbiamo ragionare guardando a singole tipologie. È un rischio che non possiamo correre.
Concludo dichiarando che credo molto nella costruzione che stiamo facendo. Anche con riferimento alle grandi questioni aperte sull'unità del paese, l'elezione diretta del Presidente della Repubblica può essere una risposta forte, che va forse oltre le aspettative di instabilità che l'incursione di sei colleghi che vennero a votare a favore del semipresidenzialismo si proponevano. Non voglio fare processi alle intenzioni, dico soltanto che, in un momento come questo, come riferimento dell'unità nazionale, un Presidente eletto può essere una risposta.
Così come si sta configurando, quella figura, di per sé, non entra in conflitto con una maggioranza eletta dai cittadini in Parlamento. Secondo la mia personale previsione - non raffinata, perché non ho la fortuna di potermi addentrare nelle
PRESIDENTE. Su questo argomento ci sono ancora 14 iscritti a parlare, per cui sarà bene aggiornare la discussione. Colgo comunque l'occasione per fare un'osservazione: sulla base di un calcolo che è stato compiuto, il primo caso di un Presidente della Repubblica eletto dopo il Parlamento, in maniera che si possa giovare del potere di scioglimento, qualora si accolga l'emendamento Russo, si verificherà tra 12 anni; poi, statisticamente, si riprodurrà ogni tanto nel corso del secolo. Lo dico perché si valuti che l'effetto di instabilità è piuttosto limitato (Commenti).
Ripeto, il primo caso si verificherà 12 anni dopo l'elezione del primo Presidente, poi si ripeterà qualche volta nel corso del secolo. Si tratta, pertanto, di una instabilità che si verificherà tre o quattro volte nel secolo.
MARCO BOATO. Vorrei comunicare ai colleghi che tra pochi minuti sarà a loro disposizione, presso la segreteria della Commissione, il testo degli emendamenti predisposti dal relatore riguardo al sistema delle garanzie, con riferimento alla Corte costituzionale, all'autorità di garanzia, alla Banca d'Italia ed al difensore civico.
PRESIDENTE. Prego i colleghi, che si occupano in particolare di questi temi, di fornirsi di quel testo, allo scopo di predisporre eventuali subemendamenti. L'esame di questa materia avverrà, infatti, nella stessa giornata di oggi, non appena avremo concluso la discussione della parte relativa alla forma di governo, cosa che dovrebbe avvenire abbastanza presto.
Il seguito dell'esame è rinviato alla seduta pomeridiana delle 15.30.
La seduta termina alle 13.10.