ONOREVOLI SENATORI. - La Commissione bicamerale per le riforme
istituzionali non puó eludere il tema delle forme di esercizio della
democrazia diretta e della loro integrazione con il mandato rappresentativo
proprio di una democrazia parlamentare. In questa direzione il presente
disegno di legge costituisce un contributo di idee e di proposta per il
lavoro della Commissione bicamerale.
Di fronte all'uso distorto che dello strumento referendario é
stato e viene fatto, nella fase di crisi e di transizione che il nostro
Paese sta vivendo, sarebbe troppo semplice, e alla lunga rischioso, tendere
alla mera limitazione della ricorribilità al referendum
abrogativo. Certo, una consultazione popolare in cui i cittadini fossero
chiamati al voto su trenta quesiti - come quella che alla data di
presentazione del presente disegno di legge non é possibile escludere
- su materie diverse e di difficile comprensione, non costituirebbe quella
positiva integrazione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa
che sarebbe auspicabile da parte di chi ha a cuore l'arricchimento della
forma parlamentare di governo attraverso una piú ricca partecipazione
popolare alle decisioni politiche fondamentali per il Paese.
Non a caso da parte dei proponenti delle recenti campagne referendarie si
fa ricorso, nel promuovere contestualmente decine di quesiti, piú al
loro complessivo significato anti-istituzionale (la cosiddetta polemica
"anti-partitocratica"), che ai contenuti di merito di ciascuno di essi.
Ma alla polemica strumentale di chi agita fino all'abuso lo strumento
referendario, non é possibile rispondere semplicemente con una
limitazione della possibilità di ricorrervi. Ne verrebbe una
privazione di strumenti alla partecipazione popolare nelle scelte
democratiche difficilmente recuperabile in altre forme, posto che - nel bene
o nel male - il referendum é entrato ormai a far parte
nella cultura diffusa del novero degli strumenti attraverso cui i cittadini
possono far sentire la propria voce nei processi decisionali.
D'altro canto, non va sottovalutato il fatto che il mutamento del sistema
elettorale in senso maggioritario, ed il probabile - per quanto criticabile
- adeguamento della forma di governo nella direzione di una limitazione dei
poteri del Parlamento, che nonostante le torsioni maggioritarie resta la
principale sede della rappresentanza della generalità dei cittadini,
impongono di considerare la questione sotto un altro aspetto. Gli strumenti
di democrazia diretta, in una democrazia maggioritaria, sono strumenti
attraverso cui una minoranza che non accede alla istanze rappresentative,
ovvero che costituisce una opposizione obbligata normativamente alla mera
denuncia, puó far valere le proprie ragioni attraverso una pubblica
campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica che chiami tutte le
cittadine e tutti i cittadini a pronunciarsi su provvedimenti di grande
interesse pubblico e rilevanza sociale.
Perché il referendum abrogativo possa essere tutelato
nelle sue finalità istituzionali e possa tornare ad esercitare la sua
funzione oppositiva di ultima istanza voluta dal Costituente, é
dunque necessario dare risposta ad una domanda nuova, emersa in questi anni,
di partecipazione popolare e che é stata malamente coartata dentro il
mero strumento del referendum abrogativo, fino a fargli assumere
una connotazione conflittuale con l'intero sistema politico-istituzionale e
marcatamente plebiscitaria.
Per queste ragioni, nel presente disegno di legge si propone - seguendo
l'ispirazione della proposta di legge costituzionale n. 2452 della IX
legislatura, di iniziativa dei deputati Ferrara ed altri - l'istituzione del
referendum popolare propositivo. L'articolo 1, infatti,
sostituisce l'articolo 71, secondo comma, della Costituzione, con un
articolo 71- bis , che disciplinando l'iniziativa legislativa
popolare ne consente la trasformazione in referendum , a richiesta
del Comitato promotore, qualora ad un anno dalla presentazione di una
proposta, sottoscritta da almeno cinquecentomila elettori, le Camere non ne
abbiano concluso l'esame, ovvero ne abbiano modificato sostanzialmente i
contenuti. L'unica limitazione per materia che si propone é quella
determinata dalla specificazione che il popolo é titolare
esclusivamente della potestà di iniziativa legislativa ordinaria,
riservando al Parlamento ogni determinazione relativa all'avvio di un
processo di revisione costituzionale.
Con tali previsioni, di rilancio e rafforzamento della iniziativa
legislativa popolare, é possibile quindi, come si fa nel successivo
articolo 2, proporre una riformulazione dell'articolo 75 della Costituzione,
limitandone il ricorso ai casi in cui venga richiesta l'abrogazione totale
di una legge o di un atto avente valore di legge, ovvero di uno o piú
articoli di essi. Si propone inoltre una estensione delle limitazioni per
materie che traduce normativamente alcune indicazioni della giurisprudenza
costituzionale a proposito della inammissibilità dei referendum
sulle leggi costituzionali, ovvero necessarie al funzionamento degli
organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, ovvero a contenuto
costituzionalmente vincolato. D'altra parte si avanza l'ipotesi che non
tutta la materia internazionale sia sottratta al referendum
abrogativo, proponendosi che esso possa svolgersi sulle leggi di
autorizzazione alla ratifica dei trattati quando da essi derivi una
limitazione della sovranità nazionale ovvero abbiano ad oggetto armi
nucleari, chimiche e batteriologiche.
Nel comma 3 é quindi recepito il criterio guida della
giurisprudenza costituzionale sulla omogeneità dei quesiti
referendari, con il rinvio alla legge ordinaria della determinazione dei
criteri di formulazione delle richieste referendarie. Infine, alla legge si
riserva anche la necessaria determinazione del numero massimo di
referendum esperibili in ciascuna consultazione popolare, al fine di
consentire la piú consapevole partecipazione popolare alle decisioni
referendarie.
|
|
Indice |