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FRANCESCO SERNIA, Presidente della Corte dei conti. La ringrazio, Presidente Violante di aver consentito alla Corte dei conti di far sentire la sua voce anche in questa circostanza. La Corte ha già numerose occasioni di colloquiare con il Parlamento durante l’anno: la più nota, la più tradizionale è quella che avrà luogo tra qualche giorno nell’aula delle sezioni unite per la parificazione del rendiconto generale dello Stato; ma ci sono anche tante altre occasioni, in quanto ormai già da qualche anno la Corte predispone relazioni quadrimestrali sulla copertura finanziaria delle leggi, presenta relazioni sul costo del lavoro. Inondo il tavolo suo e quello del Presidente Mancino di relazioni sugli enti pubblici; vi è poi quella predisposta dalla sezione enti locali, che ormai è una fonte considerevole di ammonimenti e anche di orientamenti per i comuni che vogliono rettamente gestire le finanze pubbliche. Ma io direi che più che la quantità dei nostri rapporti è importante la loro qualità; la Corte deve saper interpretare - al di là degli appuntamenti tradizionali, al di là dei suoi compiti istituzionali - le esigenze attuali e contingenti, deve individuare la materia di cui il Parlamento sente veramente il bisogno di legiferare.
Devo dire, se mi si consente un’escursione oltre oceano – ma in questo sono stato preceduto dal professor Rodotà – che tanti anni fa, quando mi recai negli Stati Uniti, il controllore generale mi disse che il Congresso gli aveva richiesto durante quell’anno ben mille rapporti; la sua opinione, che è anche la mia, è che maggiore è il numero di rapporti minore è l’attenzione che le Camere rappresentative vi prestano. Quindi, non è il numero dei rapporti ad incidere, è la loro qualità. Nel volumetto che ci è stato consegnato ieri si tratta soltanto della legislazione dei paesi europei, per forza di cose; se scorressimo le leggi statunitensi, le leggi di quello Stato di cui il professor Rodotà ha anticipato innovazioni molto moderne (tra di noi c’è il professor D’Onofrio, che è stato uno dei primi studiosi dell’ordinamento federale americano), noteremmo che molto spesso vi è un linguaggio aulico completamente diverso dalla lingua corrente che non è ben interpretato dal cittadino statunitense e che forse giustifica i tanti studi associati con decine di avvocati esistenti in tutte le città degli USA.
Per tornare all’argomento, le Camere dovrebbero cogliere forse i momenti che sono già fissati nell’ordinamento per sentire l’orientamento della Corte; quest’ultima per esempio non viene interpellata in base alla legge n. 400 per esprimere il parere sulla copertura finanziaria dei decreti legislativi, forse perché le Camere pensano che ci sono le Commissioni parlamentari che esprimono i loro pareri. Ma quando il legislatore della legge n. 400 ha ipotizzato l’intervento della Corte evidentemente ha pensato all’intervento di un organo specializzato che può far sentire il proprio avviso di cui le Camere possono anche non tenere conto, nell'esercizio della propria sovranità.
E’ stata segnalata la esigenza che ci vede qui riuniti: inviterò i colleghi che redigono le relazioni sull’attività dei ministeri a precisare puntualmente in quali casi si siano notate cattive interpretazioni di leggi, leggi complesse o distorte, e ancora – la cosa forse più difficile – quando a loro giudizio (un campo di estrema opinabilità) una legge sia intervenuta troppo presto rispetto ad una precedente, quando in sostanza non si sia dato tempo ad una normativa di consolidare i propri effetti, superando un inevitabile periodo di rodaggio. Infatti, qualche volta la sovrapposizione di norme – ma ho visto che il Comitato per la legislazione ha appena affrontato la questione - può aver comportato degli effetti non positivi.
Per concludere, vorrei portare alla vostra attenzione l’esempio di una normativa in un campo di non particolare rilievo ma che è sintomatica di come l’osservanza soltanto formale di una norma possa non generare gli effetti che il legislatore aveva previsto. Mi riferisco alla programmazione universitaria, prevista da una legge del 1997, con il rinvio ad un regolamento; quest’ultimo è stato emanato nei tempi, sei mesi dopo, ma faceva rinvio ad un decreto che avrebbe dovuto poi puntualizzare gli obiettivi e la ripartizione delle risorse finanziarie. Tale decreto è intervenuto puntualmente due mesi dopo, ma ha fatto rinvio ad un altro decreto, perché “l’ingegneria burocratica” talvolta soltanto formalmente osserva le norme, ma molto spesso tenta di eluderle. Il secondo decreto, che rappresentava l’ultimo anello di una catena originariamente non previsto non è intervenuto, per cui nel 1998 l’Osservatorio istituito con una normativa del 1996 non ha potuto esprimere il proprio giudizio sulla programmazione universitaria. Si tratta solo di un piccolo esempio, in una materia non di fondamentale importanza, ma che sta ben a significare come non sia sufficiente soltanto l’osservanza formale delle norme. Grazie.