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CONCLUSIONI
1. In merito alla struttura EUROPOL.
Il dubbio su una certa discrasia tra le aspettative ed i fatti, tra ciò che prevedono la Convenzione EUROPOL, il Trattato di Amsterdam e la normativa collegata ed i risultati ottenuti da EUROPOL, anche scontando il naturale periodo di rodaggio, è risultato confermato dall'indagine conoscitiva, che ha evidenziato diversi aspetti problematici. EUROPOL ha comunque grandi potenzialità. Lungi dall'essere soltanto una banca dati ha l'attitudine a divenire un organismo reattivo ed operativo, che si basa su di una convinta e coesa volontà di collaborazione fra gli Stati membri dell'Unione. Il Comitato valuta positivamente le indicazioni che emergono dal punto 45 delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere quanto al ruolo che EUROPOL dovrebbe ricevere in tema di coordinamento delle indagini e di partecipazione alle squadre investigative comuni. Il Comitato nota, peraltro, che, per una effettiva crescita di EUROPOL occorrono supporti a livello giuridico, giudiziario e, soprattutto, ritiene che l'estensione delle competenze e del modus operandi di EUROPOL debba essere pienamente sottoposta ad uno stringente controllo parlamentare.
1.1 «L'asfissia informativa» ed i fattori da cui dipende.
EUROPOL, anzitutto, soffre di una «asfissia informativa», nel senso che, per ammissione dei suoi stessi responsabili, troppo scarso è il flusso di informazioni provenienti dagli Stati membri perché ne risulti una efficace attività di intelligence.
Le ragioni dello scarso flusso informativo dipendono da fattori di ordine normativo, di carattere organizzativo e persino di natura «psicologica».
1.1.1 L'aspetto normativo.
L'aspetto normativo deve tener conto di un duplice profilo. In primo luogo, considerato che la competenza di EUROPOL richiede la cosiddetta doppia incriminazione, cioè la punibilità di un fatto criminoso in almeno due Stati membri, ne risulta che, in assenza di un ravvicinamento delle legislazioni penali, può accadere, come nel caso dell'associazione di stampo mafioso di cui all'articolo 416-bis del Codice penale, che il reato sia previsto, con tale qualificazione, dalla legislazione penale di un solo Stato membro.
In secondo luogo, occorre tener conto delle disposizioni legislative nazionali alla cui stregua taluni dati, relativi ad investigazioni di polizia, possono essere trasmessi ad EUROPOL solo previa autorizzazione della magistratura, il che, inevitabilmente, rallenta il flusso informativo.
Incidere su questi aspetti significa rimuovere gli ostacoli che attualmente impediscono che un'indagine di polizia sia condotta negli Stati membri con gli stessi metodi investigativi, gli stessi strumenti ed i medesimi provvedimenti da adottare.
1.1.2 L'aspetto organizzativo.
Quanto all'aspetto organizzativo, il fatto che diverse forze di polizia operino su di un medesimo territorio e l'esistenza di archivi informativi separati, problema tipico ma non esclusivo dell'Italia, costituisce un handicap a livello di analisi. L'attività di intelligence affidata ad EUROPOL. infatti, per essere pienamente efficace, richiede la disponibilità, in tempi particolarmente rapidi, di tutto il patrimonio informativo esistente. Nella prospettiva di un rafforzamento del ruolo di EUROPOL è auspicabile un'integrazione di tutte le banche dati europee (SIS - Schengen, EUROPOL, EURODAC per le impronte digitali dei clandestini, la banca dati per le informazioni doganali e FADO per i documenti falsi) che vanno ripensate in un quadro unitario, con la previsione di un'unica Autorità comune di controllo. Al riguardo l'auspicio del Parlamento europeo, come riferito anche dall'onorevole Paciotti nel corso della sua audizione dinanzi al Comitato, è che si cerchi di coordinare l'attività della molteplicità di agenzie e di organismi che si occupano della protezione dei dati personali e della difesa dei diritti dei cittadini. La presidenza portoghese il 19 maggio 2000 ha proposto l'istituzione di un segretariato unico delle diverse autorità di controllo, iniziativa che è stata accolta con favore dal Parlamento europeo. Questo segretariato potrà
utilmente collaborare con la istituenda Autorità di controllo per la protezione dei dati dell'Unione europea.
Sempre sotto l'aspetto organizzativo, e venendo più specificatamente alla situazione italiana, c'è da osservare che, a fronte dell'estensione del mandato di EUROPOL e, conseguentemente, all'aumento esponenziale delle richieste informative, l'organico dell'UNE, pure se raddoppiato rispetto alla dotazione iniziale, appare insufficiente se si tiene conto dell'approssimarsi della conclusione dei progetti di analisi condotti da EUROPOL e della conseguente ricaduta operativa che ne deriverà per l'attività dell'UNE. Il Comitato ha preso nota della recente scelta dell'ufficiale dei Carabinieri incaricato di dirigere l'UNE, in base alla rotazione triennale tra le tre forze di polizia. Il Comitato auspica che tale criterio di avvicendamento risulti rispettato alle scadenze previste al fine di assicurare il medesimo coinvolgimento delle tre forze di polizia interessate.
1.1.3 I profili di ordine «psicologico».
In ordine agli aspetti che possono essere definiti di natura «psicologica» occorre rilevare che resta ancora nel codice genetico di qualsiasi forza di polizia, in Italia come altrove, l'abitudine di mantenere la confidenzialità delle «proprie» informazioni, considerati quasi come patrimonio personale o del Corpo cui si appartiene.
1.2 Definizioni, incriminazioni e sanzioni comuni.
Per assicurare quel tempestivo e sufficiente flusso informativo, dalle forze di polizia nazionali ad EUROPOL, tale da consentire a quest'ultimo di sviluppare al meglio la sua capacità di intelligence, è necessario procedere, con urgenza, sulla strada prefigurata dal Trattato di Amsterdam e secondo le priorità indicate dal Consiglio europeo straordinario di Tampere, e, pertanto, provvedere a stabilire definizioni, incriminazioni e sanzioni comuni nei settori di particolare importanza nella lotta al crimine organizzato a livello internazionale. In effetti la sussistenza di una legislazione penale non uniforme può costituire un vantaggio per la criminalità organizzata, capace di sfruttare le peculiarità e le differenze fra le legislazioni nazionali.
1.3 Una attenzione particolare per la tratta delle persone.
Fra le dette forme di criminalità un posto di tutto rilievo dovrebbe essere riservato, ad avviso del Comitato, alla tratta degli esseri umani che è, senza alcun dubbio, uno dei settori più recenti verso cui si è indirizzata la criminalità organizzata e a proposito del quale il mandato di EUROPOL è stato esplicitamente ampliato, considerata la valenza transnazionale del crimine. Trafficare in esseri umani, invero, non implica costi particolari di investimento per le bande criminali, riguarda soggetti che non hanno alcuna difesa personale, né sono in grado di organizzarsi per apprestare una difesa comune. Plurime sono
poi le destinazioni di tale traffico: dall'avvio alla prostituzione, alla pedofilia, al traffico di organi e di tessuti umani. Occorre attentamente studiare il nesso tra la tratta degli esseri umani e l'immigrazione clandestina, fenomeno di precipuo interesse italiano, nonché valutare in che modo sia possibile efficacemente contrastare l'impropria utilizzazione del mezzo Internet come possibile strumento per la commissione di questo abietto reato, moderna forma della schiavitù. Il Comitato, che segue questa tragica vicenda sia sotto i profili di competenza EUROPOL, il cui ruolo è stato recentemente ribadito anche dal Consiglio europeo di Santa Maria da Feira il 20 giugno 2000 (punto 52 delle Conclusioni), sia sotto quelli riguardanti il controllo dei flussi migratori nell'area Schengen, approfondirà questa tematica con una nuova apposita indagine conoscitiva.
1.4 Sul ruolo operativo di EUROPOL.
Nel contempo si dovrebbe lavorare per modificare la mentalità delle forze di polizia, abituandole a cooperare sul piano multilaterale, laddove la cultura tradizionale è ancora quella della cooperazione bilaterale. Al riguardo la task force dei Capi delle polizie potrebbe dimostrarsi di grande utilità qualora non si limiti a dibattere questioni di carattere strategico ma si concentri sul modo di mettere in pratica operazioni comuni. È necessario, peraltro, al fine di evitare duplicazioni e conflitti di competenza, precisare il rapporto tra la detta task force ed EUROPOL. A questo proposito il Comitato ribadisce che la lettura combinata del Trattato di Amsterdam e delle conclusioni di Tampere supporta la centralità di EUROPOL e ritiene dannosa una proliferazione di ulteriori iniziative di coordinamento tra le forze di polizia suscettibile di far perdere la logica di insieme.
1.5 La necessità di potenziare l'UNE.
Quanto all'UNE appare indifferibile la necessità di dotarla di un organico proporzionato ai compiti d'istituto con un maggiore coordinamento a livello nazionale di tutte le strutture deputate alla cooperazione internazionale di polizia (EUROPOL, SIRENE, INTERPOL) mediante una nuova struttura interforze che consenta di ottimizzare l'utilizzo delle analisi di intelligence fornite da EUROPOL, garantendo unicità di indirizzo e di gestione nella collaborazione internazionale.
1.6 La formazione delle forze di polizia.
Anche rispetto alla piena operatività dell'UNE scontiamo un ritardo «culturale». Senza l'accettazione di questa unità da parte di tutte le forze di polizia e senza il suo porsi come team interforze, come vera e propria «cabina di regia» nel contrasto alla criminalità organizzata, sul modello di quanto è stato realizzato in Francia e nel Regno Unito, sarà difficile attendersi salti di qualità dell'UNE sul piano dell'efficienza. In questo contesto sarebbe opportuno lavorare anche
sul piano formativo. Le forze di polizia nazionali, in un'ottica di cooperazione europea, devono migliorare non solo le conoscenze linguistiche dei propri appartenenti ma anche e soprattutto la conoscenza delle metodiche impiegate dai servizi di polizia degli altri Stati membri. Uno strumento in questo senso potrebbe essere la futura Accademia di Polizia prefigurata dal Consiglio europeo di Tampere (punto 47 delle conclusioni). Il Comitato sostiene l'iniziativa del Governo tendente ad ottenere che la sede dell'istituenda Accademia sia stabilita in Italia.
1.7 Multifunzionalità delle reti criminali e referenti nazionali.
Sul piano informativo, poi, resta l'impressione che le potenzialità dello «strumento» EUROPOL non siano pienamente conosciute dalle stesse forze di polizia nazionali e che sia necessario, pertanto, migliorare la comunicazione e la circolarità delle notizie.
Infine, con riguardo alla ripartizione dei compiti per «referenti nazionali» il Comitato nota che siamo ancora alla specializzazione tra le varie forze di polizia di cui alle direttive 21 gennaio 1992 del Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata. Anche se il «principio della circolarità informativa» attenua questa rigida settorializzazione, i dati forniti al Comitato circa le percentuali di richieste informative provenienti da EUROPOL inducono a riflettere su un più equilibrato sistema di attribuzioni di competenza fra i vari referenti nazionali, in una logica di crescita, sia culturale sia di ampliamento del mandato di EUROPOL. In un'ottica di più profonda riorganizzazione, tuttavia, lo stesso criterio dei referenti nazionali, che non esiste in altri ambiti di cooperazione internazionale, quali INTERPOL e Schengen, potrebbe essere rivisto e sostituito da forme più efficaci di coinvolgimento delle diverse forze di polizia. Occorre, a riguardo, tenere ben presente la cosiddetta multifunzionalità delle reti criminali. La rete criminale che organizza il traffico di droga, infatti, si occupa allo stesso tempo sia di traffico di esseri umani sia di traffico di armi. Una rigida ripartizione di compiti può far perdere di vista l'indispensabile visione di insieme.
2. In merito al controllo democratico su EUROPOL.
Si è osservato come nel processo decisionale EUROPOL risultino carenti i contrappesi istituzionali ed, in particolare, il controllo democratico. Il deficit di democrazia è del tutto evidente atteso che lo stesso Parlamento europeo risulta soltanto destinatario di una relazione informativa annuale da parte del Consiglio dell'Unione sulle attività di EUROPOL ed è chiamato ad esprimere un parere solo con riguardo alle decisioni che il Consiglio debba adottare in materia di EUROPOL secondo la procedura del terzo pilastro dell'Unione europea. È auspicabile quindi che il Parlamento europeo, il quale ha lamentato in più occasioni il carattere non democratico della costruzione di EUROPOL, recuperi momenti di più efficace partecipazione nel quadro delle modifiche del Trattato istitutivo dell'Unione europea
su cui sta attualmente lavorando la conferenza intergovernativa. Si ricorda che il Parlamento europeo ha avanzato, al riguardo, varie richieste che vanno nel senso di una sostanziale semplificazione del quadro normativo ed istituzionale: dalla riconduzione al pilastro comunitario ed, in particolare, al Titolo IV del Trattato della Comunità europea dell'attuale terzo pilastro, all'integrazione, nell'apparato istituzionale ed organizzativo dell'Unione, di EUROPOL, quale struttura operativa ed agenzia specializzata per la cooperazione di polizia (all'interno come all'esterno dell'area Schengen). In questa prospettiva il Parlamento europeo ha sollecitato il passaggio alla procedura di codecisione ed alla votazione a maggioranza qualificata in sede di Consiglio per tutte le misure concernenti la realizzazione dello «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» (risoluzione recante proposte per la Conferenza intergovernativa del 13 aprile 2000).
2.1 In particolare il ruolo del Parlamento italiano.
Ancor meno efficace appare, di conseguenza, il controllo esercitato dai Parlamenti nazionali. In Italia, da un lato la competenza del Comitato, a stregua della legge di ratifica della Convenzione EUROPOL, è limitata alla «vigilanza sull'attività dell'Unità nazionale EUROPOL» e, dunque, non attiene al controllo del potere normativo attribuito al Consiglio di amministrazione di EUROPOL. Dall'altro lato, rispetto agli atti normativi di competenza del Consiglio dell'Unione adottati sulla base del terzo pilastro, la legge n. 209 del 16 giugno 1998 di ratifica del Trattato di Amsterdam, prevede che le Camere «formulino osservazioni e adottino ogni opportuno atto di indirizzo al governo» su tutte le proposte legislative della Commissione europea. Inoltre, nel ribadire la portata dell'obbligo di informazione alle Camere ed i poteri alle stesse attribuiti, l'articolo 6 della legge comunitaria 2000 (nel testo modificato dalla Commissione XIV della Camera), in corso di approvazione, esplicitamente menziona i progetti di misure previste dal Titolo VI del Trattato sull'Unione europea, progetti che, com'è noto, possono risultare, non solo dall'iniziativa della Commissione europea, ma anche da quella degli Stati membri.
Il ruolo attribuito al Parlamento sia rispetto ad EUROPOL sia con riguardo alle misure di competenza del Consiglio dell'Unione relative alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale costituisce, peraltro, un minus, un regresso se lo si confronta con i poteri che l'articolo 18 della legge 388/93 di ratifica degli accordi di Schengen ha attribuito al Comitato, chiamato ad esprimere il proprio parere «vincolante» entro quindici giorni dalla ricezione del progetto di decisione. Ora, sia nel sistema EUROPOL che nell'ambito del terzo pilastro, le decisioni assunte sono suscettibili di incidere sull'ordinamento interno e di riguardare i singoli, e, dunque, diventa essenziale che esse siano prese con una piena partecipazione democratica. Appare, pertanto, indispensabile che il controllo parlamentare sia migliorato rispetto alla cosiddetta fase ascendente e che, considerato il carattere ancora sostanzialmente intergovernativo della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, sia prevista l'approvazione delle Camere prima dell'adozione di qualsiasi decisione vincolante
per l'Italia. Su questa linea si è mosso il legislatore olandese in occasione della ratifica del Trattato di Amsterdam (articolo 3, legge 24 dicembre 1998), stabilendo, altresì, che il parere vincolante delle Camere riguardi anche i progetti di decisioni di cui al Titolo IV Trattato della Comunità europea concernenti visti, asilo e altre politiche connesse alla libera circolazione delle persone fino alla completa «comunitarizzazione» del relativo processo decisionale.
2.2 Verso una istanza europeo/nazionale per lo «spazio di libertà, sicurezza e giustizia»?
Rispetto alla creazione di uno «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» nell'unione europea va poi osservato che il ruolo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali non sono l'uno esclusivo degli altri. Detto in altri termini e usando le parole utilizzate dal Commissario europeo Vitorino nel corso di una audizione davanti al Comitato con riguardo specifico ad EUROPOL «non si può sostituire il controllo dei parlamenti nazionali con un controllo esclusivo del Parlamento europeo». È di comune evidenza, infatti, che le istanze europea e nazionali siano portatrici di interessi che possono non coincidere. È opportuno, allora, che la valutazione della decisione da assumere tenga di certo conto del contesto europeo ma sia anche fortemente radicata nelle singole realtà nazionali.
È vero, come ha ben sottolineato il Commissario Vitorino, che il coinvolgimento del Parlamento nazionale deriva dal fatto che la creazione dello «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» va a toccare il cuore della sovranità dello Stato. Ciò richiede un più stretto coordinamento fra parlamenti nazionali e Parlamento europeo.
In quest'ottica lo stesso Commissario Vitorino ha suggerito di riflettere alla creazione di una istanza dove associare in modo permanente ai fini di un controllo politico di tipo operativo il Parlamento europeo ed i parlamenti nazionali. Non, dunque, soltanto una conferenza parlamentare, quale la Conferenza delle Commissioni per gli affari europei (COSAC), istituita a Parigi il 16/17 novembre 1989, che pure ha ricevuto uno specifico mandato per lo «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» dal Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea allegato al Trattato di Amsterdam, ma qualcosa di più.
Il Comitato, al riguardo, sottopone al dibattito politico ed istituzionale e propone al Governo di valutare l'ipotesi, prospettata anche dal Commissario Vitorino, di creare un organismo tipo «Convenzione», sul modello di quella che riunisce parlamentari nazionali ed europei, rappresentanti personali dei Capi di Stato e di Governo degli Stati membri e del Presidente della Commissione per l'elaborazione di un progetto di Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Quanto alla composizione di questa istanza il Comitato ritiene che, proprio per radicare nelle realtà nazionali decisioni che riguardano diritti e doveri dei cittadini dell'Unione in materia di libertà, sicurezza e giustizia, non sia possibile accogliere l'idea del Commissario Vitorino che ne suggerisce una composizione ristretta, con un criterio di rotazione fra gli Stati membri. Ad avviso del Comitato è invece
indispensabile, allo stato attuale dell'integrazione europea, che tutti i parlamenti nazionali siano rappresentati, come pure vi siano l'espressione della maggioranza e quella dell'opposizione. Il Parlamento italiano potrebbe al riguardo dialogare con i parlamenti nazionali e con il Parlamento europeo su questo obiettivo ed usare il suo potere di indirizzo affinché il Governo italiano, in sede di conferenza intergovernativa, si faccia promotore o comunque sostenga proposte intese a creare un quadro di legittimità democratica funzionale ad uno «spazio di libertà, sicurezza e giustizia». Un'istanza che integri le due legittimità democratiche, quella nazionale e quella europea, eventualmente a carattere transitorio, fino all'avvenuta comunitarizzazione del Titolo VI del Trattato sull'Unione europea, potrebbe quindi rispondere all'esigenza. diffusamente avvertita, di rendere effettivo il controllo parlamentare sullo «spazio di libertà sicurezza e giustizia». La creazione di tale istanza non dovrebbe, tuttavia, rappresentare un'abdicazione dei poteri di indirizzo e di vigilanza dell'organo parlamentare sull'attività del Governo, in una materia così delicata in quanto attinente alle libertà dei singoli. L'istituzione di un siffatto organismo dovrebbe, piuttosto, essere una occasione di raccordo tra il Parlamento europeo e le Assemblee nazionali nello svolgimento dei compiti istituzionali ad essi attribuiti.
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