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Giuseppe Tesauro


PRESIDENTE. Interverranno ora il professor Tesauro e la dottoressa Cerutti, dopo di che sospenderemo per qualche minuto e riprenderemo con gli interventi degli onorevoli Frattini e Cananzi.

GIUSEPPE TESAURO , Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. La ringrazio, Presidente, per aver consentito all’Autorità della concorrenza di far sentire la propria voce. Limiterò il mio intervento a brevissimi rilievi, in particolare svolgerò tre considerazioni. In primo luogo, all’antitrust non può che far piacere l’idea della semplificazione, della delegificazione, della razionalizzazione dell’esistente; evidentemente la concorrenza soffre di eccessi di regolamentazione, nonché di un eccesso di presenza dello Stato sia nel tessuto economico sia nella regolamentazione, in un modo piuttosto che in un altro, di moltissimi settori. Quindi, guardiamo al processo di semplificazione della legislazione esistente con grandissimo favore, perché questo per noi non può che significare la diminuzione dei vincoli eccessivi alle attività economiche che hanno ingessato per troppo tempo il nostro mercato e, per conseguenza, lo sviluppo economico del nostro paese.

Il problema naturalmente, oltre che del numero delle leggi e dei regolamenti, è anche quello della loro chiarezza e spesso di una certa contraddittorietà, anche tra norme normative non lontane nel tempo. Quindi, quello che vediamo con estremo favore è anche questo monitoraggio sulla sintonia del sistema delle leggi fra loro, delle leggi nazionali con quelle regionali, ed anche il monitoraggio della sintonia delle leggi nazionali con le leggi comunitarie. In particolare ci sembra interessante l'idea di andare a verificare preliminarmente l'impatto che una legge avrà sul sistema giuridico e non solo su di esso. Da questo punto di vista le idee che ho visto qua e là nelle prese di posizione e nei progetti mi sembrano molto importanti, così come il ruolo centrale che viene conservato al Parlamento . Il ruolo del Parlamento non è soltanto l'oggetto di un valore nobilissimo. Lo dobbiamo vedere come un fattore di efficienza. Il deficit democratico - e penso in particolare a quello europeo, non al nostro - è un fattore di inefficienza del sistema; non è soltanto un disvalore da leggere sui libri di sociologia o di cui si parla nei salotti bene, è proprio un fattore di inefficienza del sistema complessivamente considerato.

Il secondo aspetto che volevo sottolineare è il rapporto tra legislazione nazionale e regionale da un lato e la legislazione comunitaria. Abbiamo quotidianamente a che fare con questo rapporto. In particolare facciamo applicazione anche di norme comunitarie, oltre che di norme nazionali. E qui debbo dire che il principio della sussidiarietà, che è stato sancito già dal trattato di Maastricht è stato spesso male interpretato. Il principio di sussidiarietà significa soltanto dare una maggiore responsabilità alle istanze nazionali (siano esse centrali o regionali); una maggiore autonomia, ma anche - ripeto - una maggiore responsabilità.

Questo vuol dire che la legislazione europea sarà destinata ad avere maglie sempre più larghe, ma ciò non autorizza gli Stati membri ad approfittare di queste maglie larghe per tradire i valori fondamentali e le indicazioni di principio che sono alla base della legislazione secondaria della Comunità e in particolare ai principi cardine del trattato. La maggiore responsabilità, che il principio di sussidiarietà ci ha portato, significa anche maggiore attenzione ai processi decisionali a livello comunitario come a livello nazionale. Quanto ai processi decisionali comunitari, evidentemente dobbiamo intenderci: le norme comunitarie, a maglie larghe o strette che siano, non vengono dal nulla. Non ci vengono propinate dal cielo. Siamo noi che facciamo le norme, siamo noi istanze nazionali che le facciamo. Quando andiamo a partecipare e a dare il nostro contributo alla cosiddetta fase ascendente della normativa comunitaria, è bene che esterniamo tutto per intero il nostro problema, se abbiamo un problema. E' un po' come un uomo che soffre di diabete e quando va al ristorante non lo fa presente o va addirittura in pasticceria. Se abbiamo un problema nel nostro sistema giuridico, economico e sociale, è bene che lo rappresentiamo nel momento in cui l'iter legislativo, l'iter decisionale comunitario inizia, ai primi passi, senza farci prevaricare dagli altri, che vanno ben consapevoli dell'impatto che quella normativa avrà sul loro sistema nazionale.

Il terzo rilievo riguarda l'attività specifica dell'Antitrust. Noi abbiamo avuto dal legislatore il compito, oltre che di sorvegliare il comportamento delle imprese e di fare i provvedimenti relativi che sono poi soggetti allo scrutinio giudiziario, di segnalare al legislatore gli eventuali effetti perversi di una legge rispetto al campo specifico di nostro interesse. Qui forse c'è qualche problema perché molto spesso il nostro interlocutore (a torto o a ragione, questo non ha importanza; io spero che sia sempre a ragione) si lamenta della intempestività del nostro intervento. Intempestività evidentemente significa anche una riduzione della sua utilità. Se vogliamo aumentare il tasso di utilità, attraverso una maggiore tempestività del nostro intervento, che non sembri quindi (ripeto, a torto o a ragione) un intervento qualche volta scomposto, sarebbe forse bene pensare ad una ritualizzazione di questo rapporto di collaborazione che c'è tra un'autorità indipendente come l'Antitrust ed il legislatore, quale che sia, cioè Governo, regione o in primis il Parlamento.

Questo problema è venuto fuori dall'esperienza e rimediarvi o comunque rifletterci sopra potrebbe dare un senso di maggiore utilità e di maggiore compostezza all'intervento dell'Antitrust, rispetto al processo decisionale in atto. Il problema naturalmente è molto minore quando si interviene sull'esistente. Questo mi pare ovvio, però quando si interviene nella serie di passaggi spesso dal nostro punto di vista, per difetto d'informazione, non molto trasparenti, evidentemente ci può essere il rischio di una minore utilità della collaborazione e questo forse è un elemento degno di riflessione da tutte e due le parti.

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