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Renato Laschena


RENATO LASCHENA, Presidente del Consiglio di Stato. Signor Presidente, la ringrazio per l’invito a partecipare a questa riunione e ringrazio il Parlamento per aver posto da tempo al centro dell'attenzione un problema di cui noi, ad un livello meno elevato di responsabilità, ci occupiamo da anni, in sede di consultazione in materia di normativa e di formulazione, affidataci dal Governo, di progetti di lette e di regolamenti. Abbiamo quindi maturato una conoscenza della quale oggi sarò testimone.

Il Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato (R.D. 26 giugno 1924, n. 1054) conferisce all’Istituto un duplice ordine di attribuzioni in materia di normativa: a) la formulazione dei progetti di legge e dei regolamenti, che gli vengono commessi dal Governo (articolo 14, n. 2); b) la consultazione facoltativa sulle proposte di legge, per le quali sia richiesto dal Ministero competente (articolo 14 cit., n. 1), e la consultazione obbligatoria su tutte le proposte di regolamenti governativi (articolo 16, n. 1). La legge 23 agosto 1988 n. 400 (“Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”), nell’articolo 17 (“Regolamenti”) delinea compiutamente il sistema della normazione secondaria e afferma il principio della delegificazione, sottoponendo al parere del Consiglio di Stato tutti i regolamenti governativi, ministeriali ed interministeriali.

L’attività consultiva del Consiglio di Stato in via obbligatoria è stata, da ultimo, disciplinata, profonda innovazione, dall’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127. Per la parte che interessa in questa sede, il parere è richiesto, (c. 25, lettera a) per l’emanazione degli atti normativi del Governo e dei singoli Ministri, ai sensi del citato articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonché per l’emanazione di testi unici. E’, poi, istituita (c. 28) una (nuova) sezione consultiva per l’esame degli schemi di atti normativi per i quali il parere del Consiglio di Stato è prescritto per la legge o è comunque richiesto dall’Amministrazione. La sezione esamina altresì, se richiesto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, gli schemi di atti normativi dell’Unione europea.

Infine, la legge 8 marzo 1999, n. 50, recante “Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi”, nell’articolo 7 (“Testi unici”) prevede (n. 4) il parere obbligatorio del Consiglio di Stato sugli schemi di tutti i testi unici contemplati dalla stessa legge e ribadisce (n. 5) che il Governo può demandare allo stesso Consiglio di Stato la redazione degli schemi di testi unici ai sensi del sopramenzionato articolo 14, n. 2, del T.U. n. 1054 del 1924. A tal fine conferisce all’Istituto la facoltà di avvalersi di esperti in discipline non giuridiche, in numero non superiore a cinque.

La situazione della normazione del nostro Paese si presenta complessa. Per lo Stato, al di sotto della Costituzione e delle leggi costituzionali, vengono in rilievo le norme primarie ordinarie e la c.d. normazione secondaria. Accanto alla normativa statale si pone quella regionale – a tal proposito vanno distinte le posizioni delle Regioni a statuto speciale ed a regime ordinario – che pure si articola in un doppio livello, legislativo e regolamentare. Il quadro va completato con la considerazione delle fonti comunitarie e delle norme di diritto internazionale, delle fonti normative delle Autorità indipendenti e di altri enti pubblici (statuti e regolamenti), dei contratti che regolano vaste materie, ad esempio il pubblico impiego, degli accordi previsti dalla legge 8 agosto 1990, n. 241. Nel processo di globalizzazione oggi in atto non può trascurarsi l’influenza dell’ordinamento delle multinazionali.

Dunque, la situazione normativa è estremamente complessa e articolata. Si riscontra quasi un sovraffollamento di norme, che non giova sicuramente alla certezza del diritto. La vera e propria congerie di norme esistenti non giova alla chiarezza del quadro complessivo e delle singole disposizioni, considerate in sé e nelle loro connessioni. Si tratta di un inconveniente, che è vieppiù aggravato dalla pluralità delle fonti e da una non sempre adeguata formulazione delle norme stesse. Il Consiglio di Stato non ha mancato di portare la propria attenzione sul problema, essendo a ciò legittimato dall’articolo 57 del R.D. 21 aprile 1942, n. 444, recante il Regolamento per l’esecuzione del T.U. n. 1054/1924, a mente del quale, quando dall’esame degli affari discussi dal Consiglio risulti che la legislazione vigente è in qualche parte oscura, imperfetta od incompleta, il Consiglio ne fa rapporto al Presidente del Consiglio dei Ministri. Si auspica peraltro – de iure condendo – che il sistema, indubbiamente valido in linea di principio, sia modificato e integrato, con la previsione, in luogo della “segnalazione” suddetta, di una più articolata proposta da inserirsi eventualmente in un circuito istituzionale, in cui siano presenti, come destinatari dell’iniziativa, oltre al Governo, anche altri titolari dell’iniziativa normativa (Parlamento, Regioni eccetera).

L’esperienza maturata dal Consiglio di Stato nella sua attività di consulente del Governo in materia normativa consente di formulare una osservazione di carattere generale. Si denota la tendenza verso la redistribuzione della competenza legislativa dallo Stato a centri istituzionali autonomi (Regioni eccetera) nonché, nell’ambito dell’ordinamento statuale, dal Parlamento al Governo. Su quest’ultimo punto è sufficiente ricordare il ricorso sempre più ampio alla delegificazione legislativa e, soprattutto, con riguardo alle competenze del Consiglio di Stato, la delegificazione, sulla quale è impegnata particolarmente la Sezione consultiva per gli affari normativi. Come si desume dai dati riassuntivi, che si allegano, il lavoro del nuovo organo procede in tempi rispondenti a quelli prescritti dall’articolo 17, n. 27, della citata l. 127/97, cioè, di regola, con l’osservanza del termine di 45 giorni. Inoltre i risultati dell’attività appaiono ampiamente positivi.

L’attività svolta dalla detta Sezione consultiva nel primo biennio dalla sua istituzione ha consentito di verificare la sostanziale validità della delegificazione, con la conseguente semplificazione dell’attività amministrativa e inoltre di individuare alcuni criteri, ai quali dovrebbe conformarsi la redazione dei testi normativi: a) la “regolazione” deve essere adottata soltanto se sia realmente necessaria, cioè soltanto se sia giustificata da un’analisi costi-benefici e comunque nella maniera più chiara; b) la semplificazione, poi, non deve limitarsi alla riduzione o allo snellimento di fasi procedimentali, ma deve mirare anche all’elevazione della qualità della “regolazione”. c) tutti gli atti normativi, in particolare i testi unici, debbono concernere singole materie o gruppi di materie omogenee, in quanto dalla concentrazione in un unico atto di regole di materie e di istituti diversi deriva – o può derivare – una confusione di voci, con grave pregiudizio per la certezza del diritto; d) in tutti gli atti normativi – e non solo nei testi unici – deve essere osservato il principio enunciato (per i testi unici) nell’articolo 7, n. 6, della legge n. 50 dell’8 marzo 1999, secondo il quale le disposizioni non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate se non in modo esplicito, mediante l’indicazione precisa delle fonti da abrogare, derogare, sospendere o modificare; e) dovrebbe escludersi il sistema di “normazione per rinvio”, cioè il riferimento o il richiamo della disposizione a norme contenute in altri testi, conferendosi così maggiore chiarezza ed intelligibilità alla disposizione stessa; f) in particolare, deve escludersi – se possibile – la ripetizione, nei regolamenti, di fonti primarie. Ciò, sia per le ragioni esposte sub c), sia ad evitare che, in caso di impugnazione e di annullamento in sede giurisdizionale della norma regolamentare contenente il richiamo, sorgano dubbi e perplessità in ordine alla perdurante vigenza della norma legislativa richiamata; g) si palesa la necessità di un monitoraggio preventivo sulla portata e sugli effetti della normativa che si intende adottare. Una volta che questa sia stata adottata è necessario valutarne, almeno periodicamente, l’impatto sulla normativa preesistente. Sarebbe pure opportuno monitorare l’impatto delle nuove norme – anche regolamentari – sui costi della pubblica amministrazione, delle imprese e dei soggetti privati (c.d. costi di adeguamento). I risultati conseguiti dalla Sezione consultiva per l’esame degli schemi di atti normativi induce a ritenere opportuno, se non necessario, che il Consiglio di Stato rassegni annualmente alle due Camere del Parlamento ed al Governo una relazione sull’attività svolta, con l’indicazione degli orientamenti e dei criteri emersi ai fini di una più adeguata formulazione delle norme. De iure condendo, tale relazione potrebbe essere inserita, più appropriatamente nell’auspicato circuito di collaborazione con il Parlamento e con il Governo.

PRESIDENTE. La ringrazio, presidente. Visto che il suo intervento era originariamente più esteso, se volesse lasciarcelo …

RENATO LASCHENA, Presidente del Consiglio di Stato. Sì, signor Presidente. L’intervento era molto più esteso ma ho voluto rimanere all’interno del tempo assegnato.

PRESIDENTE. Grazie anche al presidente Quaranta e al consigliere Barbagallo per essere qui.

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