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Massimo Villone


PRESIDENTE. Prego il senatore Massimo Villone, Presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, di svolgere il suo intervento.

VILLONE. Grazie Presidente. Io comincerei anzitutto con una considerazione che emerge dagli interventi sin qui svolti. Credo sia nella piena consapevolezza di tutti noi che il tema della qualità della produzione normativa, in particolare della legislazione, è anzitutto un problema politico, non tecnico. Chiunque abbia partecipato a qualche riunione di maggioranza sa quanto può essere faticoso il processo che tende alla formulazione di un testo da portare poi in Commissione o in Aula. Non è questa una realtà riducibile con filtri tecnici, perché spesso l’ambiguità, la ridondanza è l’essenza dell’accordo politico; quindi deve rimanere. Questo viene dalla precarietà del sistema politico, come è ovvio. Si è parlato anche della facile erosione delle regole magari buone, una volta adottate: si fa una legge, il giorno dopo si ricomincia e si va in senso del tutto opposto, spesso con normative di assoluto dettaglio; nel bel mezzo di una grande opera di devoluzione dal centro alla periferia, ci siamo trovati di fronte a leggine che disciplinavano la cartellonistica stradale per il vino o che disciplinavano la professione di parrucchiere fino alle modalità del taglio dei capelli. Ma questo perché accade? Perché abbiamo un Parlamento fatto da mille parlamentari dei collegi. E’ quasi inevitabile che ci sia la spinta alla produzione di regole che sono l’espressione minuta di quella concentrazione di interessi che poi riescono a farsi strada fino al parlamentare.

E’ un problema quindi strutturale; si può intervenire, magari sui regolamenti parlamentari, con un problema di principio. Mi domando però se è giusto e corretto blindare un Parlamento nei confronti degli interessi che è chiamato a rappresentare. Ci sono questioni di non poco momento quando ci poniamo domande di questo genere.

La prima osservazione è che la tecnica c’entra fino ad un certo punto.

La seconda considerazione è la mia personale convinzione che stiamo solo intaccando la cima dell’iceberg, cosa sottolineata già da qualche intervento. Noi abbiamo altri soggetti produttori di norme, oltre al Governo ed al Parlamento, ed in misura crescente. Con tutto quanto è accaduto negli ultimi anni, oggi molto spesso il momento terminale della produzione della regola per l’utente finale cittadino è magari lo statuto di un comune, il regolamento comunale, il regolamento provinciale, la legge regionale in tantissimi casi. Chi studia queste cose sa, per esempio, che il fenomeno dell’iperproduzione legislativa regionale è addirittura più grave che non per quanto riguarda lo Stato, con una qualità generalmente bassa. Abbiamo pensato a questo quando abbiamo introdotto, insieme all’elezione diretta, anche il regolamento di giunta regionale, cosa che prima, come tutti sappiamo, vedeva una soluzione in Costituzione che di fatto creava la spinta ad una produzione legislativa regionale spesso di tipo provvedimentale, di dubbia vigenza in tanti casi. Qualcosa abbiamo fatto. Però molte regioni non sono affatto attrezzate per la qualità della legislazione: questo è un problema che dovremmo credo tutti affrontare.

C’è un altro settore che non mi pare sia stato richiamato ma che merita interesse, quello delle Autorità. Noi cominciamo ad avere una rilevante produzione paranormativa delle Autorità, per la quale però spesso il procedimento di produzione della regola non è sufficientemente stabilizzato e non è affatto visibile e trasparente (senza censura per alcuno). Nella quasi totalità dei casi la regola dell’autorità si produce secondo modelli che, se fossero adottati in Parlamento, sarebbero ritenuti del tutto censurabili. Questo è un altro problema da affrontare.

Non stiamo utilizzando strumenti della massima efficacia: la delegificazione. Perché non diciamo con franchezza che non funziona e che almeno è in buona parte un fallimento quello che abbiamo fatto finora in termini di delegificazione? Non riduce, abbiamo visto, né i tempi – che sono tempi lunghi -, né la complessità e la faticosità della produzione della regola, né migliora la qualità sostanziale della regola; ha aumentato probabilmente oltre misura – non me ne vogliano gli amici presenti – il ruolo del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, lasciando aperta poi la strada a conflittualità successive. Se si dovesse fare una valutazione d’insieme, si direbbe che questo è uno strumento di rara inefficacia. Aggiungo poi che non è affatto vero che il Regolamento tenda ad essere uno strumento snello rispetto alla legislazione. Io ho avuto proprio negli ultimi giorni di fronte a me un regolamento esecutivo della legge sull’uso della bandiera (non è di delegificazione per carità, è esecutivo ma è lo stesso perché la cultura che esprime è la medesima) nel quale una norma dispone testualmente che la bandiera debba essere posta a sinistra della scrivania; meno male che chi l’ha scritto non si è chiesto se doveva essere dal punto di vista di chi sedeva alla scrivania o di chi era di fronte. La cosa che mi preoccupa è che nel processo di formazione di questa regola, nessuno si è fatto una risata e non l’ha cestinata. Questo mi preoccupa profondamente. Ciò vuol dire che se noi usiamo così uno strumento pesante come il regolamento governativo – stiamo parlando di un regolamento governativo, in cui tanta gente è stata coinvolta – una misura probabilmente la stiamo perdendo.

Io credo che la via vera sia quella della semplificazione, intesa come deregolamentazione: la riduzione in termini assoluti del carico normativo, laddove è possibile; ed è possibile, largamente possibile, anche pensando in termini innovativi. Faccio un esempio. Abbiamo mai fatto l’ipotesi di una legge quadro che dice che la Regione non deve legiferare? Abbiamo mai fatto l’ipotesi di una legge quadro che definisce i limiti negativi alla funzione legislativa regionale? Abbiamo mai sperimentato fino in fondo la possibilità dei regolamenti parlamentari di incidere “restrittivamente” sull’iniziativa legislativa parlamentare, del singolo parlamentare in termini o di ammissibilità o di priorità o di emendabilità o quant’altro? Siamo in grado di farlo, visto che poi chi dovrebbe approvare queste norme regolamentari è lo stesso che potrebbe far uso di quelle norme? Queste sono domande da porci credo con molta onestà e con chiarezza.

Abbiamo studiato momenti di filtro efficaci; in Commissione affari costituzionali, per esempio, quelle leggine sulla cartellonistica del vino o sui parrucchieri le abbiamo bloccate per mesi in sede di pareri, perché tipicamente sono quelle che vanno in sede deliberante; nessuno credo oserebbe portare in aula il taglio dei capelli, per fortuna, e quindi, avendo la sede deliberante, sono soggette alla tagliola della Commissione affari costituzionali. Ma quanto resisteremo su questa trincea, senza che ci sia una presa, come dire, di consapevolezza di tutto questo? Il Comitato per la legislazione è un’ipotesi di filtro. Però mi chiedo se può essere incisiva la funzione di filtro di una sede che non riflette l’equilibrio fra le forze politiche e nella quale l’incisività dell’intervento probabilmente viene scambiata con il falso tecnicismo della scelta. Mi domando inoltre se questa sede potrebbe reggere ad un conflitto politico vero, non essendo essa rappresentativa dello spettro delle forze politiche. Ci sono altri interventi possibili; rifinire il modello della delega: in questo campo qualche intervento si può fare, tenendo conto del secondo passaggio parlamentare; ci sono i momenti di coordinamento, diceva il collega Cananzi; c'è l’ipotesi di legge quadro che però trova soluzione efficace solo nell’adozione di strumenti normativi di ordine costituzionale, nella legge organica di livello intermedio, tra legge ordinaria e Costituzione. Sull’emendabilità espressa ho i miei dubbi. Vorrei capire bene: come funziona nel momento in cui c'è una contraddizione non espressa? che fine fa? che fa la giurisprudenza? Andiamo per l’abrogazione implicita davanti alla Corte costituzionale, cioè rischiamo di creare un quadro di notevole complessità tecnico-giuridica. Però in termini di creazione di un livello intermedio di gerarchia delle fonti è sicuramente opportuna ed efficace. Credo che, se non c'è una scelta politica di fondo, di sistema, verso una radicale semplificazione e una riduzione massiva del carico normativo, attraverso profonde deregolamentazioni, noi da questa vicenda non ne usciamo né oggi, né domani, né mai. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Villone, che oltre ai problemi che ha messo in campo con la sua autorità, ha più direttamente riferito la questione che interessa in modo particolare l'attività del Comitato per la legislazione: la caratteristica, la forza, la struttura del parere, il rapporto del parere con la effettività dell'incontro con la volontà di merito politico, quale che sia il testo che per iniziativa parlamentare viene sottoposto in sede di normazione.

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