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Ugo De Siervo


PRESIDENTE. La parola al Professor De Siervo, Coordinatore dell’Osservatorio sulle fonti di Firenze.

DE SIERVO. Mi sembra che nel documento di Lisbona vi siano due giudizi molto utili anche in riferimento alla nostra situazione: anzitutto, l'attuale complessità normativa è in parte irriducibile, poiché deriva "da ragioni strutturali di complessità della società contemporanea nelle economie più avanzate o più integrate"; in secondo luogo, non appare sufficiente un'opera pur indispensabile, di miglioramento tecnico, ma occorre garantire "condizioni dì conoscenza diffusa e di effettiva responsabilità dei centri produttori di norme". Ciò vuol dire che il sistema di produzione normativa deve essere migliorato anche in modo radicale, ma che sarebbe vano illudersi di tornare verso società caratterizzate dalla presenza di pochi, grandi ed organici testi normativi, frutto magari di procedimenti e soggetti sottratti alla dinamica politica e sociale. Occorre, invece, ridare davvero efficacia e responsabilità al sistema di produzione normativo necessario a questa complessa società nella quale viviamo e che viene governata tramite un sistema democratico, che dovrebbe essere caratterizzato da un ruolo informato ed attivo dei singoli e dei gruppi sociali anche in questo decisivo settore. All'evidente crisi dei nostro sistema di produzione normativo si era cercato di reagire con alcuni importanti processi di razionalizzazione sul finire degli anni ottanta, ad esempio con le disposizioni sui poteri normativi del Governo nella legge 400/1988, con l'adozione della legge 86/1989 sul recepimento della normativa comunitaria, con le stesse innovazioni dei regolamenti parlamentari per contenere l'anomala utilizzazione della decretazione d'urgenza. Ma se si sono così ottenuti alcuni risultati positivi, nel loro complesso questi rimedi si sono dimostrati inefficaci: basti ricordare l'impressionante abuso dei decreti-legge (fermato solo dalla sentenza 360/1996 della Corte costituzionale), le trasformazioni e disapplicazioni continue dell'art. 17 della legge 400 in tema di esercizio dei potere regolamentare da parte del Governo, l'espansione quantitativa sia delle deleghe legislative che delle delegificazioni e le loro molteplici trasformazioni, il mutamento delle modalità di recepimento della normativa comunitaria, le ricorrenti modificazioni o deroghe delle diverse norme sulle fonti. Su un piano formale la spiegazione di tutto ciò sta nella mancanza di forza giuridica di norme sulle fonti primarie contenute in fonti di pari grado, in assenza di una idonea copertura costituzionale; peraltro si sarebbe anche potuto ipotizzare che venisse a consolidarsi un'intesa convenzionale fra i diversi attori istituzionali e politici, supplendosi così, tramite prassi applicative uniformi, alla carente forza giuridica del nuovo sistema di produzione delle fonti. Ma ciò non è avvenuto, malgrado l'esistenza di un'intesa sostanziale, quanto meno nell'ultimo quinquennio, su alcune linee di fondo di modificazione delle regole di produzione e di razionalizzazione normativa: forte aumento dei poteri normativi del Governo (delega legislativa, delegificazioni, altri poteri regolamentari); largo riconoscimento di poteri normativi secondari anche ad altri soggetti istituzionali (statuti e regolamenti degli enti locali, delle autorità amministrative indipendenti, degli enti pubblici); introduzione di strumenti dì semplificazione normativa (denormativizzazioni e formazione di testi unici). Ma innovazioni del genere, pur importantissime, rischiano di essere insufficienti se restano a livello di determinazioni revocabili o derogabili a discrezione della maggioranza politica contingente; anzi, in tal modo si edifica un sistema tanto confuso e fragile da essere sostanzialmente inadeguato agli stessi fini che ci si ripromette. E' indubbio che nell'ultimo decennio è stato edificato un sistema di produzione normativo del tutto diverso da quello del quarantennio precedente, solo se si pensa che ormai i decreti legislativi hanno superato per numero ed importanza le leggi del Parlamento, che le delegificazioni autorizzate sono numerosissime e vengono inserite ormai in modo quasi usuale nelle più diverse leggi, che il Governo ha ricevuto una larghissima delega per l'adozione di testi unici in numerose ed enormi materie. Ma ciò con costi ed incertezze crescenti. Anzitutto perché si è alterato lo stesso quadro costituzionale dei procedimenti di produzione normativa (per quanto ridotto esso sia): basti qui accennare al fatto che la vera e propria riserva di regolamento organizzativo creata in tutta la pubblica amministrazione dal nuovo quarto comma bis dell'art. 17 della legge 400 (quale configurato dalla legge 59/1997 e dal D.Lgs. 80/1998) può trovare un fondamento costituzionale solo in una lettura radicalmente innovativa degli artt. 95 e 97 della Costituzione, oppure può pensarsi all'attuale delega legislativa alla formazione di nuovi tipi di testi unici in molteplici materie, prevista dall'art. 7 della legge 50/1999, che sembra fondarsi su un modello di delega diverso da quello previsto dall'art. 76 Cost.; ma si pensi anche alla sostanziale mancanza di adeguate determinazioni di materie e principi in troppe ipotesi nelle quali si è autorizzata la delegificazione ed alla tendenza ad attribuire a questi regolamenti la funzione abrogatrice di disposizioni primarie. Inoltre emergono non rare tendenze di parti dei sistema istituzionale a sfuggire alle regole ed ai vincoli derivanti dalle leggi sulla produzione normativa: se subito dopo la legge 400 si è manifestato il fenomeno della cosiddetta fuga dal regolamento e cioè la tendenza ad adottare contenuti regolamentari tramite meri atti amministrativi, adesso abbiamo addirittura leggi che affermano la natura non regolamentare di determinati atti normativi (le norme organizzative sotto le strutture dirigenziali generali, ai sensi dell'art. 17, co. 4 bis legge 400 e D.Lgs. 80/1998; l'organizzazione interna della Presidenza del Consiglio e perfino le sue norme derogatorie in materia di contabilità, ai sensi dell'art. 9. co. 7 del D.Lgs. 303/1999), oppure che autorizzano il Governo a decidere discrezionalmente se disciplinare determinati oggetti in via regolamentare od in via amministrativa (si veda per tutti l'art. 4, co. 8 della legge comunitaria). Né mancano decreti legislativi che autorizzano largamente delegificazioni a favore di organi governativi o di autorità amministrative indipendenti, senza che di ciò si trovi traccia nella legge di delega. Tutto ciò può far sorgere facili contestazioni in punto di legalità. Ma anche ponendosi dal punto di vista dei singoli cittadini o delle forze sociali, il panorama non appare incoraggiante o migliorato rispetto al passato: penso al moltiplicarsi dei processi normativi e dei soggetti titolari, all'incertezza della forza giuridica dei diversi atti normativi, alla stessa permanente continua sovrapponibilità della volontà parlamentare a precedenti determinazioni difformi (il legislatore che legifera in materia già delegificata, la norma sulla produzione derogata caso per caso, la legge "figlia" che innova la legge "madre"). E, più in generale, non può certo ignorarsi che mentre si operano tutti questi spostamenti di poteri normativi verso il Governo od altri soggetti di governo, il Parlamento continua a disciplinare con legge anche modesti ambiti materiali, mediante "leggi fotografia" o, più comunemente, con disposizioni inserite negli enormi "conglomerati legislativi" adottati come leggi di accompagnamento delle leggi finanziarie o come grandi leggi intersettoriali. Ma penso anche ai modesti miglioramenti qualitativi e quantitativi (si vedano, ad es., i dati sui non molti regolamenti di delegificazione finora emanati) in seguito allo spostamento di tanti poteri normativi. Occorre anzitutto che mutino vecchie mentalità a livello burocratico: ad esempio, si è dovuto ricordare (evidentemente essendosi registrate molte resistenze) la necessità di una buona istruttoria legislativa da parte degli organi ministeriali; e ciò mentre la legge 50/99 ha previsto la necessità anche dell'analisi dell'impatto della regolamentazione. Soprattutto emerge il problema, assolutamente decisivo, dell'esistenza di un'efficace e autorevole struttura legislativa del Governo: su questo piano certo è molto importante la creazione del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi presso la Presidenza del Consiglio, presso il quale si incardinano anche l'Osservatorio sulle semplificazioni ed il Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure. Semmai potrebbe notarsi criticamente che questo importante processo istituzionale sembra potersi dedurre in modo solo indiretto per il concatenarsi (un po' clandestino) delle diverse strutture, mentre le regole di funzionamento e la composizione di questi nuovi organi consultivi dovrebbero essere assai meno riservate di quanto finora sia. Eppure se tutti noi conosciamo bene quali sono gli organi ed i procedimenti legislativi del Parlamento, non sempre conosciamo con adeguata precisione quali sono gli organi ed i procedimenti effettivi mediante i quali vengono posti in essere gli (ormai tanti ed importantissimi) atti normativi affidati alla competenza del Governo e dei Ministri. Ma da questa trasparenza dipende sia la responsabilità politica nell'adozione di fonti primarie o secondarie, sia la valutazione dell'adeguatezza professionale nella redazione tecnica delle fonti. Sembra quindi evidente la necessità di urgenti interventi: non si parte certo da zero, ma occorre dare anche stabilità ed organicità alle tante modificazioni intervenute mediante frammentarie modificazioni legislative od opportunamente introdotte dai regolamenti o dalle prassi parlamentari (si pensi allo stesso Comitato per la legislazione). Rivelatore della consapevolezza a livello parlamentare di questi problemi mi sembra il testo unificato di alcuni progetti di legge in tema di produzione normativa, elaborato nell'ambito della Commissione affari costituzionali della Camera: qui si trovano, infatti, alcune risposte a molti problemi finora sorti. Al di là dell'opinabilità di alcune specifiche disposizioni inserite in questo testo (e di cui semmai si potrà parlare in altra sede), credo che il rilievo di fondo che un testo del genere suscita, riguarda la sua sicura insufficiente efficacia, ove non preceduto da una pur puntuale modificazione costituzionale che garantisca un rafforzamento sul piano giuridico per quella che sarebbe una legge generale sulla produzione normativa. Proprio l'esperienza fatta anche nell'ultimo decennio sta, infatti, a confermare la sostanziale inefficacia giuridica delle disposizioni sulla produzione normativa inserite in una mera legge ordinaria, malgrado che su un piano puramente teorico si possa anche cercare di sostenere la tesi opposta. Del pari è da dirsi in riferimento alla speranza di irrigidire questo tipo di legge utilizzando la debole e discutibile tecnica della sua abrogabilità solo in via espressa. Molti problemi possono trovare un'almeno parziale soluzione in innovazioni dei regolamenti e delle prassi parlamentari (la semplificazione normativa la si fa anzitutto a livello parlamentare, così come la riduzione della continua modificazione dei testi legislativi), in opportuni moduli collaborativi fra i diversi organi costituzionali, anche in mere iniziative organizzative (a quando un archivio pubblico delle fonti normative vigenti?). Solo però un organico intervento normativo legittimato a livello costituzionale può completare il processo istituzionale di razionale riforma della produzione normativa, magari prevedendo anche alcuni nuovi procedimenti di produzione fondati su una stretta collaborazione fra Governo e Parlamento, che difficilmente potrebbero essere altrimenti realizzati, in assenza di una legittimazione a livello costituzionale (si pensi, ad esempio, ai procedimenti relativi alle delegificazioni "forti", ai procedimenti speciali di "manutenzione normativa", alle deleghe legislative finalizzate alla formazione continua di testi unici). Potrebbe dirsi che occorre passare al ripensamento ed al consolidamento dei processi di trasformazione finora sperimentati.

PRESIDENTE. Grazie. Al panorama così completo fatto dal professor De Siervo, si può aggiungere una preoccupazione che abbiamo rilevato nei testi dei decreti legislativi, cioè una normativa molto di dettaglio; talmente di dettaglio da essere superiore al dettaglio che in genere ha anche la legislazione di origine parlamentare. Questo deriva forse anche dall’abitudine delle pubbliche amministrazioni a fare una regolamentazione molto specifica, piuttosto che andare per regole generali. E’ un altro dei problemi determinati dal passaggio da un vecchio ad un nuovo sistema di produzione normativa. Cedo la parola al dottor Trincia della Consulta delle Associazioni a tutela dei consumatori.

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