Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Vai al Menu di navigazione principale

Stemma della Repubblica Italiana
Repubblica Italiana
Bandiera Italia Bandiera Europa

Inizio contenuto

Luciano Violante


PRESIDENTE. Colleghi, poche parole finali. Come ha detto Michele Salvati e come avete notato voi stessi, questo non è un seminario, poiché non abbiamo approfondito in modo scientifico temi specifici. Abbiamo costruito un’occasione di interlocuzione tra soggetti distinti che fanno parte della rete della rappresentanza e dei poteri legislativi del nostro paese alla vigilia di due scadenze politico-parlamentari particolarmente importanti: l’avvio dell’esame della riforma dello Stato per un verso, la stagione statutaria per l’altro. Siamo in una fase di Stato nascente dal punto di vista del federalismo, per cui la necessità di sentirci, di prendere un contatto tra noi rispondeva a questa esigenza.

Vi era poi un’esigenza di carattere strategico più generale: nella realtà contemporanea il cuore della democrazia è diventato la decisione; nella realtà non contemporanea il cuore della democrazia era la rappresentanza. Si tratta di scoprire un nuovo equilibrio tra rappresentanza e decisione, non per avviare – come è stato detto da ultimo dal presidente Tagliente – un conflitto tra poteri rappresentativi ed esecutivo, ma perché un equilibrio democratico complessivo è dato da un equilibrio tra questi poteri.

Il problema si pone in questi termini: il Governo nazionale è un governo parlamentare, il governo regionale è un governo presidenziale, almeno nelle regioni a statuto ordinario, per cui il ruolo delle assemblee elettive è diverso. Gli equilibri non sono mutuabili perché differenti; questo non vuol dire – stiamo attenti – che il consiglio regionale non pesi; gli Stati Uniti hanno un sistema presidenziale con un parlamento formidabile (credo sia il più forte del mondo).

Mentre nei regimi parlamentari, come sappiamo, vi è un sistema di equilibri in permanente costruzione e spostamento, non determinati e non fissi, con poteri rigidi e anche flessibili (credo che la flessibilità sia un’anima dei sistemi parlamentari), nei sistemi presidenziali, anche quando sono regionali, la definizione e la fermezza dei poteri diventa essenziale ai fini dell’equilibrio, per cui vi è poco da contrattare sul piano negoziale, come avviene nel sistema nazionale. Ci vogliono confini molto netti, così come si verifica – mi permetto di richiamare ancora una volta questo esempio – nel sistema statunitense, dove i poteri sono molto definiti, a volte con possibilità di conflitto, poi risolto in vari modi (qualcuno non viene neppure superato). Stando così le cose, il punto della decisione attiene anche alle assemblee rappresentative, non soltanto all’esecutivo.

L’altro punto è il seguente. In un mondo che va verso la globalizzazione, la domanda che ci poniamo anche nei forum internazionali è quale sia il prossimo passo della rappresentanza, che non può essere assolutamente intesa secondo una concezione settecentesca o ottocentesca. Ci si chiede che cosa faccia la rappresentanza intesa come luogo dove si confrontano maggioranza e opposizione, essendo il Governo il luogo dove decide soltanto la maggioranza. Questo rapporto tra popolo, inteso nella sua essenza costituzionale, rappresentanti del popolo comunque eletti, esecutivi, soggetti sovraordinati alla nazione (come richiamava il collega Tremonti), soggetti sottordinati alla nazione (assemblee regionali), tutta questa rete deve essere ricostruita da capo con un’ottica che non può essere quella della riproduzione del sistema settecentesco; siamo in un’altra fase, in un altro mondo. Nessuno di noi ritiene di avere in mano tutte le leve della verità per poter poi distribuire carte, poteri e risorse. Si tratta di costruirle e certamente l’assetto che daremo magari nei prossimi mesi non sarà definitivo, perché dovremo apportare degli aggiustamenti lungo il cammino.

Per quanto riguarda più specificamente i punti che sono stati affrontati nel corso della nostra conversazione, il problema del rapporto quotidiano tra regioni e Camera – parlo per la parte di mia competenza; il collega Elia, che sarebbe dovuto intervenire in rappresentanza del Senato, non ha potuto partecipare ai nostri lavori a causa di un precedente impegno, così come il collega Villone, presidente della Commissione affari costituzionali del Senato – rende necessaria, a mio avviso, una interlocuzione anche dei consigli regionali nella fase precedente l’esame da parte dell’aula della riforma federale dello Stato. Mi permetterò di segnalare al presidente della Commissione affari costituzionali, al momento impegnato nei lavori dell’Assemblea, questa opportunità, fermo restando che la decisione sarà della Commissione.

Veniamo da un sistema nel quale la rappresentanza delle regioni era dei governi, come ricorderete. Riporto un esempio che segna in modo molto evidente e chiaro la differenza rispetto al passato: in una vecchia circolare del Presidente della Camera risalente agli anni ottanta veniva indicata al presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali, che allora era Augusto Barbera, l’opportunità di ascoltare assessori o presidenti delle regioni in rappresentanza delle stesse; in una lettera inviata da me nel 1997 si fa riferimento ad esponenti delle regioni, delle province autonome, di organi istituzionali o comunque rappresentativi delle medesime. Evidentemente si compiva un passo – non era pensato – in cui si cominciava a vedere che la rappresentanza è duplice (non soltanto il governo, ma anche il consiglio regionale). Credo che l’onorevole Cerulli Irelli, nella sua qualità di relatore possa farsi latore di questa esigenza presso la Commissione affari costituzionali.

Per quanto riguarda il luogo, di cui si è parlato, se lo ritenete, la Camera è a vostra disposizione; valutate voi stessi come e in che termini, per noi non c’è problema. La Camera, infatti, per ragioni politiche, perché è la più vecchia Assemblea elettiva del paese (lo è dal 1848) e perché è la più vasta Assemblea rappresentativa per numero di eletti e di elettori, deve svolgere questo tipo di ruolo. Se lo riterrete, siamo a vostra disposizione, perché crediamo che l’interlocuzione ci serva, anche alla luce di quanto è stato qui detto.

Naturalmente non c’è in alcuno di noi l’idea di una contrapposizione. Il punto è che il funzionamento delle istituzioni rappresentative è interesse di tutto il paese. In quest’ottica, anche la questione dei regolamenti interni sarà estremamente interessante: se ne parlava con il collega che presiedeva il consiglio regionale del Piemonte nella scorsa legislatura regionale, il quale mi accennava a norme che rendevano ingestibile il consiglio regionale (mi pare comunque che lo stesso si potesse dire per altri consigli regionali). Il collega ora presidente del consiglio regionale Veneto, che ha spesso legittimamente contestato il Presidente della Camera dei deputati, ora vedrà quali problemi si incontrano! Lo dico ovviamente scherzando, per la stima che nutro nei suoi confronti.

Ripeto: vi è il problema dei regolamenti, che devono far funzionare le assemblee, essendo il funzionamento dell’istituzione un’esigenza complessiva; questo è un punto determinante nel momento in cui si elabora un regolamento. Quando vi era il meccanismo consociativo, il funzionamento era garantito non dal regolamento ma da un patto non scritto; superata quella fase, occorrono delle regole, altrimenti la macchina non funziona più su un’intesa che non c’è, né ci deve essere, visto che il clima è completamente cambiato.

Da questo punto di vista, dobbiamo superare la vecchia idea delle istituzioni regionali: il modello del passato non era quello di un Parlamento trasferito a livello regionale, ma era piuttosto quello amministrativo, come il consiglio comunale o provinciale; il problema della funzione legislativa e della funzione di governo non era così chiaro nel passato come lo è adesso. Credo che nella valutazione degli standard della qualità della legislazione dovremo tenere conto – ne accennava il presidente Nardini – dell’impatto sulle regioni. Questo è un dato che non abbiamo considerato a sufficienza e che non so se vada estrinsecato in Costituzione: è un problema che lascio alle parti parlamentari, ma si può cominciare a mutuare il dato, che comincia ad essere significativo, essendoci in tutte le forze politiche forti presenze regionalistiche e federalistiche. Una volta che vi sia un indirizzo di questo genere, il punto dovrebbe essere seguito con particolare attenzione.

Infine, quanto al rapporto sulla legislazione regionale, hanno risposto quasi tutte le regioni (ne mancano soltanto tre e spero che rispondano quanto prima) e dovrebbe essere pronto per la fine di settembre o i primi di ottobre. Se lo ritenete, potrebbe essere quella una seconda occasione di incontro su un rapporto che vi invieremo prima affinché si possa discutere su qualcosa di concreto: in quella sede, se possibile, ci farete conoscere i vostri orientamenti - naturalmente dopo esservi consultati - sul rapporto con la Camera anche per quanto riguarda la questione del luogo. Ciò sarà utile per costruire un rapporto anche in modo formale.

Ringrazio molto tutti gli intervenuti e dichiaro concluso il seminario.

Fine contenuto

Vai al menu di navigazione principale