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Agazio Loiero


AGAZIO LOIERO, Ministro per gli affari regionali. Voglio preliminarmente manifestare un apprezzamento non formale al Presidente Violante ed un ringraziamento per l’occasione che ci offre di dibattere e confrontarci. Ringrazio anche gli illustri relatori, i presidenti e le figure istituzionali che hanno preso la parola su un tema che è abbastanza complesso ed è diventato parte viva del dibattito odierno.

Un nuovo metodo della legislazione dello Stato e delle regioni costituisce ormai una necessità ineludibile, perché consegue al radicale cambiamento che i diversi livelli di governo hanno subito a seguito delle grandi riforme varate nel corso di questa legislatura. Non vorrei dare a questa mia prima frase un eccesso di enfasi; voglio però registrare in maniera autocritica, come figura istituzionale, che in questa legislatura abbiamo “celebrato” un’altra bicamerale, la terza, che purtroppo non è riuscita a portare a compimento i propri lavori. Questo impone una lettura spesso rapsodica della Costituzione, il che alimenta i conflitti, perché finisce per realizzare uno squilibrio dei poteri.

Il riferimento un po’ enfatico, come è ovvio, è alla legge n. 59 del 1997, che ha rovesciato i precedenti rapporti tra lo Stato e le regioni: non è più, come in precedenza, ritaglio delle materie assegnate dallo Stato alle regioni, bensì un’elencazione tassativa delle materie mantenute alla competenza statale con riferimento generalizzato di tutti i compiti e le funzioni agli enti territoriali. Il cambiamento (anche considerando la polemica politica; non dimentichiamo che vi è stata un’elezione e ci avviamo velocemente verso un’altra elezione), almeno dal punto di vista culturale, a me pare epocale, perché presuppone la fine dello Stato per così dire egemonico e della subalternità degli enti locali.

I rapporti tra gli enti sono equiordinati perché si svolgono essenzialmente in termini di competenza, individuata sulla base del principio di sussidiarietà; ovvero, l’ente sovraordinato cura gli interessi che non possono essere soddisfatti dal livello di governo di appartenenza più vicino al cittadino.

Può dirsi senza dubbio alcuno che il principio di sussidiarietà costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico, che si rivolge indifferentemente a tutti i livelli di governo. Il metodo della legislazione deve essere cambiato perché risultano cambiati i principi che la informano, perché, come ha affermato il professor Lombardi, è mutata la scatola del cambio del motore istituzionale. Il verso logico della legge sia statale sia regionale deve essere omogeneo, in corrispondenza della composizione armonica delle competenze allocate sui diversi livelli di governo, così come esigono la legge n. 59 e i decreti che hanno dato ad essa attuazione, primo fra questi il decreto legislativo n. 112 del 1998.

Una prima esigenza di metodo riguarda la conoscenza da parte di tutti i soggetti dotati di un potere normativo del nuovo sistema delle autonomie. Ciò per consentire l’adozione di atti che risultino rispettosi e conformi al nuovo quadro istituzionale. Noi abbiamo dato una grande accelerazione in queste due ultime settimane; teniamo conto, però, che alcune regioni sono molto avanti e altre molto indietro. Lo Stato pertanto deve legiferare non solo su materie di sua competenza, tenendo in debito conto i confini che ne delimitano l’ambito, ma anche rispettando i principi inerenti all’autonomia normativa delle regioni. Per contro, la regione non può legiferare senza tenere conto che sulle materie di sua spettanza possono insistere sia interessi sovraregionali sia interessi infraregionali, la cui cura è rimessa a comuni e province, anch’essi enti a cui è attribuita autonomia costituzionalmente garantita, ai sensi dell’articolo 128 della Costituzione.

Un metodo legislativo omogeneo da parte di tutti gli enti dotati di potere normativo ora si impone anche in virtù del principio di sussidiarietà, a cui debbono prestare ossequio tutti gli organi coinvolti nel portare ad esito la riforma del federalismo amministrativo delineata dalla legge n. 59. L’operazione non dovrebbe incontrare soverchie difficoltà, essendo chiaro il quadro normativo di riferimento: conservazione da parte dello Stato di alcune materie tassativamente elencate, con riferimento generalizzato di tutte le altre all’autonomia territoriale.

Altrettanta chiarezza proviene dalla legislazione di riforma sui necessari raccordi tra i diversi livelli di governo. Infatti, i primi frammentati moduli procedimentali sono stati ora unificati e si svolgono in sedi unitarie, quali la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza unificata. Particolare attenzione il legislatore regionale dovrà prestare al metodo da usare per approvare i nuovi statuti di autonomia, che dovranno determinare la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento dell’ente regione. L’unico vincolo che questi subiscono è di essere in armonia con la Costituzione; è un vincolo non di poco conto, in quanto sta a significare che i nuovi statuti dovranno inserirsi nell’ordine costituzionale in termini di compatibilità e di coerenza. Quindi, il metodo della legislazione regionale dovrà svilupparsi sul presupposto che il regime statutario non deve configurarsi alla stregua di una Carta costituzionale a sé per ciascuna regione, bensì alla stregua di modelli normativi di alto profilo, che esaltino l’autonomia regionale ma abbiano, nel contempo, un grado essenziale di omogeneità, affinché possa dirsi che gli statuti sono stati adottati in armonia con la Costituzione. Si attua in tal modo la direttiva contenuta nell’articolo 5 della Costituzione, secondo cui la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali e adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

Infine, poiché le due disposizioni sono contenute in un articolo della Costituzione che reca, per giurisprudenza costante della Corte costituzionale, principi supremi dell’ordinamento, l’adeguamento del metodo della legislazione, connesso e servente al riconoscimento e alla promozione dell’autonomia locale, costituisce un preciso obbligo costituzionale per tutti i soggetti coinvolti nel nuovo assetto di riforma delineato dalla legge n. 59 del 1997, che ha come primo referente fondante proprio l’articolo 5 della Costituzione.

Da ultimo, traggo motivi di ottimismo dall’annuncio del Presidente Violante che finalmente l’esame in Assemblea del progetto di ordinamento federale della Repubblica prenderà avvio dalla prossima settimana (Applausi).

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