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Rossana Di Pilla


ROSSANA DI PILLA, Presidente del Consiglio regionale del Molise. La ringrazio, signor Presidente, per questa iniziativa e mi auguro che questa interazione tra centro e periferia possa continuare nel pubblico interesse.

Colleghi presidenti, è ormai noto che la centralità dell’organo legislativo nell’organizzazione dei poteri regionali in virtù della riforma introdotta con la legge costituzionale n. 1 del 1999 può dirsi ormai superata e consegnata alla storia. La previsione della sostanziale investitura diretta dell’esecutivo regionale consolida l’ormai decennale orientamento del legislatore nazionale, che trae origine dalla riforma dell’ordinamento dalle autonomie locali, a strutturare la forma di governo degli enti territoriali sulla base di una ripartizione interna delle funzioni che consegna le assemblee rappresentative al ruolo di organo di indirizzo e di controllo, più che di governo nel senso stretto, in linea con quanto è stato detto dal professor Cammelli.

Stando così le cose, il problema che sembra porsi alle assemblee legislative regionali non è quello di recuperare prestigio, ma, più realisticamente, quello di valorizzare la propria funzione istituzionale così come si è venuta a definire nella logica della riforma.

A tal fine, l’occasione delle revisioni statutarie e dei regolamenti interni dei consigli regionali va utilizzata provvedendo soprattutto a ridisciplinare l’esercizio delle funzioni delle assemblee, prima fra tutte la funzione legislativa, senz’altro in sintonia con l’esigenza della governabilità ma sicuramente in modo tale da recuperare all’organo legislativo una piena efficacia di intervento, un suo costante collegamento con i reali contesti territoriale, economico, sociale della regione. Il consiglio regionale, debitamente spogliato di ogni competenza di natura meramente gestionale, potrà così diventare sede effettiva di maturazione di decisioni e di indirizzi di carattere strategico. In tal guisa sarà assicurata una rinnovata forma di rispetto del primato dell’organo rappresentativo, che deve comunque essere osservato concretamente in un sistema democratico. La revisione del ruolo delle assemblee dovrà passare attraverso la revisione del modo di fare le leggi.

Nel rinnovare le disposizioni statutarie e regolamentari sulle modalità, le sedi, gli attori del procedimento legislativo, dovrà considerarsi costantemente che la regione si pone nell’ordinamento quale istituzione motrice del sistema delle autonomie locali, nonché regolatrice dell’economia locale, della gestione del territorio; pertanto, occorrerà predisporre accorgimenti procedurali atti a favorire nell’esplicazione del potere legislativo processi decisionali quanto più possibile supportati, arricchiti da rapporti informativi esterni.

Collaborazione intensa, quindi, tra consiglio regionale ed autonomie locali; autonomie funzionali; in quanto terminali di decentramento; collaborazione con le categorie economiche e le categorie sociali, in quanto conoscitrici degli ostacoli allo sviluppo.

La sede procedimentale idonea ad un siffatto coinvolgimento di interessi e d’idee è quella dell’istruttoria legislativa, quindi le commissioni consiliari, dove ha luogo il vaglio preliminare del progetto legislativo. Chiaramente, dovrà mutare la concessione del ruolo delle commissioni consiliari, che attualmente sono reputate, per lo più, luogo della negoziazione tra le forze politiche e, quindi, luogo del compromesso. Alle commissioni dovrà, al contrario, annettersi prioritariamente la funzione di organo che vaglia informazioni e dal quale vengono ricercate, nei provvedimenti normativi proposti, soluzioni concrete a problemi concreti di cui si ha piena e documentata conoscenza.

Per raggiungere un tale stato di efficienza della funzione legislativa probabilmente occorrerà esercitare un minimo di compressione della discrezionalità politica, prevedendo percorsi procedimentali obbligati di valutazione delle proposte di legge, sotto essenziali profili di fattibilità e di impatto sull’ordinamento e sugli amministrati e forse anche, in fase d’esame estremamente preliminare del progetto, sotto il profilo dell’effettiva necessità dell’intervento legislativo proposto. L’aggiunta, poi, di qualche vincolo tecnico alla disciplina di esercizio della funzione non potrebbe che giovare alla qualità delle leggi regionali, nonché al grado di appropriatezza ed efficacia dell’intervento legislativo.

Del resto, questa appare un’opzione ineludibile se effettivamente si vuole innescare il circolo virtuoso della legislazione che migliora sé stessa, attraverso un lavorio costante automanutentivo di riordino, di semplificazione, di razionalizzazione del patrimonio normativo regionale. E’ evidente nella pratica la presenza di un necessario filtro tecnico di valutazione di fattibilità e di impatto all’interno delle operazioni e considerazioni politiche in cui consiste il procedimento legislativo; inevitabilmente ciò si presterebbe a raffreddare l’impeto con cui sovente ci si protende verso l’apprestamento di tutele a favore di interessi reputati, poi, bisognosi di soccorso legislativo.

Inoltre, si consideri che un legislatore regionale maggiormente avveduto sotto il profilo tecnico potrebbe divenire un vero e proprio vettore della espansione del ruolo dell’autonomia regionale nel contesto nazionale, così favorendo, anche da parte delle regioni sin ora meno agguerrite dal punto di vista organizzativo, un contributo significativo all’attuazione di un vero e proprio sistema integrato tra la legislazione nazionale, l’interesse regionale e la legislazione regionale.

Per concludere, riprendo l’intervento di Louvin: noi vogliamo essere degli interlocutori seri, in un tavolo di discussione congiunto con i presidenti delle giunte, proprio per cercare di rimuovere le dicotomie che cominciano a crearsi tra consiglio e giunta a svantaggio dei consigli stessi.

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