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Roberto Cota


ROBERTO COTA, Presidente del consiglio regionale del Piemonte. Il titolo del seminario di oggi "Nuovi metodi della legislazione tra Stato e regioni" lascia già intendere il passaggio direi epocale che ci troviamo a vivere, prima di tutto all'interno delle nostre assemblee e poi nei rapporti tra queste ultime ed il Parlamento nazionale. La possibilità da parte delle assemblee regionali di approvare un proprio statuto con una legge non soggetta a visto da parte del commissario di Governo costituisce il primo vero atto di emancipazione dei consigli regionali, abituati per troppo tempo ad essere considerati più simili a consigli comunali che ad assemblee parlamentari dotate di funzioni legislative.

Lo statuto dovrà individuare primariamente, proprio ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione, la forma di governo della regione. Dico questo perché con l’elezione diretta del presidente della regione abbiamo assistito ad una riforma monca, nel senso che si sono date indubbiamente più forza e legittimazione alla figura del presidente della giunta, ma non ne sono stati modificati i poteri; in particolare, nulla è stato modificato nei rapporti tra presidente, giunta e consiglio. Questa matassa sotto il profilo, appunto, nei rapporti giunta-consiglio la dovranno sbrogliare le assemblee in sede di approvazione dello statuto. Vorrei ora svolgere due brevi osservazioni. È vero che il presidente della giunta è eletto direttamente dal popolo, ma è altrettanto vero che anche il consiglio è eletto direttamente; dunque, al consiglio spetta una naturale funzione di controllo sull'operato del presidente della giunta, oltre che un'autonoma funzione legislativa.

In secondo luogo, il presidente è eletto per governare, il consiglio per legiferare. Non vorrei che si avesse la tendenza ad ispirarsi al modello dei consigli comunali, con tutte le implicazioni in tema di atti di alta amministrazione ed il conseguente modello di cogestione, modello che invece deve considerarsi completamente superato. Il presidente della giunta sta al capo del Governo come il Parlamento sta al consiglio regionale: svolgo questa considerazione non già per svilire i consigli, ma per esaltarne il ruolo e la funzione in una situazione da riequilibrare a favore delle assemblee regionali. Quando dico questo penso anche alla necessità che le assemblee viaggino in regime di autonomia contabile e finanziaria, con un bilancio assolutamente autonomo e che vi sia riserva di regolamento per tutto ciò che riguarda l'organizzazione interna; che vi sia, inoltre, una soggettività giuridica del consiglio regionale nella persona del suo presidente.

L'immagine esterna, che ha stentato a decollare, ha nuociuto spesso anche all'interno dei consigli, là dove ci si ritrova con regolamenti figli di una logica ancora lontana dalle procedure parlamentari. La questione del regolamento non è solo formale, ma incide nella sostanza sulla qualità del lavoro delle assemblee, talché spesso i dibattiti rischiano di trascinarsi per ore senza che si producano poi risultati in termini legislativi. Questa situazione è tanto più grave quanto più si modificano il ruolo e la funzione dei consigli regionali per effetto delle riforme in itinere. Non possiamo permetterci che i tempi del palazzo siano lontani da quelli della società civile.

Ritornando agli aspetti ordinari, l'obiettivo di una migliore qualità della legislazione richiede un allenamento in palestre attrezzate e la legislazione regionale ha sempre sofferto i limiti di non poter operare in autonomia, imbrigliata da un lato dalla competenza ripartita, dall'altro da una legislazione nazionale che ha dettato non solo i principi generali, ma che si è spinta a regolamentare aspetti particolari e addirittura complementari.

Il nuovo metodo legislativo per quanto riguarda le assemblee regionali non può prescindere dall'attribuzione di una competenza legislativa esclusiva almeno in un primo blocco di materie: sanità, istruzione, sicurezza; questo attraverso il processo di riforma istituzionale.

La competenza legislativa dovrà trovare poi un logico contraltare nella capacità impositiva e nella conseguente possibilità di trattenere in loco il gettito fiscale necessario a far fronte ai crescenti bisogni gestionali collegati ai trasferimenti di competenze. Assegnare nuovi compiti e funzioni senza la relativa dotazione di fondi avrebbe il sapore di una presa in giro del tutto intollerabile in questo contesto e con queste aspettative. Gli argomenti citati sono al centro del dibattito politico e istituzionale e vengono spesi in contrapposizione dalle varie forze politiche. Almeno tra addetti ai lavori dobbiamo però essere precisi sulle terminologie: il passaggio di compiti e funzioni dallo Stato nazionale alle regioni, con conseguente competenza legislativa delle assemblee regionali, è un processo di devoluzione, che parte cioè da una realtà centralistica che oggi ha poteri da decentrare. Il federalismo identifica, invece, il processo inverso, che parte dal diviso e arriva all'unità.

Detto questo, è importante attrezzarsi al cambiamento collaborando a livello operativo con la Camera dei deputati, ma anche e soprattutto a livello di altre assemblee e poteri regionali e dei loro coordinamenti. Penso alla nota di base che ci è stata distribuita e la recupero quanto all'individuazione di temi e di aspettative di comune interesse ed alla cooperazione tra istituzioni.

Desidero dedicare un breve e quasi conclusivo passaggio alla cosiddetta democrazia informatica. L'informatizzazione e la conseguente dotazione a consiglieri e deputati di PC portatili in grado di connettersi attraverso i sistemi interni delle assemblee e via internet è importante. In questo modo si migliora la qualità del lavoro assembleare, da un lato attraverso l'indubbia accelerazione dei tempi e delle procedure (testi inoltrati via e-mail e risposte in tempo reale), dall'altro attraverso una razionalizzazione frutto della facilità di consultazione del materiale preparatorio.

Concludo questo mio breve intervento sottolineando che assemblee legislative, assemblee regionali, e Parlamento nazionale ed europeo possono e debbono collaborare in quanto tutti producono norme destinate ai cittadini, ma la collaborazione, per essere effettiva, presuppone che tutti i suddetti organismi si muovano in una situazione di parità (Applausi).

PRESIDENTE. Al presidente Cota, che ha fatto riferimento agli strumenti informatici, vorrei far presente che quella nella quale ci troviamo è una sala particolarmente attrezzata a questo scopo; è un prototipo che stiamo saggiando per verificare se funzioni, per estenderlo eventualmente anche alle Commissioni.

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