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Luciano Violante


PRESIDENTE. Saluto i nostri ospiti e li ringrazio per la loro partecipazione. Permettetemi innanzitutto di augurare ai nuovi presidenti dei consigli regionali una legislatura di eccellente lavoro nell’interesse generale del paese. Vorrei spiegare ai presidenti, che sono qui per la prima volta, il motivo di questo incontro. La ragione prossima è questa. Quando affrontammo il tema della riforma del regolamento della Camera l’allora presidente del gruppo di Alleanza nazionale, onorevole Tatarella, pose una importante questione. Egli chiese: “Per quale motivo noi affrontiamo questo problema soltanto in questa Assemblea rappresentativa? Il tema della funzionalità delle istituzioni va affrontato in tutte le istituzioni rappresentative, a cominciare dai consigli regionali che tra l’altro sono paralizzati da vecchi sistemi regolamentari, da abitudini che rispondono ad un altro tipo di sistema politico”. In questo quadro la Camera dei deputati ha cominciato a sentire i presidenti dei consigli regionali, ha avuto con loro relazioni continuative.

E’ in questo quadro che si colloca l’odierna iniziativa. L’idea politica ed istituzionale che ne è alla base è la seguente: siamo passati e stiamo passando da uno Stato centralizzato ad un assetto che va verso un sistema federale. C’è allora da costruire la rete delle rappresentanze dei poteri legislativi, attraverso la quale tutti coloro che esercitano un potere legislativo trovino il modo di comunicare tra loro nell’interesse dei cittadini, che poi sono i destinatari delle regole complessive che produciamo a livello di consigli regionali e a livello di Parlamento.

Mentre redigevo un breve appunto per la riunione odierna, mi è venuta in mente un’immagine che un grande architetto e storico dell’architettura tedesco aveva coniato, con riferimento peraltro ad una situazione politica. Diceva: “Quando sono finite le piramidi, che cosa c’è stato? Ci sono stati i templi greci”. E i templi greci si fondano su colonne, mentre le piramidi si fondavano su un blocco unitario. Il primo passaggio della modernizzazione dei sistemi politici si ha dunque quando si passa da un blocco centralistico ad un sistema che si fonda invece su più colonne. Potremmo dire che i sistemi della rappresentanza o i sistemi dei poteri legislativi sono le tante colonne sulle quali si fonda, in un sistema politico democratico, quello che vogliamo costruire.

Gli incontri precedenti, che hanno fatto riferimento al rapporto fra Camera dei deputati e consigli regionali, si sono avuti in particolare l’8 maggio 1998 quando, in occasione dell’anniversario dell’assassinio di Aldo Moro, fu convocata una conferenza nazionale delle assemblee elettive nell’aula di Montecitorio e si discusse del modo di funzionamento delle assemblee elettive sullo sfondo della storia italiana di quarant’anni. Poi il Comitato per la legislazione ha promosso altre importanti occasioni di incontro sullo stesso tema. C’è stato, per esempio, lo scorso 6 dicembre, il seminario interistituzionale con gli uffici legislativi del Governo, quello con la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato, la Corte dei conti, con tutti i soggetti che intervengono nel procedimento legislativo, sia nel momento della confezione sia nel momento del trarre la regola concreta da applicare al caso che è davanti.

Il punto di partenza di queste iniziative è la convinzione che nessuna istituzione può affrontare da sola i problemi che emergono dal nuovo sistema di poteri molteplici diffusi sui diversi livelli territoriali, nessuno da solo può risolvere tutti i problemi. Occorre invece raccordare tra loro le istituzioni impegnate in tali processi. Abbiamo dovuto inventare un nuovo modo di aprirsi delle istituzioni l’una verso l’altra, un nuovo modo che non implica la perdita dell’identità e dell’autonomia, ma che accetta pienamente un modello orizzontale, non verticale, nelle relazioni istituzionali, un modello conseguente lo sviluppo di processi decisionali sempre più negoziati, aperti, interconnessi, tra i vari livelli di governo.

In Italia è in corso la progressiva costruzione di una forma originale di ordinamento federale, caratterizzata dalla nuova dinamica orizzontale che investe tre livelli: Stato, regioni, enti locali. Ne deriva un aumento di complessità, certamente, e di potenziali conflitti. Occorre dunque un principio organizzatore forte, che operi positivamente tra centro ed autonomie, nel rispetto del pluralismo ed a favore delle autonomie.

L’articolo 5 della Costituzione recita: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo” – e al terzo punto, quello che più interessa – “adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”. E’ attorno a questo concetto che intendiamo lavorare.

Dall’articolo 5, posto alle fondamenta della Costituzione, viene un indirizzo preciso e applicabile fin d’ora nell’organizzazione parlamentare del processo legislativo, collegandosi direttamente e puntualmente ad un sistema di norme vigenti: le norme legislative sul trasferimento delle funzioni e quelle dei regolamenti parlamentari in tema di istruttoria legislativa. In questa fase di transizione le norme di principio che sono state introdotte dalla legge n. 59 del 1997 si possono considerare come la prima diretta attuazione dell’ultima parte dell’articolo 5. Si tratta in particolare, come ricorderete, dell’articolo 1 della legge n. 59 del 1997 che stabilisce il rovesciamento dei rapporti tra Stato e regioni.

I medesimi principi dell’articolo 5 possono orientare gli strumenti dell’istruttoria legislativa verso le regioni. Queste possono diventare i soggetti con cui istituire un rapporto permanente nello svolgimento ordinario dell’attività legislativa, in attesa di una compiuta riforma costituzionale che ne assicuri la rappresentanza all’interno del Parlamento nazionale. Ogni nuovo intervento legislativo deve essere progettato proprio alla luce di un sistema articolato e aperto all’interazione tra i diversi livelli di governo dotati di forte autonomia. Non è un caso che nel più grande ordinamento federale democratico, quello degli Stati Uniti d’America, le procedure più penetranti di istruttoria legislativa adottate dal Congresso siano rivolte proprio alla valutazione dell’impatto dei nuovi atti legislativi sulle competenze degli Stati federali e sui poteri locali; valutazione che non facciamo ancora pienamente, ma che deve entrare nel nostro lavoro.

Si impone anche nel nostro paese l’esigenza di adottare un criterio sostanziale di autorestrizione e di economia nell’esercizio dei poteri normativi. La verifica dell’effettiva necessità di ogni atto normativo è il primo e il più importante indirizzo di metodo sancito dal regolamento della Camera, che può essere applicato anzitutto a favore delle autonomie e dei poteri regionali, insieme alla verifica del rispetto del sistema delle competenze normative.

Vi è dunque nell’atto parlamentare un complesso di strumenti che possono essere attivamente orientati verso le regioni, ma il sistema può funzionare solo se viene completato con analoghi strumenti sul versante regionale, e cioè si apre fra Parlamento e assemblee regionali, una stagione di reciproco stimolo e di interazione sul terreno della tutela del ruolo della rappresentanza nei processi di formazione delle leggi. In questa fase sono le assemblee regionali ad impugnare – diciamo così – la leva del cambiamento, con l’occasione offerta dall’attuazione della riforma costituzionale, delle norme per il federalismo fiscale e per il trasferimento delle competenze. Infatti tutti questi processi di attuazione passano a questo punto nelle loro mani.

Questa occasione potrà essere colta meglio se tra i consigli regionali, tra i loro presidenti, tra essi e gli esponenti istituzionali del Parlamento nazionale e del Governo, quali quelli qui presenti, si sviluppa un dialogo e un approfondimento dialettico dei diversi punti di vista. D’altra parte devo informarvi che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha deciso ieri che nella seconda settimana di luglio comincerà l’esame dei progetti di legge sull’ordinamento federale dello Stato, di cui speriamo di chiudere la lettura alla Camera entro luglio in modo da passare subito dopo al Senato.

Ecco, il punto di partenza per questo raccordo potrebbe essere l’incontro odierno. Per questo pongo alla vostra attenzione tre questioni, anche se ce ne possono essere molte altre. La prima è la questione cooperazione sul terreno della conoscenza dei fenomeni. Un dialogo si può realizzare solo se i diversi soggetti che intervengono dispongono di una visione generale dell’insieme della legislazione statale e regionale. L’analisi delle legislazioni va congiunta a quella degli strumenti non legislativi che integrano o sostituiscono le leggi come strumento di partecipazione parlamentare ai processi decisionali esterni.

A questo scopo, fin dall’entrata in vigore delle nuove norme sull’istruttoria legislativa, la Camera pubblica annualmente il rapporto sullo stato della legislazione, cercando così di rispondere ad esigenze ormai egualmente avvertite nell’ambito politico ed in quello scientifico. Si collega pertanto come significativa premessa al nostro incontro la proposta che nell’agosto dello scorso anno, nell’inviare il rapporto del 1999, mi è sembrato di rivolgere ai presidenti dei consigli regionali, proposta di dedicare il successivo rapporto alle relazioni tra legislazione regionale e nazionale, e di realizzare questo studio in cooperazione tra gli uffici della Camera e gli uffici dei consigli regionali.

L’elaborazione del nuovo rapporto con tali modalità d’interazione tra questi uffici e i vostri uffici è in corso, e per realizzare questo lavoro di ricostruzione abbiamo chiesto un contributo anche a personalità eminenti nello studio dei rapporti fra centro ed autonomie nel nostro paese: mi riferisco in particolare al professor Giorgio Lombardi, che è qui presente, e al professor Marco Cammelli.

La seconda questione riguarda i modi in cui orientare gli strumenti dell’istruttoria legislativa verso la tutela dei principi dell’articolo 5 della Costituzione e dei principi stabiliti dalla legislazione ordinaria sul decentramento delle competenze. La questione si rivolge in primo luogo al Comitato per la legislazione, presieduto dall’onorevole Nardini, ai presidenti delle Commissioni e agli autorevoli parlamentari qui presenti, ma anche agli studiosi e a tutti quei presidenti dei consigli regionali e a quegli organismi dei consigli regionali che volessero fornire il loro contributo.

La terza questione si rivolge in particolare ai presidenti delle assemblee regionali e riguarda i possibili modi che i presidenti sceglieranno, in cui la Camera può mettere a disposizione dei consigli regionali, nella nuova fase che si apre, l’insieme dell’esperienza accumulata nel lavoro legislativo, di controllo e nella sua complessiva organizzazione.

Questo è il quadro iniziale del colloquio di oggi. Ora vi saranno le relazioni introduttive, che avranno la durata di circa dieci minuti e poi si svolgeranno successivi interventi della durata di cinque–sei minuti. Vediamo di regolare il dibattito senza vincoli particolarmente stringenti, ma facendo in modo che tutti i presenti possano intervenire.

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