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Attilio Fontana


ATTILIO FONTANA, Presidente del Consiglio regionale della Lombardia

Questo seminario è collocato in un percorso di collaborazione tra la Camera dei Deputati e le assemblee legislative regionali - lo ha detto a nome di tutti noi presidenti dei Consigli regionali il Presidente Louvin, ma ci tengo a sottolinearlo - che è motivo di novità e di importanza nel quadro del né semplice né risolto rapporto tra le istituzioni centrali e quelle territoriali nel nostro Paese. Un percorso di collaborazione, ma anche di confronto, in cui esperienze e metodi di approccio risentono di tradizioni, culture, organizzazioni difformi.

Le assemblee regionali hanno rispetto della competenza culturale che si è accumulata su questa materia nel Parlamento Nazionale, ma sono a loro volta portatrici di un vissuto che trova nel principio di prossimità e nel negoziato costante con le autonomie locali motivi di verità che l'istituzione nazionale può certamente apprezzare.

Dunque, una collaborazione aperta a un comune apprendimento e tesa a guardare con serietà anche ai motivi di oggettivo conflitto tra i processi legislativi nazionali e regionali, perché una democrazia si nutre - nel rispetto dei ruoli - soprattutto di chiarezza e di confrontabilità concreta di modelli e di risultati.

Nella sua presentazione il Presidente Violante ha evidenziato le ragioni che sono state alla base della decisione di chiamare le Assemblee legislative regionali ad una collaborazione diretta nella elaborazione del Rapporto annuale sullo stato della legislazione, rapporto che, come è stato ricordato, giunge quest'anno alla sua terza edizione.

Anche al di là dei risultati concreti che avrà poi il rapporto nella sezione curata dai Consigli regionali, questa esperienza va considerata molto positiva, in quanto permette di affrontare per la prima volta con maggiori contenuti di analisi il tema fondamentale delle relazioni tra legislatore nazionale e legislatore regionale.

E questo in una fase estremamente delicata dell'evoluzione dei ruoli e dei rapporti tra i diversi livelli istituzionali del Paese. Già nel seminario promosso dalla Camera dei deputati svoltosi in questa stessa autorevole sede, nel giugno scorso, si ebbe modo di sviluppare una serie di riflessioni sui rapporti tra il Parlamento nazionale e le Assemblee legislative regionali, proprio con riferimento al "mutato" quadro istituzionale che emergeva dopo la legge costituzionale n. 1/1999.

La contestuale legittimazione popolare dell'organo assembleare e del capo dell'esecutivo, ovvero del Presidente della Giunta regionale, ha spostato infatti la tradizionale dialettica tra maggioranza ed opposizione, imponendo una verifica sugli strumenti consolidati con cui il legislatore regionale ha esercitato le sue attribuzioni di legislazione, di indirizzo politico-amministrativo e di controllo.

La "crisi della legge" - quella che nel corso di una recente audizione della nostra Conferenza al Quirinale, il Presidente Ciampi ha chiamato "zoppìa istituzionale" peraltro pone elementi ulteriori di problematicità rendendo oggi l'esigenza di una riconsiderazione del processo legislativo, con la conseguente ricerca di strumenti nuovi, per esercitare adeguatamente quella stessa funzione.

Per altri versi è ineludibile la riconsiderazione degli stessi strumenti alternativi per esercitare le residue funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di controllo che debbono restare competenze dell'organo assembleare rappresentativo, quali garanzie del funzionamento complessivo del sistema.

In particolare ritengo che la problematica del controllo risulterà in concreto la fonte essenziale per il consolidamento di un ruolo autorevole delle assemblee legislative, ma con chiarimenti condivisi nel sistema politico-istituzionale che dovranno andare al di là dell'attuale generica trattazione del tema. La continuazione del lavoro - per gruppi specializzati o in altre forme - ci aiuterà a dare qualche risposta al riguardo.

A ciò si aggiunga che nel rafforzato rapporto dialettico tra organo esecutivo ed organo assembleare, le possibili diverse forme di governo, che sono ipotizzabili e che si concretizzeranno nelle autonomie statutarie, rappresenteranno altrettanti modelli di riferimento e opzioni che permetteranno alle Regioni, come è stato evidenziato, di essere "laboratori di sperimentazione" in concreto nella innovazione istituzionale, nel campo dei metodi della legislazione e nella identificazione delle funzioni degli organi rappresentativi, utili anche per la riconsiderazione del ruolo delle Assemblee parlamentari.

Il rapporto tra il legislatore nazionale e il legislatore regionale, e quindi tra il Parlamento nazionale e le Assemblee legislative regionali, si colloca ampiamente in quella che si definisce "la forma di Stato e di Governo". E si coniuga diversamente a seconda della ispirazione più o meno centralista o federalista che viene ad assumere la Costituzione. Qui entra in gioco la forte distinzione di posizioni che ha caratterizzato anche il recente dibattito parlamentare sui disegni di legge e di revisione del titolo V della Costituzione il cui testo base, portato alla discussione dell'Assemblea della Camera dei deputati lo scorso settembre, si è caratterizzato per aver assunto a riferimento scelte ancora più timide, in relazione allo sviluppo del processo federalista, di quelle contenute nel progetto deliberato dalla Commissione Bicamerale per le riforme istituzionali.

Non mi soffermerò su questo punto se non per richiamare tre aspetti fondamentali di differenziazione, o meglio di divaricazione, che caratterizzano la posizione federalista e la distinguono nettamente da quella che definirei solo di "razionalizzazione" del sistema di decentramento regionale della Amministrazione dello Stato:

  • • il principio di sussidiarietà, cui si collega il patto federativo, fondativo esso stesso dello Stato federale;
  • • il principio del federalismo, con la garanzia della necessaria responsabilizzazione nell'utilizzo delle risorse in termini di efficienza, economicità e di trasparenza e quindi di una più ampia autonomia;
  • • il principio di garanzia rappresentato dalla partecipazione diretta dei livelli regionali ad un ramo del Parlamento (Camera delle Regioni o delle autonomie regionali) ed all'organo di giustizia costituzionale, ovvero alla Corte Costituzionale.

Questi i nodi di fondo la cui mancata soluzione continua a rappresentare, a giudizio mio e credo anche di molti miei colleghi, un forte vincolo ostativo al dispiegarsi di una Repubblica basata sui princìpi del federalismo e della sussidiarietà, nella quale i rapporti tra i diversi livelli della rappresentanza politica ed istituzionale assumano una chiara delimitazione delle funzioni e delle responsabilità degli organi statali e regionali, affrontandone apertamente i nodi ben noti a tutti. E' indubbio peraltro che, ove questa nuova prospettiva non avesse a realizzarsi, sarebbe poi difficile comunque evitare quella che è stata definita, anche nel recente dibattito parlamentare sulle modifiche al titolo V della Costituzione, una costante "invasione di campo" determinata dal cattivo esercizio che il legislatore nazionale ha fatto sin qui della potestà legislativa cosiddetta concorrente, dettando princìpi fondamentali, solo formalmente tali, ma disponendo norme di dettaglio, e dando così un cattivo esempio di normativa di principio.

Non si può negare che altrettanto limitato e limitativo è stato il ruolo di garanzia che la Corte Costituzionale non ha sin qui assicurato al dispiegarsi dei princìpi dell'autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni dalla stessa Carta del 1948. Peraltro tali conclusioni emergono anche chiaramente dall'analisi compiuta sulla legislazione statale presa a riferimento nel rapporto sulla legislazione che viene oggi presentato e cito per tutti il Decreto legislativo n. 114 del 1998, recante la disciplina relativa al settore del commercio, emanato a seguito della delega di cui al 4 comma dell'art. 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Nell'analisi svolta e portata all'attenzione di questo seminario da parte del Consiglio regionale della Lombardia, si evidenzia come il livello di autonomia e la relativa discrezionalità legislativo/amministrativa regionale sia indiscutibilmente compressa da un legislatore statale tuttora incapace di rinunciare alla propria visione centralistica.

Vorrei però concludere con una nota di ottimismo che mi deriva dall'apertura di questo serio confronto sui contenuti della legislazione e sul rapporto tra legislatore nazionale e regionale e con un rinnovato ringraziamento in particolare al Presidente Violante, che si è fatto interprete autorevole di questa esigenza ed ha voluto promuovere tale positivo confronto a livello istituzionale e con modalità trasparenti. E con sentimenti di gratitudine agli esponenti istituzionali e agli studiosi che contribuiscono all'approfondimento di questa importante tematica.

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