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Domenico Fisischella


DOMENICO FISICHELLA, Vicepresidente del Senato della Repubblica. Rinnovo anzitutto il ringraziamento per queste iniziative che si confermano di grande interesse e che la Camera e il suo Presidente promuovono con tanta cura e con tanto impegno.

Non potendo, evidentemente, ritornare su tutte le questioni proposte in questa sede, che sono di tipo tecnico e politico-istituzionale, cercherò di riassumere lo spirito di questa fase di passaggio dall’una all’altra forma di Stato. Debbo dire che in questa dinamica interistituzionale, sulla quale abbiamo concentrato la nostra attenzione, temo di cogliere, non da oggi, la prevalenza di una logica negoziale rispetto alla specifica logica politica.

Infatti, se per logica negoziale intendiamo un approccio pragmatico ai problemi, non vi sono dubbi che in una democrazia matura l’approccio pragmatico non può non prevalere su quello ideologico. Tuttavia, mi pare che nella dinamica interistituzionale si vada oltre l’approccio pragmatico; lo si vede anche con riferimento a quelle che invocavo come possibilità di definizione del federalismo, possibilità di cui il collega Lombardi sottolineava la difficoltà. Certamente è difficile definire il federalismo, però istituzioni con certe caratteristiche affrontano i problemi difficili, non quelli facili.

D’altra parte, sono emerse almeno due definizioni, sia pure per exempla, dall’analisi del collega, professor Lombardi, cioè il caso del federalismo per aggregazione (ha citato gli Stati Uniti) e il caso del federalismo per di-saggregazione (ha citato il Belgio ed altre esperienze). Quindi, già questo è un primo ordine di definizione nel contesto di una modifica che vuol essere per disaggregazione, non per aggregazione. Dunque, tutte le categorie che possono essere riferite ad alcune esperienze vanno ricalibrate in vista di questa summa divisio fra i due grandi ordini di federalismo.

Circa il rispetto reciproco tra istituzioni, sono stati citati casi di mancanza di rispetto nei confronti delle regioni, ma si potrebbero citare situazioni in virtù delle quali le regioni hanno sollecitato competenze o casi in cui le regioni hanno ottenuto competenze rispetto alle quali si sono poi verificate inadempienze, per cui lo Stato si è dovuto sostituire ad esse. Al di là di ciò, tuttavia, lo spirito di questa dinamica interistituzionale lo colgo come essenzialmente tipico e specifico del mercato. Questo eccesso di negoziato, che mette costantemente in una logica di assoluta parità formale, che poi diventa o può diventare una disparità di fatto, mi pare la logica del mercato, che è molto diversa rispetto alla logica operativa delle istituzioni politiche. Qui il criterio del negozio assume un atteggiamento e un significato diversi rispetto all’approccio del pragmatismo, e a mio avviso pone anche una serie di questioni fondamentali: quando il collega Cerulli Irelli fa riferimento all’esigenza di una regia complessiva, pone un problema di fondo, al cui interno si pone anche quello di chi sia il regista fondamentale. Quando affrontiamo le questioni delle forme di Stato, infatti, affrontiamo il problema della sovranità, come abbiamo visto con riferimento al tema della sicurezza nazionale e degli interessi nazionali. Il mercato risponde ad una logica diversa, rispetto alla questione che si debbono porre in ultima istanza le istituzioni politiche.

Vorrei, pertanto, che avessimo consapevolezza del fatto che in questa dinamica interistituzionale corriamo forse il rischio – non so quanto consapevolmente – di scivolare verso la logica del mercato. Se così fosse, dimenticando quelli che sono i criteri essenziali della politicità, finiremmo forse per dar ragione a chi definiva la democrazia un’associazione di uomini senza sovranità. Credo che le democrazie non possano prescindere dalla definizione precisa di questo punto e quindi non possano non affrontarlo allorché è sul tappeto, è in discussione il problema fondamentale della forma di Stato.

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