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Roberto Cota


ROBERTO COTA, Presidente del consiglio regionale del Piemonte. Vorrei sviluppare quattro considerazioni come analisi di altrettanti problemi, forse centrali tra quelli che dovremmo risolvere per arrivare sì ad una collaborazione tra assemblee legislative regionali e assemblee legislative nazionali, ma anche all’obiettivo primario del miglioramento della qualità della legislazione.

Il primo problema è rappresentato dal riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, che credo influisca soprattutto sotto il profilo della qualità della legislazione. Come ricordava il professor Lombardi, nella differenziazione che ha fatto, il modello della competenza ripartita e quello che si vuole proporre attraverso la modifica dell’articolo 117, cioè della competenza concorrente, almeno per come approvato in prima lettura dalla Camera, non agevolano il miglioramento della qualità della legislazione delle regioni perché non portano chiarezza in ciò che sta alle regioni stesse e in ciò che, invece, sta allo Stato.

Vi è una mancanza di chiarezza nei rapporti tra Stato e regioni e uno sbilanciamento, nel senso che la bilancia pende tutta verso lo Stato. Nella migliore delle ipotesi, ciò fa sì che vi sono regioni che emanano norme di serie B, in quanto non hanno una competenza esclusiva ed individuata su materie importanti e impregnanti. Oggi le regioni hanno una competenza ripartita in tutta una serie di materie che, secondo alcuni, individuano un sistema economico di tipo agricolo, cioè materie che sicuramente potevano avere un senso nel 1948 ma che non lo hanno in una economia che si è senz’altro sviluppata. Ci troveremo di fronte a esigue materie di competenza delle regioni e all’autonomia limitata della competenza ripartita o della competenza concorrente, che comunque è limitata. Il professor Lombardi ha introdotto la possibilità che nel legiferare le regioni concorrano con lo Stato, però nella nuova formulazione l’articolo 117 pone un limite, imposto dalla legislazione dello Stato, al quale le regioni devono sottostare.

Un argomento che non attiene tanto allo sbilanciamento delle competenze tra Stato e regioni quanto alla formulazione del testo oggi in vigore e di quello che si vuole proporre è invece quello riconducibile alla frammentazione e disarticolazione degli interventi, cui spesso abbiamo assistito da parte delle regioni. Il rapporto sullo stato della legislazione tra Stato e regioni, a mio avviso fatto molto bene, evidenzia che su alcune materie importanti, quali l’immigrazione, il commercio, il lavoro e la tutela delle acque, abbiamo assistito ad una legislazione regionale spesso frammentaria e disarticolata. Credo che ciò sia dovuto al tipo di competenze assegnate alle regioni.

L’interferenza della legislazione dello Stato con la legislazione regionale crea questi problemi. Cito un esempio per tutti, quello sull’immigrazione, a proposito del quale il rapporto prende in esame la legislazione regionale, nonostante le regioni non siano competenti a legiferare su questo tema. Quindi, si prendono in esame norme che sono sicuramente di corollario e che non possono che essere frammentarie e disarticolate; essendo infatti la competenza in capo allo Stato, le regioni possono normare soltanto aspetti secondari, e non essendovi chiarezza e distinzione è poi più facile che lo facciano in maniera frammentaria e disarticolata.

Il primo problema, dunque, è quello della ripartizione delle competenze. Il secondo problema è invece quello del ruolo dei consigli regionali, che dovranno essere un vero e proprio parlamento. Si tratta di un’operazione difficile per diversi motivi.

Il primo è legato al tipo di competenze che hanno, il secondo alla necessità che i consigli regionali limitino l’attività non legislativa. Non parlo tanto di quella di sindacato ispettivo, che è normale, soprattutto a fronte della riforma che ha introdotto il meccanismo di elezione diretta dei presidenti di regione (è chiaro che il sindacato ispettivo dovrà essere potenziato), quanto dell’attività di indirizzo sulle materie più varie, che non sono di competenza del consiglio regionale, dove spesso siamo inchiodati a discutere gli ordini del giorno più vari (altra questione è il fatto di avere grossi problemi regolamentari).

Questo salto in avanti i consigli regionali devono farlo. Quindi, attività legislativa, attività di sindacato ispettivo sugli atti del governo regionale, ma sugli atti di indirizzo bisognerà limitarsi obiettivamente alla competenza della regione.

Il terzo problema è rappresentato dai regolamenti. Spesso quelli dei consigli regionali non sono propri di un parlamento. Forse proprio qui può essere utile la collaborazione con l’Assemblea legislativa nazionale e la collaborazione in sede di Conferenza dei presidenti di consiglio regionale. E’ necessario introdurre norme che consentano di velocizzare l’iter di approvazione delle leggi e, quanto meno, di dare tempi certi in ordine alla discussione e votazione delle stesse, altrimenti non si riuscirà a portare a casa un risultato accettabile in termini sia di leggi approvate sia di qualità delle leggi stesse.

Sarebbe forse utile organizzare un seminario sui regolamenti in vigore nei consigli regionali rapportandosi al regolamento della Camera dei deputati, che potrebbe fungere da guida. Sarebbe importante attribuire nei regolamenti un potere presidenziale di dichiarazione di inammissibilità di alcuni dei testi presentati. In merito sono perfettamente d’accordo con quanto sentito, perché questo è senz’altro un meccanismo importante che consentirebbe di migliorare ab origine la tecnica legislativa; non possiamo infatti trovarci di fronte a un testo impresentabile senza avere alcuno strumento per poterlo censurare prima che venga discusso o approvato dall’assemblea. Se diventasse legge un testo ingestibile dal punto di vista della tecnica legislativa, sicuramente i cittadini non potrebbero applicarla.

Il quarto problema è rappresentato dall’esigenza di disporre, anche a livello regionale, dei testi unici. Questo aspetto è sentito particolarmente dal legislatore nazionale, che ha dietro di sé tanti anni di legislazione, ma anche nei consigli regionali, dove abbiamo già trent’anni alle spalle, per cui siamo alla seconda generazione. I consigli regionali, inoltre, normalmente non hanno la stessa struttura del Parlamento nazionale. Adesso stiamo facendo dei passi da gigante per dotarci di una buona struttura, ma la scarsità di personale competente soprattutto in molteplici settori incide sul livello e sulla qualità della legislazione e sulla frammentarietà della legislazione stessa, che si ritrova in una molteplicità di testi.

Un ultimo, ulteriore aspetto è rappresentato dal fatto che la conoscibilità delle leggi regionali è diversa rispetto a quella delle leggi nazionali, il che aumenta l’esigenza di realizzare testi unici a livello regionale. Dunque, un problema importante che dobbiamo affrontare e risolvere riguarda i testi unici e un forte lavoro di manutenzione normativa.

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