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Rosa Russo Jervolino


ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati. Fin dalle prime battute dell’incontro di oggi si evidenzia la consapevolezza e la necessità di continuare nel lavoro interistituzionale fra i due rami del Parlamento e le regioni per la ricerca di soluzioni che si inquadrano nell’ambito del rispetto di ogni assemblea elettiva.

Signor Presidente, lei ha già enunciato i due fatti nuovi che sono avvenuti dalla nostra precedente riunione del 30 giugno, cioè l’approvazione (ormai praticamente conclusa) degli statuti delle regioni a statuto speciale e l’approvazione – alla quale faceva riferimento adesso anche il Presidente Fisichella – della riforma del titolo quinto della parte seconda della Costituzione. Come presidente della Commissione che ha proposto all’Assemblea di Montecitorio quel testo e anche come parlamentare della maggioranza, il mio augurio è che questa riforma venga approvata e venga approvata con il più largo consenso possibile.

Non ignoro affatto le centinaia di emendamenti, le difficoltà di fronte alle quali il Senato si trova e nemmeno i rilievi, come sempre molto attenti, fatti dal Presidente Fisichella. Non sta a me rispondere nel merito a tutti i rilievi formulati; mi tratterrò invece sul metodo del nostro lavoro interistituzionale e poi credo che nel merito entri in modo più analitico il relatore del provvedimento, il presidente Cerulli Irelli.

Vorrei però dire al Presidente Fisichella che credo sia innegabile che ognuno di noi abbia, anche indipendentemente dalle appartenenze partitiche, un suo modello culturale di federalismo. Neanche il testo approvato dalla Camera costituisce la perfezione assoluta, però mi pare si possa sostenere – e per questo mi auguro che si giunga alla sua approvazione – che quel testo non disattende i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Mi riferisco, per esempio, all’articolo 5 e al ruolo, secondo me equilibrato, che dal testo emerge, delle competenze delle regioni e degli enti locali. Se è possibile definirlo in qualche modo, dal mio punto di vista questo è un federalismo autonomista. Mi riferisco per esempio alla previsione del consiglio delle autonomie locali e so che alcune regioni, come la Basilicata, anche prima dell’approvazione del testo hanno già lavorato alla predisposizione del consiglio delle autonomie locali; inoltre mi riferisco, perché significativa, alla nuova formulazione dell’articolo 114 della Costituzione.

Tornando al nostro lavoro comune, vorrei innanzitutto dare atto – e lo faccio con molta gratitudine – ai presidenti dei consigli regionali, ai presidenti delle regioni, a tutto il sistema delle autonomie, di aver avuto una maggiore – se così si può dire – saggezza istituzionale rispetto a quella che abbiamo saputo sviluppare noi parlamentari, perché in fondo, pur nella dialettica delle posizioni politiche, i rappresentanti delle regioni e di tutto il sistema delle autonomie hanno saputo trovare tra loro momenti di coesione importanti, hanno saputo esprimere proposte che hanno pesato, e pesato positivamente, sul lavoro del Parlamento. E mettendo a confronto le vostre proposte con il testo che è stato approvato dall’Assemblea di Montecitorio l’incisività del sistema delle autonomie si nota. Comunque, indipendentemente dall’approvazione di questo testo o – come io mi auguro - nell’attesa dell’approvazione di questo testo, è necessario continuare in un lavoro interistituzionale.

Il presidente Louvin nel suo intervento ha fatto riferimento alla norma transitoria, norma che prevede l’integrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali con i rappresentanti delle regioni e delle province autonome, nonché degli enti locali, e che attribuisce, come tutti sappiamo, un valore particolarmente incidente ai pareri espressi dalla Commissione così integrata. Nelle varie discussioni che si sono svolte (penso per esempio al congresso dell’ANCI a Verona) si è compreso che si tratta di una innovazione molto forte, perché in fondo per la prima volta non parlamentari entrano a far parte di un organo parlamentare sia pure con poteri consultivi, ma appunto con poteri consultivi particolarmente forti. Sono sicura che la sensibilità politica del Presidente della Camera e del Presidente del Senato trasformerà subito in realtà quel “possono” del primo comma dell’articolo 11 del nuovo testo (“I regolamenti della Camera e del Senato possono prevedere la partecipazione…”) di modo che, appena approvato - come io mi auguro - il nuovo testo del titolo quinto della parte seconda, questa integrazione possa avvenire immediatamente. Però sono profondamente convinta che anche al di là dell’ambito di lavoro segnato dall’articolo 11 del nuovo testo, ci sia la necessità di un lavoro interistituzionale (lo ripeto, ma è scontato, su un piede di assoluta parità e che rispetti la libertà delle assemblee) anche su tutti gli altri temi.

Il Presidente Fisichella ha fatto riferimento alla nuova formulazione dell’articolo 127 della Costituzione. Credo che ci sia un modo diverso per, diciamo, evitare quei contrasti che prima venivano verificati e censurati attraverso il visto del Consiglio dei ministri (tra l’altro occorre tenere conto che è stata abolita la figura del commissario del governo), e per far sì che questo modo diverso sia il confronto preventivo. In sostanza, si cerca di comporre le esigenze e le istanze prima che le norme nascano. Questo mi sembra un fatto di crescita della democrazia, segna il passaggio da una democrazia del conflitto (se è possibile dire così) ad una democrazia del consenso fra le istituzioni.

E’ ovvio che in questo lavoro Camera e Senato devono svolgere un ruolo di coprotagonisti. Nel suo intervento conclusivo del seminario del 30 giugno il Presidente Violante aveva offerto come sede di questo confronto la Camera, in quanto Assemblea più antica, Assemblea che ha un rappresentatività più fortemente segnata in termini di numero di elettori e di eletti, il che però non significa affatto una primazia della Camera rispetto al Senato; i due rami del Parlamento devono andare avanti insieme e devono lavorare su un piede di assoluta parità con i consigli regionali.

Mi pare che la proposta del Presidente Violante sia fortemente convergente con la sottolineatura e la proposta del presidente Louvin avanzata nell’incontro di questa mattina. Credo che da questo incontro debba emergere l’individuazione di un modo concreto per andare avanti, e questa sinergia a tre (Parlamento, consigli regionali, mondo della cultura espresso attraverso l’Istituto di studi delle regioni e la collaborazione delle università) possa essere un modello da sperimentare. Da tale punto di vista probabilmente dovremo far tesoro del periodo che ci separa dall’approvazione definitiva del titolo quinto della seconda parte della Costituzione perché, essendo in una fase fortemente innovativa, abbiamo bisogno di un lavoro che abbia margini di sperimentalità e possibilità di riflessioni sul metodo. In questo senso credo di esprimere non una posizione di parte ma un’esigenza che è sentita da tutti i parlamentari, indipendentemente dalle posizioni politiche, almeno da tutti quelli che si occupano in modo particolare di problemi istituzionali, perché in questa legislatura si è fatto della qualità delle norme, della loro coerenza e della loro leggibilità da parte dei cittadini un obiettivo da perseguire. E questo lavoro può contribuire a farci perseguire tale obiettivo.

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