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Carmelo Carrara


PRESIDENTE. Passiamo ora alla fase conclusiva della riunione.

CARMELO CARRARA, Presidente pro tempore del Comitato per la legislazione. Signor presidente, al di là dei diversi stimoli che abbiamo ascoltato, penso che il principio di un sano raccordo tra tutti i rappresentanti delle istituzioni chiamate a cooperare in questa sede non debba assolutamente prescindere da due considerazioni preliminari. Innanzitutto occorre tener conto del perimetro posto dall’assetto costituzionale, dal rapporto di compatibilità tra normativa nazionale e regionale e dall'esigenza di armonizzare la legislazione comunitaria con quella interna (nazionale e, conseguentemente, regionale). In secondo luogo va sottolineato – come è stato fatto in uno degli interventi che ho ascoltato – che il Parlamento non è un organo monopolista della legislazione; da ciò deriva l'esigenza di interloquire con gli altri organi istituzionali: non soltanto con le assemblee regionali, ma anche con il governo.

Mi riferisco in particolare ad un potere del governo denominato dalla dottrina come “competenza riservata”, esercitata in ordine ai decreti legislativi di attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale. Ricordo infatti che gli statuti di alcune regioni ad autonomia speciale (Sardegna, Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Valle d'Aosta, quest’ultima con riferimento alla legge n. 2 del 1993) prevedono che il governo deliberi - previo parere obbligatorio di commissioni paritetiche formate da esperti nominati dallo Stato e dalle regioni - decreti legislativi di attuazione degli statuti stessi. E poiché i decreti di attuazione del governo hanno forza di legge, non possono assolutamente consentire lo straripamento da parte di altri organi legislativi.

Le problematiche che si pongono all'attenzione del nostro gruppo di lavoro attengono dunque anche alla necessità di interagire con l'organo di governo quando quest'ultimo è dotato di capacità legislativa. Con quale strumento? Dagli interventi che si sono succeduti mi pare che lo strumento debba essere individuato nel Parlamento, cioè nella grande capacità di indirizzo che il Parlamento dovrebbe esercitare, anche a discapito dell'eccesso di produzione legislativa che purtroppo si è andata stratificando nei decenni. Il sistema dovrebbe trovare attuazione in uno strumento – in un organo - snello, permanente e di derivazione pattizia (cioè non ottriata). A tal fine si tratta di utilizzare le diverse esperienze accumulate anche grazie all'istituzione del Comitato per la legislazione, che ha prodotto buoni effetti (anche se sicuramente in termini di cogenza l'efficacia va migliorata, soprattutto per quanto riguarda le condizioni formulate dal Comitato; ma questa è materia di competenza dei regolamenti parlamentari).

In diversi interventi si è fatto cenno al ruolo delle procedure nelle assemblee parlamentari. I regolamenti di funzionamento delle assemblee della Camera e del Senato sono il punto fondamentale di snodo per la progettazione di interventi normativi rispetto alla compatibilità regionale ed alla compatibilità nazionale della normazione, nonché per l'individuazione di meccanismi di raccordo e di forme di consultazione tra le assemblee. Non partiamo sicuramente da zero, perché nella legge annuale di semplificazione il Parlamento si è dotato di un programma di riordino; inoltre ai fini di una migliore istruttoria legislativa il Parlamento richiede preliminarmente al Governo la possibilità di verificare l'impatto normativo di alcune novelle; le cosiddette clausole di coordinamento dispongono infine che ciascun provvedimento individui le norme abrogate e anche i termini del coordinamento con la normativa previgente.

Le clausole di compatibilità e clausole di coordinamento possono sicuramente rappresentare un riferimento sicuro per studiare, ancorché in forma pattizia con i rappresentanti dei consigli regionali, gli opportuni meccanismi da introdurre.

Circa le procedure, va sottolineato che i regolamenti di Camera e Senato, benché approvati in coincidenza con l'attuazione delle regioni a statuto ordinario, non hanno dedicato sufficiente attenzione alla consultazione con le regioni, di guisa che i rappresentanti delle regioni e degli enti locali sono ascoltati in audizione soltanto in via informale (analogamente a quanto accade per i rappresentanti dei gruppi di interesse). Sarebbe invece indispensabile che i legislatori statali e regionali dialogassero tra loro in una forma concertata e permanente (“intelligente”, è stato detto da qualcuno). Ciò dovrebbe avvenire non soltanto nell’ambito della Commissione parlamentare per le questioni regionali, ma in tutte le Commissioni.

Se le indicazioni scaturite dal gruppo di lavoro convergeranno verso questo obiettivo e se ciò potrà essere recuperato non soltanto nella bozza di documento che il Comitato dovrà redigere ma anche in circolari presidenziali dei Presidenti di Camera e Senato, avremo la possibilità di effettuare un lavoro di interlocuzione, di drafting legislativo e di partenariato legislativo per le questioni che sono state sollevate (esigenza di armonizzazione del diritto interno, soprattutto regionale, e del diritto comunitario).

Se per esempio nelle circolari presidenziali fossero fissati i principi ai quali debbano uniformarsi tutte le Commissioni di merito, il Comitato per la legislazione in collaborazione con altre Commissioni (come la Commissione affari costituzionali) potrebbe sovraintendere al vaglio di conformità per una migliore armonizzazione della legislazione.

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