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Paolo Armaroli


PAOLO ARMAROLI, Giunta per il Regolamento della Camera dei deputati. Si dice che negli scompartimenti ferroviari i rappresentanti di commercio abbiano una tale intimità fra di loro che, anziché raccontare una barzelletta, dicono il numero corrispondente e tutti si mettono a ridere. Mi rendo conto che innanzitutto questo non è uno scompartimento ferroviario, poi che non siamo rappresentanti di commercio, terzo, e soprattutto, non raccontiamo barzellette. Vi è tuttavia un punto di contatto, e cioè il fatto che dovremmo avere una grammatica comune. Per questa ragione non userò i sette minuti che il Presidente Violante ci ha concesso e mi limiterò a fare poche affermazioni, volando basso.

Questi incontri sono molto importanti, a mio avviso, perché gettano le basi di quel federalismo cooperativo del quale tutti forse avvertiamo il bisogno, salvo poi dire che la parola “federalismo” è come il sarchiapone di Walter Chiari: ognuno lo interpreta a suo modo. Anzi, sotto questo profilo, se mi è consentita una notazione di qualità – so di far piacere al mio collega ed amico, professor Fisichella – il federalismo intravisto dalla maggioranza è per un verso troppo e per un altro troppo poco. E’ troppo poco in quanto non ci sono misure che prevedano la partecipazione delle regioni a funzioni statali, come per esempio una Camera delle regioni o una Corte costituzionale integrata da rappresentanti delle regioni.

D’altra parte è troppo, proprio perché a una spinta occorre una spinta uguale e contraria e non mi pare che in questi anni, quali che siano state le ragioni di ordine politico ed istituzionale, vi sia stato un rafforzamento dell’esecutivo; anzi, se vogliamo considerare la politica politicante, il cambiare quattro Governi in corsa in quattro anni non ha giovato alla stabilità dell’esecutivo.

Il secondo punto è quello del Comitato per la legislazione. Il senatore Schifani si rammaricava giustamente che un analogo istituto non sia stato ancora introdotto; tuttavia c’è sempre tempo per istituire un Comitato per la legislazione, e quindi una raccomandazione anche ai consigli regionali, per due ragioni, senatore Schifani. In primo luogo perché pensavamo – eravamo un po’ pessimisti – che la logica maggioranza-opposizione prevalesse anche in questo organismo, ma così non è stato; grazie a Dio, la maggior parte dei pareri vengono espressi all’unanimità o, per usare il linguaggio di Nicolò Carosio, alla quasi unanimità (“quasi goal”). In secondo luogo il tasso di recepimento da parte delle Commissioni di merito, che in un primo tempo era bassissimo, per ragioni non politiche ma di gelosia, dunque per motivi antropomorfici, mano a mano si è alzato e ha dato eccellenti risultati.

Terzo pensierino della sera, e concludo: farei mia la raccomandazione che Pinuccio Tatarella fece a suo tempo quando furono approvati i regolamenti parlamentari, e devo dare atto al Presidente Violante di essersi messo immediatamente in moto convocando anche i presidenti dei consigli regionali. Credo tuttavia che le cose siano rimaste lì, non per colpa del Presidente Violante e forse nemmeno per colpa dei presidenti dei consigli regionali, ma io raccomanderei l’elaborazione di un sano statuto dell’opposizione nei singoli consigli regionali; in alternativa chiamerei qualche architetto per fare in modo che le assemblee regionali siano dislocate come la camera dei comuni, maggioranza da una parte e minoranza dall’altra, perché c’è sempre la possibilità di “fare piedino”, magari con la raccomandazione di non abusare con i precedenti, perché il precedente diventa prassi, la prassi diventa consuetudine o convenzione istituzionale e, non si sa perché, le prassi sono sempre fatte a misura della maggioranza e mai dell’opposizione.

Anche con riguardo all’esperienza italiana possiamo dire che la peggiore iattura è quella di un cogobierno dove tutti si illudono di governare e nessuno controlla. Ricordo il mio maestro Giuseppe Maranini che, davanti ad uno studente un po’ sempliciotto che gli domandava qual era la migliore forma di governo rispose “la tirannide” e, davanti allo stupore per tale affermazione da parte di un campione del liberalismo, aggiunse “temperata dal tirannicidio”. Laddove c’è il Governo ha da esserci anche responsabilità.

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