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Luigi Minardi


LUIGI MINARDI, Presidente dell'Assemblea regionale delle Marche. Con le riforme degli anni novanta un pezzo di strada è stato percorso nella direzione del rinnovamento istituzionale ed il governo locale è stata la sede di questa sperimentazione. Costruire una nuova legittimazione del sistema politico istituzionale, un nuovo rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni ed assicurare al potere locale livelli di maggiore efficienza è stato l'obiettivo perseguito per tutto il decennio. La ridemocratizzazione del sistema politico non coincide, però, con la riforma del momento decisionale; non possiamo quindi considerare ancora concluso il percorso delle riforme, né pensare che ci resta solo il compito, seppure importante, di rendere stabile il Governo nazionale adeguando la legge elettorale.

I primi anni del 2000 dovranno essere utilizzati per procedere ulteriormente con la riforma, costruire un nuovo rapporto tra il momento decisionale e quello rappresentativo, assicurando così un più sicuro fondamento per le istituzioni democratiche, accelerare il processo federalista e individuare nuove forme di collegamento fra il centro e la periferia. Tralascio il primo punto, non essendo argomento del nostro incontro, mentre ritengo di affermare l'importanza che venga approvata la riforma del titolo V della Costituzione entro la fine di questa legislatura, anche se la proposta presenta dei difetti.

So che fra di noi esistono punti di vista diversi, pur essendo la proposta condivisa dall'intero sistema delle autonomie, particolarmente dalla conferenza dei presidenti delle regioni, dall'ANCI e dall'UPI. Personalmente ritengo che le regioni abbiano bisogno di nuove competenze per continuare efficacemente la propria riforma, per costruire un diverso rapporto con lo Stato e con il sistema delle autonomie. Non possiamo rimanere in queste condizioni per tre o quattro anni ancora. Questo punto politico non è ininfluente sulla formulazione delle proposte per definire una visione d’insieme dei fenomeni legislativi sui vari livelli.

E’ chiaro che le regioni e le autonomie locali devono essere dentro e non fuori del Parlamento nazionale, per contribuire così a dare senso all’unità e all’indivisibilità dello Stato. Il Senato va, dunque, trasformato in camera di rappresentanza dei territori, anche se questo non risolve tutto, come è stato detto autorevolmente, superando le incongruenze e gli appesantimenti del bicameralismo perfetto che attualmente caratterizza il sistema italiano, ma questo ovviamente potrà essere fatto solo nella prossima legislatura. Nel frattempo è certo che il potere legislativo centrale ed il sistema delle autonomie territoriali devono essere raccordati in modo diverso, essendo il sistema delle conferenze del tutto insufficiente perché esclude completamente dall’azione di integrazione le assemblee elettive.

Va dunque riconosciuta in sede parlamentare l’esigenza che, pur permanendo un canale di relazione diretta tra gli esecutivi, le scelte strategiche fatte dal Parlamento vedano la partecipazione dei consigli regionali privilegiando e rafforzando il rapporto tra le assemblee rappresentative. Ad esempio, le Commissioni chiamate ad esprimere un parere sui testi unici predisposti dal Governo per la semplificazione legislativa dovrebbero, nel caso di norme che toccano le competenze regionali, sentire i consigli regionali. Allo stesso modo è necessario procedere con maggiore coraggio al decentramento delle funzioni ed al trasferimento di risorse finanziarie ed umane dal centro verso la periferia.

Ci viene chiesto, oggi, come migliorare il processo legislativo: sono convinto che debba preliminarmente essere perseguita un’iniziativa formativa ampia e globale, in collegamento con le strutture del Parlamento, nei confronti di chi, nei consigli regionali, collabora a vario titolo alla formazione delle leggi.

A mio parere per moltissimi consigli regionali è fondamentale qualificare la formazione del personale anche favorendo esperienze dirette di personale regionale nelle Commissioni parlamentari, nel centro documentazione e nell’ufficio studi per acquisire conoscenze e metodo da applicare nelle sedi regionali. Il personale delle regioni avverte l’esigenza dell’aggiornamento, tant’è vero che abbiamo avuto 259 rappresentanti di 15 regioni e di una provincia autonoma, dirigenti di consigli e dirigenti di giunte, iscritti al corso del CESAR (il centro studi della conferenza) organizzato in collaborazione con l’ISLE (l’Istituto per la legislazione) a Bologna presso il consiglio dell’Emilia. In questo campo sono state fatte esperienze in collaborazione con la Camera dei deputati, che dovremmo riproporre sistematicamente anche presso il Senato, per le quali chiediamo fin da oggi il consenso.

Ritengo altresì importante mettere i consigli nella condizione di un più stretto dialogo con il mondo scientifico sui temi strategici della società regionale, in modo da favorire il più possibile la qualità legislativa e da concentrarla sulle macrodecisioni. Sono certo che, attraverso il rafforzato rapporto fra il Parlamento e la conferenza dei presidenti dei consigli regionali, si possono fare subito passi in avanti su progetti già discussi tra funzionari di consiglio e strutture della Camera quali le assemblee legislative in rete.

Aggiungo che, se oggi possiamo discutere a questo livello e con questi contenuti gli importanti aspetti propri della democrazia rappresentativa, non possiamo che rivolgere un grazie sentito al Presidente, onorevole Violante, che con tenace convinzione ha saputo caratterizzare l’intera legislatura e la Presidenza della Camera sui temi della qualità della legislazione e sul raccordo tra assemblee legislative di diverso livello istituzionale.

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