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Marco Preioni


PRESIDENTE. Passiamo ora agli interventi dei componenti del gruppo di lavoro.

MARCO PREIONI, Giunta per il Regolamento del Senato. Ritengo interessantissimi gli spunti di discussione e di lavoro forniti dei relatori e, per quanto mi riguarda, vorrei aggiungere altri elementi sui quali a mio avviso si deve riflettere. A mio giudizio è più facile considerare la legislazione dal punto di vista del cittadino che del legislatore: vivendo a contatto con la gente vedo gli effetti, anche dannosi, delle norme che, se è vero che disciplinano la società, in tante situazioni creano tante disparità, soprattutto per effetto della cattiva applicazione.

Talvolta la norma non tiene conto degli effetti, soprattutto di quelli mediati e marginali, e tende a risolvere una situazione normale, diffusa, mentre cura poco gli effetti collaterali della sua applicazione. Ritengo che prima di elaborare una norma si debbano studiare gli effetti che essa porterà nel momento della sua applicazione. Non so quali strumenti si possano individuare per dare soluzione a questo problema, ma certamente è necessario dare maggiore peso alla fase istruttoria della procedura di formazione del testo della legge, eventualmente creando strumenti di invalidazione della norma che sia contraddittoria rispetto alle finalità ed alle premesse.

La norma contiene l'enunciazione del fine che vuole raggiungere e talvolta una descrizione degli strumenti per raggiungere quel fine, che qualche volta sono anche inadeguati allo scopo. Dovremmo dunque inventarci un meccanismo che porti all'invalidazione della norma che sia contraddittoria rispetto alle normali finalità che deve perseguire.

Un altro elemento che noto nella nostra legislazione è la ripetitività, talvolta vessatoria e pesante, degli stessi concetti e delle stesse parole contenute nella legislazione regionale in attuazione delle norme di indirizzo statale. Faccio un esempio: mi sono laureato in giurisprudenza con una tesi in diritto amministrativo sulle comunità montane - la fonte era la legge n. 1102 del 1971 - ed ho avuto modo di constatare che le norme regionali di attuazione di quella legge ripetevano, ciascuna nella regione di competenza, sostanzialmente le stesse cose anche se usando termini diversi, nell'ambito di una legislazione di maniera tra la legislazione di una regione e quella delle altre, come se ognuno si sforzasse di trovare qualcosa di originale nel descrivere una cosa che invece è comune per tutti.

A mio avviso bisogna avere il coraggio di respingere i desideri di diversificazione eccessiva ed artificiale delle regioni tra di loro e ricondurre a norma unica, con unica descrizione normativa, i fatti e le situazioni che, per loro natura, sono uguali per tutti. Invito dunque i legislatori regionali a non dilungarsi nel cercare meccanismi artificiosi per differenziarsi capricciosamente gli uni dagli altri; occorre maggiore standardizzazione e maggiore omogeneità di descrizione normativa, nell'interesse principale dei cittadini.

Un altro aspetto riguarda il sistema di formazione delle leggi e le procedure interne alle Camere per la discussione dei testi. Abbiamo assistito nel corso di questa legislatura ma anche delle precedenti ad uno squilibrio nei tempi destinati all'esame di diverse proposte di legge in relazione alla loro importanza: al Senato ci siamo dilungati per una giornata a discutere di un decreto-legge che stanziava pochi miliardi per l'acquisto di macchine per la polizia penitenziaria, argomento che doveva essere di competenza dell'esecutivo e non del Parlamento, mentre abbiamo destinato pochissime ore alla discussione del disegno di legge costituzionale di istituzione della Commissione bicamerale per le riforme.

Argomenti di grande importanza vengono limitati nei tempi del Parlamento, mentre questioni di scarsa rilevanza vengono dilatate; certamente è difficile prevedere una norma che stabilisca criteri di utilizzo dei tempi in relazione all'importanza dell'argomento trattato, perché ciò dipende dal consenso delle persone che di volta in volta in Parlamento organizzano i lavori delle assemblee.

Mi rendo conto che non è possibile introdurre nei regolamenti interni di Camera e Senato delle norme che impongono l'uso del buonsenso e dell'equilibrio da parte di chi è preposto al funzionamento dell'apparato legislativo; dovrebbe essere impegno di tutti quanti sono investiti dell'incarico di legislatore ai diversi livelli cercare di interpretare in maniera corretta la funzione, nella consapevolezza che in ogni momento si deve agire nell'interesse dei cittadini e non dei partiti di appartenenza.

Se si vogliono differenziare i due rami del Parlamento, si può attribuire - penso in particolare al Senato - una maggiore competenza in relazione al potere ispettivo nei confronti dell'operato degli altri organi, con una competenza generale di indagine su ciò che avviene nel paese e che sia di interesse pubblico. Mi riferisco soprattutto all'istituto delle interrogazioni parlamentari: si potrebbe in proposito comminare una sanzione al Governo che non risponda al parlamentare interrogante entro il termine stabilito dal regolamento, che al Senato è di 30 giorni e che viene quasi sempre disatteso.

PRESIDENTE. Si potrebbe pensare anche alla possibilità di comminare sanzioni ai deputati che presentano un numero eccessivo di interpellanze!

MARCO PREIONI. Il Presidente può certamente censurare interrogazioni inutili, eccessive o pretestuose. Per quanto mi riguarda ho presentato un disegno di legge per modificare l'articolo 82 della Costituzione, in maniera forse un po' provocatoria, nel senso di attribuire a ciascun parlamentare un potere ispettivo eguale a quello delle Commissioni di indagine. Ciò allo scopo di portare i componenti del potere legislativo sempre più vicini agli interessi dei cittadini, in modo che lo scambio di informazioni fra ciò che succede nella realtà e l’attività di normazione che si svolge in Parlamento abbia una più stretta aderenza.

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