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Marco Cammelli


Prof. MARCO CAMMELLI, “Proposte per adeguare organi e procedure del processo legislativo”. Il tema che mi è stato assegnato richiede una particolare concretezza. Ovviamente si fa riferimento al processo legislativo regionale che trova la sua disciplina e forse la sede in cui alcune proposte possono trovare soddisfazione negli statuti in via di confezionamento, anche se con un tempo che suscita qualche preoccupazione.

Do per scontato quanto nelle precedenti occasioni abbiamo acquisito, ossia il ruolo delle assemblee concentrato sulle macrodecisioni e sui controlli. Le macrodecisioni non sono una categoria astratta, ma riguardano le relazioni istituzionali di sistema (un punto su cui dovremo tornare), la disciplina sostanziale, le macroscelte sull’organizzazione in ordine alle competenze e alle risorse. L’altra parte del problema, quella dei controlli - forse per il momento la meno conosciuta - è strategica.

Quanto agli obiettivi, mi sembra che negli incontri precedenti siano emerse tre indicazioni: la necessità della verifica dell’impatto regolativo, il problema del rispetto della sussidiarietà orizzontale e verticale, la questione del deferimento di tutto ciò che non è scelta strategica sull’organizzazione all’esecutivo, maître dell’organizzazione.

Se questo è vero, si rende necessaria una forte responsabilizzazione delle assemblee, un affinamento dei loro strumenti, che peraltro, presuppone anche una certa protezione della loro autonomia. In altri termini, accanto alla strategia di integrazione richiamata dagli interventi precedenti, occorre considerare che un’assemblea regionale non è in grado di fare fino in fondo il suo lavoro se non è protetta anche nella sua autonomia; molte delle disfunzioni attuali derivano da processi decisionali incontrollati che sono attivati altrove e quindi richiedono un filtro.

Se questo aspetto non venisse adeguatamente assicurato dall’approvazione del disegno di legge sul titolo V della Costituzione, forse sarebbero giustificate misure un po’ al limite dal punto di vista tecnico, che tuttavia a mio avviso sarebbero fondate sul piano istituzionale e soprattutto sostanziale.

Penso alla previsione di un filtro tra l’adozione di leggi e decisioni centrali e legislazione regionale, come quelli che il nostro ordinamento già conosce; per esempio, in base all’articolo 2 del decreto legislativo n. 266 riguardante il Trentino-Alto Adige la legislazione nazionale non entra immediatamente in vigore in quella zona, prevedendosi un momento di filtro temporale e di attività regionale. Una clausola di questo genere inserita nello statuto potrebbe costituire un richiamo importantissimo a questo bisogno di reciproco riconoscimento di autonomia di cui si parlava.

La questione certamente deve essere approfondita ma è giusto dare indicazioni al gruppo di lavoro che si accinge ad affrontare queste tematiche.

Per quanto riguarda l’impatto regolativo, le regole OCSE e organismi come il Comitato per la legislazione sono elementi che potrebbero essere acquisiti da uno statuto, aggiungendo tutta l’attività di manutenzione delle norme, che è altrettanto importante.

Quello della sussidiarietà è un tema ancora tutto da svolgere, in quanto finora è stato affrontato in astratto, mentre deve essere declinato, essendoci tante sussidiarietà in ragione non soltanto delle dimensioni orizzontali e verticali, ma anche dei settori: si può parlare di una certa sussidiarietà nell’impresa pubblica e nelle attività a rilievo economico, altra nei servizi, altra ancora nelle funzioni d’ordine.

In ogni caso, la parte orizzontale trova nel Comitato per la legislazione il suo presidio; per quella verticale, ossia per il rapporto con gli enti locali, tre dovrebbero essere a mio avviso i punti da considerare.

Il primo è la camera delle autonomie, che è un importante presidio per la regione ma non risolve tutto; infatti, se per ipotesi tutta la normazione della regione, compresa quella affidata alla regolamentazione autonoma degli enti locali venisse approvata con il consenso di questi a livello regionale, in realtà non avremmo risolto molto, avremmo soltanto un centralismo partecipato ma non quell’articolazione di normative di cui c’è bisogno.

L’altro punto che tutela il sistema dell’autonomia normativa locale dall’ingerenza o dall’intervento della normativa regionale è il controllo dell’amministrazione regionale. La maggior parte delle norme invasive del sistema locale nasce non dal legislatore regionale ma dall’amministrazione regionale che riversa sul primo questo impulso; un’amministrazione regionale leggera, ridotta all’essenziale è la garanzia che una buona parte della normativa invasiva del sistema locale venga ridotta alla radice. Per quanto riguarda l’organizzazione, certamente vale tutto il discorso della delegificazione, tanto più che oggi i regolamenti sono disponibili.

Ho tuttavia l’impressione che questi punti, che pure già costituiscono ambiti di lavoro tutt’altro che indifferenti, non bastano se non aggiungiamo un quarto punto che mi veniva suggerito dagli interventi svolti sull’esigenza di orientamento del sistema.

Mi chiedo in che misura vi sia il problema di tener conto di tutte queste intersezioni di rete, che non sono soltanto legislative, riguardano i patti, gli accordi, tutte le forme di relazione tra i diversi livelli; queste intersezioni sono complesse e dovrebbero avere un proprio specifico responsabile in un organismo, in una sede consiliare; a questo, per esempio, andrebbe riferita tutta la parte pattizia e negoziale, che è crescente e che senza un riscontro sul sistema istituzionale garantito da un’unica serie rischia di essere frammentata nelle politiche di settore.

A questo affiderei non solo i rapporti riguardanti la legislazione, ma anche il rispetto di accordi e di convenzioni con il centro e i rapporti con il sistema locale. Tra l’altro, questo strumento è indispensabile anche per evitare che molta parte della normazione delle relazioni tra regione ed enti locali passi per i regolamenti della giunta; non possiamo distinguere attività legislativa e normativa della Giunta, privando quest’ultima del riscontro di cui dicevo.

In definitiva, mi sembra che l’effetto di sistema possa essere raggiunto, consentendo una visibilità e una riconoscibilità reciproca delle diverse sedi.

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