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Giorgio Lombardi


PRESIDENTE. Passiamo agli interventi degli esperti.

Prof. GIORGIO LOMBARDI: “La cooperazione tra Parlamento e Assemblee regionali come via per rinnovare il processo legislativo su scala nazionale”

Signori presidenti, signori deputati, è la terza volta che ho l’onore di prendere la parola in un incontro politico, che preferirei definire culturale e scientifico.

L’articolo 5 della Costituzione dice che la Repubblica italiana è una e indivisibile. Non si tratta di rivendicare un concetto giacobino; si tratta di sottolineare come questa espressione debba essere interpretata facendo riferimento non ad una unità fittizia, imposta dall’alto, ma ad una serie di convergenze a livello di attività legislativa. Questo è, a mio avviso, il primo punto perché il tema deve essere, come si era già detto altre volte, quello del collegamento tra fonti attraverso le istituzioni. Perché il professor Cerulli Irelli ha detto che non è più accettabile il modo con il quale la Costituzione del 1948 aveva delineato i rapporti tra Stato e regioni? Perché tale rapporto era tra ordinamenti separati, le fonti erano viste come elementi astratti e con limiti totalmente diversi da quelli che oggi sono necessari.

È cambiato il tipo di legge, per cui gli ordinamenti non possono più essere separati; sono distinti ma non separati. Si pone allora il problema del collegamento tra fonti e istituzioni e, se vogliamo, delle istituzioni attraverso le fonti e viceversa. In altri termini, è inutile parlare del rapporto tra legge statale e legge regionale; questo è il titolo del tema che dovetti svolgere quando sostenni il concorso per assistente di ruolo, molti anni fa, mentre oggi il tema è: legislazione statale, legislazione regionale attraverso le istituzioni. Nel frattempo le istituzioni attraversano un momento di trasformazione profonda: il Parlamento perché si avverte sempre più l’esigenza di esecutivi forti; i consigli regionali in seguito all’approvazione dell’ultima legge riguardante le regioni.

Questa trasformazione che cosa vuol dire? Vuol dire che bisogna compiere lo sforzo mentale per trovare i percorsi adatti, percorsi complessi di legislazione attraverso i collegamenti delle istituzioni.

Al di là delle parole, occorre delineare la strategia di un metodo. Esistono le realtà delle assemblee regionali e delle assemblee del Parlamento nazionale, esistono delle presidenze e degli uffici di presidenza delle Commissioni; occorre individuare anche nelle presidenze punti forti di coordinamento perché anche al loro interno ci sono valutazioni diverse.

Ricordo come lo stesso Presidente Violante abbia sostenuto questa tesi della diversità di impegno delle presidenze delle assemblee durante il convegno di Isernia. Questa tesi si attaglia perfettamente tanto alla fase attuale delle presidenze dei consigli regionali, quanto alle presidenze del Parlamento: a governo forte, presidenze forti, a governo con competenze decisive, competenze altrettanto forti delle assemblee.

Se consideriamo il documento già approvato dal Senato sul federalismo e guardiamo il tipo di ripartizione delle competenze, rileviamo quella che potrebbe apparire una svista, ma forse non lo è: la vecchia competenza ripartita viene chiamata concorrente. Sappiamo che in Germania “competenza concorrente” vuol dire un’altra cosa, ma in fondo credo che nell’utilizzo di tale espressione sia rinvenibile uno di quegli errori inconsci che nascondono una verità: il concorrere, nel senso della competizione, dei parlamenti, della fonte statale e di quella regionale. Questo può verificarsi attraverso un confronto continuo mediato da qualche struttura idonea delle assemblee.

Pertanto, il problema della autonomie non è quello di trovare il modo di dirimere il contrasto, ma quello di individuare gli strumenti per evitare che tale contrasto sorga. Le strutture che le assemblee dovrebbero sapersi dare – i consigli regionali se le sono già date, la Camera ha costituito il Comitato per la legislazione, ma la fantasia istituzionale potrebbe trovarne delle altre – servono affinché le autonomie abbiano modo di integrarsi l’una con l’altra al fine di prevenire eventuali conflitti. Di qui l’importanza del ruolo delle presidenze, rispetto al quale sarebbe bene trovare qualche organismo paritetico. Quando partiamo unicamente dalle fonti commettiamo uno sbaglio; dobbiamo partire dalla necessità che queste strutture si organizzino in modo fluido.

Qualcuno dirà: non si è mai sentito un giurista parlare di coordinamento fluido! Non si possono considerare in modo astratto soltanto le fonti; d’altra parte, questa fluidità è già presente nelle regole attuali. Pensiamo a che cosa significa in campo economico – lo verifichiamo soprattutto nel mondo anglosassone, lontano dal nostro per tanti versi, ma sul cui modello stiamo in qualche modo convergendo – il corporate government: si mettono insieme pubblico, privato, fonti, istituzioni. E’ un modo nuovo di coordinare per sciogliere eventuali contrasti prima che nascano.

Lungo questo percorso il Parlamento viene restituito alla sua funzione, quella di dare anzitutto indirizzi e poi, semmai, di legiferare quando risulti necessario. I vecchi parlamenti approvavano pochissime, importanti leggi, ma ciò che rilevava era lo loro funzione politica. Aggiungiamo poi questa funzione alle assemblee regionali, in modo che non si trovi a “sfornare” leggi e leggine e altro.

Questa struttura è, quindi, una istanza di integrazione più che di compensazione delle autonomie e permette di guardare con fiducia ad una serie di situazioni che altrimenti potrebbero portare a gravi pericoli di contrasto.

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