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Vincenzo Cerulli Irelli


VINCENZO CERULLI IRELLI Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati. Entro subito nel vivo delle questioni dei rapporti tra Stato e regioni, sia pure con qualche rapidissima notazione.

La prima notazione riguarda il livello costituzionale della nostra problematica. In questa legislatura abbiamo sicuramente compiuto importanti passi in avanti nel senso del regionalismo con il complesso di leggi e decreti avviato dalla legge n. 59 del 1997. Il processo, almeno sul piano dell’attuazione normativa, si è concluso nei termini al 31 dicembre, ha dato dei risultati – sempre sul piano dell’attuazione normativa – abbastanza significativi che ammontano in termini di risorse finanziarie a circa 32 mila miliardi e in termini di risorse umane a circa 22 mila unità. Inoltre, intorno a questa produzione vi è stata la nuova architettura dell’esercizio regionale delle competenze, che si è articolato in una serie di decreti legislativi; tutto questo ha avuto completamento con la legge costituzionale n. 1 del 1999 (il potere statutario, l’elezione diretta del presidente delle regioni).

Questo processo non vive se non trova un riscontro costituzionale, perché le regioni non riescono ad esercitare pienamente il nuovo potere statutario senza avere un quadro delle competenze (attualmente sono ancora quelle previste dal vigente articolo 117 della Costituzione). D’altra parte, il legislatore ordinario, in realtà, è affetto da una malattia inguaribile che lo porta a normare dovunque venga richiesto, su qualunque tema, per cui, se non vengono fissati limiti ben precisi che stabiliscano i confini delle competenze nel nuovo assetto (quelli fissati dal vigente articolo 117 non sono più tollerati dal sistema così come si è evoluto nei fatti), il processo subirà, a mio giudizio, un regresso irreversibile.

Da qui l’importanza assoluta di approvare, al di là delle divisioni partitiche, il testo che è all’esame della Camera, il quale deriva da una serie di proposte normative avanzate da tutte le parti politiche; i relatori si sono limitati a fare un collage, tenendo conto di tutte le proposte avanzate. Si tratta di dare oggi un assetto costituzionale definito a questa materia, salvo poi vedere i successivi passaggi.

La seconda notazione riguarda la legislazione, rispetto alla quale devo notare – credo che i colleghi saranno d’accordo – un dato molto preoccupante. In realtà, nonostante le nostre affermazioni sul regionalismo, i passi in avanti compiuti e prima da me ricordati, la nostra legislazione è ancora orientata al più deciso centralismo.

Riporto alcuni esempi, cui i colleghi probabilmente potrebbero aggiungerne molti altri. La nuova legge urbanistica è una riscrittura più avanzata della legge del 1942, in quanto il legislatore di oggi si muove con la stessa logica del legislatore fascista, stabilendo che cosa sia un piano regolatore, un piano particolareggiato, un comparto, che cosa debba fare il comune e la provincia in una materia che già oggi è di competenza regionale in base all’articolo 117.

E’ stata approvata una legge recante interventi per la valorizzazione della musica; colleghi, vi sembra che ci possiamo occupare con una legge-quadro dei principi della politica regionale sulla valorizzazione della musica! E’ evidente che ogni regione decide in proposito come meglio crede.

Quindi, il problema della legislazione su questo versante è gravissimo anzitutto rispetto ai metodi, in quanto su queste materie è ancora impostata come una volta; in essa si stabilisce quello che ciascun livello di governo deve fare, quali procedure deve seguire (“la regione, sentiti i comuni, …)” . Quanto ai contenuti, la legislazione tende sempre a riappropriarsi di materie che con altra mano è stata ceduta alle regioni.

Il Comitato per la legislazione e la Commissione affari costituzionali del Senato – ho notato molti richiami in proposito – stanno compiendo grossi sforzi per evitare che questo avvenga, ma questa evoluzione è nella forza delle cose, delle spinte che ognuno di noi ha, per cui diventa necessaria una presa di coscienza forte – a questo servirà il nostro gruppo di lavoro – ma ancor più un passo costituzionale deciso.

Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui il legislatore può fare anche l’amministratore, per cui vengono approvate leggi che prevedono strumenti di carattere tipicamente amministrativo. La stessa finanziaria - se mi è consentito dirlo, quest’anno in misura maggiore rispetto agli passati – entra nello specifico dei provvedimenti: con legge vengono destinati 5-6 miliardi per un intervento su un ponte in provincia di Caltanissetta. Si tratta di un provvedimento di carattere prettamente amministrativo rispetto al quale la regione, la provincia di Caltanissetta dovrebbero decidere; al contrario, interveniamo a livello statale e addirittura con una fonte di rango legislativo prevediamo un minimo intervento finanziario per una piccola specifica opera in una sperduta provincia! Con legge abbiamo organizzato e finanziato il convegno di Palermo sulla criminalità organizzata; ricordo che quella legge originariamente prevedeva, con norma approvata dal Senato e fortemente contrastata dalla I Commissione della Camera, una variante del piano regolatore di un quartiere di Palermo!

Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui la legislazione si sovrappone non solo all’amministrazione regionale e locale, ma anche a quella statale. È dunque indispensabile un riordino, che certamente necessita della adeguata fonte, ossia della normativa costituzionale; tuttavia è altrettanto importante l’organizzazione di strumenti di intervento, rispetto ai quali questo gruppo di lavoro può svolgere una funzione essenziale; al suo interno lavoreremo con il massimo impegno.

PRESIDENTE. Credo che le leggi finanziarie di fine legislatura vadano collocate in un determinato ambito, altrimenti rischiamo di farci confondere. Comunque, le osservazioni del professor Cerulli Irelli sono assolutamente fondate.

Fine contenuto

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