Seduta n. 264 del 30/10/1997

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TESTO AGGIORNATO AL 3 NOVEMBRE 1997


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Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n.4179 (ore 15,07).

(Ripresa esame degli articoli - A.C. 4179)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi sul complesso degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Gardiol. Ne ha facoltà.

GIORGIO GARDIOL. Signor Presidente, signor ministro, i verdi sono in linea di principio contrari agli incentivi per la rottamazione delle auto: non servono per rinnovare il prodotto automobili, secondo le linee indicate nei documenti dell'Unione europea. Non servono neppure per una moderna politica dei trasporti perché contribuiscono a mantenere nell'opinione pubblica l'idea che l'auto sia lo strumento principale di mobilità a scapito di altri meno pesanti in termini di inquinamento, di consumo del suolo, di incidentalità.
Gli incentivi per la rottamazione servono tutt'al più come misure di sostegno congiunturale a imprese in difficoltà di mercato, svecchiando il parco auto, e ad aumentare la sicurezza di chi è trasportato. È già qualcosa, ma non basta. Inoltre, anche a voler vedere solo l'aspetto produttivo, quando vengono meno gli aiuti, l'industria che ne ha beneficiato ripiomba nella crisi. È successo in Francia, in Spagna: al termine del periodo degli incentivi si sono chiuse fabbriche da 40 mila occupati, come quella della Renault in Belgio. Al termine del percorso non si aumenta l'occupazione, che si è persino ridotta.
È vero, ed il relatore lo ha ricordato, che la rottamazione consente una riduzione delle emissioni pari a 100 mila tonnellate annue di ossido di carbonio, a 18 mila tonnellate di ossido di azoto ed a 150 mila tonnellate annue di anidride carbonica. Non si tratta però di una diminuzione assoluta, ma solo di un minore incremento, stante il fatto che il parco auto circolante è aumentato ed il consumo di prodotti petroliferi - e quindi le emissioni di CO2 - continua ad aumentare.
Dal punto di vista del contenimento delle emissioni inquinanti, il vero contributo non è dato soltanto dal rinnovo del parco auto circolante, quanto dall'accessibilità a soluzioni alternative di trasporto e dall'adozione di politiche territoriali e di organizzazione sociale tese a contenere la crescente domanda di mobilità di persone e di merci.
Su questo terreno attendiamo dal Governo una maggiore iniziativa e capacità di gestione. Solo con una politica riformatrice della mobilità territoriale si possono apprezzare positivamente le parziali operazioni di riduzione delle emissioni inquinanti. A tale proposito sollecitiamo il Governo, in particolare il ministro competente, a convocare, in tempi brevi, la conferenza sui trasporti più volte annunciata ma mai realizzata.
I costi dell'inquinamento atmosferico causato dagli inquinanti primari, come il biossido di zolfo, il piombo ed il particolato, che sono causa di numerose malattie respiratorie e producono danni agli edifici ed alla vegetazione, le emissioni di CO2 e di ossidi di azoto, che sono una delle cause del cosiddetto effetto serra, devono essere presi in considerazione dalla conferenza. I costi esterni dell'inquinamento sono in media all'incirca dello 0,4 per cento del PIL.
Signor Presidente, se il provvedimento in esame si fosse limitato alla proroga degli incentivi per la rottamazione, il voto dei verdi sarebbe stato certamente negativo. Lo diciamo adesso ed a futura memoria del Governo. Apprezziamo pertanto il fatto che, con questo provvedimento, il Governo, aiutato in questo dalla decisione e dalla discussione della Commissione, che ha stabilito di includere incentivi anche per le auto alimentate a GPL, intenda passare da una politica di aiuti congiunturali ad una politica strutturale del settore auto, prevedendo lo sviluppo della produzione di auto elettriche o con motorizzazione mista termica ed elettrica o ancora con alimentazione a metano ed a gas di petrolio liquefatto; combustibili questi che sicuramente hanno effetti meno nocivi per l'ambiente.
La quantità e le proporzioni degli inquinanti atmosferici prodotti da un motore


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dipendono da molti fattori, tra cui le caratteristiche di progettazione, quelle del carburante, le condizioni di uso e manutenzione del veicolo. Le nuove tecnologie per i veicoli a motore offrono notevoli possibilità di abbattimento delle emissioni. L'obiettivo di questo provvedimento è, tuttavia, ancora timido e troppo subalterno alle necessità attuali di mercato delle case di produzione delle automobili.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Gardiol.
Colleghi, per cortesia! Onorevole Zani!
Prego, onorevole Gardiol.

GIORGIO GARDIOL. Alcuni Stati europei hanno assunto posizioni più coraggiose: la Svizzera non autorizzerà più la vendita di automobili nuove che consumino più di 7,6 litri per 100 chilometri, a partire dal 2000; la Germania ha realizzato un accordo di programma con i produttori automobilistici che prevede la riduzione delle emissioni globali di anidride carbonica del 25 per cento, cioè auto che consumino 4 o 5 litri per 100 chilometri, entro il 2005. Ma l'obiettivo è quello dei 3 litri per 100 chilometri; lo stesso Ministero dell'ambiente ha raggiunto recentemente un accordo di programma con i produttori italiani per limitare gli effetti inquinanti del trasporto a mezzo auto. Ciò implica innovazioni di prodotto importanti, nuovi materiali per le carrozzerie più leggere, nuovi motori più efficienti, maggiore riciclabilità dei materiali. Solo con una politica di questo tipo si potranno avere esiti importanti per la creazione di una produzione di auto meno inquinanti.
Le misure adottate, per quanto riguarda la rottamazione, fino al luglio 1998, vanno solo parzialmente in questa direzione. Avremmo voluto un maggior coraggio da parte del Governo e minore sudditanza alle esigenze dei produttori. La soluzione proposta dalla Commissione è, allo stesso tempo, un richiamo ed una proposta al Governo perché operi in questa direzione, che è poi quella richiesta dalla politica europea in fatto di trasporti e di inquinamento.
Noi verdi crediamo, inoltre, che vada modificato l'attuale sistema degli incentivi per le auto ecologiche. Non si tratta di incentivare, a spese dello Stato, l'acquisto di auto più ecologiche, ma di creare un meccanismo che, all'inverso, tassando maggiormente i veicoli che più inquinano, promuova presso i produttori quei cambiamenti tecnologici che rendono più interessante per il mercato produrre veicoli provvisti di dispositivi anti-inquinamento. Così, senza spese per lo Stato, si può intervenire per indirizzare il mercato dell'auto verso produzioni più ecologiche.
Occorre perciò - e pensiamo possa essere fatto a partire dalla prossima finanziaria - che siano meglio specificati gli obiettivi e i criteri temporali, nonché il collegamento con la politica generale dei trasporti. È necessario passare da una politica degli incentivi per la rottamazione ad una politica industriale che indirizzi la produzione verso auto più ecologiche, una politica di ricerca che sviluppi soluzioni alternative, motori con carburanti diversi da quelli derivati dal petrolio.
Vi è poi un aspetto del provvedimento che non comprendiamo: esso è riservato agli acquisti dei soli privati. Auspichiamo perciò la possibilità di utilizzare gli incentivi anche da parte degli enti territoriali, delle associazioni senza scopi lucrativi e degli esercenti l'attività di trasporto pubblico. Sul problema abbiamo presentato un emendamento ed attendiamo una risposta dal Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tatarella. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TATARELLA. Signor Presidente, intervengo in sede di illustrazione degli emendamenti per fare alcuni riferimenti politici collegati agli emendamenti stessi, alla posizione del Governo, al ruolo del Parlamento ed a quello del Presidente di questa Assemblea, all'atteggiamento dei partiti. Il nostro orientamento è noto e parte da una tesi del collega Armani: questa è una Repubblica fondata sull'auto. Non abbiamo avuto il tempo di proporre questa modifica nella Commissione bicamerale


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perché la definizione di Armaroli è intervenuta a tempo scaduto per la presentazione di emendamenti. Il concetto, però, è quello.
La nostra proposta, signor Presidente, è allora la seguente. Aleggia su quest'aula lo spettro, consolidato, inutile ed offensivo del voto di fiducia. Per evitare questo inutile voto di fiducia, che avverrebbe mentre tutti i colleghi sono impegnati nella campagna elettorale, in un clima di deserto parlamentare e di disinteresse, riduciamo il Parlamento ad un organismo che ha avuto le 35 ore dal mondo della FIAT; e ciò non è possibile.
Vengo alla nostra proposta. Noi non vogliamo fare ostruzionismo, ma intendiamo esaminare il provvedimento nei contenuti e nelle possibilità emendative, di allargamento del problema. Ciò sia attraverso emendamenti, sia attraverso i numerosi strumenti esistenti (ce ne sono mille: ordini del giorno, risoluzioni, impegni) per far capire che quella in esame non è una legge con fotografia, francobollo italiano; non è la cinquecento inaugurata da Benito Mussolini e Vittorio Valletta.
Noi vogliamo soltanto questo: discutere in funzione di tutti gli altri comparti, commercio, agricoltura, turismo eccetera. Se vi è questa disponibilità, noi saremo a nostra volta disponibilissimi. Questo è il punto, ministro Bogi, signori del Governo e, soprattutto, Presidente dell'Assemblea, il quale è il tutore dello strumento dell'ammissione della fiducia in rapporto alle espressioni di voto, di consenso, di proposta che vengono dai gruppi parlamentari.
Questa è la situazione di fatto. Un gruppo parlamentare che vuole risolvere i problemi senza porre in essere l'ostruzionismo si rivolge all'Assemblea, al suo Presidente ed al Governo per addivenire ad una difesa di tutti i comparti e non di uno solo (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alessandro Rubino. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO RUBINO. Il gruppo di forza Italia non ha presentato emendamenti al provvedimento in esame, perché siamo totalmente contrari ad esso, così come non abbiamo condiviso la normativa che diede avvio alla rottamazione dell'auto in questo paese.
Siamo contrari a questo disegno di legge perché non condividiamo le politiche industriali - ammesso che possono chiamarsi politiche industriali - che «drogano» il mercato favorendo un solo comparto del nostro settore produttivo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI PETRINI (ore 15,20)

ALESSANDRO RUBINO. Cominciamo, signor ministro, a non approvare più la sua politica industriale, ammesso che una politica industriale del Governo ci sia. O meglio, abbiamo cominciato ad apprezzarla e a condividere la sua politica industriale fin tanto che era la sua politica industriale, signor ministro.
Oggi abbiamo l'impressione che la politica industriale del Governo - ammesso che esista - non sia più la politica industriale del ministro Bersani, che apprezziamo come persona, ma quella di rifondazione comunista e del presidente Nesi.
Se il Governo si presenta in aula con la proroga del decreto sulla rottamazione dell'auto - un provvedimento diretto ad una sola azienda in questo paese - e sul piatto della bilancia porta i risultati dei decreti attuativi dell'IRAP (la quale penalizza le piccole aziende, le aziende indebitate, le aziende più deboli che ricorrono al sistema bancario per fare i propri investimenti); se cioè la politica industriale del Governo è quella di portare la proroga del provvedimento sulla rottamazione dell'auto e, nello stesso tempo, in ragione di una pseudo armonizzazione con la Comunità europea, aumentare le aliquote IVA, con ciò facendo crescere l'inflazione e contrarre i consumi, noi non siamo d'accordo con questa politica, signor ministro.


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Ci si viene a dire che tra i grandi vantaggi di questi diciotto mesi di Governo Prodi vi è stata, oltre alla riduzione dell'inflazione, anche la riduzione dei tassi. Ma io la invito, signor ministro, a girare per le banche del nord e del centro - per non parlare di quelle del sud - per verificare come i tassi portati ad esempio dei successi della vostra politica che vengono applicati alle piccole e medie aziende del nostro paese sono più vicini al 18 che all'8 per cento.
Se la politica del Governo è quella di portare, dopo la rottamazione dell'auto, anche la rottamazione dei ciclomotori, ed immediatamente dopo che il decreto sulla rottamazione dei ciclomotori è stato convertito in legge sentiamo dire dalla Piaggio che deve licenziare 1.500 dipendenti, allora noi non siamo d'accordo sulla politica industriale del Governo, signor ministro.
Se la politica del Governo è quella di portare in questo Parlamento provvedimenti non di politica industriale ma a favore di aziende vicine allo schieramento di centro-sinistra o di sinistra - parliamo dell'Olivetti e della FIAT, signor ministro - e la risposta dell'Olivetti è quella di essere ceduta ad un gruppo estero e di licenziare altre mille 500 persone, dopo che negli ultimi cinque anni ha licenziato 25 mila persone, noi non siamo d'accordo con la politica industriale del Governo.
Se la politica industriale del Governo è, signor ministro, quella di assistere impotente alla distruzione di un gruppo come Finmeccanica, dopo che il Governo nella persona del ministro Bersani è venuto in Commissione a dichiarare di essere contrario al suo frazionamento (ma assistiamo alla cessione di Elsag Baley non si sa a chi in ragione della necessità di ridurre l'indebitamento di Finmeccanica); se assistiamo - senza che il Parlamento sia informato di quanto sta accadendo - alla cessione, di fatto già avvenuta, dell'Agusta agli inglesi concorrenti della stessa; se assistiamo, di fatto, ad accordi, quali quelli già in atto, per la cessione di Ansaldo a gruppi esteri, vuol dire che ci troviamo di fronte allo smembramento del secondo gruppo industriale italiano per l'alta tecnologica, senza che il Parlamento si possa pronunciare e senza che addirittura ne sia informato, contraddicendo quanto il ministro è venuto a dire in Commissione e cioè che sarebbe stato impossibile per la politica dell'esecutivo frazionare Finmeccanica in quanto tale.
Le ricordo, signor ministro, che Finmeccanica è un'azienda quotata e che quello che stanno facendo gli attuali amministratori è esattamente quanto non dovrebbe accadere. Qui emerge nuovamente il vecchio problema della CONSOB che in questo paese non controlla nulla. Stanno svuotando una scatola finanziaria quotata, lasciando agli investitori che hanno investito i propri risparmi in Borsa, una scatola vuota, non più piena di debiti, ma con strategie ed orientamenti diversi rispetto a quelli che li avevano spinti ad investire.
Se la politica del Governo, signor ministro, è venire a dire in Parlamento che si vuole privatizzare l'ENEL, ma poi fa un accordo alla luce del sole con rifondazione comunista durante la crisi per rinviare alle calende greche, o comunque a data da definire, tale privatizzazione; se la politica degli amministratori dell'ENEL è quella di revocare gli accordi con l'impresa siderurgica che permettono a quest'ultima di accedere a tariffe più basse, con ciò consentendole di essere competitiva con i concorrenti europei; se la politica del Governo è quella di non liberalizzare il settore dell'energia, ma anzi di privatizzare Telecom e poi di rientrare dalla porta di servizio, facendo vincere all'ENEL, monopolista elettrico, la gara come terzo gestore della telefonia mobile, allora non siamo d'accordo con questa politica, signor ministro.
Se la politica del Governo è quella di cedere a rifondazione comunista sulle 35 ore per legge e poi, per accontentare la rivolta di Confindustria, di far vedere che il Governo ha un atteggiamento fermo ed è disponibile nei confronti della stessa Confindustria facendo approvare il provvedimento

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in esame, probabilmente attraverso la posizione della questione di fiducia, noi non siamo d'accordo.
Non siamo d'accordo, signor ministro, perché la FIAT è un'azienda anomala in questo paese, un'azienda che si suppone sia privata ma nel passato ha sempre avuto sponda su di voi e mai sul centro-destra. È un'azienda che ha sempre diviso i propri utili con i suoi azionisti e le proprie perdite con la collettività (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Quando i benefici derivanti dal decreto-legge in esame finiranno (lo sa anche lei, signor ministro) e la rottamazione non ci sarà più, in base all'esperienza di quello che è accaduto in Francia, succederà che le vendite si contrarranno. In Francia, nel 1997 vi è stata una diminuzione delle vendite nel settore dell'auto dell'ordine del 40 per cento. Che cosa succederà in Italia? Esattamente la stessa cosa. Allora, la FIAT, dopo due bilanci consecutivi con utili nell'ordine di migliaia di miliardi grazie alla rottamazione, si presenterà alle forze sindacali e al ministro dell'industria a chiedere la cassa integrazione.
Noi crediamo che la rottamazione per le auto sia un provvedimento sbagliato, perché sfavorisce tutti gli altri comparti produttivi del paese. È noto che in un periodo di contrazione dei consumi chi compra un'auto nuova non compra poi il frigorifero, la televisione, un vestito, magari rinuncia a quattro paia di calze pur di acquistare l'automobile. Ecco perché non siamo d'accordo sulla politica del Governo. Non è sufficiente dire al paese che questo provvedimento è buono perché le entrate fiscali sono aumentate. Bisognerà vedere a quanto ammonteranno alla fine dell'anno le minori entrate fiscali che deriveranno dalla contrazione della produzione negli altri comparti.
Ecco perché, signor ministro, siamo stati contrari la prima volta alla rottamazione delle auto, siamo contrari alla rottamazione dei motorini e anche questa volta siamo contrari alla proroga della rottamazione delle auto. L'unica rottamazione alla quale saremo favorevoli (non so quando accadrà) sarà quella del vostro Governo (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Presidente, ministro dell'industria, ministro dei rapporti con il Parlamento, alleanza nazionale non ha presentato emendamenti sul rinnovo del decreto-legge in materia di rottamazione perché in realtà ritiene che sia un provvedimento assolutamente sbagliato. Voteremo comunque a favore di quegli emendamenti che mirano ad annullare l'operatività del decreto-legge in esame.
La riprova di quanto ho detto è che la produzione industriale è cresciuta, da gennaio ad agosto, dello 0,3 per cento, caro ministro dell'industria, mentre quella dei mezzi di trasporto è aumentata del 6,5 per cento. Che cosa significa questo se non che è crollata la produzione industriale in altri settori (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)? Il fatturato industriale è cresciuto, da gennaio a luglio, del 2,4 per cento, mentre nel settore dei mezzi di trasporto è aumentato del 13,7 per cento. Che cosa significa questo se non che il fatturato di altri settori è crollato rispetto alla crescita del fatturato del settore automobilistico? L'importazione di mezzi di trasporto sia dai paesi dell'Unione europea sia da quelli extra Unione europea è stata enorme, mentre l'esportazione è risultata negativa. Che cosa significa questo? Che abbiamo aiutato l'occupazione degli altri paesi (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)! Abbiamo aiutato l'occupazione FIAT in Brasile ed in Polonia, abbiamo sostenuto l'occupazione tedesca attraverso l'importazione di Volkswagen, abbiamo sostenuto l'occupazione francese attraverso l'importazione di Renault e Citroen, tanto per fare alcuni esempi.
Ecco perché siamo contrari a questo provvedimento singolo, non alla rottamazione nel suo complesso. Per esempio, il


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collega del gruppo dei verdi ha parlato dei problemi ecologici legati all'emissione dei gas di scarico nocivi per la salute. Ha parlato anche di buco nell'ozono; io non credo che il buco nell'ozono sia dovuto ai gas incorporati nei frigoriferi, ma se così fosse dovremmo prevedere la rottamazione di tutti gli elettrodomestici, in particolare dei frigoriferi. La Merloni non è da meno della FIAT e non c'è ragione dunque per non prevedere la rottamazione dei frigoriferi. Ma tutto questo vale anche per il commercio. Perché non rottamare i magazzini commerciali, che spesso sono vecchi ed insufficienti e hanno un sistema di movimentazione non meccanico né automatizzato? Modernizziamo il nostro sistema di meccanizzazione dei magazzini commerciali! Come vedete il discorso è molto più ampio e generale. Non vogliamo che ci siano figli e figliastri nell'industria; non vogliamo che questa Repubblica, come ha detto il presidente Tatarella, sia fondata sull'automobile, ma che sia fondata sul lavoro, soprattutto sul lavoro italiano, prima ancora che su quello degli altri paesi.
Amici, colleghi, sapete che l'IRAP favorirà essenzialmente le industrie che avranno la capacità di sviluppare il cosiddetto outsourcing, cioè che riusciranno a trasferire all'estero linee di produzione e servizi. Ebbene, con questo sistema, con la rottamazione delle auto, non faremo che accelerare il trasferimento di industrie di settori produttivi all'estero. Ecco perché alleanza nazionale è contraria a questo provvedimento e non ha presentato emendamenti, ma sosterrà tutti quelli che riducono o aboliscono questo sciagurato decreto, che non ha alcun effetto a sostegno dell'economia ma rappresenta semplicemente una droga di sinistra. Quando abbiamo votato e fatto approvare la legge Tremonti ci avete accusato che si trattava di una droga degli investimenti. Ma quella era una droga generalizzata, mentre voi sostenete solo un determinato settore e fate un favore all'avvocato Agnelli, ai suoi cari e a tutti gli azionisti della FIAT, senza sostenere veramente l'economia. Appoggiate un settore e ne sfavorite altri. Domandatevi, per esempio, perché quest'anno il turismo ha registrato un calo rispetto allo scorso anno e a quelli precedenti. Evidentemente, se il reddito disponibile dei soggetti è stato impiegato per acquistare automobili, non era disponibile per finanziare le vacanze.
Si tratta dunque di un vantaggio che la sinistra offre all'avvocato Agnelli, il quale ad un certo punto ha affermato che non c'era niente di meglio di un Governo di centro-sinistra per fare una politica a favore delle imprese. La riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore spero abbia finalmente aperto gli occhi alla Confindustria e all'industria italiana; spero che si capisca qual è la politica a favore delle imprese e quella che è contro di esse (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI. Presidente, colleghi, ho chiesto di intervenire sul complesso degli emendamenti anche a seguito della dichiarazione di inammissibilità di alcune proposte di modifica che avevo presentato e che in questo modo ho l'occasione di illustrare ai colleghi.
Ritengo che questo provvedimento meriti una riflessione più approfondita e meditata anche se l'inizio di questo dibattito, un momento «caldo» dei lavori parlamentari, non agevola e presenta di per sé aspetti esilaranti. Qui si assiste di fatto ad un sostegno, da parte della sinistra, della casa automobilistica FIAT, in passato oggetto di molte contestazioni. D'altronde, la riflessione che si è portati a fare è che questa nota casa automobilistica nella storia italiana è sempre stata, diciamo così, collusa con il potere politico: è stata fascista quando c'era il fascismo, è stata democristiana quando c'era la democrazia cristiana, adesso è di sinistra perché governa la sinistra.
A parte queste considerazioni di carattere generale, la riflessione che si deve fare, che ogni deputato dovrebbe fare, è


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quella volta a verificare se questo provvedimento rifletta l'interesse pubblico generale ovvero interessi di ordine privato, particolare o, in ultima istanza, interessi diretti del Governo e non del paese, dello Stato.
Allora, su questa lunghezza d'onda, con questo criterio ispiratore, ritengo che si possa sviluppare qualche considerazione, partendo dalle tesi governative, secondo cui effettivamente questo provvedimento - che ha avuto persino l'onore di essere adottato come atto di straordinaria necessità e urgenza, che invece non viene riconosciuta ad altri e ben più gravi problemi - riflette interessi pubblici. Perché? Credo che si possano riassumere in tre grandi questioni le motivazioni alla base di quell'affermazione: i riflessi sulla produzione, cioè l'incremento del prodotto interno lordo; i riflessi sulle entrate tributarie e quindi un certo contributo alla sistemazione dei conti pubblici, anche ai fini dei parametri di Maastricht e i riflessi sull'occupazione, cioè un incremento o un non decremento dei livelli occupazionali connessi agli incentivi previsti da questo decreto-legge.
Partiamo con qualche osservazione critica su questi presunti interessi pubblici, appunto al fine di dimostrare che in realtà il provvedimento non corrisponde ad interessi generali, ma solo ad interessi privati.
I riflessi sulla produzione e sul prodotto interno lordo. Effettivamente, dobbiamo ammettere - e lo dice anche il governatore della Banca d'Italia nella sua recente audizione al Senato nel corso dell'esame dei documenti di bilancio per il triennio 1998-2000 - che l'attività produttiva è in ripresa, dopo aver toccato un punto minimo alla fine del 1996, «sostenuta tuttavia» - e attenzione perché quando il governatore usa i punti e virgola e i «tuttavia» bisogna un po' rabbrividire, essendo questo il suo modo elegante per elevare critiche al Governo - «in misura notevole dalla vivace domanda di autoveicoli indotta dagli incentivi pubblici». Allora, la modesta ripresa che si può constatare e che ha riportato l'indice verso il fantomatico 1,2 per cento di incremento del PIL - che peraltro ammonta a poco meno della metà rispetto a quello degli altri Stati europei - è dovuta a questi incentivi agli autoveicoli. Perché il governatore dice «tuttavia in misura notevole»? Dice così perché al governatore - come peraltro al Governo e a tutta l'opinione pubblica e quindi penso anche a tutti i deputati - è evidente quello che è accaduto in paesi europei come la Francia, dove per la prima volta sono state sperimentate misure analoghe. In Francia si è potuto dimostrare che la domanda di autoveicoli, alla cessazione di questi incentivi, è crollata nell'ordine del 30-40 per cento. Le stesse stime prodotte dalla FIAT nei giorni precedenti l'emanazione del decreto-legge facevano riferimento, a mo' di minaccia verso il Governo, ad un crollo della domanda e quindi ad evidenti riflessi in termini di produzione industriale, che peraltro avrebbero compromesso tutto il disegno governativo per l'avvicinamento ai parametri di Maastricht.
La prima considerazione, allora, è che i riflessi sul PIL fanno parte della strategia complessiva del Governo basata su misure temporanee una tantum, quindi su una droga passeggera che evidentemente è destinata a ritorcersi su se stessa non appena gli incentivi verranno a terminare. La seconda indicazione è riguardo alle relazioni tecniche ed alle entusiastiche dichiarazioni del ministro delle finanze sulle entrate tributarie, in base alle quali gli incentivi economici ed i contributi concessi dovrebbero essere ampiamente ricompensati dagli aumenti nel gettito delle imposte, in particolare di quelle indirette. In realtà, però, forse qualche problema si è venuto a creare, se è vero quanto viene pubblicato oggi su Il Sole-24 ore, in base ai dati del Ministero delle finanze sulle entrate tributarie nei primi otto mesi del 1997: non mi sembra che le entrate, in particolare per quanto riguarda le imposte indirette e l'IVA lorda siano aumentate moltissimo. Evidentemente la misura non ha comportato, in termini di aumento del gettito, quanto era stato pomposamente promesso dal Governo;

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inoltre, dovremmo tenere conto delle maggiori uscite per gli incentivi.
Anche da questo punto di vista, quindi, non credo si possa considerare rispettato l'interesse generale con riferimento a questo provvedimento. Passando al tema a mio avviso più importante e rilevante rispetto a questo tipo di politica industriale del Governo, devo fare riferimento anche ai miei due emendamenti che, a mio avviso in modo scorretto, sono stati dichiarati inammissibili. Essi proponevano di vincolare la concessione dei contributi solamente per le società che avrebbero perlomeno garantito i livelli occupazionali: al riguardo, i dati che sono stati resi pubblici sono incredibili e devono destare enorme preoccupazione. Tutta l'operazione, infatti, ha comportato un aumento occupazionale, peraltro in larga parte temporaneo, dell'ordine di 2.000-2.200 unità; le previsioni in relazione al venir meno degli incentivi (non quelli legislativi, ma quelli di mercato, perché evidentemente il parco macchine è già stato in buona parte rinnovato) parlano di disoccupazione e cassa integrazione per decine di migliaia di unità.
Inoltre, evidentemente per le case automobilistiche avvantaggiate, in particolare quella italiana, vi sono state ripercussioni positive solamente all'estero, visto che la FIAT ha scelto - evidentemente sulla base di un calcolo di convenienza economica - di investire in Polonia, di aprire nuovi stabilimenti nell'ex Unione Sovietica, di produrre auto in Brasile. Di conseguenza, basta girare la Padania industrializzata, o deindustrializzata, per trovare normalmente industrie che chiudono, o che trasferiscono la produzione, anche se controllate dalla FIAT. Mi riferisco in particolare a delle realtà produttive sulle quali si basavano i miei emendamenti che non potranno essere discussi e votati, come la Simmel di San Giorgio sul Legnano. Quindi, una casa automobilistica che fa utili di bilancio nell'ordine di migliaia di miliardi e che riceve, tutto sommato, un trattamento di favore da parte di questo Governo sceglie le proprie politiche aziendali.
Consideriamo allora quali sono gli effetti che, a nostro avviso, fanno sì che questo provvedimento debba essere classificato tra quelli che rispondono ad interessi privati e non pubblici. La politica del Governo è innanzitutto un po' erratica, perché se da un lato incentiva l'acquisto di automobili da parte dei privati consumatori, dall'altro lato colpisce i lavoratori autonomi, le imprese (in particolare, per esempio, gli agenti di commercio) con le norme collegate alla finanziaria, che inducono comunque contraccolpi in termini di domanda. Vi è quindi qualcuno che viene danneggiato dal provvedimento, oltre a quanto è già stato evocato, cioè lo spiazzamento che un provvedimento di questo tipo genera su altri consumi, di beni durevoli e non durevoli. È stato richiamato il danno causato al settore del turismo (tutti coloro che hanno a che fare con questo settore ne hanno avuto un'esatta percezione), al settore tessile e a moltissimi altri settori che non hanno ricevuto questo trattamento di favore.
Ci si può quindi chiedere per quale motivo vi sia stato questo intervento a favore di un settore e, in particolare, per quale motivo vi sia stato un intervento a favore della FIAT, diciamocelo senza peli sulla lingua! Il motivo è semplice e credo che faccia riferimento a valori di democrazia in assoluto piuttosto che a valori di democrazia economica, anche se, adesso che è di moda la libera concorrenza, non si capisce perché quest'ultima sia superiore, in assoluto, ad ogni altro sistema di regolazione della vita economica e sociale e si debba poi ricorrere costantemente ad incentivi sul lato della domanda per riuscire ad attivare un sistema che può non rispondere. Se la libera concorrenza del mercato deve essere sovrana, allora si deve lasciare libero il mercato.
Ma, a prescindere da tali considerazioni, vorrei sottolineare quello che a mio avviso è un importante riflesso sulla vita democratica di questo paese. Non possiamo ignorare che la FIAT è proprietaria di importanti quotidiani che fanno opinione; in particolare essa ha diretti riferimenti

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a quotidiani economici che almeno in Italia dettano legge; non possiamo ignorare che prima di questo decreto-legge ed anche di quello precedente vi sono state enormi pressioni sul Governo e sulla maggioranza per giungere a tali provvedimenti. A tale riguardo è sufficiente leggere le rassegne stampa o i giornali dei giorni precedenti l'emanazione del decreto per poter constatare il diverso atteggiamento tenuto da questi quotidiani nei confronti del Governo.
Ho il sospetto (e credo che esso sarà assolutamente confermato) che l'atteggiamento da parte del giornalismo dipendente muti in relazione a quelli che sono i provvedimenti di favore o meno adottati nei confronti della FIAT. Ciò è molto importante perché, sulla base di quanto viene detto e scritto su questi giornali, che sono considerati autorevoli, i risparmiatori si orientano e cambia anche l'atteggiamento complessivo sui mercati finanziari. Di conseguenza muta tutta l'architettura che è stata messa in piedi dal ministro Ciampi per creare un clima di fiducia attorno a presunti miglioramenti, che sappiamo essere assolutamente temporanei e che si esauriranno nel tempo.
In questo caso il Governo non ha fatto gli interessi pubblici, gli interessi generali, ma ha semplicemente fatto gli interessi del Governo, pagando in questo modo un atteggiamento di accondiscendenza da parte dei grandi quotidiani in merito a tutte le porcherie - chiedo scusa per il termine - che questo Governo ha inanellato e che nessuno, tranne il nostro gruppo e i limitati mezzi di informazione di cui disponiamo, ha evidenziato.
Concludo preannunciando un atteggiamento chiaramente ostile da parte del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania su questo provvedimento; diversamente dai gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale, poiché non condividiamo questo provvedimento, abbiamo presentato degli emendamenti, volti a correggerlo e a estendere, eventualmente, con una sorta di par condicio, i suoi effetti nei confronti di tutti i settori (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, la nostra contrarietà al provvedimento è chiara e netta e l'abbiamo espressa in sede di illustrazione e di discussione generale del provvedimento; tuttavia riteniamo che dall'opposizione si possano esprimere proposte emendative che cerchino di superare gli elementi più inaccettabili e discriminanti di questo provvedimento.
Anche noi siamo convinti, come i colleghi che si sono espressi prima di me, che questo provvedimento rappresenti un'incentivazione priva del sufficiente respiro rispetto ai grandi problemi che il paese deve affrontare nel tentativo di rilanciare l'economia, di favorire la crescita economica e l'aumento del prodotto interno lordo che, al di là delle più ottimistiche previsioni, soltanto grazie a questa anomala iniziativa di sostegno settoriale, riesce a raggiungere o a superare lievemente le previsioni di crescita economica fatte dal Governo. Ma quando cesseranno gli effetti positivi di questo sostegno, ahimè, balzerà agli occhi il corto respiro di questo provvedimento. Verrà quindi messa a nudo l'incapacità del Governo di sostenere una politica economica e produttiva volta verso tutti i settori dell'economia. Questi devono essere aiutati nel loro processo di modernizzazione, di innovazione e di rilancio in termini competitivi, perché solo in tal modo possono diventare protagonisti nel nostro paese, in Europa e nel mondo.
Queste sono le forti riserve che nutriamo nei confronti di un provvedimento che giudichiamo comunque discriminante nei confronti dei quattro o cinque milioni di piccole e medie imprese del settore agricolo, artigiano, commerciale, del terziario e turistico. Vi è l'esigenza di superare un'impostazione parziale dei problemi,


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che non riesce ad aiutare le piccole e medie aziende nel loro sforzo di compiere quel salto di qualità che è assolutamente indispensabile per dare una seppure parziale soluzione al problema della disoccupazione.
Signor ministro, signor sottosegretario, proprio i dati divulgati in queste ore confermano che la disoccupazione è in aumento proprio nelle aziende con più di 500 addetti. Ciò vuol dire che, se il Governo non vara provvedimenti di politica fiscale volti a favorire le agevolazioni, tale problema non troverà soluzione. Noi non siamo innamorati della cosiddetta «legge Tremonti», ma questo è un provvedimento emblematico perché è di portata generale ed è pertanto in grado di fare da volano all'economia. È necessario, infatti, dare fiducia ai numerosi piccoli imprenditori presenti nel paese, che partono dalla bottega e dalla piccola e media impresa.
Invece, quando si varano interventi di politica economica che non rispettano la par condicio nel mondo della produzione, al di là dei momentanei vantaggi che ne possono conseguire, non facciamo gli interessi né del mondo della produzione né di quello del lavoro.
Per queste ragioni siamo contrari al provvedimento. Non di meno abbiamo presentato degli emendamenti tendenti, al di là di quanto è stato fatto dal Governo recependo parzialmente le sollecitazioni avanzate dall'opposizione e dalla stessa maggioranza, a far ricadere i benefici del provvedimento su un'area più vasta del mondo produttivo. Reputiamo, infatti, che le modifiche apportate non siano sufficienti a mutare in modo incisivo il provvedimento nel suo complesso.
Pertanto, con i nostri emendamenti, prevediamo il superamento della discriminazione operata a danno dei possessori delle auto a GPL. Inoltre, abbiamo presentato un emendamento che è stato giudicato inammissibile dalla Presidenza, cosa che ci ha stupito.
Era un emendamento volto all'esenzione della soprattassa per i veicoli alimentati a gasolio in connessione con l'installazione su di essi di impianti a gas metano o GPL.
Sappiamo che per un certo periodo di tempo è stata prevista la soppressione di tale soprattassa, per cui i proprietari di tutti gli autoveicoli immatricolati in data antecedente al 3 febbraio 1992 hanno regolarizzato l'impianto attraverso l'attestazione dell'avvenuto collaudo. Tuttavia assistiamo all'inerzia del Governo nei confronti di questi cittadini le cui autovetture sono state abilitate alla circolazione anche sotto il profilo ecologico. Il Governo non si fa promotore di un emendamento che consenta ai cittadini interessati di superare questa odiosa e discriminante soprattassa.
Come ho detto, il nostro emendamento è stato giudicato inammissibile perché, trattandosi di esenzione fiscale, riguarda materia estranea al contenuto del decreto-legge. Eppure il Governo in molte altre occasioni ha inserito nei decreti-legge materie disomogenee; non capiamo perché in questo caso, trattandosi di una soprattassa odiosa e discriminante, non assuma un'iniziativa per rendere finalmente giustizia ai proprietari di auto diesel sottoposte a collaudo per gli impianti di gas metano o GPL.
Infine vorrei accennare alle voci secondo le quali il Governo potrebbe porre la fiducia su questo provvedimento. Se ciò avverrà, essa passerà alla storia come la «fiducia FIAT» perché, pur con alcuni correttivi, questo provvedimento è a favore solo della grande impresa, che concede benefici non a quel tessuto ampio ed articolato sul quale si fonda la crescita economica del nostro paese. A questo punto potrei suggerire ai colleghi di rifondazione comunista, che manifestavano tante perplessità davanti ad un provvedimento che concede in modo così settoriale i benefici della rottamazione, di presentare un emendamento in modo da coniugare il beneficio della rottamazione con l'onere della riduzione dell'orario. Ripristineremmo in qualche modo una par condicio rispetto a tutte le altre piccole e

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medie imprese che non ricevono da questo Governo l'attenzione che meritano.
Concludo con un'osservazione riguardante l'Europa. Noi cristiano democratici abbiamo sempre manifestato la nostra volontà di operare intensamente anche dall'opposizione per favorire uno sviluppo di politica economica che porti il nostro paese in Europa. A tal fine chiediamo al Governo di prestare maggiore attenzione alle politiche per i cittadini, affinché tengano conto di tutte le esigenze dei soggetti economici, e non solo quelle legate a interessi particolari, pur se importanti ma non decisive per raggiungere questo approdo al quale tutti devono tendere in modo coerente. Non ci sembra invece che la proposta del Governo si muova in questa direzione ed è per tale motivo che sosterremo con forza gli emendamenti presentati e, ove ve ne fosse la possibilità, siamo pronti ad un confronto in questa sede perché riteniamo che, al di là di un atteggiamento contrario in linea generale, il nostro compito sia quello di contribuire a rendere efficace la norma.

PRESIDENTE. Onorevole Berruti, lei ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori?

MASSIMO MARIA BERRUTI. Sì, Presidente.

PRESIDENTE. La prego quindi di procedere secondo quanto previsto dal regolamento per gli interventi di questo genere.
Ne ha facoltà.

MASSIMO MARIA BERRUTI. Abbiamo appreso da una agenzia delle 15,07 che il Consiglio dei ministri ha autorizzato la posizione della questione di fiducia sul decreto-legge in materia di rottamazione. Per ripetere le parole utilizzate dal presidente Tatarella, mi sembra che questo fosse un fatto che già aleggiava su quest'aula, visto che su questo provvedimento si era già discusso e votato più di una volta.
La cosa che invece ci lascia perplessi è che da una agenzia delle 15,40 - la stessa che aveva precedentemente comunicato l'autorizzazione a porre la questione di fiducia sul provvedimento in materia di rottamazione - ci viene la notizia che il Consiglio dei ministri ha autorizzato la posizione della questione di fiducia anche sul decreto-legge «Sicilcassa» (il n.292 del 1997).
Presidente, onorevoli colleghi, mi sembra che su questo provvedimento non sia ancora iniziata neppure la discussione sulle linee generali e che quindi non si è ancora giunti all'esame in aula, anche se esso è stato già calendarizzato. Mi pare che sia una sfiducia preventiva nei confronti della Camera il fatto che oggi il Consiglio dei ministri abbia deciso di autorizzare preventivamente la posizione della questione di fiducia sul decreto-legge «Sicilcassa». A meno che non si tratti di un errore, ma non mi sembra, credo che questa sia una questione di mancanza di fiducia e di rispetto nei confronti dei componenti di questa Camera.
Chiederei quindi al ministro Bogi di chiarirci che cosa stia accadendo, almeno per capire che posizione debba prendere la Camera (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e misto-CDU).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il ministro per i rapporti con il Parlamento. Ne ha facoltà.

GIORGIO BOGI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Dichiaro per conto dell'esecutivo che in questo momento il Governo non apprezza nessuna esigenza di porre la questione di fiducia. Questo ho detto prima e questo voglio ripetere ora.
Naturalmente, il Governo si pone il problema della conversione in legge del decreto-legge (ci mancherebbe altro!); però credo che l'atteggiamento che è stato tenuto in aula dalla ripresa della seduta alle 15, questo intenda. Ciò non significa però che il Governo non si riservi di decidere «l'opportunità di...». Mi sembra comunque che l'intenzione emersa nei rapporti intercorsi anche dopo gli interventi


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fatti dall'opposizione sia quella di restare in aula e di discutere sul provvedimento. In questo momento il Governo non apprezza alcuna necessità di porre...

ELIO VITO. E la Sicilcassa?

GIORGIO BOGI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Non so neppure come... Vi è stata certamente una riunione del Consiglio dei ministri, di cui io rappresento qua l'intenzione che vi dico, essendo stata valutata questa situazione.
Ciò è quanto dichiaro formalmente in aula in questo momento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cè.
Poiché non è presente, si intende che vi abbia rinunziato...

ALESSANDRO CÈ. Sono qui, Presidente!

PRESIDENTE. Mi scusi, non l'avevo vista.
Ha facoltà di parlare. Alessandro Ce' 65

ALESSANDRO CÈ. Pensavo che si sarebbe aperto un dibattito sulla questione che, invece, non ha ottenuto consensi nell'aula; per cui interverrò sul provvedimento in materia di rottamazione.
A tale riguardo, penso che ci ritroviamo qui alle soglie del duemila a discutere su provvedimenti dai contenuti che ricalcano quelli di una pianificazione industriale del tipo di quella che ha caratterizzato gli ormai defunti regimi dei paesi dell'est ed il loro tramonto. La pianificazione economica infatti - di questo si sta parlando per quanto riguarda la rottamazione - non è altro che un modo attraverso il quale far morire il mercato. Sostenere dei settori di mercato che hanno delle flessioni che possono essere anche fisiologiche e farlo con gli aiuti di Stato - togliendo ad altri settori che invece sono in crescita la possibilità di rafforzarsi, di creare nuove imprese, di assumere nuovo personale - significa che in definitiva si creano le premesse per avere un crollo dell'occupazione, delle entrate fiscali e del prodotto interno lordo in un futuro abbastanza prossimo!
Come hanno già sostenuto altri colleghi, anch'io vorrei ricordare che in Francia, dopo il termine del regime di rottamazione, si è registrata una caduta delle vendite delle automobili del 40 per cento. In Italia sappiamo già quale sarà il futuro per la FIAT: nel momento in cui sarà costretta a mettere in cassa integrazione una buona parte del proprio personale dipendente, sarà lo Stato, per l'ennesima volta, a subentrare e a sborsare quelle risorse finanziarie necessarie per far sì che quei lavoratori non si ritrovino disoccupati.
Questo è il discorso di fondo. In questo paese si continua a parlare solo di flessibilità del mondo del lavoro, si continua a parlare di necessità di investire da parte delle aziende, si continua a parlare di flessibilità produttiva, però alla fine non si fa niente per andare realmente in questa direzione. Invece è importante, ad di là della flessibilità dell'orario di lavoro, che vede il Governo e la maggioranza in una posizione assolutamente anacronistica, ricordarsi che la flessibilità del mercato e dei fattori produttivi è l'anima stessa del progresso e della crescita economica. Se non teniamo in debita considerazione questo aspetto, saremo destinati sicuramente ad una recessione economica forte.
Dalla Piaggio, che già oggi usufruisce del regime di rottamazione, ci arriva la notizia che 700-800 dipendenti dovranno essere mesi in cassa integrazione. E allora, come si concilia il provvedimento con il progetto che ha caratterizzato la rottamazione, quello di mantenere anche l'occupazione? Sul versante del prodotto interno lordo mi sa dire il Governo quale sarebbe stata la crescita economica registrata in Italia se non ci fosse stato questo provvedimento?
Ne traggo la conclusione che anche questo, oltre ad essere un provvedimento che favorisce le solite famiglie (la FIAT e la Piaggio, che poi sono la stessa famiglia), tutti i poteri forti che in qualche modo condizionano l'opinione pubblica in Italia,


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è anche una sorta ulteriore di lifting al bilancio dello Stato e all'immagine che l'Italia vuole dare nel contesto europeo. È un'immagine falsa, come abbiamo già constatato leggendo attentamente il rendiconto dello Stato. Questo paese ha 156 mila miliardi di residui passivi, di soldi che avrebbe dovuto spendere e invece non spende, e ciò proprio perché vuole conseguire quel rapporto sul 3 per cento sul deficit che è così importante per l'ingresso in Europa.
Ricordiamoci che l'economia non è fatta solo di lifting e di misure che tendono a nascondere la verità; tutti questi problemi verranno al pettine. Ricordiamoci, inoltre, che la strada giusta da seguire è tutt'altra: è quella di ridurre l'imposizione fiscale, di investire in infrastrutture, di investire in ricerca, di consentire ai cittadini di avere più soldi e di destinarli, nella libertà delle regole che devono caratterizzare il libero mercato, in quei settori che realmente possono garantire un futuro a questo paese.
Per queste ragioni, già sostenute da altri rappresentanti del mio gruppo, ritengo che la posizione assunta dal Governo e dalla maggioranza riguardo a questo provvedimento sia alquanto riprovevole e noi faremo di tutto per ostacolare l'esame e l'approvazione del provvedimento stesso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, se non avessimo altre controprove, questa è la riprova, ancora una volta, di come si sta muovendo il Governo, di come si vada a tentoni, di come si intenda portare avanti una politica economica senza alcuna programmazione. Dico questo perché tra l'altro le considerazioni che possono essere utilizzate in modo contrario all'assenso da dare a questo provvedimento che il Governo oggi sottopone alla nostra attenzione si rinvengono forse persino dalle parole pronunciate dallo stesso relatore, onorevole Ruggeri, nel corso della sua esposizione.
Alcune delle motivazioni si ravvisano nella necessità ed urgenza del provvedimento legate ad un non pregiudizio dei vantaggi conseguiti per l'occupazione. Vediamo quali sono tali vantaggi; vediamo cosa abbia indotto la Piaggio a licenziare 1.500 operai dopo aver ottenuto il provvedimento sulla rottamazione; vediamo quanti operai siano stati «usati» - lo dico tra virgolette - per far fronte a tali misure ed alla richiesta di acquisto di nuove autovetture in seguito al provvedimento sulla rottamazione (si parla di circa 2 mila operai, dei quali 1.000 o 1.100 a tempo determinato). Tuttavia, la motivazione più forte a favore di tale provvedimento viene ravvisata nella necessità di evitare il crollo improvviso delle vendite delle autovetture. Allora mi chiedo: cosa succederà quando il parco auto sarà completamente rinnovato e saturo? Cosa ne sarà della nostra industria automobilistica? Di questo non ci preoccupiamo; evidentemente il Governo non pensa ad una programmazione dell'incentivazione finalizzata - questo, in altro ambito normativo, si chiama favoreggiamento - non solo all'industria automobilistica. Per quale motivo il Governo non ha inteso dar vita ad una sorta di incentivazione, di rottamazione in altri settori commerciali?
Evidentemente le malignità alle quali si è giunti in quest'aula a proposito del debito che il Governo avrebbe nei confronti della nostra unica industria automobilistica, quella di Agnelli, qualche fondamento devono averlo.
Andiamo, dunque, avanti con improvvisazione, con una rottamazione selvaggia finalizzata esclusivamente a salvare momentaneamente un'industria automobilistica che - guarda caso - è sempre stata sorretta dallo Stato italiano. Purtroppo la stessa cosa si verificherà nel momento in cui il crollo totale delle vendite delle autovetture, quando la rottamazione non sarà più possibile non per volontà del Governo ma per il fatto che non vi saranno più acquirenti di vetture nuove, si dovrà ricorrere alla cassa integrazione,


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naturalmente sempre a carico dello Stato come sempre è avvenuto nei confronti della FIAT.
La chiusura netta del Governo nei confronti dei rilievi mossi al provvedimento in esame, sia in prima battuta sia nel dibattito odierno, fa intendere che non vi è alcuna via di sbocco nella direzione di un confronto, di una discussione seria su quella che potrebbe essere una programmazione politica ed economica adeguata. Allora, perché non pensare ad una diminuzione dell'intervento dello Stato...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, ascoltiamo l'onorevole Leone con un minimo di ordine.
Prego, onorevole Leone, e mi scusi.

ANTONIO LEONE. Perché dunque non pensare ad un incentivo raccordato a quello del quale si può avvalere un'azienda come la FIAT, contemporaneamente diminuendo l'intervento dello Stato ed aumentando quello del privato, senza consentire all'azienda di usare i suoi utili alla ricerca di quote di mercato in società assicurative all'estero (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, egregi colleghi, ritengo che i comizi debbano essere fatti in piazza e non in Parlamento. Tuttavia, è molto forte in me la volontà non tanto di fare un comizio quanto di dire apertamente, giacché per una volta non si deve discutere nell'ambito dei pochi minuti concessi dal contingentamento dei tempi, che il vostro esecutivo - e mi riferisco ai signori seduti ai banchi del Governo - sta diventando un regime. Poiché un regime nasce dalle piccole cose, questo è un tassello importante per costituire e perpetuare in Italia quello che sta diventando il regime dell'Ulivo. Penso che le gambe su cui sta in piedi il tavolo del regime siano sostanzialmente quattro: l'acquiescenza sindacale, il controllo dell'informazione, il controllo o la collaborazione della magistratura e l'accordo con i grandi potentati economici. Se si controllano queste quattro gambe, qualsiasi regime è in grado si costruirsi anche nel nostro paese.
Per quanto riguarda l'acquiescenza sindacale assistiamo in questi giorni alla pantomima sullo Stato sociale ma, di fatto, in questi mesi ed in questi anni si è dimostrato che le associazioni sindacali sono nelle mani del Governo, che porta avanti con esse un accordo di fatto che permette all'esecutivo di non avere opposizione nelle piazze e ciò è di estrema importanza e rilevanza. Si fanno dei favori ai sindacati, cominciando, per esempio, a non chiedere chiarimenti sui loro bilanci; si permette loro di avere una rappresentatività esasperata in tutti i possibili enti (che sovente non hanno nulla a che vedere con i sindacati) o corsie preferenziali per quanto riguarda i concorsi. Questo è il discorso dell'acquiescenza sindacale.
Per quanto riguarda il controllo dell'informazione abbiamo avuto ancora ieri nel question time la dimostrazione di come si possa, con il sorriso sulle labbra, fare ciò che si vuole ed il contrario di tutto, nell'applicare qualche volta la legge, anche in forma esteriormente corretta, senza però farlo nella sostanza, dando quindi molto più spazio a determinati candidati e non ad altri, oppure semplicemente rifiutando i confronti e, quindi, impedendo al cittadino di farsi un'opinione.
Vi è poi il discorso della lottizzazione delle nomine RAI e ci sono i tempi con cui vengono mandate in onda le trasmissioni; soprattutto - mi avvio al merito della vicenda di cui parliamo oggi - vi è il controllo della stampa.
Il terzo aspetto, che ritengo abbastanza rilevante, è quello del controllo e della collaborazione della magistratura. Non mi dilungo su questo punto, ma basta guardare a quanto sta succedendo in tutta Italia in questo momento (tra l'altro, ringrazio il collega Giovanardi il quale ha


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dato alle stampe ed oggi ci ha consegnato un libro estremamente interessante su questo tema).
Mi soffermerò sul quarto aspetto, che è il più importante, ossia il discorso degli accordi con i grandi potentati economici, un controllo che va dappertutto.
È veramente strano, ad esempio, che nella Commissione bicamerale, in ordine alla legge Bassanini, si stia per affrontare il discorso del controllo del numero delle pompe di benzina. Cosa c'entra? Evidentemente, bisogna dare dei «contentini» abbastanza rilevanti a grandi potentati in campo petrolifero (ecco quindi la necessità, attraverso il decreto sulla rottamazione, di ingraziarsi i grandi potentati dal punto di vista industriale) e dunque - l'abbiamo tutti capito - alla FIAT. Guardate che alla fine è tutto collegato in un'unica questione, perché, tramite alcuni giornali, la FIAT controlla anche l'informazione, così come controlla, o comunque ha rapporti con la magistratura. Bisogna infatti avere il coraggio di dire che le imputazioni a Romiti, De Benedetti o Berlusconi sovente sono abbastanza similari, ma diversi sono gli atteggiamenti che vengono tenuti.
Concludo - perché il mio presidente di gruppo mi fa cenno che deve prendere la parola - dicendo che mi sembra che il decreto in esame, al di là del merito in cui entreremo esaminando gli emendamenti, sia e voglia essere semplicemente un regalo al grande potentato economico, che è un modo importante e determinante per tenere in piedi quelle che sono le gambe del tavolo del regime (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELE ROSCIA. Amen! Alleluia!

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Signor Presidente, sento il dovere di fare alcune precisazioni e qualche puntualizzazione a proposito di argomenti sollevati dall'opposizione in questo dibattito in aula sulla questione della rottamazione.
Desidero precisare innanzi tutto che come Governo siamo unicamente interessati al buon andamento del sistema di decisioni. Non dobbiamo dare nessuna prova di forza.
In tutta la sua storia questo provvedimento è stato molto esposto ad ipotesi dietrologiche di ogni genere (circa la particolare amicizia verso sistemi di imprese, il contratto dei metalmeccanici e quant'altro). Noi abbiamo varato questo decreto per ragioni di politica economica riferite ad una fase molto stagnante della produzione ed all'esigenza, quindi, di anticipare dei consumi in una forma che non comportasse oneri per lo Stato, che fosse certificabile automaticamente e potesse immediatamente dare un sostegno, seppur parziale, ad una ripresa produttiva e fare da ponte verso una ripresa economica più generalizzata.
Sappiamo bene che abbiamo messo un dito nel mercato. Sappiamo bene che bisogna accompagnare - siamo qui per questo - una fase di décalage da queste misure nel momento in cui possiamo aver fiducia che una ripresa più generalizzata possa coinvolgere il sistema ampio delle piccole e medie imprese del nostro paese.
A questo fine abbiamo già avviato nei mesi scorsi una serie di misure rivolte, in particolare, alla ripresa di investimenti delle piccole e medie imprese. Non le elenco, ma costituiscono il contenuto di una legge che è stata discussa ed approvata alcuni mesi fa dal Parlamento e che riguarda gli strumenti fondamentali di sostegno alle piccole e medie imprese.
Mi pare di capire che viene fatta una sollecitazione a rendere più chiara la nostra intenzione di muoverci su politiche generali e in specifico rivolte all'impresa diffusa, al nostro sistema di piccole e medie imprese.
Credo vi siano diverse tecniche per affrontare ulteriormente il discorso e


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penso di poter rispondere qui con un impegno a finalizzare - meglio di quanto non sia avvenuto nell'esperienza precedente - la nuova legislazione automatica che abbiamo introdotto anche recentemente verso il sistema delle piccole e medie imprese.
Ciò significa che occorre trovare delle sagomature, delle accessibilità agli interventi adatti alle piccole e medie imprese, che diventino selettive anche nei confronti di grandi progetti di investimento, che si confanno di più alla media e grande impresa.
A questo proposito il Parlamento ha consegnato al Governo poteri regolamentari ed io assumo l'impegno di rendere più chiaro ed evidente già nelle prossime settimane che i regolamenti verranno riorientati nella direzione indicata.
Questo è un primo punto. Il secondo riguarda l'interrogativo se il Governo abbia occhio ad altri grandi settori, ad altri grandi comparti della vita economica nazionale. Qui si può fare l'elenco ed io potrei rispondere, come faccio, che si vede già dalle misure che abbiamo assunto nella legge finanziaria che noi abbiamo occhio ai grandi settori che possano innestare circuiti virtuosi estesi all'insieme o a quasi tutto l'insieme economico.
Quando parliamo di edilizia, ci riferiamo, appunto, a uno di questi settori. So che vi è una perplessità in ordine all'efficacia dell'intervento che abbiamo proposto nel suo rapporto con il meccanismo dell'IVA: questo è un tema che possiamo approfondire e valutare, perché il nostro obiettivo è quello di rendere efficace l'intervento, naturalmente in un quadro di compatibilità comunitaria.
Aggiungo che vogliamo mostrare attenzione anche ad altri grandi comparti. So che è all'attenzione del Parlamento il tema del commercio e, in particolare, del piccolo commercio, da anni sottoposto ad una fase molto intensa di selezione (per certi versi drammatica, se si sta ai numeri e alle statistiche). È in corso di elaborazione alla Camera un progetto di legge di riforma del settore che dovrà contenere le risposte fondamentali per le strategie di governo del comparto. All'interno della finanziaria vi sono poi misure rivolte a tale settore.
Anche nel corso della discussione sono stati sollevati taluni problemi, che vengono ritenuti acuti e delicati per questo comparto. Mi riferisco al tema del cosiddetto sottocosto, tema che va maneggiato con cura perché si inserisce in problematiche di equilibrio del mercato molto complesse. Tuttavia credo che nel sistema della finanziaria e dei collegati vi sia la possibilità - ed in questo senso dichiaro la disponibilità del Governo - di trovare la strada per assumere l'impegno di predisporre una rapida legislazione in materia, in modo che essa venga affrontata avendo occhio - consentitemi di dirlo - ai migliori risultati delle legislazioni europee che si sono mosse in questo campo.
Altre questioni che sono state avanzate riguardano un andamento più generale del processo di riforma, in primo luogo della riforma fiscale. Non voglio inserirmi in una discussione che sta svolgendo la Commissione dei trenta, ma abbiamo l'esigenza, attraverso questa riforma, di introdurre semplificazione, decentramento e una fiscalità di impresa (c'è effettivamente un'intenzione in tal senso) che tendenzialmente solleciti le dinamiche virtuose, la capacità di investimento dell'impresa che investe su di sé, sia con l'IRAP sia con la dual-income tax. Sappiamo bene che vi sono preoccupazioni a proposito degli equilibri e degli squilibri che possono determinarsi sia per regimi precedenti di detraibilità di alcune imposte, sia per il rischio che le misure finiscano per essere eccessivamente punitive per le imprese più deboli e maggiormente indebitate (indebitate non per via elusiva ma per via sostanziale).
Sono temi che occorre approfondire con grande serietà. Come si è visto dalla riflessione che ha fatto il Governo, abbiamo interesse ad un'applicazione che abbia carattere di verifica di gradualità; poi bisognerà individuare i meccanismi che siano capaci di garantirla. Non posso andare oltre un accenno a queste preoccupazioni, ma, ripeto, non inseriremo

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questa riforma anche nel dibattito nella Commissione dei trenta e di questo abbiamo parlato a lungo all'interno del Governo con il ministro Visco, che è della stessa opinione. Si cercherà di valorizzare al meglio le potenzialità delle riforme e di minimizzarne i rischi o gli effetti indesiderati.
Ho svolto qualche considerazione generale, a volte anche generica, ma ho assunto anche un paio di impegni, sui quali nelle prossime settimane penso saremo in condizione di dimostrare l'interesse del Governo a non farsi male interpretare, cioè a farsi interpretare nel senso voluto dalla generalità degli interventi. Noi non facciamo interventi strettamente settoriali; abbiamo occhio all'insieme dei problemi dell'economia nazionale. La vicenda della rottamazione è una vicenda che vogliamo rimanga limitata ad un unico intervento. Abbiamo detto «no» ad una estensione generica di questo concetto ad altri comparti, cioè ad una estensione che non avesse i caratteri indicati all'inizio del mio intervento, quelli di neutralità fiscale, di certificabilità, di effetto immediato dal punto di vista della ripresa industriale. Vogliamo infatti uscire da questa politica e vogliamo farlo con gradualità. Intendiamo invece dare forza ad interventi che abbiamo carattere più vasto e che colgano le potenzialità di altri grandi settori.
Sui due punti che ho ricordato, quello di interventi regolamentari che possano migliorare l'accesso alle legislazioni automatiche da parte delle piccole e medie imprese e quello di trovare una strada per impegnarsi ad una legislazione anche in materia commerciale, in particolare sul sottocosto, mi pare di aver assunto qualche impegno preciso. Per quanto riguarda il resto, le mie sono riflessioni che affido all'incedere del dibattito, che coinvolge anche sedi diverse dal Ministero dell'industria (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rinnovamento italiano).

ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori facendo un chiaro ed esplicito riferimento alle dichiarazioni rese dal ministro dell'industria, che erano state sollecitate, come era stato e viene sempre sollecitato un confronto parlamentare nella distinzione dei ruoli tra maggioranza, Governo ed opposizione, che noi vogliamo e riteniamo sia giusto avere.
Per quanto riguarda le dichiarazioni rese dal ministro Bersani, è evidente che una parte di esse deve necessariamente trovare una sua concreta, pratica, puntuale e più stringente verifica in altri luoghi, in altre sedi, in altri concerti, come diceva poco fa lo stesso ministro. Penso per esempio alla parte che ci sta molto a cuore, riguardante l'IRAP, un'imposta che, per come è congegnata, è profondamente ingiusta e rischia di essere anche profondamente pericolosa per quella parte delle imprese che intendono fare riferimento proprio alla possibilità di investire e di farlo nel modo migliore, anche più trasparente (indebitamenti bancari che poi però non possono non scontare anche in termini di riduzione di imposta).
Da questo punto di vista ritengo che il ministro Bersani dovrebbe assumere un altro impegno, visto che le dichiarazioni che rende continuamente il ministro Visco e i toni da lui utilizzati - non per creare inutili contrapposizioni di carattere personale - in sede di Commissione dei trenta hanno tutt'altro tono. Che il ministro Bersani dichiari la sua disponibilità ad andare alla Commissione dei trenta a rendere queste dichiarazioni più puntuali che possono anche essere estranee al provvedimento di cui stiamo adesso discutendo; che si trovi in sede di Commissione dei trenta la possibilità di discuterne.
Per quanto riguarda questo provvedimento, Presidente, riteniamo che esso debba proseguire il confronto parlamentare nella distinzione dei ruoli per cui le


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opposizioni continuano a manifestare la loro opposizione alla filosofia che è alla base del provvedimento e che continuiamo a non condividere, così come è avvenuto fino ad ora, a partire dal primo decreto sulla rottamazione. Questa contrarietà, questa opposizione, per quanto ci riguarda, non è sicuramente superata dalle dichiarazioni del ministro Bersani, anche se riteniamo che esse siano utili perché possono servire a dare luogo a quella correttezza del confronto parlamentare che nella distinzione dei ruoli consente a tutti di conseguire risultati che possono essere utili in termini generali. Apprezziamo le dichiarazioni del ministro Bersani e la sua disponibilità nei confronti del Parlamento, ma il percorso che deve continuare ad avere il decreto, il confronto sul quale ci auguriamo possa svolgersi senza traumi, non può che continuare a vedere la nostra opposizione sul merito del provvedimento.

GIUSEPPE TATARELLA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TATARELLA. Oltre alla considerazione che l'intervento svolto dal ministro ha procurato al Governo l'applauso convinto della sua maggioranza in riferimento ad una nostra iniziativa di confronto sereno e costruttivo, speriamo che dall'applauso nasca la comune convinzione di giungere ai risultati di cui alle dichiarazioni del ministro. L'applauso diviene altrimenti un semplice sport parlamentare e non si traduce in iniziativa concreta.
Sul piano dell'iniziativa concreta prendiamo atto delle dichiarazioni del ministro. In qualsiasi paese del mondo le dichiarazioni di un ministro impegnano definitivamente; credo che in Italia non abbiamo precedenti in favore di questa tradizione europea, per cui prendiamo e diamo volentieri atto al ministro degli impegni che ha assunto e della dichiarazione che molti dei problemi che abbiamo sollevato non sono di competenza del suo ministero. Il confronto da parte nostra proseguirà (questa è l'importanza del confronto parlamentare) da questa sede fino al Senato per i provvedimenti che lì si trovano. Il colloquio sulla tematica da noi sollevata dell'allargamento dell'attenzione operativa ai settori del commercio, dell'agricoltura, della piccola e media impresa inizia oggi da quest'aula, comunque vada a finire la vita parlamentare della giornata odierna. Infatti, per cause non previste da noi né prevedibili dal Governo, vi potrà essere un voto di fiducia. Noi chiediamo che, indipendentemente dal voto di fiducia, l'inizio del colloquio che noi abbiamo instaurato sul piano fiscale per non fare una legge «con fotografia FIAT» prosegua. Quello che si può fare in quest'aula parlamentare è ricorrere al tradizionale utilizzo degli ordini del giorno; consultando gli uffici della Camera si può valutare la possibilità di inserire un emendamento finale di delega al Governo per alcuni provvedimenti per la piccola e media impresa. Noi siamo disponibili, onorevole ministro, a percorrere insieme il tratto delle procedure, per arrivare al raggiungimento di quei fini che a parole tutti diciamo di voler perseguire: non limitare il campo di intesa soltanto ad un problema che riguarda la FIAT. Siamo disponibili per questo tratto di strada in comune, per favorire l'economia.
Il problema oggi non dipende soltanto da noi. Noi in quest'aula abbiamo formulato alcune proposte, le abbiamo portate, come Polo, all'attenzione globale del ministro; sono proposte che abbiamo fatto apertamente nelle sedi parlamentari, alla Camera e al Senato. Abbiamo posto dei problemi. Il Governo ha dato assicurazione di poter percorrere questa via. Siamo qui a rendere possibile la via dell'incontro in funzione del rilancio dell'economia; ripetiamo, del commercio, della piccola e media impresa e dell'agricoltura. Gli strumenti ci sono. La volontà collegiale del Governo si deve misurare con il clima che si sta respirando in queste ore alla Camera. Attendiamo il


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Governo e il Parlamento alla prova dei fatti (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PAOLO COLOMBO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO COLOMBO. Intervengo sull'ordine dei lavori, anche se penso che, a seguito dell'intervento del ministro, sarebbe opportuno riaprire la discussione su questo tema.
Comunque, parlando sull'ordine dei lavori, vorrei evidenziare che il significato - che potrebbe essere criptico - dell'intervento del ministro è quello di dire: «State tranquilli perché il Governo non ha intenzione di favorire solo la grande impresa, solo la grande distribuzione e non ha intenzione di fare una riforma fiscale contro la piccola e media impresa, l'artigianato e l'agricoltura. Lasciamo passare questo decreto e poi ci metteremo a posto». Questo è il senso dell'intervento del ministro, che forse deve essere chiarito.
Noi non siamo assolutamente d'accordo. Non crediamo a questi intenti imbonitori.

FRANCESCO FERRARI. Non è sull'ordine dei lavori!

PAOLO COLOMBO. Non siamo assolutamente d'accordo, perché nei fatti, al di là delle parole e delle enunciazioni, questo decreto agevola solo la grande impresa, il decreto sull'IVA penalizza la piccola distribuzione e non tocca sostanzialmente la grande distribuzione e la riforma fiscale va a colpire pesantemente la piccola e media impresa, l'artigianato e il mondo dell'agricoltura. Ciò sarà fonte di gravi ripercussioni sull'economia, sul tessuto produttivo della Padania nei prossimi anni.
Quindi, quello del ministro è un tentativo di «adescamento» che non ci convince. Noi proseguiremo discutendo questo decreto, mostrando tutta la nostra contrarietà e non abbiamo nessuna intenzione di farci imbonire da questi interventi, che non hanno nulla di concreto, ma che tendono solo a rinviare nel tempo i problemi ...

FRANCESCO FERRARI. Ma questo intervento non è sull'ordine dei lavori, Presidente!

PAOLO COLOMBO. ... per poi fare arrivare sul collo del sistema produttivo, economico e sociale della Padania la scure degli interventi di questo Governo dello Stato italiano, che non ha nessun interesse a sostenere queste realtà.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Borghezio, che aveva chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Gnaga. Ne ha facoltà.

SIMONE GNAGA. Ci troviamo a trattare questo tema dopo l'intervento del ministro, che si è impegnato e ha dato garanzie che poi bisogna verificare nelle future iniziative legislative e politiche in senso più ampio. L'impegno è per un provvedimento che non rientrerebbe in un discorso di politica economica a livello nazionale. Oltretutto, infatti, non sarà aperto ad altri settori.
Vi è questo impegno, che trovo estremamente significativo: ci si trova di fronte ad un provvedimento che è settoriale ma che, guarda caso, concerne un settore nel quale si opera in regime di monopolio. In Italia, a differenza della Francia (un esempio che è stato citato da altri colleghi), in questo settore non esiste il mercato, mentre vi è un vero e proprio regime di monopolio. Ecco perché vi è un'anomalia rispetto ad altri partner europei: viene incentivato nel nostro paese il soggetto, unico ed esclusivo, che opera nel settore. Non ho dubbi, quindi, che questo impegno non sarà preso nei confronti di altri settori, perché ciò fa parte della politica di favori che fa questo Governo nei confronti di alcuni soggetti. Ecco


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perché sono convinto che il ministro manterrà il suo impegno. Molto probabilmente, se il settore non fosse questo, quindi se fossimo di fronte ad un intervento rivolto a diversi soggetti produttori in altri settori, l'impegno sarebbe stato visto come un qualcosa di difficile da portare avanti.
Vi sono tre aspetti da mettere in risalto: uno politico, uno economico, uno sociale. Per quanto riguarda il primo, si torna alle vecchie politiche che per decenni hanno permesso ad una grande industria, la FIAT, di essere il partner principale dei governi della democrazia cristiana, di ottenere tutto quello che ha ottenuto sul piano degli aiuti per la famiglia Agnelli. Soprattutto, sarà un luogo comune particolarmente demagogico, ma è vero che questo provvedimento aiuta esclusivamente un'azienda. E non mi si parli troppo dell'indotto, poiché l'esempio della Piaggio è davanti a tutti: anche in un momento di incentivazione, la Piaggio annuncia 800 esuberi e l'esigenza di mobilità. In un momento di spinta del settore, sembra che la Piaggio sia in crisi, tanto che ha già annunciato licenziamenti e mobilità!
Nella nostra situazione abbiamo un settore nel quale la FIAT opera come un sovrano da anni, con gli aiuti di Governi che hanno sempre visto di buon occhio questo tipo di interventi. Quindi, tornando alla risposta che ho cercato di dare - anche se non richiesto - al ministro, l'aspetto politico è che il provvedimento favorisce esclusivamente un unico soggetto che opera in un regime di monopolio; è l'unico soggetto che, nel momento in cui firma contratti all'estero, come è avvenuto in Russia, può permettersi di avere l'amministratore delegato Cantarella con alle proprie spalle, in piedi, il nostro Presidente del Consiglio. Non so quante altre ditte nazionali che vadano a stipulare contratti all'estero si possano permettere di avere il Presidente del Consiglio che praticamente garantisce l'esecuzione di un accordo internazionale: bel modo di operare in un regime di mercato!
D'altronde, per quanto riguarda i concetti di liberaldemocrazia e di regime democratico, abbiamo legittimi punti di vista diversi. Per quanto riguarda, quindi, l'aspetto politico, bisogna evidenziare che questo è un provvedimento assolutamente fasullo e che, come emerge anche dai dati citati da altri colleghi, non è vero che vi è stata una risalita percentuale di tutto il settore industriale, perché si è registrato il 6 per cento nel settore automobilistico e lo 0,3 per cento nella complessiva produzione industriale. Anche a tale riguardo, quindi, è da verificare se tutta la produzione industriale abbia ricevuto benefici dagli incentivi alla rottamazione.
Per quanto concerne l'aspetto economico, con riferimento alle assunzioni, dobbiamo valutare che esse, nella stragrande maggioranza, sono legate al provvedimento precedente che dovrebbe essere prorogato con quello in esame: esse sono avvenute quasi sempre con contratti a termine ed ho molti legittimi dubbi (il Governo potrà eventualmente contraddirmi) che essi vengano convertiti in contratti a tempo indeterminato, anche per quanto osservavo in precedenza con riferimento all'esempio di quanto sta succedendo a Pontedera, dove la Piaggio, nel pieno di una fase di incentivazione, annuncia licenziamenti e mobilità.
In questo caso ho molti dubbi che i diversi contratti a termine stipulati saranno poi prorogati e trasformati in contratti a termine indeterminato.

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di fare maggior silenzio. Prosegua, onorevole Gnaga.

SIMONE GNAGA. L'aspetto di carattere sociale è il terzo punto che desidero mettere in risalto. Non voglio fare un discorso di carattere retorico ma non posso fare a meno di chiedere: siamo veramente convinti di volere una società in cui in ogni caso il settore principale da aiutare sia quello delle autovetture? L'esecutivo intende davvero portare avanti un'azione decisa per aiutare non solo il settore delle autovetture ma anche un


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settore di mercato ben più ampio, e non con un intervento diretto dello Stato? Noi siamo assolutamente contrari non a creare delle normative che regolamentino il mercato, perché ciò può anche essere giusto e necessario (il liberismo fine a se stesso può infatti essere assolutamente pericoloso), ma al fatto che qui vi sia sempre un intervento dello Stato in un settore di mercato dove oltretutto poi di mercato non si può parlare perché - lo ripeto - siamo in un regime di monopolio.
Per tali motivi ci troviamo a fare anche delle considerazioni di carattere sociale. Poiché il lavoro è una primaria esigenza del lavoratore e del cittadino, si proponga allora un qualcosa di alternativo, si proponga cioè una politica industriale ed una politica economica nazionale più coerenti con il futuro di un paese (l'Italia) che dovrebbe essere - a detta di tutti - uno dei partner europei più efficienti.
Ma dov'è una politica industriale degna del 2000, in un momento in cui si continuano ad adottare provvedimenti a termine e provvedimenti destinati ad aiutare un solo settore? Dove sono gli aiuti e gli incentivi diretti a migliorare la vita sociale quotidiana, quando l'unico settore che viene aiutato è quello delle autovetture?
Non voglio riprendere qui (se si vuole le possiamo considerare anche come battute) le critiche fatte dal famoso comico Grillo relativamente all'uso delle autovetture, ma non posso non chiedermi: vi è la garanzia che i guadagni e i ricavi che questo gruppo ottiene in un determinato settore grazie a questo provvedimento siano investiti nella ricerca, negli studi, nell'innovazione tecnologica? Assolutamente no! Anzi, l'unica garanzia che abbiamo è che questo gruppo va ad investire all'estero, e ciò con il beneplacito di questo esecutivo. È questa l'unica garanzia che abbiamo fino ad ora!
Il provvedimento in esame non dà garanzie a tutto il mercato. Ed è giusto che non le dia, ma allora sarebbe meglio che non ci fosse. È per questo motivo che trovo giusto che il movimento della lega nord abbia proposto degli emendamenti e voglia discuterne. Alcuni di essi potranno essere criticati e giudicati come emendamenti ostruzionistici, ma, che siano tali o riguardanti il merito, comunque nessuno di loro, al momento dell'espressione del parere, verrà accolto. Ecco perché su tale materia, come su altre, è giusto proporre emendamenti di qualsiasi natura ed è giusto che essi siano discussi da parte di tutti. È altresì giusto che su di essi vi siano risposte chiare, altrimenti ci «fodereremmo gli occhi di prosciutto» e andremmo avanti con delle discussioni inutili. Ma se consideriamo l'inutilità delle discussioni che avvengono nelle Commissioni, all'interno dei Comitati ristretti o in aula, allora possiamo dire che non è maggiormente inutile una serie di emendamenti presentati legittimamente da qualsiasi soggetto politico che si trovi all'opposizione.
Per tutte queste ragioni sono assolutamente d'accordo sul fatto che siano stati presentati degli emendamenti; mi sarei aspettato la presentazione di un maggior numero di emendamenti anche da parte di altri soggetti dell'opposizione. A poco serve accusarci di fare dell'ostruzionismo, perché tale accusa ci viene rivolta sia che presentiamo un solo emendamento, sia che ne presentiamo cinquanta, sia che ne presentiamo cento. Ci si limita ad accusarci di questo senza entrare mai nel merito dei nostri emendamenti. Reputo quindi giusto aver presentato decine di emendamenti.
Mi auguro che altri colleghi intervengano in modo più o meno costruttivo in questo dibattito che è per taluni versi inutile. Ad ogni modo, pur nella inutilità di questo dibattito, intendiamo andare avanti anche per dimostrare la nostra contrarietà a questo provvedimento, a questi favori rivolti sempre ad un determinato personaggio e ad un solo settore di mercato.
Infatti, siamo contrari ad un regime di monopolio, al fatto che siano legalizzati tutti gli accordi internazionali fatti da questo soggetto, con l'avallo del nostro Presidente del Consiglio a Mosca. Siamo

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contrari a determinate azioni che non favoriscono l'applicazione delle regole di mercato, bensì un regime di monopolio vergognoso; un regime che da decenni serve a questo settore per andare avanti nelle sue opere di collusione con i regimi di carattere poco liberale ed anzi monopolistici (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

DOMENICO COMINO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO COMINO. Signor Presidente, so che la questione è già stata posta da altri colleghi, ma credo che a questo punto sia opportuno un chiarimento. Chiedo che vengano sospesi i lavori dell'Assemblea e che si convochi la Conferenza dei presidenti di gruppo. Infatti, vi è un comunicato ufficiale della Presidenza del Consiglio dei ministri secondo il quale il Consiglio dei ministri, appositamente convocato in via d'urgenza, avrebbe collegialmente condiviso la proposta del Presidente di porre la questione di fiducia sull'emendamento governativo, mentre poc'anzi abbiamo sentito il ministro per i rapporti con il Parlamento sostenere esattamente il contrario. Ebbene, vorremmo capire quanti governi esistano in questo paese.

DANIELE ROSCIA. Quello della FIAT (Commenti dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo)!

DOMENICO COMINO. Quello è sicuramente più serio del vostro, cari amici dell'Ulivo!

PRESIDENTE. Onorevole Comino, la prego ...

DOMENICO COMINO. Credo che la questione debba essere in qualche modo risolta. Dobbiamo sospendere i nostri lavori, convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo per decidere quale debba essere il prosieguo dei nostri lavori. Soprattutto dobbiamo appurare quali siano le reali intenzioni del Governo il quale ha dichiarato agli organi di informazione la volontà di porre la questione di fiducia.

PRESIDENTE. Onorevole Comino, la questione da lei sollevata è già stata posta, probabilmente in un momento in cui lei era assente dall'aula. Ha già dato risposta al riguardo il ministro per i rapporti con il Parlamento, il quale ha specificato che il Consiglio dei ministri aveva dato a lui il mandato di valutare se ci fossero le condizioni per porre la questione di fiducia. Naturalmente il ministro Bogi ha risposto che queste condizioni per lui, nel momento in cui ha parlato, non esistevano.
Proseguiamo, quindi, nei nostri lavori.
Constato l'assenza dell'onorevole Calzavara, che ha chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Fontan.Ne ha facoltà.

ROLANDO FONTAN. Signor Presidente, negli interventi svolti dai colleghi del mio gruppo sono state illustrate le motivazioni che ci inducono a votare contro il provvedimento.
Prendendo spunto dal contenuto di alcuni emendamenti, vorrei svolgere alcune riflessioni a più ampio raggio. Il provvedimento in esame è voluto dalla maggioranza e dal Governo per ragioni strettamente connesse alle elezioni politiche svolte a suo tempo. La Confindustria, in primis il buon Giovanni Agnelli, direttamente e indirettamente ha sostenuto e ha indotto a sostenere l'attuale maggioranza.
In un regime democratico ciò non dovrebbe accadere ma, poiché in Italia non esiste un regime democratico, si cerca la contropartita ed è forse anche giusto che il buon Agnelli cerchi una contropartita, avendo sponsorizzato l'Ulivo ed essendosi prodigato tanto...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!


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ROLANDO FONTAN. ...prima o poi quindi il corrispettivo bisogna pur pagarlo! Purtroppo però...

PRESIDENTE. Onorevole Mancuso, inviti i colleghi a non volgere le spalle alla Presidenza. Grazie.

FILIPPO MANCUSO. Chieda ai signori del Governo di non fare salotto!

PRESIDENTE. Continui pure, onorevole Fontan.

ROLANDO FONTAN. Questo corrispettivo politico però cade sulla testa della gente o, meglio, chiede ulteriori sacrifici agli italiani e ai padani. Questo è il risultato.
Un'altra questione che vorrei toccare è quella del lavoro. I rappresentanti di rifondazione comunista parlano quotidianamente di lavoro, di sindacato, di tutela dei lavoratori e indirettamente hanno appoggiato questo provvedimento del Governo, anche se, come al solito, si apprestano a votare contro i nostri emendamenti. La posizione di rifondazione comunista è certamente legittima ma non è funzionale ai lavoratori e alla loro tutela. È pur vero che qualche lavoratore in più è stato impiegato in questo periodo, ma è anche vero che, esaurita la rottamazione, questi perderanno il posto di lavoro, come probabilmente perderanno il posto coloro che erano impiegati già in precedenza, con il risultato che in futuro aumenterà la disoccupazione. Non mi sembra che sostenere posizioni del genere abbia favorito l'occupazione.
Lo stesso discorso vale per le condizioni di lavoro. Sappiamo molto bene che non nella FIAT ma nelle piccole aziende ad essa collegate si è fatto ricorso ai doppi e ai tripli turni per soddisfare le richieste, per cui anche il lavoro notturno è stato in qualche modo incentivato. Anche questo dimostra che la qualità del lavoro non è stata tenuta in considerazione.
È un provvedimento che solo a prima vista può sembrare favorevole all'occupazione ma che alla lunga si dimostra contrario ad essa. È bene precisare tutto questo affinché tutti comprendano la posizione demagogica di rifondazione comunista e del sindacato. Infatti nessun vertice sindacale ha sollevato questioni perché questo prevede l'accordo con i vertici di Confindustria. Ancora una volta si tratta di una decisione che passa sopra la testa dei lavoratori. E poi ci si chiede perché il sindacato padano raccolga tante adesioni al nord quando è evidente che si fa di tutto per favorirlo! Noi ringraziamo perché quelle che ho indicato sono motivazioni concrete e tutti i lavoratori hanno capito che vi è stata una sorta di do ut des per cercare di salvare qualche vertice sindacale e politico nell'interesse generale della Confindustria.
Non mi risulta che questa Confindustria, questa cosiddetta espressione del capitalismo italiano (che si è espressa giustamente contro l'idea delle 35 ore e che parla tanto di voler portare l'imprenditoria italiana a livello europeo), abbia mosso un dito o detto una parola per cercare di valutare il provvedimento al nostro esame.
Il disegno di legge di conversione n.4179 va esattamente contro i princìpi basilari dell'economia e del capitalismo, più o meno moderno o con le sue varianti. Per questo trovo molto strano, se non singolare, il fatto che nessun componente della Confindustria (di quei Soloni che ci stanno spiegando tutti i giorni come l'imprenditoria italiana dovrebbe diventare europea) non abbia trovato nulla da ridire su questo provvedimento che va proprio contro l'imprenditoria; non va contro soltanto la piccola imprenditoria, come è stato ripetutamente affermato in quest'aula, ma anche contro i princìpi basilari dell'imprenditoria e del capitalismo moderno. Questo atteggiamento ci pare un segnale molto negativo! Speriamo che quanto meno per il futuro il vertice della Confindustria «batta un colpo» non soltanto per favorire alcuni interessi particolari di alcuni uomini (che magari tengono in mano quella organizzazione e che magari sono legati con questa maggioranza), ma anche e soprattutto per far


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rivivere i veri interessi ed i veri princìpi dell'economia. Mi dispiace constatare ancora una volta che, di fronte a tutto questo, la sinistra e rifondazione comunista abbiano consentito di farsi strada a questo tipo di capitalismo, che è sicuramente assistenziale, becero e non in grado di garantire un grande sviluppo imprenditoriale ed occupazionale. La realtà è che con tale atteggiamento si sono a mio avviso falsificati i princìpi basilari dell'economia.
Per tutte queste ragioni, sono convinto nel sostenere gli emendamenti presentati dalla lega nord (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paolo Colombo. Ne ha facoltà.

PAOLO COLOMBO. Intervengo sul complesso degli emendamenti e non posso che esordire rilevando la stranezza della situazione che si è creata oggi in quest'aula. Come è stato evidenziato sia da un collega del Polo sia dal nostro capogruppo, si è verificato che, a fronte di un comunicato...

PRESIDENTE. Onorevole Cambursano, la prego.
Prosegua pure, onorevole Paolo Colombo.

PAOLO COLOMBO. Dicevo che si è verificato che, dopo la diffusione di un comunicato ufficiale della Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministro in aula ha di fatto smentito lo stesso comunicato. Non solo, ma i ministri Bogi e Bersani sono intervenuti successivamente per cercare di imbonire gli esponenti dell'opposizione dicendo di «non dar fastidio» su questo decreto perché nel futuro si sarebbe trovato il modo di mettersi d'accordo.
La lega è al di fuori di questo modo di intendere la politica; noi perseguiamo i nostri obiettivi coerentemente: la nostra posizione è di assoluta contrarietà a questo provvedimento e per questo motivo abbiamo presentato un certo numero di emendamenti, cioè per testimoniare la nostra opposizione e la nostra contrarietà assoluta al disegno di legge di conversione 4179!
Siamo francamente sconcertati per l'atteggiamento del Polo che, invece, si è fatto quasi adescare da quell'intervento del ministro, visto che sembra che abbia cambiato posizione e che la loro contrarietà in questo momento non sia più rigida come in precedenza.
La nostra contrarietà al provvedimento è motivata da diversi elementi.
Già nell'intervento che ho svolto in precedenza ho cercato di illustrare le ragioni per le quali ritengo che le dichiarazioni del ministro Bersani siano assolutamente destituite di fondamento e che si scontrino con una realtà che è completamente diversa da quella che ci ha rappresentato. Il Governo con questo provvedimento ha aiutato esclusivamente la grande industria: in tutti gli interventi che sono stati fin qui svolti sono stati citati i nomi ed i cognomi delle persone e delle aziende che hanno ricevuto benefici da questo provvedimento. In questo modo però il Governo sta uccidendo il piccolo commercio e la piccola distribuzione mentre, contemporaneamente, sta agevolando la grande distribuzione con il decreto sull'IVA, che va a penalizzare fortemente i consumi soprattutto in quelle realtà che, non disponendo di economie di scala o di sistemi fiscali tali da poter eludere i maggiori costi di questo decreto, verranno più penalizzate.
Inoltre il Governo, nella persona del ministro Bersani, ha prima sottolineato come la riforma fiscale, della quale peraltro è responsabile il ministro Visco, non andrà a penalizzare...

PRESIDENTE. Onorevole Paolo Colombo, mi perdoni: colleghi, per cortesia, capisco che possa esserci una certa stanchezza, però non è possibile continuare i lavori in queste condizioni.
Prego i colleghi che hanno voglia di ascoltare gli oratori di prendere posto e gli altri di lasciare l'aula. Mi riferisco


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anche ai colleghi della maggioranza e ai rappresentanti del Governo.
Signor ministro Bersani! Onorevole Manzini! Colleghi, vi prego, prendete posto. Onorevole Sabattini! Se non avete voglia di ascoltare, ripeto, potete uscire.
Prosegua, onorevole Colombo.

PAOLO COLOMBO. La prego di precisare che mi chiamo Paolo Colombo, signor Presidente, perché non vorrei urtare la sensibilità dell'omonimo...

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Paolo Colombo, dimentico sempre di specificare.

PAOLO COLOMBO. Ad ogni modo, chi non ha voglia di ascoltare, come lei ha ribadito, Presidente, può tranquillamente uscire, non vedo il motivo di fermarsi in aula e disturbare gli interventi.
Anche la riforma fiscale, dicevo, nonostante le rassicurazioni del ministro Bersani, che però non ha competenza diretta in materia, in realtà incide profondamente sulla piccola e media impresa e quindi soprattutto su quelle realtà economiche presenti in Padania. Il tessuto economico e produttivo della Padania, infatti, è rappresentato e costituito da una miriade di soggetti economici di livello piccolissimo, piccolo e medio, che hanno fatto grande dal punto di vista economico la nostra terra, la Padania, e continuano a rappresentare un modello di sviluppo invidiato e copiato in tutto il mondo.
Questa realtà è fortemente penalizzata dagli interventi del Governo in materia di riforma fiscale, soprattutto con l'introduzione dell'IRAP e della dual income-tax, che vanno a scaricare una pressione fiscale fortemente aumentata rispetto a quella precedente proprio su queste imprese; ne colpiscono quindi la competitività e ne aumentano i costi, rischiando veramente di compromettere quello che è un modello di sviluppo che, come ho detto prima, rappresenta un modello per tutte quelle realtà che vogliono svilupparsi e crescere economicamente e socialmente.
C'è poi da ricordare che anche la riforma degli scaglioni IRPEF di fatto non fa altro che stabilizzare, rendere strutturale le entrate dell'eurotassa, che non si chiama più così perché è una imposta una tantum, ma che diventa strutturale con i maggiori introiti derivanti dalla revisione delle aliquote dell'IRPEF, che hanno cambiato un nome ma hanno reso identica la sostanza, cioè quella di un incremento di pressione fiscale, un incremento di entrate dovuto a maggiori imposte che questo Governo sta imputando ai soggetti economici che operano all'interno dello Stato italiano.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 17,10)

PAOLO COLOMBO. Inoltre sul decreto in esame sono state espresse diverse osservazioni negative, innanzitutto quelle pronunciate parecchio tempo fa dalla Corte dei conti, che ha messo in evidenza come i costi pubblici legati a questo intervento non siano quelli dichiarati dal Governo, ma siano maggiori e ci sia quindi il rischio di veder vanificato l'interesse pubblico di questo intervento a fronte di un interesse privato di particolari soggetti, che ben conosciamo, al di fuori, ripeto, di un interesse pubblico di carattere generale. Vi sono poi i rilievi del dottor Fazio, che è stato già citato dall'onorevole Giancarlo Giorgetti, che riguardano la crescita del PIL, che non è un dato strutturale, ma è dovuto unicamente all'intervento, anche in questo caso temporaneo, dell'incremento delle vendite nel settore automobilistico e che quindi non può garantire una crescita strutturale, dunque coerente con un processo di sviluppo economico sostenibile e di risanamento dei conti pubblici strutturali.
Vi sono poi due articoli, comparsi sull'organo ufficiale di Confindustria (chi è più interessato degli industriali a tale provvedimento?), in cui ci si esprime in termini negativi, parlando del crollo delle immatricolazioni del mese di ottobre, a differenza di quanto avvenuto nel mese di settembre in cui si è registrato un incremento


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anomalo del numero delle immatricolazioni. Ancora, si legge che nel mese di luglio ed in quello in corso l'occupazione nella grande industria è diminuita. Quindi, il settore auto, che rappresenta una parte fondamentale del sistema industriale, non ha contribuito a garantire una crescita dell'occupazione nonostante il provvedimento sulla rottamazione e nonostante i costi sostenuti dal bilancio dello Stato per tale intervento. Ebbene, mi sembra che vi siano elementi sufficienti per chi vuole capire.
Aggiungo che, nella storia, vi sono stati altri esempi che hanno dimostrato quanto interventi di questo tipo non consentano uno sviluppo duraturo nel tempo, ma rappresentino unicamente il tentativo di rallentare un processo di crisi o di anticipare la ripresa del ciclo economico, anche se subito dopo, non appena si esauriscono gli effetti del provvedimento, si determinano conseguenze disastrose che addirittura anticipano ed amplificano le ricadute negative e controproducenti in termini sia occupazionali sia economici più generali.
Anche in questo caso si è fatto riferimento all'esempio francese, e le avvisaglie della crisi si manifestano - è stata citata la Piaggio - anche in Italia, in particolare per quanto riguarda il crollo delle immatricolazioni nel mese di ottobre, il che fa presagire un violento e brusco crollo del mercato del settore auto.
Il problema, tuttavia, non riguarda solo il settore dell'auto; infatti, vi sono altri comparti oggi fortemente penalizzati dal fatto che la liquidità delle famiglie venga indirizzata a senso unico, sottraendo risorse per il consumo di altri beni, magari più necessari alle famiglie e ad uno sviluppo ordinato dell'economia. Dovrebbe essere logico ritenere che...

PRESIDENTE. Onorevole Giannotti! Onorevole Massa!

PAOLO COLOMBO. ...se ingenti risorse a disposizione delle famiglie vengono indirizzate verso un settore, non sono più a disposizione per i consumi in altre direzioni. Quindi, anche le norme che prevedono incentivi per le ristrutturazioni sono compromesse appunto dal fatto che ingenti risorse delle famiglie sono state già utilizzate nel settore auto.
Penso che vi siano elementi sufficienti per comprendere la ragione di un giudizio negativo su questo provvedimento. Per questo motivo abbiamo presentato emendamenti tesi a correggere il testo con l'indicazione di proposte alternative per la crescita dell'occupazione e lo sviluppo dell'economia.

PRESIDENTE. È stato comunicato alla Presidenza che gli onorevoli Roscia, Cavaliere e Ballaman hanno rinunciato ad intervenire.
È così esaurita la fase degli interventi di illustrazione degli emendamenti.
Comunico che la Presidenza ha ritenuto ammissibile l'emendamento Dis. 1.1 presentato dal Governo (vedi l'allegato A - A.C. 4179
sezione 1 ; per gli articoli del decreto-legge vedi l'allegato A - A.C. 4179 sezione 3 ).
Ha chiesto di parlare il ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Ne ha facoltà.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Signor Presidente, valutando l'andamento dei lavori parlamentari il Governo è costretto a prendere atto di una novità, cioè del comportamento palesemente dilatorio di un gruppo parlamentare...

ELIO VITO. Ma se si sono cancellati!

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. ...che pone a rischio i tempi di approvazione del decreto e, per effetto di questo, eventualmente anche di altri decreti.
Dobbiamo quindi intervenire e ciò dispiace, perché oggi abbiamo avuto la possibilità di un'apertura di discussione con gruppi dell'opposizione. A questo proposito, voglio dichiarare che quel che è detto è detto: gli impegni assunti verranno mantenuti.


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A questo punto, il Governo pone la questione di fiducia sull'approvazione del suo emendamento senza subemendamenti né articoli aggiuntivi.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ELIO VITO. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Onorevole Gasparri, può farsi da parte? Onorevole Leone!

ELIO VITO. Signor Presidente, innanzitutto non mi pare di aver ben compreso su cosa il Governo pone la questione di fiducia, perché se la pone sull'emendamento già presentato, non mi sembra sia interamente sostitutivo del testo. Comunque, queste sono questioni tecniche...

PRESIDENTE. Io ho capito che la pone sull'emendamento Dis. 1.1.
Credo sia quello.

ELIO VITO. Non su quello annunciato. C'è un nuovo emendamento?

PRESIDENTE. Sull'emendamento che ho dichiarato ammissibile.

ELIO VITO. In ordine alle dichiarazioni del ministro Bersani ho la sensazione che questa fiducia largamente annunciata, che si è cercato di evitare non perché non fosse un diritto del Governo ricorrere alla questione di fiducia, ma proprio per dimostrare come quell'annunciata volontà da parte dell'esecutivo di porla fosse pretestuosa, ora risorga clamorosamente dalle ceneri in maniera ancora più ingiustificata dopo che la lega ha annunciato la rinuncia degli ultimi (credo due o tre) suoi membri che avevano chiesto di parlare e, quindi, quando si stava per passare alla votazione degli emendamenti; emendamenti che sappiamo essere non particolarmente numerosi, ed il cui esame poteva concludersi nella giornata odierna. Certo, si sarebbe potuto manifestare un atteggiamento ostruzionistico che, però, non si era ancora manifestato...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Vito.
Onorevole Rivera!
Per favore, i commessi informino i colleghi che stiamo tenendo seduta.

ELIO VITO. Mi resta un dubbio, Presidente, ossia se la questione di fiducia sia stata posta per un ostruzionismo della lega che non sappiamo ancora se ci fosse o meno, o piuttosto per evitare di verificare la mancanza del numero legale a causa delle assenze che si riscontrano in tutti i gruppi, quelli dell'opposizione, ma sembra anche in quelli della maggioranza.
Prendo atto che il ministro Bersani ha dichiarato di mantenere gli impegni assunti pochi minuti fa e questo mi sembra un dato importante. Ci auguriamo che questi impegni vengano mantenuti anche successivamente, ossia quando dovranno essere attuati, proprio per continuare a ritenere che questa fiducia annunciata è ampiamente ingiustificata rispetto a quello che è il punto dei lavori parlamentari.

DOMENICO COMINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO COMINO. Ringrazio il ministro Bersani per la tempestività con cui ha posto la questione di fiducia sull'emendamento governativo, perché se c'era un'intenzionalità nelle sue asserzioni nell'indicare nel nostro quel gruppo parlamentare tra i tanti che ha assunto una tecnica dilatoria affinché non si addivenisse all'approvazione del provvedimento ha scelto il momento più sbagliato, cioè proprio quello in cui tre deputati del nostro gruppo rinunciavano ad illustrare il complesso degli emendamenti. Non vorrei che questa nuova tecnica governativa


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del vedere se le sponde rispondono o meno sia quanto si prefigura in quest'aula per i prossimi giorni e mesi.
Signori membri del Governo, i problemi sono due. Se volete evitare di votare perché la maggioranza non è presente in quanto sono già andati via tutti, forse la questione di fiducia può essere un metodo. Non si dica però che la lega adotta tecniche dilatorie per impedire la discussione e l'approvazione dei provvedimenti.
Io, però, modestamente penso ad un'altra cosa, ossia che questo sia uno strumento per ricompattare l'ennesima volta una maggioranza che sistematicamente non c'è su nessuno dei provvedimenti del Governo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Prendiamo atto della decisione dell'esecutivo, se non altro confacente a quanto hanno comunicato i mezzi di informazione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Colleghi, essendo stata posta la questione di fiducia sull'approvazione dell'emendamento del Governo, il dibattito proseguirà a norma dell'articolo 116 del regolamento, così come costantemente interpretato su conforme parere della Giunta per il regolamento.
Poiché si è chiusa la fase degli interventi sul complesso degli emendamenti, la votazione sulla questione di fiducia avrà luogo nella seduta di domani, previo svolgimento delle dichiarazioni di voto, ai sensi dell'articolo 116, comma 3, del regolamento.
Sospendo la seduta e convoco la Conferenza dei presidenti di gruppo nella biblioteca del Presidente per determinare le modalità di voto, che comunicherò all'Assemblea al termine della riunione della Conferenza stessa.

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