Art. 74
(Costituzione e dimissioni del Governo)

Il Primo ministro e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.

Entro dieci giorni dalla formazione del Governo, il Primo ministro espone alle Camere il suo programma.

La Camera dei deputati esprime la sfiducia al Governo mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei componenti e approvata per appello nominale dalla maggioranza assoluta. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione. Tale termine è di ventiquattro ore quando la mozione è presentata in occasione dell'esposizione programmatica di cui al precedente comma.

Non sono ammesse mozioni di sfiducia contro singoli ministri.

Il Primo ministro presenta le dimissioni del Governo al Presidente della Repubblica nei seguenti casi:

a) elezione della Camera dei deputati;

b) mancata approvazione, da parte della Camera dei deputati, della fiducia chiesta dal Governo ai sensi del regolamento della Camera dei deputati;

c) approvazione della mozione di sfiducia di cui al terzo comma.

Il Primo ministro presenta altresì le dimissioni del Governo all'atto dell'assunzione delle funzioni da parte del Presidente della Repubblica.

Comportano dimissioni del Governo le dimissioni o la morte del Primo ministro ovvero il suo impedimento permanente, accertato dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Contenuto

L’art. 74 disciplina la materia della costituzione del Governo, del rapporto fiduciario che lo lega al Parlamento, dei casi in cui esso è tenuto a presentare le proprie dimissioni. Le differenze fondamentali rispetto alla disciplina vigente (art. 94 Cost.) sono legate alla esigenza di favorire la stabilità di governo e di adattare il sistema alla nuova configurazione del circuito istituzionale dell'indirizzo politico, che coinvolge Governo, Presidente della Repubblica e Camera dei deputati.

In primo luogo, il passaggio da un sistema di bicameralismo perfetto a uno di bicameralismo imperfetto comporta che il rapporto di fiducia si instauri con la sola Camera dei deputati; benché il Primo ministro sia tenuto ad esporre il proprio programma di governo davanti ad entrambe le Camere (secondo comma), solo la Camera dei deputati può approvare mozioni di sfiducia e solo in conseguenza delle sue elezioni il Governo è tenuto a dimettersi (quinto comma, lett. b)).

Altre significative innovazioni coinvolgono direttamente la sostanza dello stesso rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento. Le essenziali novità consistono nelle seguenti:

  1. non è più previsto un iniziale voto di fiducia. Ai sensi del secondo comma, infatti, il Governo è tenuto a presentarsi alle Camere entro 10 giorni dalla nomina (come previsto dall'art. 94 della Costituzione vigente), ma a questo adempimento non fa più necessariamente seguito una votazione di fiducia. Si configura così un istituto che si potrebbe definire di "fiducia presunta", poiché il Governo può svolgere le proprie funzioni con pienezza di mandato, senza aver ricevuto l’espressa fiducia della Camera. È tuttavia espressamente prevista la possibilità per una minoranza dei componenti della Camera dei deputati di presentare una mozione di sfiducia, con una procedura semplificata rispetto a quella ordinaria. Mentre infatti una mozione di sfiducia presentata in costanza di rapporto non può essere posta in discussione prima di tre giorni, per quella presentata in occasione della esposizione programmatica del Governo il termine è ridotto a ventiquattro ore;
  2. si dispone un aggravamento della procedura con cui la Camera può approvare la mozione di sfiducia. Per essere posta in discussione, la mozione dovrà infatti essere sottoscritta da un quinto dei componenti della Camera, invece che da un decimo di essi, come nel sistema vigente. Inoltre, essa dovrà essere approvata a maggioranza assoluta;
  3. si stabilisce che non sono ammesse mozioni di sfiducia contro singoli ministri. In connessione con l’introduzione della possibilità di revoca dei ministri (art. 66, lett. c)), tale disciplina rafforza sostanzialmente la figura del Primo ministro sia nei confronti della maggioranza parlamentare che nell’ambito del rapporto interno al Governo.

I co. 5 e 6 dell’articolo in esame sono invece dedicati alla tipizzazione dei casi in cui il Governo è tenuto a presentare le proprie dimissioni. Al proposito, la disciplina dettata dalla Costituzione vigente dispone espressamente che il voto contrario delle Camere su un provvedimento del Governo non implichi l’obbligo di dimissioni; il Governo è peraltro tenuto a dimettersi in caso di mancata approvazione di una mozione di fiducia o in quello inverso di approvazione della mozione di sfiducia. La proposta di riforma procede invece all’individuazione tassativa di tutti i casi in cui il Governo è tenuto a dimettersi. Essi sono:

  1. elezione della Camera dei deputati;
  2. interruzione del rapporto fiduciario, per mancata approvazione della questione di fiducia posta dal Governo o per approvazione di una mozione di sfiducia;
  3. elezione del Presidente della Repubblica;
  4. dimissioni, morte o impedimento permanente del Primo ministro.

Si rammenta che, ai sensi dell’art. 70, le dimissioni del Governo comportano la possibilità che il Presidente della Repubblica proceda allo scioglimento anticipato della Camera dei deputati (si veda la scheda riguardante tale articolo).

Dibattito in Commissione

In merito alla materia trattata da questo articolo, le ipotesi alternative più rilevanti hanno riguardato il problema del rapporto fiduciario. In particolare, la riflessione della Commissione si è incentrata sulla questione dell'opportunità di prevedere una votazione fiduciaria iniziale. La discussione svoltasi nella seduta del 25 giugno sull’emendamento Russo IV. 9. 8 (pp. 1979ss.), che ha trovato il sostegno anche del senatore Pieroni, è stata dedicata a tale materia.

Si proponeva, da una parte, di reintrodurre la previsione di un’espressa votazione di fiducia iniziale; dall’altra che, in caso di approvazione di una mozione di sfiducia, il Presidente della Repubblica potesse sciogliere la Camera solo se essa non fosse stata in grado di indicare, entro un termine certo, un nuovo Primo ministro.

La proposta di introdurre l’istituto della sfiducia costruttiva, sostenuta in un primo tempo da alcuni gruppi dello schieramento favorevole all’ipotesi del premierato, aveva peraltro già incontrato l’opposizione della maggioranza della Commissione, ivi compreso il gruppo della sinistra democratica (Mussi, p. 1240); essa è stata quindi respinta sia al momento dell’approvazione del testo di giugno, sia successivamente nel corso dell’esame degli emendamenti in sede di Comitato ristretto, che ha portato al testo definitivo.

Sempre in merito alla proposta di reintrodurre un’iniziale votazione di fiducia, si segnala peraltro che essa è stata di nuovo sollevata e respinta nell’ultima fase dei lavori. La Commissione ha a tal proposito esaminato le proposte Cossutta e Mattarella (2661), di contenuto analogo. La prima chiedeva che venisse limitato il potere di scioglimento anticipato della Camera nel caso in cui le dimissioni del Governo fossero dovute all’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica; in questo caso, il Presidente avrebbe avuto l’obbligo di rinviare il Governo alla Camera per verificare la sussistenza del rapporto di fiducia; solo se la Camera avesse negato la fiducia il Presidente avrebbe potuto procedere allo scioglimento anticipato, ove lo ritenesse necessario. La seconda proponeva di sopprimere del tutto l’obbligo di dimissioni in caso di elezione di un nuovo Presidente.


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