Art. 70
(Potere del Presidente della Repubblica di scioglimento della Camera)

Il Presidente della Repubblica può, sentiti i Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, indire le elezioni della Camera dei deputati prima del termine ordinario, nel caso di dimissioni del Governo ai sensi dell’articolo 74. La Camera dei deputati non può essere sciolta nell’ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica. Se il termine ordinario scade nel periodo predetto, la durata della Camera dei deputati è prorogata. Le elezioni della nuova Camera dei deputati si svolgono entro sei mesi dall’elezione del Presidente della Repubblica.

Il potere di cui al primo comma non può essere esercitato durante l’anno che segue le elezioni della Camera dei deputati, qualora siano avvenute successivamente all’elezione del Presidente della Repubblica.

Se il termine della legislatura scade nel penultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica, le elezioni della Camera dei deputati sono anticipate del tempo necessario per precedere di dodici mesi l’elezione del Presidente della Repubblica.

Contenuto

L’art. 70 disciplina il potere di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica della Camera "politica" (la Camera dei deputati). Esso definisce pertanto un elemento centrale della nuova forma di governo.

Scioglimento anticipato della Camera dei deputati

La disciplina costituzionale attualmente vigente in materia (art. 88 della Costituzione) prevede che il Presidente della Repubblica possa sciogliere anticipatamente una o entrambe le Camere, sentiti i loro Presidenti, salvo che negli ultimi sei mesi del proprio mandato (c.d. "semestre bianco"). Il divieto non opera se gli ultimi sei mesi coincidono, anche parzialmente, con gli ultimi sei mesi della legislatura (clausola di salvaguardia per il c.d. "scioglimento tecnico").

Le differenze fondamentali tra le disposizioni contenute nell'art. 70 e la disciplina costituzionale vigente possono essere così illustrate:

  1. previsione che possa essere sciolta anticipatamente la sola Camera dei deputati (e non anche il Senato). La scelta, operata dalla Commissione, di non consentire uno scioglimento anticipato del Senato, si ricollega alla differente configurazione delle due Assemblee: la Camera dei deputati come "Camera politica", che intrattiene il rapporto fiduciario con il Governo e subisce le conseguenze di un'eventuale crisi di tale rapporto; il Senato come "Camera delle garanzie", che, proprio in virtù del suo ruolo, ha una "durata fissa" garantita dalla Costituzione. Questa differenziazione è pertanto coerente con l’adozione di un sistema parlamentare a "bicameralismo differenziato". L’attribuzione al Senato di un ruolo prevalentemente di controllo e di garanzia comporta, infatti, la sua sottrazione alle ipotesi di scioglimento anticipato.
  2. Tipizzazione del potere di scioglimento e autonomia del Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica esercita il potere di scioglimento della Camera in piena autonomia: rispetto alla vigente Costituzione il testo in esame conferma infatti l’obbligo per il Presidente di sentire i Presidenti delle due Camere prima di procedere allo scioglimento, ma sottrae l’atto presidenziale alla controfirma del Primo ministro (art. 71, secondo comma), assegnando quindi la relativa decisione all’esclusiva responsabilità del Capo dello Stato. A bilanciamento della esclusiva responsabilità presidenziale in merito all’atto di scioglimento, il testo tipizza in modo rigoroso i casi e i tempi nei quali il Presidente può procedere allo scioglimento. Il Presidente può infatti sciogliere le Camere solo nel caso in cui il Primo ministro presenti le dimissioni. Oltre al caso di dimissioni volontarie, il testo prevede in proposito (art. 74, commi quinto, sesto e settimo) i seguenti casi in cui il Primo ministro è tenuto a dimettersi:

Al di fuori di questi casi tassativi, il Presidente non può procedere pertanto allo scioglimento anticipato; viene cioè significativamente limitata la discrezionalità di cui potrebbe godere il Presidente della Repubblica nel giudicare l’opportunità politica di indìre nuove elezioni prima del termine naturale di scadenza della legislatura; la sua possibilità di scelta è infatti strettamente condizionata ad un atto formale che dipende o da fatti oggettivi o da una scelta politica della Camera o del Primo ministro. È peraltro essenziale sottolineare che l’articolo 74 prevede che il Governo debba necessariamente dimettersi in caso di elezione di un nuovo Presidente della Repubblica. Tale disposizione contribuisce ad un "bilanciamento" dei limiti al potere presidenziale di scioglimento. Si consente con essa al Presidente della Repubblica neoeletto di sciogliere la Camera, permettendo così al corpo elettorale di pronunciarsi anche sulla composizione della camera politica. Viene in tal modo attribuito al Presidente un potere molto rilevante che potrebbe rivelarsi decisivo per risolvere le situazione di c.d. "coabitazione" (coesistenza di un Presidente della Repubblica e di una maggioranza di governo contrassegnati da opposti orientamenti politici).

  1. imposizione di un limite temporale al potere di scioglimento, che non può essere esercitato nell’anno successivo alle elezioni della Camera dei deputati. Anche nel caso in cui il Governo presenti le proprie dimissioni, il Presidente non potrà pertanto sciogliere la Camera, se questa sia stata rinnovata da non più di un anno; si è dunque inteso, in primo luogo, evitare la possibilità di scioglimenti troppo ravvicinati nel tempo, che avrebbero contrastato con le esigenze di stabilità politica perseguite dalla riforma. Tale limite temporale è previsto solo per il caso in cui l'elezione della Camera sia avvenuta successivamente a quella del Presidente della Repubblica. Peraltro, in condizioni ordinarie la durata minima di un anno è assicurata dai meccanismi (illustrati nel successivo paragrafo) di modifica della durata della legislatura in prossimità delle elezioni presidenziali, che impediscono che le elezioni della Camera possano precedere quelle presidenziali di un periodo di tempo inferiore ad un anno. Quindi, anche qualora l'elezione della Camera abbia luogo precedentemente a quella del Presidente, la legislatura non potrà avere una durata inferiore ad un anno

Modifiche della durata della legislatura in prossimità delle elezioni presidenziali

In ordine a tale aspetto, l’art. 85, terzo comma, della Costituzione vigente disciplina il caso in cui il mandato del Presidente della Repubblica venga a scadenza a Camere sciolte o nei tre mesi precedenti al loro scioglimento. In tal caso viene previsto che i poteri del Presidente in carica siano prorogati in attesa dell’elezione e della riunione delle Camere nuove, che procedono ad eleggere il nuovo Presidente entro quindici giorni.

La proposta di riforma inverte la logica sottesa al testo vigente, che è quella di far precedere le elezioni presidenziali da quelle delle Camere, logica connessa con l’attribuzione a queste ultime della competenza ad eleggere il Presidente. In connessione con il nuovo contesto determinato dalla scelta semipresidenzialista e dall’elezione diretta del Presidente, gli ultimi due periodi del primo comma dell’articolo in esame stabiliscono che, se il termine ordinario della Camera dei deputati scade nell’ultimo semestre del mandato presidenziale, la durata della Camera è prorogata e la sua elezione si svolge nei sei mesi successivi all’elezione del Presidente. Nei sei mesi ancora precedenti, vale a dire nel penultimo semestre di mandato presidenziale, si verifica un fenomeno opposto: se la scadenza ordinaria della legislatura cade in tale periodo, l'elezione della Camera è anticipata del tempo necessario affinché possa precedere di un anno l’elezione presidenziale. Si prefigura quindi un sistema nel quale la durata della legislatura (della sola Camera) può essere prolungata o abbreviata per un periodo di tempo non superiore ai sei mesi, in modo tale che le elezioni della Camera non possano mai precedere quelle presidenziali di un periodo di tempo inferiore ad un anno. Esse le potranno invece seguire con qualsiasi intervallo di tempo, poiché in caso di proroga non è previsto un termine post quem, ma uno ad quem, per procedere alle elezioni.

Dibattito in Commissione

In merito a tale articolo, la discussione si è concentrata sul tema del potere di scioglimento anticipato, che si pone in stretta connessione con la questione del rapporto fiduciario tra Governo e maggioranza parlamentare e con quella sulle modalità di esercizio del potere di nomina del Primo ministro da parte del Presidente della Repubblica. Si tratta di una discussione di portata generale, che abbraccia per intero il tema della forma di governo, e che ha quindi tendenzialmente riprodotto le contrapposizioni emerse in proposito alla scelta tra il sistema semipresidenziale e quello del premierato.

In particolare, i gruppi schierati a sostegno del semipresidenzialismo si sono dimostrati contrari ad un’eccessiva "tipizzazione" dei casi in cui il Presidente può decidere se procedere allo scioglimento anticipato (Calderisi, 1938; Nania, 1951, che ha sostenuto con forza l’opportunità di lasciare al Presidente un più ampio ruolo arbitrale).

Da parte dei gruppi inizialmente contrari al modello semipresidenziale, sono state svolte considerazioni sulla necessità di limitare ulteriormente il potere del Presidente; in particolare, si sarebbe voluto escludere l'esercizio di tale potere nel caso in cui la Camera dei deputati si dimostri in grado di uscire autonomamente dalla crisi politica che ha portato alle dimissioni del Governo, esprimendo una nuova maggioranza politica, tramite ad esempio lo strumento della cosiddetta sfiducia costruttiva (De Mita, 699; Russo, p. 703).

Il gruppo di Rifondazione comunista ha inoltre chiesto che la possibilità di scioglimento venisse esclusa nel caso in cui le dimissioni del Governo siano dovute all’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica (Cossutta, 1954-1955).

Mantenuto fermo l’impianto generale, la maggioranza della Commissione ha ritenuto di accogliere un emendamento proposto dal sen. Passigli, introducendo la già ricordata disposizione della lett. d) dell’art. 66, che ha conferito al Presidente la possibilità di chiedere al Governo di presentarsi alla Camera per verificare la sussistenza del rapporto di fiducia. È parso così che si potesse offrire al Presidente il modo per far emergere una eventuale crisi "latente", senza perciò attribuirgli il potere di un intervento diretto che avrebbe potuto rischiare di divenire eccessivamente discrezionale (si veda l'intero dibattito svoltosi nella seduta del 22 ottobre, pp. 2634 ss.).


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