Art. 62
(Autonomia finanziaria e tributaria degli enti territoriali)

I Comuni, le Province e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione e dalle leggi approvate dalla due Camere.

I Comuni, le Province e le Regioni stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri. Essi dispongono, inoltre, di una quota non inferiore alla metà del gettito complessivo delle entrate tributarie erariali, escludendo dal computo le risorse da riservare, anno per anno, alle esigenze indivisibili della comunità nazionale indicate nel comma quarto. Dispongono, infine, di trasferimenti perequativi senza vincoli di destinazione, qualora ricorrano le condizioni previste dal quinto comma.

La partecipazione dei Comuni, delle Province e delle Regioni al gettito dei tributi erariali riferibile al territorio regionale, integra i proventi dei tributi propri, sino al raggiungimento dell'autosufficienza finanziaria per le Regioni con maggiore capacità fiscale per abitante ed in riferimento alle spese per le funzioni ordinarie che Comuni, Province e Regioni devono svolgere. La quota di partecipazione ai tributi erariali così definita è applicata uniformemente a tutte le Regioni. Con la medesima legge sono stabiliti i modi e le forme di collaborazione di Comuni, Province e Regioni all'attività di accertamento dei tributi erariali al cui gettito essi partecipano.

Sono sottratte dal computo dei tributi erariali da ripartire tra Stato, Comuni, Province e Regioni le risorse destinate:

a) al servizio del debito pubblico;

b) a far fronte a calamità naturali e ad esigenze connesse alla sicurezza del Paese;

c) a interventi volti a favorire uno sviluppo economico e sociale equilibrato sul territorio nazionale, secondo quanto deliberato con legge approvata dalla due Camere;

d) a costituire il Fondo perequativo di cui al quinto comma.

Con legge è istituito un Fondo perequativo dal quale sono erogati i trasferimenti annui a favore delle comunità regionali nelle quali la capacità fiscale per abitante sia inferiore a parametri definiti dalla legge stessa, o siano superiori i costi necessari all'erogazione dei servizi cui il Comune, la Provincia e la Regione sono tenuti. Scopo del Fondo è quello di consentire ai Comuni, alle Province ed alle Regioni beneficiari, di svolgere le funzioni ed erogare i servizi di loro competenza ordinaria ad un livello di adeguatezza medio ed in condizioni di massima efficienza ed economicità. La costituzione e la distribuzione del Fondo sono definite con legge secondo parametri uniformi ed oggettivamente determinabili, stabiliti per un periodo pluriennale.

I beni demaniali appartengono al Comune nel cui territorio sono ubicati, ad eccezione di quelli espressamente riservati dalla legge approvata dalle due Camere allo Stato, alle Regioni o alle Province in quanto essenziali per l'esercizio delle funzioni ad essi attribuite.

Le Regioni e gli enti locali possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento e rispondono con il loro patrimonio disponibile delle obbligazioni contratte. È esclusa ogni forma di garanzia dello Stato sui prestiti accessi dai Comuni, dalle Province e dalle Regioni.

Contenuto

L'art. 62 propone una articolata disciplina della materia della finanza regionale e locale, regolata attualmente dall'art. 119 della Costituzione vigente. Rispetto alle sintetiche disposizioni di quest'ultimo articolo, il nuovo testo introduce significative innovazioni, che possono essere così illustrate:

1) equiparazione dei Comuni e delle Province alle Regioni, per quanto riguarda gli aspetti principali dell'autonomia finanziaria e tributaria;

2) rafforzamento dell'autonomia finanziaria e tributaria degli enti territoriali, tramite l'introduzione di una nuova disciplina delle fonti di entrata e, in particolare, l'assegnazione di una quota minima garantita di tributi erariali;

3) predisposizione di adeguati strumenti per realizzare una redistribuzione delle risorse in tutto il territorio nazionale, in particolare tramite la costituzionalizzazione di un Fondo perequativo (quinto comma);

4) introduzione di una nuova disciplina in materia di beni demaniali (sesto comma);

5) introduzione di limiti costituzionali alla possibilità di indebitamento degli enti territoriali (settimo comma).

In linea generale, si rammenta che la disciplina costituzionale vigente si riferisce esclusivamente all'autonomia finanziaria delle Regioni. La disciplina della finanza locale è, invece, rimessa totalmente alla normativa dettata dalle leggi generali della Repubblica.

L'articolo in esame detta disposizioni destinate espressamente a valere tanto per i Comuni e le Province quanto per le Regioni. La nuova disciplina delle fonti di entrata degli enti territoriali autonomi attribuisce ad essi tre categorie di risorse:

1) tributi ed entrate propri;

2) una quota delle entrate tributarie erariali;

3) trasferimenti perequativi.

Quanto alla prima categoria di risorse (tributi ed entrate propri), viene attribuita agli enti territoriali la piena libertà di stabilire ed applicare tributi, nell'ambito della propria autonomia normativa e nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione e da leggi bicamerali. Si segnala inoltre, per quanto riguarda le Regioni, che l'art. 60, quarto comma, lett. e), individua, tra i contenuti necessari degli Statuti regionali, la materia dei principi generali dell'autonomia finanziaria e tributaria della Regione. Le leggi e i regolamenti regionali in materia dovranno quindi adeguarsi, nei rispettivi ambiti di intervento, tanto a norme statali valide per tutte le Regioni, quanto alle specifiche norme statutarie di ciascuna di esse. Quanto alle entrate diverse da quelle tributarie, si deve tener conto dei limiti posti alla facoltà di indebitamento dal successivo settimo comma, che prevede che tale fonte possa essere utilizzata solo per finanziare spese di investimento. Lo stesso comma dispone inoltre che gli enti territoriali rispondono con il proprio patrimonio disponibile delle obbligazioni contratte, e che è fatto divieto allo Stato di prestare la propria garanzia sui prestiti da essi accesi.

La materia della "finanza derivata" (che si esplica nell’attribuzione di quote di entrate erariali) viene disciplinata in maniera dettagliata dai commi terzo e quarto dell'articolo in esame. Al proposito, la Costituzione vigente dispone soltanto che alle Regioni possano essere attribuite quote di tributi erariali in relazione ai loro bisogni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali. Con l’articolo 62, vengono introdotti alcuni nuovi principi. In primo luogo, la partecipazione ai tributi erariali viene estesa a Comuni e Province. In secondo luogo, essa dovrà essere collegata al gettito tributario riferibile al territorio regionale: viene cioè prevista una corrispondenza tra le risorse trasferite ai vari enti territoriali e il contributo dato dai cittadini di ogni regione al finanziamento dell'erario.

Si prevede inoltre la possibilità che gli enti territoriali con maggiore capacità fiscale per abitante si rendano indipendenti dai contributi statali. La loro partecipazione ai tributi erariali è infatti destinata a cessare quando essi abbiano raggiunto l'autosufficienza finanziaria, quando cioè i tributi e le entrate propri siano sufficienti a coprire le spese per le funzioni ordinarie che tali enti sono tenuti a svolgere.

La novità più importante è costituita però dalla previsione di una quota minima garantita di risorse erariali che devono comunque essere trasferite agli enti territoriali. Si prevede infatti che dal monte complessivo delle entrate tributarie erariali vengano, in primo luogo, sottratte le risorse destinate a finanziare alcuni specifici compiti dello Stato. Quello che residua del gettito erariale viene quindi suddiviso tra lo Stato da una parte e gli enti territoriali dall'altra: la quota spettante a questi ultimi è definita in misura non inferiore alla metà di tale complesso di risorse. Il meccanismo così delineato conserva allo Stato alcuni margini di discrezionalità, ed assicura una certa flessibilità al sistema; la quantificazione concreta delle risorse attribuite agli enti locali dipende infatti sia dalla scelta relativa alla determinazione dei fondi da destinare a politiche di solidarietà, sia dall'andamento complessivo delle finanze pubbliche e dal verificarsi o meno di situazioni di emergenza che richiedano l'utilizzo di risorse straordinarie.

La terza categoria di risorse locali è data dai trasferimenti perequativi. Lo scopo di garantire un'equa distribuzione delle risorse su tutto il territorio nazionale è infatti perseguito con la costituzionalizzazione di un "Fondo perequativo". Come segnalato in precedenza, i trasferimenti ordinari agli enti territoriali sono ripartiti in ragione della quota di gettito riferibile al territorio regionale; si delinea quindi una corrispondenza tra capacità fiscale e risorse disponibili, che potrebbe penalizzare eccessivamente gli enti territoriali delle zone del Paese a minor capacità di contribuzione fiscale. Per porre rimedio a tale rischio viene previsto:

a) se la capacità fiscale per abitante riscontrata nel loro territorio è inferiore a parametri fissati dalla legge;

b) se i costi necessari all'erogazione dei loro servizi obbligatori sono superiori a parametri fissati dalla legge.

Ai trasferimenti potranno accedere anche gli enti locali situati nelle Regioni che rispondano a tali requisiti. Viene stabilita altresì la finalità specifica di questi trasferimenti perequativi, che è quella di consentire agli enti beneficiari di svolgere le proprie funzioni ordinarie in maniera adeguata, efficiente ed economica.

Il sesto comma dell’articolo 62 attribuisce infine tutti i beni demaniali ai Comuni nel cui territorio essi si trovano, fatta eccezione per i beni espressamente assegnati dalla legge agli altri enti territoriali.

Dibattito in Commissione

Il dibattito in Commissione si è soffermato in particolare sul problema della disciplina costituzionale della quota minima di risorse erariali da assegnare obbligatoriamente agli enti territoriali. In un primo tempo il relatore aveva proposto di ripartire le risorse erariali non destinate al finanziamento di esigenze imprescindibili dello Stato, secondo una proporzione fissa che ne riservava i due terzi agli enti territoriali (D'Onofrio, pp. 2365ss.).

Questa proposta è parsa ad alcuni inadeguata, perché fisserebbe il livello delle risorse assegnate agli enti territoriali, senza che sia possibile stabilire con precisione e preventivamente le funzioni da finanziare (Salvati, p. 2368).

Inoltre, essa non consentirebbe allo Stato di gestire in modo dinamico il proprio bilancio, introducendo un'inopportuna rigidità in un ambito che appare in costante evoluzione (Grillo, p. 2372).

Infine, si è sottolineato che una simile disposizione potrebbe sancire l'esistenza permanente della finanza derivata, anche per le zone più ricche del territorio nazionale (D'Amico, p. 2376).

Queste osservazioni hanno indotto il relatore ad apportare alcune modifiche al testo originariamente presentato. Pertanto, accogliendo una proposta dell'onorevole Salvati (p. 2368), è stata introdotta una disposizione che prevede la possibilità che gli enti territoriali con più elevata capacità fiscale si rendano indipendenti dai trasferimenti statali. La nuova formulazione ha tuttavia incontrato l'opposizione di alcuni commissari, cui appariva comunque inopportuno indicare una cifra fissa di partecipazione alla ripartizione di tributi erariali (Grillo, pp. 2593ss.).

Si segnala, infine, che, nel corso della discussione in Commissione sull’articolo in esame, il gruppo di Rifondazione comunista ha manifestato la propria contrarietà alle disposizioni che sanciscono il principio della responsabilità integrale degli enti territoriali per le obbligazioni contratte e il divieto di garanzia da parte dello Stato (Marchetti, p. 2380 e p. 2600). La prima obiezione è stata in parte accolta dalla Commissione, che ha introdotto la previsione che la possibilità di rivalsa per le obbligazioni inadempiute sia limitata al patrimonio disponibile degli enti territoriali.


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