Art. 60
(Statuti regionali)

Ciascuna Regione ha uno Statuto che ne definisce i princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento.

Lo Statuto è approvato e modificato con legge dall'Assemblea regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive su testo identico adottate ad intervallo non minore di due mesi.

Lo Statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua approvazione ne faccia richiesta un trentesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti l'Assemblea regionale. Lo statuto non è promulgato quando, avendo partecipato al voto la maggioranza degli aventi diritto, i voti contrari prevalgono sui voti favorevoli.

Lo Statuto disciplina:

a) la forma di governo della Regione, anche con riferimento ai rapporti fra l'Assemblea regionale, il Governo regionale e il Presidente della Regione;

b) i casi di scioglimento anticipato dell'Assemblea regionale;

c) la formazione delle leggi e degli atti normativi della Regione, con particolare riferimento alla partecipazione ad essi dei Comuni e delle Province;

d) l'iniziativa popolare di leggi e di atti normativi e la richiesta di referendum;

e) i princìpi generali dell'autonomia finanziaria e tributaria della Regione;

f) i princìpi generali della contabilità e il bilancio regionale.

La durata della legislatura regionale è fissata in cinque anni.

Nel rispetto dei princìpi di democraticità, rappresentatività e stabilità di governo, la Regione delibera la propria legge elettorale a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea regionale. La legge elettorale può essere sottoposta a referendum popolare nei casi e con le modalità previste dal terzo comma.

La legge regionale promuove l'equilibrio della rappresentanza elettiva tra i sessi.

Nessuno può appartenere contemporaneamente a più di una Assemblea regionale.

I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio o a causa delle loro funzioni.

Contenuto

L'art. 60 disciplina le modalità di adozione e i contenuti degli Statuti e delle leggi elettorali regionali.

In particolare, il comma 1 prevede con norma generale che ciascuna Regione abbia uno Statuto, e ne individua il contenuto generale, che consiste nella definizione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione stessa - disposizioni del tutto analoghe a quelle del primo periodo del co. 1 dell'art. 123 vigente, tranne che per la soppressione della previsione che ciò debba avvenire in armonia con la Costituzione, nonché con le leggi della Repubblica.

I commi 2 e 3 regolano le modalità di adozione dello Statuto, che non dovrà più essere approvato con legge della Repubblica (come avviene ora, ai sensi del comma 2 dell'art. 123); bensì con legge della stessa Regione. Viene però introdotta una procedura aggravata di approvazione da parte dell'Assemblea regionale. Si stabilisce infatti che approvazione e modifiche dello Statuto avvengano con due deliberazioni successive, ad intervallo non minore di due mesi e adottate con la maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea.

È inoltre sempre possibile sottoporre lo Statuto così approvato a referendum, quando ne facciano richiesta un trentesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti dell'Assemblea. Il referendum ha sostanzialmente una funzione "oppositiva", poiché viene previsto che lo Statuto non sia promulgato solo se ha partecipato al voto la maggioranza degli aventi diritto, e i voti contrari hanno prevalso su quelli favorevoli. Si è cioè voluto favorire il mantenimento della deliberazione dell'Assemblea, introducendo un quorum di partecipazione (la metà degli aventi diritto) per l'esplicazione da parte del referendum dell'effetto preclusivo alla promulgazione dello Statuto.

I contenuti specifici dello Statuto sono indicati dal comma quattro, che mantiene ferma (lett. d)) l'unica previsione recata in proposito dal vigente testo costituzionale - quella per cui esso disciplina l'iniziativa popolare e la richiesta di referendum relative a leggi ed atti normativi della Regione. Viene inoltre deferita all'autonomia statutaria tutta la disciplina della forma di governo regionale (lett. a)), attualmente regolata direttamente in Costituzione (artt. 121 e 125, comma 5), benché si mantenga la diretta individuazione degli organi di vertice: Assemblea regionale, Governo regionale e Presidente della Regione.

Alla soppressione della complessa disciplina attuale in materia di scioglimento dei Consigli regionali corrisponde (lett. b)) l'attribuzione allo Statuto della competenza a disciplinare anche i casi di scioglimento anticipato dell'Assemblea, la cui durata ordinaria è fissata in cinque anni (comma 5). Rientrano infine nella materia statutaria la disciplina della formazione di leggi ed atti normativi, e i principi per la contabilità e il bilancio e relativi all'autonomia finanziaria e tributaria.

Quanto a quest'ultima materia, si noti che in combinazione con il successivo art. 62 si prefigura un disegno per cui la finanza regionale viene ad essere regolata da una serie di norme di fonte diversa: la Costituzione, la legge bicamerale che individua limiti e forme dell'autonomia finanziaria a livello interregionale, lo Statuto che ne detta i principi generali differenziati per ciascuna Regione, e infine la legge regionale - oltre alle norme attuative di livello inferiore.

Il sesto comma attribuisce inoltre alle Regioni la competenza in materia di legge elettorale regionale, attualmente regolata dalla legge della Repubblica, ai sensi del co. 1 dell'art. 122. Per la sua adozione è prevista una procedura aggravata, che richiede l'approvazione a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea e la sottoponibilità a referendum, con le stesse modalità previste per gli Statuti - una procedura quindi analoga a quella prevista per l'approvazione di questi, salvo che non è richiesta la doppia deliberazione.

Lo stesso comma sesto, nonché il successivo, dettano norme di principio cui le leggi elettorali regionali dovranno comunque essere conformate. Si tratta dei principi di democraticità, rappresentatività e stabilità di governo, nonché dell'esigenza di promuovere l'equilibrio della rappresentanza elettiva tra i sessi, disposizione quest'ultima che estende all'ambito regionale quanto previsto per le elezioni del Parlamento nazionale del successivo art. 77.

Gli ultimi due commi dell'articolo in esame concernono rispettivamente le materie della incompatibilità e della insindacabilità dei consiglieri regionali.

L’ottavo comma stabilisce che nessuno può appartenere contemporaneamente a più di un'Assemblea regionale; peraltro, la carica di componente dell'Assemblea, ai sensi delle altre disposizioni del progetto di legge costituzionale, è incompatibile anche con quella di componente di una delle due Camere (come espressamente prevede il co. 2 dell'art. 84), di Presidente della Repubblica, di componente dei Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa (art. 120, co. 14), di giudice o magistrato del pubblico ministero (art. 125, co. 6), di giudice della Corte costituzionale (art. 135, co. 6).

Quanto all'insindacabilità dei consiglieri regionali (comma 9), essa è disciplinata in maniera identica a quella propria dei parlamentari nazionali (art. 86, co. 1), e risulta quindi estesa, rispetto alla vigente disciplina (art. 122, co. 4), alle opinioni espresse e ai voti dati dai consiglieri non solo nell'esercizio delle loro funzioni, ma anche a causa di esse.

Dibattito in Commissione

La questione sostanziale più dibattuta è stata quella relativa all'opportunità di introdurre nell'ambito dell'autonomia regionale, le materie strettamente interdipendenti della forma di governo e della legislazione elettorale. Il problema essenziale era quello di contemperare due esigenze potenzialmente contrastanti: quella di garantire l'autonomia delle diverse Regioni e quella di assicurare piena operatività alle loro istituzioni. Questa può essere messa a rischio da una parte dall'eventuale inerzia o difficoltà della Regione nell'adottare lo Statuto o la legge elettorale, dall'altra dalla possibilità che gli strumenti effettivamente adottati risultino incapaci di assicurare la necessaria stabilità di governo e democraticità delle istituzioni (Marchetti, p. 2316).

Per garantire la stabilità e la democraticità dei Governi regionali sono state quindi avanzate proposte da diverse forze politiche: da una parte, si chiedeva di sancire costituzionalmente l'elezione diretta a suffragio universale del Presidente della Regione (Calderisi, p. 2313; D'Amico, p. 2318); dall'altra si proponeva di mantenere di competenza statale tutta la materia della forma di governo regionale e della legislazione elettorale, o quanto meno quest'ultima (si veda l'emendamento Marino S. 61. 6, a p. 388 del fascicolo degli emendamenti). Proposte più articolate, volte a non vincolare così strettamente l'autonomia regionale in materia, prevedevano di lasciare allo Stato la possibilità di dettare una disciplina generale e alle Regioni quella di derogarvi tramite una maggioranza qualificata (Marchetti, p. 2316); o di tracciare per sommi capi due o più modelli alternativi (forma di governo presidenziale, semipresidenziale, assembleare) tra cui ogni Regione sarebbe comunque rimasta libera di scegliere (si veda ad esempio l'emendamento Pera, S. 61. 56, p. 391 del fascicolo degli emendamenti).

La Commissione ha tuttavia optato per la soluzione contenuta nel testo. Alla necessità di garantire in ogni caso la piena operatività istituzionale si era pensato di dare risposta prevedendo una norma transitoria che abilitava il Parlamento (entro il termine di due anni dall'entrata in vigore della legge costituzionale) a legiferare in materia di forma di governo e legislazione elettorale delle regioni, stabilendo la applicabilità della disciplina statale fino a quando le singole Regioni non avessero provveduto all'adozione dello Statuto e della legge elettorale. Si ricordi che in fase di coordinamento finale la Commissione ha però soppresso le norme transitorie e finali.

In relazione alla stessa materia, altre questioni dibattute hanno riguardato le procedure di approvazione dello Statuto e della legge elettorale da parte delle Regioni.

Nel passaggio dal testo di giugno a quello attuale, l'esame delle proposte emendative presentate da più parti ha così indotto la Commissione ad intervenire per facilitare l'adozione di tali atti fondamentali. Quanto agli Statuti, si è voluto favorire la conservazione della decisione dell'Assemblea, configurando il referendum in modo tale che il mancato raggiungimento del quorum non impedisse l'entrata in vigore dello Statuto già approvato (con doppia deliberazione) dalla maggioranza assoluta dell'Assemblea. Quanto alla legge regionale, la maggioranza qualificata necessaria per la sua approvazione è stata ridotta da quella dei due terzi dei componenti alla maggioranza assoluta.

Allo stesso tempo si è voluto agevolare l'intervento diretto dei cittadini, prevedendo la possibilità di sottoporre a referendum anche la legge elettorale, nonché riducendo da un ventesimo a un trentesimo la quota di elettori necessaria per avanzare la richiesta referendaria, ed estendendo tale facoltà anche alla minoranza assembleare.


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