Presentazione dei risultati dell’indagine conoscitiva sulla dispersione scolastica condotta dalla Commissione Cultura della Camera dei Deputati


Roma, 05/02/2000


*** Saluto del Presidente della Camera dei Deputati ***


L''indagine conoscitiva sulla dispersione scolastica, realizzata dalla Commissione Cultura, presenta una completa documentazione del fenomeno della dispersione scolastica e ha il merito di offrire al mondo della scuola solidi spunti per orientare le proprie strategie.
Nel nostro Paese la scolarizzazione, intesa come alfabetizzazione e conclusione del ciclo scolastico obbligatorio, può dirsi totalmente compiuta.
Secondo la rilevazione del Ministero della pubblica istruzione per l''anno scolastico 1998/99 solo lo 0,1% di allievi iscritti alla scuola dell’obbligo non hanno frequentato o hanno interrotto la frequenza per motivi non conosciuti.
In base al rapporto Isfol per il 1999 su 1000 ragazzi iscritti 56 abbandonano gli studi senza avere conseguito la licenza media mentre sale al 90% il tasso di passaggio dalla scuola media alla scuola secondaria superiore.
Il miglioramento del livello d’istruzione è confermato ulteriormente dalla crescita nell’ultimo decennio del tasso di scolarità secondaria superiore che è passato dal 68% dell''inizio degli anni novanta all’84% nell''anno 1998-99.
Peraltro i casi di abbandono scolastico denunciati recentemente nel catanese e nel foggiano ci riportano al Paese duale, all’esistenza cioè di un’Italia che ancora soffre di tradizionali arretratezze a fronte di un’Italia saldamente inserita nel contesto dei Paesi più sviluppati. Il fatto che la prima Italia sia sempre più ridotta rispetto all’altra non limita la gravità della situazione.
Ogni abbandono è un segnale di disagio e richiede attenzione adeguata. Bisogna andare avanti sulla strada della modernizzazione, nella consapevolezza che quanto investiamo oggi per la prevenzione del disagio giovanile e delle famiglie e contro l’abbandono scolastico verrà reso in termini di stabilità sociale e di fiducia politica nei confronti delle istituzioni.

Ma ragioni di riflessione ci vengono anche dalle aree forti del Paese. L’indagine, infatti, porta alla nostra attenzione la convinzione diffusa nelle aree economicamente più sviluppate del Paese che la scuola rivesta un ruolo secondario ai fini dello sviluppo economico e di una rapida diffusione del benessere. Tale convinzione porta con sé il rischio della identificazione in modelli culturali non propri, quelli dominanti nelle soap opere e nella pubblicità.
Ne consegue un rischio di emarginazione civile, diversa da quella determinata dalla povertà materiale, ma ugualmente menomante per i singoli e per gli stessi processi di sviluppo che hanno un bisogno crescente di figure professionali dotate di una solida formazione.
In questa legislatura l’Italia si è dotata di strumenti normativi d’avanguardia in materia di infanzia e adolescenza. Mi riferisco ad esempio alla legge per la promozione di diritti e di opportunità dell’infanzia e dell’adolescenza, alla riforma dei cicli scolastici e all’innalzamento dell’obbligo scolastico, alla sperimentazione del reddito minimo di inserimento. La legge sull’immigrazione riconosce il diritto fondamentale all''istruzione per tutti i minori stranieri presenti in Italia, a prescindere dalla regolarità del loro soggiorno.
I recenti casi di abbandono della scuola richiamano la necessità di sviluppare e rafforzare le misure che abbiamo introdotto a sostegno delle famiglie al di sotto della soglia di povertà. Giustamente, l’indagine conoscitiva pone in risalto la stretta connessione tra dispersione scolastica e sfruttamento del lavoro minorile, presente nel Mezzogiorno ma anche al Nord, dove colpisce le famiglie di immigrati extracomunitari. Voglio qui menzionare l’iniziativa “Campagna Acquisti Trasparenti”, promossa da numerose associazioni, per la sensibilizzazione delle scuole dell’obbligo e delle istituzioni e per il rispetto da parte dei produttori della normativa nazionale e delle convenzioni internazionali contro lo sfruttamento del lavoro minorile.
Su un altro versante, l’indagine conoscitiva conferma che la formazione professionale costituisce il terreno privilegiato per ogni intervento di contrasto del fenomeno della dispersione. E’ nella transizione dal mondo della scuola a quello del lavoro che i giovani valutano il grado di utilità delle proprie esperienze scolastiche e formative.
Non possono tuttavia essere trascurate le difficoltà del sistema produttivo, delle piccole imprese in particolare, a raccordarsi al circuito della formazione professionale. Né può essere ignorata l’esigenza di un più forte impegno sul versante della ricerca per adeguare gli standard formativi al livello raggiunto dal progresso tecnologico.

L’istruzione, come ha recentemente affermato Kofi Annan, non è un''opzione, è una necessità. Questo significa:
a) che la formazione permanente è il più grande investimento sul futuro che possano fare le classi dirigenti dei singoli Paesi;
b) che senza investimenti per la formazione un paese è condannato alla deriva;
c) che gli investimenti economici sulla formazione devono essere accompagnati da una forte valorizzazione del ruolo sociale degli insegnanti.
Permettetemi di fermarmi un momento su questo aspetto. Chi insegna ha diritto ad un’adeguata retribuzione secondo le risorse del suo Paese. Ma ha anche diritto al rispetto della società e delle istituzioni per il suo lavoro. Un ceto professionale che ha il compito di trasmettere i saperi e di formare ai valori civili, deve godere di un alto livello di considerazione da parte di tutti i cittadini. Solo questo rispetto può dare all’insegnante la consapevolezza piena della sua responsabilità nei confronti delle giovani generazioni e può motivarlo anche ad una propria formazione permanente in un mondo nel quale i saperi mutano ad una velocità elevatissima.

Mi permetto, infine, di suggerire la possibilità di integrare l’indagine conoscitiva che oggi presentiamo con un’analisi dettagliata dei casi in cui il lavoro degli insegnanti nei confronti dei ragazzi a rischio ha consentito di ridurre significativamente l’abbandono scolastico. So che esistono casi assai significativi.
In tal modo, per un verso si proporrebbero modelli concreti di risoluzione del problema e per altro verso si valorizzerebbe il lavoro di quegli insegnanti in modo adeguato ed attraverso la massima istituzione rappresentativa del Paese.