Intervento alla Camera dei Rappresentanti della Repubblica di Colombia


Bogotà, Colombia, 03/16/2000


*** Inaugurazione della II sessione ordinaria. Legislatura 1999 - 2000 ***


Prendo la parola davanti alla Camera dei Rappresentanti della Repubblica di Colombia con emozione e con sentimenti di rispetto, gratitudine, solidarietà, fiducia.

Rispetto per la vostra storia, per il vostro impegno di costruzione della pace, per il modo in cui state allacciando nuovi rapporti con i paesi europei.

Gratitudine per l’onore che questo vostro invito rende alla Camera dei Deputati italiana ed al mio paese.

Solidarietà, perché in Italia la libertà e la pace sono state conquistate dopo una guerra che è stata anche guerra tra italiani. Noi conosciamo perciò le crudeltà di una guerra civile, conosciamo la durezza degli sforzi necessari per superare quelle lacerazioni e guardiamo a voi come a chi, sia pure in circostanze assai diverse, sta percorrendo la stessa via di liberazione dalla violenza che ha percorso il nostro popolo cinquant’anni fa.

Fiducia, perché sono convinto che avete scelto la strada giusta: uscire dall’isolamento cui gli scontri hanno condannato la Colombia, mostrare che è possibile avere la giustizia sociale attraverso la pace e non con la guerra; lavorare insieme, tra ex nemici che, dopo essersi combattuti ieri, vogliono oggi un futuro libero e sereno per sé stessi e per le generazioni che verranno.

Parlare in quest’Aula significa essere ammessi a partecipare ad un dibattito i cui temi sono oggi gli stessi della politica mondiale: il rapporto tra povertà e ricchezza, tra libertà e giustizia sociale, tra guerra e pace. Significa essere ammessi ad un dibattito sul ruolo decisivo che i Parlamenti hanno in queste circostanze storiche.

L’impresa che state compiendo ha la dignità ed il valore morale dei momenti più alti della politica contemporanea. Un’impresa che è paragonabile agli sforzi per la pace in Medio Oriente, o alla soluzione del problema sudafricano.

In tutti i paesi del mondo, in un certo giorno del calendario della storia, è scattata per una generazione l’ora di fare qualcosa di grande per il proprio Paese. Qualcosa che segnasse la missione di quel Paese nel mondo e qualcosa che consegnasse alla storia la memoria di donne e di uomini che in un certo momento della loro vita hanno saputo rinunciare agli egoismi per il benessere di tutti.
Voi siete questa generazione.


Un grande giurista italiano recentemente scomparso, Massimo Severo Giannini, ha riassunto tutto il processo di formazione della democrazia europea, che si svolge nella prima metà di questo secolo, come costruzione di uno “Stato pluriclasse”, nel quale vi e’ un reciproco riconoscimento di diritti tra le diverse componenti sociali del paese.

Le democrazie europee, come quelle latino-americane, e diversamente da quella nordamericana, nascono quando una struttura sociale si è già consolidata, ed hanno bisogno per affermarsi e per sopravvivere di questo mutuo riconoscimento, di questo compromesso patriottico, in nome del superiore interesse del Paese.

Perciò un altro illustre italiano, Norberto Bobbio, proprio qui a Bogotà, tredici anni or sono, sostenne che la democrazia deve consistere in “continui aggiustamenti temporanei”, nella ricerca di “misure di compromesso” tra i due principi della libertà e dell’uguaglianza.

La cultura politica europea si è formata intorno alla idea della democrazia come ricerca dei punti di equilibrio tra le diverse forze e ricerca del compromesso tra le ragioni diverse.
La cultura europea ha, a caro prezzo, imparato che, nel conflitto politico e sociale, nessuno ha completamente ragione e nessuno ha completamente torto.
Il compromesso dei sistemi democratici europei è stato perciò una conquista per tutti. Anche coloro che hanno ceduto diritti che sembravano acquisiti per sempre non hanno perduto, perché hanno guadagnato la pace sociale, la sicurezza ed un futuro migliore per se stessi e per i loro figli.

La pace e la libertà per tutti passano attraverso la garanzia di accettabili livelli di giustizia sociale e, al tempo stesso, attraverso il rispetto, entro limiti altrettanto accettabili, delle aspettative consolidate della popolazione che dispone di maggiore reddito.

Ciò comporta un sacrificio delle massime aspirazioni di ciascuna parte, ma crea un sistema complessivamente migliore, dinamico e aperto, che alla fine porta maggiore ricchezza e serenità per tutti.

Lo stesso piano di riconversione delle coltivazioni di coca avrà successo solo dentro un programma di realizzazione di una maggiore giustizia sociale.

Sul tema della riconciliazione nazionale attraverso una maggiore giustizia sociale l’arcivescovo Desmond M. Tutu, presidente della Commissione per la verità e la riconciliazione in Sudafrica, ha scritto parole che possono valere per ogni luogo nel mondo ove si ponga il problema di girare pagina e superare gli odi accumulati in decenni di conflitti radicali

“La riconciliazione non si raggiunge facilmente, richiede tempo e costanza. La riconciliazione si basa sul rispetto per l’umanità. La riconciliazione coinvolge una forma di giustizia restaurativa che non vuole vendetta, non dà impunità. […] La riconciliazione non comporta necessariamente il perdono. Implica un minimo desiderio di coesistere e lavorare per affrontare in modo pacifico le reciproche differenze. […] La riconciliazione richiede un impegno, soprattutto da parte di coloro che hanno avuto benefici dalle passate discriminazioni e continuano ad averne, per la trasformazione delle ineguaglianze e della disumanizzante povertà”.

La riconciliazione nazionale attraverso la giustizia sociale trova il suo fondamento non solo nell’etica, ma anche e soprattutto nella politica. Passa attraverso quella redistribuzione di potere e di ricchezza che realizza un nuovo equilibrio all’interno di una comunità.
Il mondo intero in questo momento si attende dalla Colombia il massimo esercizio della politica su un tema che, più o meno visibilmente, è uno dei massimi problemi per tutte le società avanzate: il rapporto tra grande povertà di molti e grandi ricchezze di pochi, tra libertà per tutti e giustizia sociale per tutti.
Questo problema non si risolve una volta per tutte. In una visione progressiva della democrazia gli equilibri sono in costante aggiustamento, per arrivare a livelli sempre maggiori, libertà e giustizia sociale.


Questi gravi problemi non possono essere affrontati attraverso i rapporti di forza. Gli eserciti li tengono a bada nell’immediato, ma alla lunga finiscono per aggravarli.

Il giusto approccio viene invece dal massimo esercizio della ragione politica, che non è la guerra, ma la ricerca della pace e del futuro per tutti.

Dalla Colombia ci attendiamo quindi una importante lezione per tutti, anche per i paesi più avanzati. Dai paesi come la Colombia, che sono in sé ricchi e forti, ma che oscillano tra povertà e sviluppo e che sono perciò chiamati a compiere scelte cruciali in questa fase storica, può venire una risposta nuova e originale. La Colombia è nelle condizioni di compiere un “salto storico” attraverso il superamento del conflitto, la messa a frutto delle sue risorse e la invenzione di un tipo di sviluppo che sia un modello trainante per gli altri paesi nella fase in cui povertà e ricchezza, a lungo tenute separate come in mondi diversi, si mescolano drammaticamente.
La risposta potrà essere la liberaldemocrazia o la socialdemocrazia o altro ancora, secondo quello che il vostro popolo, il vostro governo e questo parlamento decideranno.

La Colombia è ricca di materie prime e di intelligenze umane. Ma i conflitti, la povertà, la minaccia dei narcotrafficanti non consentono di utilizzare le prime e di ricorrere alle altre, nella misura necessaria e possibile.
Solo la pace toglierà questo piombo dalle ali della Colombia; solo la pace renderà i vostri risultati all’altezza delle vostre ambizioni.

Di fronte a questi immensi problemi solo i parlamenti, depositari della sovranità del popolo, possono dire la parola decisiva.
Quando si tratta della pace e della guerra, quando si tratta di costruire una società nuova, i parlamenti si rivelano ancora l’unica struttura portante, capace di fornire legittimazione alle decisioni e di risolvere i conflitti sempre latenti.

I parlamenti sono il luogo vero di unificazione della società civile e di suprema, quotidiana garanzia: suprema e quotidiana sono due aggettivi apparentemente contraddittori, ma ci spiegano il compito dei parlamenti, che assorbono quotidianamente e silenziosamente quei conflitti che potrebbero portare alla lacerazione sociale e alla guerra civile.

Su questo l’esperienza italiana è significativa.
La democrazia italiana è, infatti, fin dalle sue origini, nel pieno della seconda guerra mondiale, una democrazia difficile, nata da una guerra anche civile e cresciuta come uno dei maggiori fronti della guerra fredda. Nella nostra storia recente i valori democratici si sono confrontati, da un lato, con la profonda divisione politica del paese e, da un altro lato, con il terrorismo, le mafie, la corruzione, che erano in parte la conseguenza di quella divisione.

Rispetto a questo insieme di grandi problemi la Costituzione e la rappresentanza parlamentare sono stati i due maggiori baluardi che insieme hanno costantemente funzionato per difendere e unire la comunità nazionale.

Nell’esperienza italiana, il “patto costituzionale” si stipula in piena guerra, tra forze politiche ancora armate e clandestine su gran parte del territorio nazionale, attraverso gli accordi che portano alla convocazione di una Assemblea costituente.
La Costituzione nasce dunque interamente in Parlamento, costruita parola per parola, seduta per seduta, in un altissimo e civile dibattito che dura diciotto mesi. A metà strada, nel 1947, i partiti della sinistra marxista sono esclusi dal governo fino ad allora di unita’ nazionale.
Essi non fanno però venire meno il loro apporto, ed il loro voto favorevole, sul nuovo testo costituzionale. Il clima costituente fu salvo e prevalse sulle contingenti opzioni politiche.

Grazie a questa scelta lungimirante, la Costituzione e il Parlamento italiano, che dalla Costituzione, ha preso vita, hanno potuto costituire i punti fermi della vita politica del mio Paese. La Costituzione è stata ed è tuttora patto stabile tra gli italiani e programma per il futuro.
Il Parlamento è stato ed è, per le stesse ragioni, il luogo massimo della decisione politica e della rappresentanza nazionale.
In Italia non c’è stata e non c’è decisione di un qualche significato politico che non sia passata e che non passi attraverso il Parlamento.
Un Paese che dopo la seconda guerra mondiale era profondamente diviso geograficamente, economicamente e politicamente ha inoltre progressivamente ritrovato la sua unità attraverso un Parlamento in cui sono stati rappresentati tutti i cittadini, i ricchi ed i poveri, quelli del nord industriale e quelli del sud contadino, quelli di estrema destra e quelli di estrema sinistra. Attraverso il dialogo e lo scontro parlamentare il paese si è riunificato. Molte volte uno scontro in Parlamento ha evitato uno scontro nel Paese.


Colombia ed Italia sono divisi da un mare, il mare Mediterraneo, da un Oceano, l’Oceano Atlantico, e poi da pianure e da montagne. Ma non siamo paesi lontani né nella lingua, né nei costumi, né negli stili di vita, né nella cultura. Lo testimonia, tra l’altro, la crescente intensità delle relazioni tra i nostri Parlamenti.
Molti italiani qui hanno trovato una seconda patria. E la stessa cosa è accaduta in Italia a molti cittadini colombiani.

Oggi, nel mondo globalizzato, le distanze hanno assunto un significato diverso dal passato. Distanza geografica non significa sempre lontananza, non significa sempre separazione, non significa sempre incomprensione. Nel moderno intreccio delle relazioni internazionali paesi assai vicini geograficamente sono spesso lontani per cultura, valori fondamentali e lingua. E paesi geograficamente lontani possono essere invece culturalmente vicini.

Ciò che conta oggi, nelle relazioni tra Paesi, non è la geografia, ma la cultura ed i valori fondamentali.

Noi siamo paesi più vicini di quanto la geografia lasci immaginare e vogliamo esserlo sempre di più nel futuro perché le vostre e le nostre giovani generazioni, che domani saranno classe dirigente nei rispettivi paesi, possano incontrarsi, intendersi, comprendersi. Perché tutti in Europa possano comprendere la fatica della costruzione della pace in un grande paese come il vostro e possano quindi confermare la propria fiducia nei valori assoluti della difesa della giustizia sociale e della permanente costruzione della democrazia.
Perché tutti, nel vostro Paese, possano guardare all’Europa ed all’Italia come si guarda ad amici sinceri, solidali e generosi.

La globalizzazione dei mercati, della finanza, delle comunicazioni ci impone di non chiudere gli occhi e di non ritirarci nei nostri particolarismi, ma di affrontare la globalizzazione dell’altra metà della Terra, la globalizzazione dei diritti e dei valori umani, la globalizzazione della giustizia sociale e delle libertà individuali.

La nostra comune cultura, che affonda le sue radici nel pensiero latino e cristiano, e quindi nei valori della persona umana, ci dà la possibilità di lavorare insieme, rende possibile intenderci più di quanto invece non possa accadere tra altri Paesi.

Questo primato della persona umana, rispetto alle ragioni del mercato e del profitto, proprio delle nostre comuni radici deve spingerci al rispetto delle tradizioni e delle culture diverse dalle nostre, al riconoscimento di pari dignità, di pari diritti, non disgiunti, naturalmente, da pari responsabilità.

Lo sforzo di camminare insieme è un atto di fiducia nelle vostre e nelle nostre forze.

E’ un atto di fiducia nei doveri della cooperazione internazionale che qui può giocare il suo destino e la sua dignità sotto gli occhi del mondo.
Siamo all’inizio di un secolo nuovo che potrà trovare il suo significato nella capacità di rendere globali i diritti umani e la giustizia sociale.

La Colombia ha un grande ruolo in questa ambizione. La riuscita del vostro piano di riconciliazione potrà dare speranza a molti milioni di donne, uomini, bambini che sono vittime della guerra, della violenza, della fame in tante parti del mondo e che devono sapere che la violenza non è l’unico orizzonte della loro vita, che la pace e la felicità sono possibili.

Per queste ragioni il vostro impegno assume un valore universale.