La Jugoslavia in Europa


Roma, Camera dei Deputati, 12/11/2000


*** Incontro promosso dalla rivista Limes e dal Cespi ***


Porgo il benvenuto della Camera dei deputati al Presidente della Repubblica federale jugoslava, Vojislav Kostunica, e ringrazio la rivista Limes ed il Cespi per aver organizzato questo incontro.
Proprio in questa sala, alla vigilia delle elezioni del 24 settembre scorso, la Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione europea, a Roma per la sua riunione annuale, decise di adottare una dichiarazione di protesta per il rifiuto da parte delle autorità di Belgrado del tempo di ammettere i parlamentari dei Paesi dell’Unione quali osservatori delle operazioni elettorali.
La Conferenza dei Presidenti intese ribadire la ferma convinzione che solo il corretto funzionamento del sistema democratico in tutti i suoi aspetti può assicurare il primato del diritto e la tutela delle libertà fondamentali e quindi la convivenza tra comunità con diverse tradizioni, diverse religioni, storie diverse.
Il risultato delle elezioni e le vicende successive hanno dato ragione alle speranze espresse in quella sede ed hanno finalmente consentito di aprire una pagina nuova non solo nella storia dei Balcani, ma dell’intera Europa.
Sarebbe tuttavia miope, di fronte al pur legittimo entusiasmo della ritrovata solidarietà internazionale, nascondersi i problemi che ancora persistono ed i nuovi che insorgono, a cominciare dalla necessità di una riallocazione delle risorse, che viene inevitabilmente percepita negativamente da alcuni degli altri Paesi destinatari.
L’Italia ha stanziato 150 milioni di euro in favore dei progetti rientranti nel cosiddetto “Quick Start Package”, definito nello scorso marzo alla Conferenza di finanziamento di Berlino. Questa cifra colloca il nostro Paese al primo posto dei soggetti donatori e corrisponde a circa il 18% del complessivo ammontare già finanziato.
Noi stiamo facendo quello che è giusto e necessario.
Ora una difficile prova attende tutti gli uomini di Stato dei Paesi del Centro Europa, i quali sono chiamati a ritrovare le ragioni della convivenza e della collaborazione.
E’ forse più facile acquisire il consenso sollecitando gli odi e solleticando le ambizioni nazionalistiche, ma questo consenso è effimero e gravido di lutti.
Nel tempo diverse ambizioni si sono rincorse nella regione: l’Albania allargata, una Croazia che comprenda la Bosnia Erzegovina, una Bulgaria che si appropria della Macedonia ed altre ancora.
Nessuna di queste ambizioni si è realizzata o è destinata a realizzarsi; ma ciascuna nei diversi momenti della storia ha prodotto lutti, conflitti, perdita di valori e di civiltà. Erano sogni che sono diventati incubi
Nessuno oggi può più permettersi di coltivare questi incubi.
La politica deve costruire per il futuro, soprattutto quando sono in gioco scelte destinate a ripercuotersi nello spazio e nel tempo.
In questo senso, la storia dell’integrazione europea può offrire un esempio. Anche l’Europa occidentale è stata prodiga di ambizioni diventate tragedie. Ma all’indomani del secondo conflitto mondiale, la scelta europeista contribuì ad archiviare le lacerazioni post-belliche ed in particolare a neutralizzare lo storico conflitto tra Francia e Germania. La progressiva costruzione comunitaria, pur con tutte le sue gravi e perduranti difficoltà, rappresenta un modello di cooperazione sovranazionale che risulta vincente proprio quando i singoli Paesi riescono a superare l’ambito dei propri interessi particolaristici.
Le istituzioni parlamentari sono state uno dei fattori determinanti nello sviluppo dell’Unione europea, perché hanno saputo mediare fra gli interessi nazionali e le politiche sovranazionali, anche in virtù della cooperazione instaurata tra loro. Allo stesso modo, esse possono essere determinanti nel processo di stabilizzazione dell’Europa sud-orientale.
In quanto diretta espressione della sovranità popolare e luogo del confronto politico tra maggioranza ed opposizione, i Parlamenti possono assorbire la conflittualità interna ed esterna ed evitare che essa si scarichi sulla società civile.
I Parlamenti sono stati definiti il “porticato” della società civile. La democrazia trova appunto nel loro funzionamento la possibilità di esprimersi nella dialettica politica e di diventare patrimonio della coscienza dei cittadini. Come il Presidente Kostunica ha osservato nel suo recente discorso al Parlamento europeo, non basta però creare la cornice formale della democrazia, occorre invece che se ne diffonda lo spirito.
Le istituzioni rappresentative possono essere un grande fattore di identità nazionale, se i popoli vi si riconoscono e vi sentono garantiti la loro tradizione, la loro cultura, il loro futuro.
Come in Italia nel corso del Risorgimento, così per i Paesi dell’ex Jugoslavia, l’affermarsi del sistema parlamentare ha coinciso con il riscatto nazionale, a cavallo degli ultimi due secoli. Oggi, i Parlamenti, per quanto diversi essi siano, sono il luogo naturale in cui è possibile ritrovare il punto di equilibrio tra democrazia e nazionalità.
La fiducia dei cittadini costituisce, evidentemente, la base indispensabile per la tenuta delle istituzioni democratiche e rappresentative. E’ un requisito necessario per tutti gli Stati, ma che è senz’altro ancor più vitale nelle fasi di transizione come quella che sta vivendo la Repubblica federale jugoslava.
La Camera dei deputati ha la massima disponibilità alla più intensa collaborazione con l’Assemblea federale jugoslava. Nella regione sono già state avviate alcune forme di cooperazione parlamentare multilaterale, tramite le due Iniziative Quadrilaterali che vedono coinvolta l’Italia rispettivamente con Croazia, Slovenia, Ungheria e con Albania, Bulgaria, Macedonia. Si potrebbe affiancare ora la dimensione parlamentare dell’Iniziativa Adriatico-Jonica, fondata ad Ancona lo scorso 19 maggio da Italia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Slovenia, ed oggi allargatasi appunto alla Repubblica federale jugoslava.
La cooperazione parlamentare può oggi utilmente svilupparsi secondo tre linee di intervento:
1) la promozione del dialogo parlamentare bilaterale e multilaterale;
2) la sostituzione della logica degli aiuti umanitari con quella degli investimenti programmati, anche in virtù di una serie di incentivi legislativi da adottarsi da entrambe le parti;
3) la valorizzazione delle relazioni culturali, con particolare riguardo al mondo della scuola e dell’università, perché è nell’educazione dei giovani che si possono gettare le basi di un futuro comune.



Signor Presidente della Repubblica federale jugoslava,

conosciamo la dura storia della sua terra. Più di mille anni fa Giuseppe l’Innografo, di origine bizantina compose una commovente preghiera sui timori degli abitanti della regione balcanica: “Dal sisma, dalla spada, dalla dura prigionia, dallo scivolamento del terreno, dalla fame… o Maestro misericordioso preserva le Tue città.”
Uno dei primi capitoli de Il ponte sulla Drina, descrive spietatamente l’impalamento di un serbo ribelle sotto l’impero ottomano. Se ne possono immaginare migliaia di questi esseri così torturati lungo le vie dei Balcani. Grazie a questi supplizi Vienna, Trieste, Venezia hanno potuto mantenere la loro identità. E senza quei sacrifici, ha scritto recentemente Predrag Matvejevic, non ci sarebbero stati il Rinascimento in Italia e nemmeno la prosperità della Mitteleuropa.
La storia, specie quando è terribile, lascia i suoi segni nelle coscienze dei popoli. E noi europei occidentali troppe volte dimentichiamo quanto nei secoli questa parte del continente deve al sacrificio dei popoli del centro Europa.
Oggi la storia Le ha affidato un altro compito.
Lei ha nelle Sue mani non solo le sorti del Suo popolo, ma anche una parte delle sorti dell’Europa.
Il Suo è non da oggi un Paese-chiave per il nostro comune continente, di cui può costituire una preziosa risorsa di convivenza etnica, culturale e religiosa.
Il successo che Le auguriamo corrisponde anche al nostro specifico interesse di vedere confermata, radicata e sviluppata la scelta democratica del Suo Paese.
Sarà così possibile lasciarci alle spalle la stagione delle minacce e lavorare perché anche la Repubblica federale jugoslava si senta progressivamente parte integrante della casa politica europea, come lo è della sua cultura e della sua civiltà.
Qualcuno ha scritto che le nazioni del centro-Europa producono più storia di quanto non ne possano consumare.
L’augurio che Le rivolgo, anche a nome della Camera dei Deputati della Repubblica italiana, è che la sua azione politica possa far fruttificare tutta la storia che riuscirà a produrre, nell’interesse di un’Europa estesa, civile, capace di coniugare lo sviluppo economico con i valori della giustizia sociale tra i popoli e tra i cittadini.