Centenario della nascita di Gaetano Martino


Messina, 11/24/2000


*** Giornata promossa dal Comitato per le celebrazioni del centenario della nascita di Gaetano Martino***


Gaetano Martino agì da protagonista nella costruzione delle istituzioni europee e nel rafforzamento di quelle atlantiche. Egli è stato uno degli artefici della ricostruzione italiana dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
All’indomani della sconfitta del progetto per l’istituzione della Comunità Europea di Difesa, Gaetano Martino, nominato da pochi giorni Ministro degli esteri, si era nel settembre 1954, seppe opporre alla delusione ed allo scetticismo di molti europeisti la proposta di rilanciare immediatamente la costruzione di uno spazio occidentale ed europeo.

In un intervento del 1965 al Parlamento Europeo, rievocando la scelta fondamentale assunta a Messina dieci anni prima per definire nuovi strumenti che ampliassero in senso orizzontale l’unificazione economica, Martino precisò che quella scelta non “avrebbe dovuto far scemare o cessare il nostro comune impegno di raggiungere il fine della completa unità economico-politica dell’Europa”.

Credette fermamente che le istituzioni europee dovessero essere costruite anche attraverso un Parlamento eletto a suffragio universale, in tempi nei quali questo obbiettivo sembrava davvero irraggiungibile.
Era convinto che occorreva fare di quell’istituzione non una semplice assemblea di parlamentari, ma un vero e proprio motore del processo di integrazione politica europea.
Per questo ideò e promosse negli anni della sua Presidenza gli incontri tra i Presidenti delle Assemblee parlamentari dei Paesi membri e il Parlamento europeo.Uno dei risultati del primo incontro che si tenne a Roma nel gennaio 1963 fu la proposta di costituire in seno ad ogni Assemblea nazionale di una Commissione o Sottocommissione per gli affari europei e la tenuta di uno o più dibattiti annuali dedicati allo stato dell’integrazione europea, eventualmente a seguito di una apposita relazione del governo.
La Camera dei Deputati accolse, sia pure non tempestivamente, questa proposta.
La Camera infatti ha introdotto nel 1971 nel proprio regolamento una norma che attribuiva al Presidente il potere di istituire una Commissione ad hoc per l’esame delle materie comunitarie. Successivamente la Commissione é divenuta una Commissione speciale.
In questa legislatura, grazie all’impulso del Presidente Ruberti, la Commissione per le politiche dell’UE è diventata alla Camera la XIV Commissione permanente.

Gaetano Martino aveva ben chiaro che il Parlamento Europeo non poteva essere un antagonista degli esecutivi comunitari. Per questa ragione si impegnò in modo continuativo per rafforzare il dialogo istituzionale tra gli organi decisori delle Comunità di allora e l’assemblea parlamentare attraverso gli incontri tra i Consigli dei Ministri delle Comunità, le Commissioni esecutive e i deputati europei.
Ma questa propensione alla cooperazione istituzionale non gli impedì, nei dieci anni di presenza parlamentare europea, di resistere con fermezza ai tentativi degli esecutivi comunitari volti a ridurre il ruolo del Parlamento europeo tanto nella funzione di controllo finanziario quanto in quella di partecipazione alla formazione della legislazione comunitaria.

Oggi a volte facciamo fatica a spiegare ai nostri interlocutori le ragioni per le quali in Europa un sistema economico è stato costruito prima del sistema politico. Potremmo ricorrere alla spiegazione che Gaetano Martino dette nel 1959, quando affermò che la via dell’unificazione europea scelta sin dalla Conferenza di Messina significava anche unificazione monetaria e banca di emissione unica proprio perché “il Mercato Comune Europeo è un mezzo, uno strumento di una futura operazione politica”.

Tra le sue intuizioni strategiche intendo qui sottolinearne una, di particolare attualità.
Egli fu convinto assertore della necessità che le decisioni degli organi esecutivi della Comunità non fossero condizionate dal principio dell’unanimità, ma potessero anche essere adottate a maggioranza. Oggi quell’intuizione si rivela feconda ed il nostro Paese è impegnato per il superamento di norme paritarie che rischiano di paralizzare le direzioni di marcia fondamentali dell’Unione.

Molti hanno ricordato Gaetano Martino come un conservatore illuminato.
Ma l’aggettivo, nel suo caso, non riesce a riscattare il limite che si vuole insito nel sostantivo.
Se fosse stato conservatore non si sarebbe battuto in modo così fermo per le istituzioni europee.
Egli in realtà si riconosceva interamente nella tradizione del pensiero liberale, laico e repubblicano, oggi difficile da riconoscere, che aveva le sue radici nella classe dirigente del secolo scorso e di cui faceva parte la sua stessa famiglia.
Era una concezione nobilmente elitaria della politica, che manteneva fermi i cardini del primato della libertà e dell’iniziativa economica intesi non solo come diritti individuali ma anche come parametri invalicabili delle azioni di governo.
La sua visione laica era fondata sull’etica del rigore personale e del senso dello Stato. Con la medesima ispirazione il padre Antonino, Sindaco di Messina negli anni cruciali del terremoto e della ricostruzione, aveva scelto di chiudere il proprio studio di avvocato per adempiere alle proprie funzioni di amministratore pubblico.

L’impegno di Gaetano Martino per l’Europa ci riporta ad una considerazione di carattere generale.
Ci si potrebbe chiedere se le ragioni di un impegno così intenso per l’Europa da parte sua e di molti altri esponenti del mondo della politica e della cultura italiana si possano rintracciare in una debolezza del valore identitario nazionale.
Questa lettura non coglie la ragione di quell’impegno, né le ragioni storiche ed ideali che ne sono alla base.
Nel corso dei secoli l’identità nazionale italiana non si è mai fondata sul senso etnico dell’appartenenza, non si è mai fondata sull’esclusione, né si è costruita sull’egemonia militare.
Fece eccezione il regime fascista, con le aggressioni coloniali e la vergogna delle leggi razziste.
Ma per fortuna ventidue anni sono pochi per una storia che ha attraversato più di otto secoli.
L’identità nazionale italiana è il frutto di un processo civile e culturale che si afferma molto prima dello Stato nazionale e del tutto indipendentemente da esso.
Dante parla dell’Italia sei secoli prima dello Stato italiano e fu riconosciuto dai suoi contemporanei come scrittore italiano. Gli architetti italiani che hanno costruito in tante parti del mondo nel corso dei secoli, furono riconosciuti come italiani a Parigi o a Mosca, come in qualunque altra capitale del mondo, ben prima del 1860. La stessa cosa vale per i pittori e gli scultori.
Nell’identità italiana, l’appartenenza ad un organismo sovranazionale non costituisce un impoverimento, ma un arricchimento della dimensione civile, culturale e politica del Paese.
Di qui una naturale propensione europeista del nostro Paese.
Ed oggi i principi di eguaglianza, equità, lotta contro le discriminazioni, che costituiscono il fulcro della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, sono il frutto moderno di un’idea di libertà mai disgiunta da un’idea di equità sociale. Questo binomio libertà-equità ha segnato nella seconda metà del secolo e segna tuttora la differenza tra l’Europa e le altre grandi aree del mondo che si sono affermate nella dimensione globale dell’economia, delle comunicazioni, della cultura.

Questo obiettivo vale per tutto il territorio nazionale ed in modo particolare per il Mezzogiorno e la Sicilia.
Si discute molto della scadenza del 2006, quando anche per effetto dell’allargamento dell’Unione, cesseranno gli aiuti strutturali al Mezzogiorno.
Io intendo però sottolineare anche la scadenza del 2010, quando l’Europa realizzerà, insieme ai Paesi della sponda Sud del mediterraneo la più vasta area di libero scambio del mondo con oltre 30 Paesi ed un mercato di circa 800 milioni di persone. Questa scadenza consentirà di valorizzare appieno la posizione geostrategica del Mezzogiorno e della Sicilia assicurando loro un ruolo chiave come interlocutori europei privilegiati per i Paesi della sponda sud del Mediterraneo.
Naturalmente, bisogna prepararsi.
In questi anni abbiamo migliorato in modo decisivo la nostra capacità di utilizzo dei fondi strutturali.
Occorre continuare sulla stessa strada perché l’obiettivo deve essere la piena messa a frutto di queste risorse che, come ha ricordato recentemente il Presidente Ciampi, “sono soldi nostri, che vengono dal nostro lavoro e si perdono se non li sappiamo impegnare”.
Per questo è essenziale proseguire nel miglioramento della capacità progettuale e nel pieno superamento delle lentezze e dei vincoli delle amministrazioni pubbliche, degli enti locali, delle Regioni che sono i soggetti chiamati a gestire in prima persona, con le imprese, quelle risorse. L’elezione diretta anche del presidente della Regione Sicilia contribuirà a dare finalmente ai governi regionali la stabilità che non ha mai avuto.
In questi anni la Sicilia ha compiuto passi importanti sul cammino della modernizzazione. Sappiamo che deve proseguire l’impegno per eliminare lo scarto ancora esistente con altre aree del Paese.
Gli investimenti nel settore delle nuove tecnologie, già realizzati nell’area catanese ed ora nel palermitano, ed i dati generali dell''economia siciliana evidenziano la vitalità imprenditoriale e la capacità di attirare risorse e investimenti.
Tutto questo non ci deve far dimenticare i problemi gravi che permangono. Ma la Sicilia sta contribuendo concretamente a consolidare l''immagine di affidabilità e di solidità dell''intero Paese.

E se possiamo oggi guardare con prudente fiducia al futuro del nostro Paese all’interno dell’Unione Europea, questo è merito anche delle intuizioni e dell’opera dell’uomo di Stato siciliano che oggi ricordiamo.
Per queste ragioni il ricordo di Gaetano Martino, oggi, nella sua Messina, non è una celebrazione formale.
E’ invece il segno della volontà di riannodare una sorta di continuità tra le generazioni che si sono succedute alla guida del Paese, nella diversità delle idee, ma nella comunanza dell’impegno per l’Italia e per gli italiani.