Le migrazioni: gli spostamenti dei popoli nel XXI secolo


Roma, 07/12/2000


*** Convegno internazionale promosso dall''Agenzia romana per la preparazione al Giubileo ***


L’emigrazione sarà sempre meno, in futuro, un fenomeno monodimensionale. All’emigrazione da bisogno, fatta di persone che sfuggono alla fame, alla miseria, alla persecuzione, si aggiunge e si aggiungerà, in modo crescente, un’emigrazione da conoscenza, “ricca”, di professionisti capaci che sceglieranno nel mondo i lavori più soddisfacenti e retribuiti e che si sposteranno più volte nella loro vita. Non da paesi poveri a paesi ricchi, ma all’interno del circuito dei paesi ricchi. Noi ci occupiamo delle prima forma di emigrazione e non della seconda.
Negli ultimi decenni i movimenti migratori sono cresciuti in maniera costante, passando dai 75 milioni di persone del 1965 ai 140 milioni circa dei nostri giorni, con un incremento medio annuo di circa 1,7 milioni di persone.
Sul totale degli immigrati le donne rappresentano una quota molto rilevante, pari a circa il 47%, che si è mantenuta stabile nei decenni presi in esame.
Oggi l’Italia è uno dei Paesi dell’Unione Europea con la più bassa incidenza di presenza straniera sulla popolazione residente: il 2,5% contro una media UE pari al 5,1%. La Germania, con l’8,9%, l’Austria ed il Belgio, con il 9%, hanno valori di oltre tre volte superiori all’Italia, mentre la Francia, con il 7%, raggiunge quasi il triplo del nostro valore.
Nel futuro, soprattutto se consideriamo i recenti dati dell’ONU, i flussi migratori nel nostro Paese sono destinati ad aumentare.
Le principali cause dell’aumento dei movimenti migratori, in particolare verso l’Europa, sono da attribuire all’abbattimento delle barriere nazionali e all’aumento del divario tra Paesi ricchi che beneficiano della globalizzazione e Paesi poveri che ne sono esclusi.
Nel 1960 il divario di reddito tra il quinto della popolazione mondiale dei Paesi più ricchi ed il quinto dei Paesi più poveri era di 30 a 1: nel 1997 questo "ambasciatore della diseguaglianza" è stato di 74 a 1.
Nel panorama delle migrazioni "da povertà" si sono aggiunte recentemente due nuove forme, quella "forzata" che deriva da guerre civili o inter-etniche - alla fine del 1997 c''erano nel mondo quasi 12 milioni di rifugiati, attualmente se ne calcolano circa 50 milioni - e quella "dei cervelli": ben 30.000 africani in possesso del dottorato di ricerca vivono oggi all''estero, mentre in Africa vive solo un ingegnere ogni 10.000 abitanti.
L’impatto delle migrazioni sulla società del XXI secolo comporterà inoltre mutamenti sociali e culturali. Il vecchio modello di società fondato sulla omogeneità e sulla contrapposizione tra omogeneità e diversità sarà sostituito da un nuovo modello fondato sulla pluralità di culture, di costumi, di lingue. Questo modello comporta nuove capacità di governo.
Dovremmo riuscire a superare i vecchi modelli del melting pot e dell’assimilazione per un nuovo modello di “pluralismo culturale”, che metta al centro il valore della persona umana e favorisca lo scambio e l’integrazione sociale senza l’omologazione culturale.
Riportare al vertice della gerarchia dei valori la persona e i suoi diritti, significa attingere alle radici più profonde dell’identità europea. I diritti della persona umana costituiscono infatti il cardine di questa identità, fondata sul patrimonio culturale e civile derivante dall’antica filosofia greca, dal concetto cristiano di persona, dalle garanzie giuridiche elaborate nel mondo romano, dalla civiltà del Rinascimento, dagli ideali della Rivoluzione francese e dell’Illuminismo, dalle ragioni della lotta contro il nazifascismo.
E’ necessario che l’attuale processo di costruzione europea possa svilupparsi sulla base della concezione cosmopolita fondata sul riconoscimento di questo nucleo di valori costitutivi.
Il progetto di Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea dedica una particolare attenzione ai diritti dei lavoratori migranti, al diritto di asilo dei cittadini dei paesi terzi, all’inammissibilità di qualsiasi forma di discriminazione.
Il Consiglio europeo di Tampere dell’ottobre scorso ha stabilito gli elementi costitutivi della politica europea comune in materia di asilo e di migrazione, nella consapevolezza che solo una politica sovranazionale è oggi in grado di governare in senso non repressivo i flussi migratori e di indirizzare l’impegno dei singoli Stati.
L''Italia ha assolto con efficacia e con senso di responsabilità gli impegni assunti in campo europeo.
Oggi oltre 85.000 bambini e ragazzi stranieri, indipendentemente dalla loro posizione giuridica, frequentano nel nostro Paese la scuola dell’obbligo e gli istituti superiori.
La legge afferma che “la comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza” e promuove iniziative volte “all’accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua d’origine, alla realizzazione di attività interculturali comuni”.
Sono attivi 389 Centri Territoriali Permanenti per la formazione degli adulti immigrati in Italia.
Strutture pubbliche e organizzazioni del volontariato sono impegnate a costruire una rete di servizi sanitari in grado di fornire un’assistenza medica rispettosa della persona e delle diverse culture del corpo, del rapporto con la malattia di cui sono portatori i cittadini non comunitari.
Il Poliambulatorio della Caritas di Roma l’ospedale Naga di Milano effettuano ogni anno circa 50.000 visite a cittadini immigrati. L’Ospedale S. Gallicano di Roma, che nel corso di un quindicennio di attività ha curato oltre 30.000 immigrati, e alcune ASL delle città di Torino, Milano, Bologna, Firenze e Roma hanno attivato servizi di medicina delle migrazioni che si avvalgono anche di mediatori interculturali ed etnoclinici e stanno sviluppando programmi di consulenza sanitaria e di salute mentale specificamente diretti ai cittadini extracomunitari.
La politica italiana sull''immigrazione di questi ultimi anni ha avviato un processo di crescita di una coscienza civile e democratica, che riconosce nella convivenza civile di opinioni, religioni, etnie, lingue, costumi differenti, un valore in grado di far emergere una nuova identità nazionale non “per rifiuto delle differenze”, ma per “arricchimento e integrazione di differenze”.
La risposta all’immigrazione non è fatta solo di regole. E’ fatta anche di valori civili e di consapevolezza dei propri limiti. Uno degli aspetti più drammatici dell’immigrazione povera è la schiavizzazione sessuale di molte migliaia di giovani donne. Altri discuteranno degli aspetti giuridici per affrontare questo dramma. Ma dal punto di vista civile deve levarsi forte una denuncia che faccia capire che non c’è alcuna differenza tra chi schiavizza queste donne per estorcere loro denaro e chi le usa sessualmente. Si tratta di comportamenti affini e complementari.
L’educazione civile contro le discriminazioni è la principale delle nostre “frontiere repubblicane”, dove si misura la nostra capacità di costruire una convivenza sicura, responsabile e rispettosa dei diritti di tutti.