Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 778 del 27/9/2000
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(Iniziative per contrastare gli effetti delle armi ad uranio impoverito sulla salute dei soldati italiani)

PRESIDENTE. Passiamo alla interrogazione Ballaman n. 3-06303 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).
L'onorevole Ballaman ha facoltà di illustrarla.

EDOUARD BALLAMAN. Grazie, signor Presidente.
Signor ministro, hanno ripreso a circolare sulla stampa nazionale voci secondo le quali alcuni militari italiani impegnati nelle missioni di pace in Bosnia e in Kosovo avrebbero contratto la leucemia con esiti in qualche caso letali; comunque, in taluni casi ciò ha provocato il rimpatrio immediato e segreto di altri soggetti colpiti.
È noto che sui teatri di guerra in Bosnia e Kosovo sono stati utilizzati armamenti ad uranio impoverito. Per ammissione stessa della NATO solo in Kosovo sono stati scagliati 31 mila proiettili anticarro ad uranio impoverito dagli aerei A10, per circa 9 tonnellate. Naturalmente tutto ciò è estremamente grave. Gli effetti dell'uranio impoverito sono ormai noti.
Si chiede di conoscere quali iniziative il Governo intenda adottare (e voglia adottare immediatamente) a tutela della salute degli uomini e al fine di far considerare le armi contenenti uranio impoverito come armi non convenzionali e quindi come armi da proibire.

PRESIDENTE. Il ministro della difesa ha facoltà di rispondere.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Desidero anzitutto riaffermare che ad oggi nessun militare del nostro contingente in Kosovo è stato rimpatriato perché affetto da leucemia e che non sono mai emersi casi sospetti di questa malattia. In questo senso si sono già espressi nei giorni scorsi i comandi competenti e lo stesso procuratore militare di Roma che dal gennaio scorso ha avviato un monitoraggio in seguito a segnalazioni su possibili rischi di inquinamento e di contaminazione.
Va escluso anche che siano collegabili all'uranio impoverito i due casi letali di leucemia acuta che si sono verificati nelle Forze armate, il primo sei anni fa, il secondo l'anno passato. Nel primo caso, il giovane vittima della malattia non era stato mai impiegato all'estero; nel secondo caso, il giovane militare era stato impiegato in Bosnia, precisamente a Sarajevo, dove non vi è mai stato uso di uranio impoverito.
Sul piano generale, desidero ricordare quanto ho già fatto presente in Parlamento nei mesi scorsi; fin dall'ingresso dei nostri soldati in Kosovo, si sono adottate misure di protezione: monitoraggio ambientale, ampia attività informativa, bonifica con reparti specializzati nella protezione e decontaminazione di persone e di materiali. Sono stati svolti controlli ulteriori approfonditi da parte di esperti in fisica del Centro interforze di studi. Tutte queste misure, come ho già detto l'altra volta in Parlamento, hanno permesso di confermare che i livelli di inquinamento radioattivo nelle aree dove operano i nostri soldati sono al di sotto dei limiti di sicurezza previsti dalle norme italiane per il nostro territorio.
Naturalmente, l'attività di controllo continua e continuerà fino a quando i nostri soldati saranno in Kosovo. Inoltre, i militari italiani che prestano servizio all'estero, in contingenti di pace, dovunque prestino servizio, al rientro in patria vengono, per precauzione, sottoposti a verifiche mediche di controllo. Desidero ricordare, inoltre, che l'Italia in questi anni si è costantemente impegnata, e si è impegnato il Governo italiano, per bandire l'uso delle armi inumane, dando a questa


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definizione un'interpretazione estensiva. Quanto alla riduzione del contingente olandese, a cui accenna l'onorevole Ballaman nella sua interrogazione, collegandola al pericolo di inquinamento da uranio impoverito, posso affermare che quella riduzione è collegata ad esigenze operative di quel paese ed al suo strumento militare, pianificate da tempo, e non ha riferimento alla questione dell'uranio impoverito.

PRESIDENTE. L'onorevole Ballaman ha facoltà di replicare.

EDOUARD BALLAMAN. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto solo per la parte in cui il Governo dichiara di attivarsi, o di darsi da fare, per far sì che questo tipo di armi sia considerato non convenzionale e quindi proibito. Quella dei rientri, poi, è una notizia riportata non soltanto dalla stampa ma anche da un dispaccio del comando della Kfor della NATO, che fa riferimento a rimpatriati italiani con sintomi di leucemia, come febbre alta persistente e valore di piastrine abbattuto. Ora, se la Kfor, di cui facciamo parte, ha notizie diverse da quelle che ha il Ministero della difesa, non so cosa farci; sicuramente, il ministro, il 7 giugno 2000, aveva già detto che non vi erano rischi, però allora come mai il 23 marzo 2000, il sottosegretario Calzolaio disse che la situazione non era per nulla tranquillizzante? Come mai al Ministero dell'ambiente è stata insediata una Commissione il 25 maggio e da allora, però, non si è più neanche riunita?
Per quanto riguarda gli studi del centro interforze, sappiamo perfettamente che ha la possibilità di rilevare la radioattività, ma non i tipi di materiale di uranio che sono utilizzati, in quanto studi specifici possono essere effettuati solo dall'ENEA e dall'università di Urbino. Il 15 agosto vi chiesi perché avete abbandonato il valico di Morini (almeno a noi risulta che lo avete abbandonato),
lasciando persino lì i moduli abitativi, dopo che erano stati effettuati i controlli sulle radioattività, ma sto ancora aspettando una risposta. Sempre il 25 agosto, vi chiesi perché per i militari di ritorno si consigliasse una serie di esami tipici per la leucemia, ma sto ancora aspettando una risposta.
Abbiamo chiesto l'istituzione di una Commissione parlamentare, che riteniamo sia necessaria, anche perché ormai persino la procura militare di Roma si sta muovendo. Penso che, se 300 tonnellate di uranio nel Golfo hanno dato come risultato la sindrome del Golfo, ormai si possa parlare anche di sindrome balcanica, visto che solo nel Kosovo ne sono state lanciate 9 tonnellate. Per quanto riguarda Sarajevo, non abbiamo notizie che sia stato l'uranio, certo, ma purtroppo la NATO non ha mai smentito che a Sarajevo e nelle altre regioni della Bosnia sia stato utilizzato uranio. Sicuramente, in altre zone è stato utilizzato uranio (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo brevemente la seduta.

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