Seduta n. 275 del 24/11/1997

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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2791 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti (approvato dal Senato) (4297) (ore 18,31).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti.
Ricordo che nella seduta del 20 novembre scorso è stata respinta una questione pregiudiziale di costituzionalità, che si è svolta la discussione sulle linee generali e quella sul complesso degli emendamenti e degli articoli aggiuntivi ed hanno espresso il relativo parere sia il relatore che il rappresentante del Governo.

(Ripresa dell'esame degli articoli - A.C. 4297)

PRESIDENTE. Riprendiamo quindi l'esame dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328 (vedi l'allegato A - A.C. 4297 sezione 1), e del complesso degli emendamenti e degli aggiuntivi ad esso riferiti (vedi l'allegato A - A.C. 4297 sezione 2).
Comunico che il Comitato permanente per i pareri della V Commissione (Bilancio) ha adottato, in data odierna, la seguente decisione:
PARERE CONTRARIO
su tutti gli emendamenti contenuti nel fascicolo n.1, in quanto suscettibili di recare maggiori oneri non quantificati né coperti, oppure di rendere la normativa nazionale in materia di IVA non conforme alle vigenti disposizioni comunitarie, esponendo la Repubblica italiana a provvedimenti sanzionatori derivanti dall'espletamento nei suoi confronti di procedure di infrazione da parte degli organi comunitari.
Avverto che per gli emendamenti Giovanni Pace 6-bis.1, 6-bis.2 e 6-bis.3, dichiarati inammissibili nel corso dell'esame in sede referente presso la VI Commissione (Finanze), e per i quali era stato chiesto un riesame della valutazione, il Presidente della Camera ritiene di dover confermare il giudizio di inammissibilità per i seguenti motivi:
l'emendamento 6-bis.1 reca modificazioni alla disciplina delle circostanze attenuanti ed esimenti connesse alle violazioni della disciplina dell'imposta sul valore aggiunto. Tale modifica appare di carattere ordinamentale, essendo priva di effetti significativi sull'andamento del gettito IVA, ed estranea al contenuto proprio del decreto-legge in esame;
l'emendamento 6-bis.2 è diretto a sanare la posizione di coloro che avendo presentato domanda di condono ai fini IVA ai sensi dell'articolo 3, comma 204,


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della legge n.662 del 1996, abbiano effettuato il versamento previsto non entro quindici giorni dalla presentazione della domanda, ma entro il termine di scadenza, fissato al 15 ottobre per la presentazione delle domande. Anche tale emendamento appare di natura ordinamentale, sicuramente privo di effetti di contenimento del fabbisogno ed estraneo al contenuto del decreto-legge;
l'emendamento 6-bis.3 è diretto a ridurre al 50 per cento dell'imposta dovuta l'ammontare della sovrattassa in caso di dichiarazione integrativa di condono ai fini IVA. Tale modifica potrebbe recare maggiori oneri per il bilancio dello Stato, per i quali non viene prevista alcuna forma di compensazione, ed appare in ogni caso estranea al contenuto proprio del decreto-legge in esame.

Avverto inoltre che la Presidenza ritiene inammissibili, a norma dell'articolo 96-bis, comma 8, del regolamento, in quanto recanti materia non strettamente attinente a quella del decreto-legge in esame, gli emendamenti Lucchese 1.72, che regola gli effetti temporali dell'opzione di cui all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972; Molgora 1.211, che reca una norma di carattere ordinamentale in materia di contenzioso, sanzioni e rimborsi, e Conte 1.59, volto a modificare l'aliquota dell'accisa sui tabacchi; e gli articoli aggiuntivi Conte 1.02, volto a considerare attività agricola l'allevamento e l'addestramento di cavalli di razza; Carlo Pace 1.03 e 1.04, recanti una delega legislativa, non proponibile con lo strumento del decreto-legge; Bono 3.01, in materia di condono previdenziale; Conte 6.01 e 6.02, volti a prorogare termini relativi rispettivamente alla regolarizzazione delle società semplici e l'accatastamento dei fabbricati rurali; e Leone 6.03, concernente l'esercizio delle scommesse su eventi sportivi all'estero.
Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 18,35, è ripresa alle 18,55.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione...

GIANFRANCO CONTE. Chiedo di parlare sulla dichiarazione di inammissibilità.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di riprendere l'esame degli emendamenti vorrei sollevare due questioni che riguardano innanzitutto la dichiarazione di inammissibilità...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, non si sente!

GIANFRANCO CONTE. ... di un mio emendamento che era stato da noi presentato in Commissione finanze. È stato rilevato anche dagli uffici della Commissione che probabilmente c'è stato un errore...

PRESIDENTE. Di quale emendamento si tratta?

GIANFRANCO CONTE. Era l'emendamento 1.1, che non è più riportato nel fascicolo giunto in aula.
Il nostro gruppo aveva indicato, oltre alla compensazione presente nell'emendamento, anche altre due compensazioni. Ora nel fascicolo le due compensazioni sono state riunite in una sola compensazione, riportata come compensazione numero 1. Quelle compensazioni, insieme alla compensazione che era già stata prevista per l'emendamento 1.1 discusso in Commissione, recavano un'abbondante copertura dell'emendamento, che però non è stato riportato, credo per un errore degli uffici.

PRESIDENTE. Onorevole Conte, contatteremo ora gli uffici della Commissione, ma ho l'impressione che trattandosi di un


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provvedimento collegato ed essendo stato dichiarato inammissibile, l'emendamento non sia stato più stampato, quindi la copertura successiva non è valsa a coprire...

GIANFRANCO CONTE. L'emendamento era già coperto precedentemente in Commissione.

PRESIDENTE. Però lei stesso, se non ho capito male, ha detto che era coperto in modo per così dire improprio, parziale; dopodiché avreste trovato altre due coperture che, integrate con la prima...

GIANFRANCO CONTE. Esatto.

PRESIDENTE. Se non le dispiace, disporrò accertamenti e valuterò la questione.

ELIO VITO. In Commissione è stato ammesso!

GIANFRANCO CONTE. In Commissione è stato dichiarato inammissibile, ma per una svista degli uffici, che non avevano tenuto presenti le due compensazioni ulteriori che avevamo indicato.

PRESIDENTE. Onorevole Conte, se non ricordo male il suo emendamento 1.1 era soppressivo. E poiché vi sono altri emendamenti soppressivi, se lei è d'accordo li votiamo insieme e risolviamo, per così dire in via breve, il problema. È d'accordo, onorevole Conte?

GIANFRANCO CONTE. Le compensazioni erano completamente diverse rispetto a quella compensazione prevista nell'articolo presente; discuteremmo, quindi, di compensazioni di altro tipo.

PRESIDENTE. Se l'emendamento venisse approvato, a quel punto potremmo discutere il tipo di compensazione da applicare.

NICOLA BONO. Chiedo di parlare sulla dichiarazione di inammissibilità.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Presidente, lei ha dichiarato l'inammissibilità del mio articolo aggiuntivo 3.01, credo per estraneità di materia.

PRESIDENTE. Sì, onorevole Bono.

NICOLA BONO. Il pronunciamento mi è parso alquanto singolare. Infatti, il decreto-legge, nato come strumento di armonizzazione delle aliquote IVA, poi è diventato l'ennesimo «mostriciattolo» giuridico in cui sono riportate le cose più balzane e allucinanti. Passiamo dalle aliquote IVA alle disposizioni in materia di versamenti dell'imposta sulle assicurazioni (cosa c'entri questo con l'IVA, non saprei), dalle disposizioni in materia di tasse per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, a norme - articolo 6-bis - in materia di sanzioni ed interessi relativi alle procedure concorsuali, dall'articolo 6-ter, che parla del termine per la notifica degli avvisi di liquidazione relativa all'imposta comunale sugli immobili, all'articolo 6-quarter - siamo perfettamente in tema...! - che tratta di disposizioni relative alla tassa sull'occupazione di suolo pubblico, e poi ancora all'articolo 7 recante norme per la devoluzione delle entrate a variazione di bilancio. Ebbene, cosa vi sia di improponibile in un articolo aggiuntivo che tentava di introdurre una norma di rateizzazione, non di condono, di versamenti dovuti per l'IVA, non si comprende.

PRESIDENTE. In materia previdenziale.

NICOLA BONO. No, signor Presidente, non si trattava di materia previdenziale, ma dell'IVA. Infatti, si fa riferimento ad una norma previdenziale per quanto riguarda le modalità di rateizzazione, ma si tratta di versamenti relativi all'IVA. Allora, non vedo come una norma del genere possa essere definita improponibile. Probabilmente il riferimento alle modalità di rateizzazione ha potuto indurre


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gli uffici a ritenere che si trattasse di una norma in materia previdenziale. Invece, la disposizione riguarda versamenti IVA arretrati per la cui rateizzazione si fa riferimento ad una norma sul condono previdenziale.
Le chiedo se, dopo tale chiarimento, la Presidenza voglia rivedere la posizione assunta, anche alla luce dell'assoluta incoerenza del testo. Altrimenti, dovremmo dire che al Senato, come al solito, possono fare quello che vogliono, mentre alla Camera dobbiamo essere più realisti del re. Poiché ho più volte affermato che lei è un re, giacché ha poteri assoluti di decisione in questa Camera, non vorremmo essere più realisti di lei.
La prego, pertanto, di voler rivedere la decisione assunta, riconsiderando la dichiarazione di inammissibilità che mi sembra ingiusta ed inopportuna.

PRESIDENTE. Onorevole Bono, le do una spiegazione... repubblicana! Le cose stanno in termini diversi. Infatti, il regolamento del Senato è diverso da quello della Camera. Quest'ultimo impone al Presidente una valutazione più stringente in relazione all'ammissibilità degli emendamenti, rispetto a quella che il regolamento del Senato impone al Presidente di quel ramo del Parlamento. Questa è la ragione - che comprendo bene - per cui vi è una disparità di trattamento, nel senso che vi sono alcuni emendamenti, di contenuto identico, dichiarati inammissibili alla Camera ed ammissibili al Senato. Questa è appunto la questione, ma ciò dipende non dalla volontà delle persone, bensì da regole diverse tra Camera e Senato; regole che, sinora, non siamo riusciti ad omogeneizzare.
Per quanto riguarda la questione specifica da lei posta, l'articolo aggiuntivo da lei citato, per fortuna, sarà esaminato più avanti nell'ordine delle votazioni. Se, dunque, me lo consente, ci rifletto e poi, per tempo, le riferirò in merito.

DANIELE MOLGORA. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELE MOLGORA. Signor Presidente, per quanto riguarda la questione relativa agli emendamenti soppressivi dell'articolo 1, il problema relativo alla copertura non è da poco. Infatti, il mio gruppo assumerà posizioni diverse a seconda della copertura che verrà proposta. Comprende che la soppressione di una norma, a fronte di diverse coperture, assume un significato diverso.
La pregherei, pertanto, di prendere una decisione prima della votazione, poiché noi ci orienteremo in maniera diversa a seconda della copertura proposta dall'emendamento in votazione.

PRESIDENTE. Onorevole Molgora, la sua è senz'altro una precisazione opportuna. Pertanto, colleghi, potremmo procedere alla votazione della soppressione dell'articolo 1, dopodiché, qualora dovesse essere approvata, voteremo le coperture proposte e quindi la Camera potrà esprimersi sul merito. Credo che questa sia la cosa migliore e la più lineare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Peretti 1.66.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, oltre ad intervenire in ordine alla soppressione dell'articolo 1, vorrei illustrare le motivazioni per le quali abbiamo presentato diverse compensazioni.
La questione è riassumibile in poche parole, ma anche in pochi concetti. Il Governo ha scelto di garantire delle entrate e lo ha fatto intervenendo in materia di IVA. Naturalmente avrebbe potuto compiere molte altre scelte, perché se l'obiettivo finale è quello di garantire 5.800 miliardi per l'anno 1998, evidentemente, oltre che in materia di IVA, si poteva intervenire diversamente e noi nelle compensazioni abbiamo indicato tutt'altri modi per raggiungere lo stesso obiettivo.
La manovra complessiva del Governo - presto parleremo sia nelle Commissioni sia in aula del collegato alla finanziaria - prevede nuove entrate per circa 25 mila


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miliardi che dovrebbero garantire il parametro di Maastricht. In realtà, ci sembra di poter dire che di sicuro vi sono solo le entrate previste dall'aumento delle aliquote IVA.
Durante la discussione sulle linee generali il Governo è venuto a dirci che il provvedimento era necessario, che si trattava di rispettare le direttive emanate in materia di IVA dall'Unione europea ma, per la verità, questo non è nemmeno del tutto vero, in considerazione del fatto che era possibile realizzare l'intervento di armonizzazione anche entro il 1998. L'esecutivo ha inteso invece anticipare i tempi e presentarlo in un momento, ci è stato detto, di inflazione bassa, in maniera da poter assorbire l'inflazione stessa. Quello che ci lascia abbastanza perplessi è il fatto che le stesse fonti governative partivano dal presupposto che questo tipo di intervento di armonizzazione avrebbe portato ad un incremento dell'inflazione valutabile intorno allo 0,7 per cento. I dati che ci vengono forniti indicano che, invece, il livello dell'inflazione è rimasto bloccato intorno all'1,6 per cento. Questo significa due cose: o i dati che ci vengono forniti dall'ISTAT sono falsi, oppure ci troviamo di fronte ad un momento recessivo del mercato. Infatti, gli stessi uffici governativi valutavano nello 0,7 per cento l'incremento possibile dell'inflazione e quindi l'intervento tale da poter portare in quest'anno il livello medio vicino e forse anche sopra il 2 per cento, ma ciò non è avvenuto. Ed allora, delle due l'una: o ha veramente ragione il Governo (ma le stesse valutazioni dell'esecutivo sembrerebbero essere contraddette), o invece il mercato al consumo non risponde e questo è segno che vi è un calo dei consumi. La stessa valutazione introduttiva del Governo porta a pensare che nei due prossimi anni vi sarà un incremento dei consumi del 4 per cento. Come è allora coniugabile un incremento dei consumi del 4 per cento con il fatto che un intervento in materia di IVA per il quale era previsto un incremento dello 0,7 per cento non ha spostato invece di un decimale di punto l'andamento dell'inflazione in Italia? Questo rimarrà un mistero che forse qualche scienziato dell'ISTAT vorrà poi chiarirci.
In relazione alla compensazione per la soppressione dell'articolo 1 abbiamo previsto un aumento dell'aliquota IVA sull'acquisto di automobili. Naturalmente, questo tipo di compensazione è, se vogliamo, provocatoria, ma ne esistono due di tipo diverso che potrebbero garantire gli stessi proventi.
Una riguarda la riduzione delle spese e, quindi, i trasferimenti correnti a qualsiasi titolo destinati ad imprese pubbliche nella misura necessaria a garantire gli stessi introiti; l'altra potrebbe prevedere un intervento volto a rideterminare la misura dei compensi degli amministratori: questo garantirebbe la copertura dei 5.800 miliardi.
Naturalmente vi è la possibilità che il Governo intervenga diversamente. Lo ha fatto in sede di provvedimento collegato alla finanziaria, anticipando che prevederà nuovi interventi valutabili intorno ai 2.000-2.600 miliardi per gli anni prossimi (ciò comporterà 2.600 miliardi di nuove tasse). Lo può fare anche in altro modo, per esempio attraverso la lotta all'evasione fiscale: nel collegato alla finanziaria sono state previste 3.000 nuove assunzioni, come se esse potessero garantire l'introito previsto inizialmente in 500 miliardi, poi 1.500 miliardi...

PRESIDENTE. Onorevole Conte, il tempo a sua disposizione è terminato.

GIANFRANCO CONTE. In tal caso, Presidente, mi riservo di intervenire sul resto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molgora. Ne ha facoltà.

DANIELE MOLGORA. I deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania sono favorevoli alla soppressione dell'articolo 1, poiché esso comporta un ulteriore aggravio della pressione fiscale nel sistema economico nazionale,


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che è già elevatissima. Sappiamo anche che essa grava prevalentemente sull'economia della Padania. Questo è per noi motivo sufficiente per esprimere un voto favorevole sull'emendamento Peretti 1.66.
C'è da dire anche che il ministro ha dichiarato che questo provvedimento sostituisce imposte una tantum che nel 1998 non saranno più presenti. Questo è verissimo, ma evidentemente esse erano imposte fisse. Pertanto tale atteggiamento non ci sembra corretto.
Per quanto riguarda poi la questione delle compensazioni, è evidente che, mentre siamo d'accordo su una compensazione che riduca le spese dei ministeri ed i trasferimenti alle imprese pubbliche, non possiamo essere favorevoli ad una che comporti un aumento dell'aliquota per le autovetture. Se dovesse essere posta in votazione tale compensazione, non potremmo esprimere su di essa un voto favorevole.
Riepilogando, esprimeremo voto favorevole sulla parte dell'emendamento relativa alla soppressione dell'articolo 1 e sulla compensazione che prevede una riduzione degli stanziamenti per le imprese pubbliche ed i ministeri.

PRESIDENTE. La Presidenza ritiene ammissibile l'emendamento Conte 1.1, se si somma alla compensazione prevista e cioè la compensazione n.1.
Colleghi, poiché sono stati presentati tre emendamenti soppressivi - l'emendamento Peretti 1.66 e gli emendamenti Conte 1.2 e 1.1 - che prevedono diverse compensazioni, porrò in votazione il principio relativo alla soppressione; se esso verrà approvato, voteremo successivamente i singoli emendamenti relativamente alle modalità di copertura.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul principio comune della soppressione dell'articolo 1 contenuto negli emendamenti Peretti 1.66, Conte 1.2 e 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 412
Votanti 411
Astenuti 1
Maggioranza 206
Hanno votato 150
Hanno votato no 261
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

È così preclusa la seconda parte degli emendamenti Peretti 1.66, Conte 1.2 e 1.1.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Conte 1.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. L'emendamento Conte 1.3 è un emendamento di buon senso e dico questo non perché l'ho sottoscritto io, ma perché con esso si dà la possibilità al Governo di attuare quella volontà programmatica in materia economico-finanziaria che finora ci sembra non sia mai stata attuata.
Se è vero che c'è necessità di cassa, per le considerazioni cui alludeva prima il collega Conte e così come altri colleghi intervenuti nella discussione sulle linee generali hanno messo in rilievo, è altresì vero che è possibile non corrispondere alla necessità di cassa con un aumento della pressione fiscale. Se ciò è vero, si possono reperire le somme che necessitano al fine di un riequilibrio con provvedimenti diversi. Quali possono essere questi ultimi? Poiché si va sempre sbandierando la necessità di una riduzione delle spese correnti e non, si potrebbe accedere a questa ipotesi. L'emendamento in esame mira proprio a questo, perché i provvedimenti che si devono adottare entro il 31 dicembre 1997 devono necessariamente operare ulteriori riduzioni permanenti di spese, non inferiori in termini di competenza e di cassa alle cifre previste dall'articolo 1, in relazione ai previsti aumenti di 5.875 miliardi per il 1998, 5.800 miliardi per il 1999 e 6.032 miliardi per il 2000.


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Nel momento in cui il Governo può porre mano alla spesa corrente, si può dare finalmente in tal modo l'impressione di una razionalizzazione della spesa pubblica, senza inasprire la pressione fiscale sui cittadini e senza giungere ad uno squilibrio totale, che rasenta l'incostituzionalità, in ordine all'aumento di alcune aliquote che penalizzano taluni settori rispetto ad altri.
Il sottoscritto ed il gruppo cui appartengo rappresentano caldamente all'intera Assemblea e in particolare ai colleghi della maggioranza la possibilità di sostituire l'articolo 1 con l'emendamento in esame, che porterebbe ad una razionalizzazione e ad una diminuzione delle spese, anziché ad un'ulteriore pressione fiscale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conte 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:


Presenti e votanti 394
Maggioranza 198
Hanno votato 140
Hanno votato no 254
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

È così precluso l'emendamento Peretti 1.70.
Vorrei rispondere ad un quesito che mi è stato posto incidentalmente da un collega su quello che sarebbe accaduto, in occasione della precedente votazione, se l'Assemblea avesse approvato l'abrogazione dell'articolo e soppresso tutte le compensazioni. In questo caso sarebbe stata convocata la Commissione, che avrebbe dovuto trovare, d'intesa con il Governo, un'altra compensazione.
Avverto che l'emendamento Molgora 1.299 deve intendersi numerato come 1.515.
Avverto inoltre che sono stati ritirati gli emendamenti Molgora 1.101, 1.106, 1.107, 1.97, 1.98, 1.99, 1.100, 1.305, 1.301, 1.215, 1.296, 1.297, 1.307, 1.310, 1.309, 1.298, 1.414, 1.306, 1.294, 1.116, 1.117, 1.120, 1.121, 1.122, 1.123, 1.118, 1.119, 1.102, 1.157, f1.104, 1.158, 1.159, 1.160, 1.161, 1.162, 1.163, 1.164, 1.131, 1.246, 1.171, 1.172, 1.173, 1.174, 1.175, 1.176, 1.170, 1.169, 1.132, 1.74, 1.75, 1.76, 1.77, 1.78, 1.79, 1.80, 1.81, 1.82, 1.83, 1.84, 1.85, 1.86, 1.87, 1.88, 1.89, 1.90, 1.91, 1.92, 1.93, 1.94, 1.247, 1.321, 1.318, 1.248, 1.319, 1.302, 1.196, 1.219, 1.222, 1.224, 1.227, 1.228, 1.229, 1.230, 1.165, 1.166, 1.167, 1.168, 1.133, 1.134, 1.135, 1.136, 1.187, 1.292, 1.137, 1.138, 1.139, 1.140, 1.141, 1.142, 1.143, 1.144, 1.145, 1.146, 1.147, 1.148, 1.149, 1.312, 1.298, 1.299, 1.150, 1.151, 1.152, 1.153, 1.154, 1.108, 1.109, 1.110, 1.111, 1.112, 1.113, 1.114, 1.316, 1.124, 1.291, 1.128, 1.127, 1.126, 1.125, 1.129, 1.130, 1.231, 1.232, 1.233, 1.234, 1.235, 1.236, 1.253, 1.255, 1.263, 1.264, 1.265, 1.266, 1.272, 1.273, 1.274, 1.276, 1.280, 1.282, 1.283, 1.286, 1.240, 1.241, 1.242, 1.244, 1.245, 1.194, 1.193, 1.192, 1.190, 1.189, 2.26, 2.21, 2.25, 2.24, 2.18, 2.19, 2.20, 2.22, 2.23, 2.6, 2.7, 2.8, 2.9, 2.11, 2.16, 2.17, 2.15, 3.03, 4.7, 4.4, 4.5, 6-bis.5, 6-bis.10, 6-ter.2, 6-ter.8, 6-ter.9, 6-ter.10, 6-quater.2, 6-quater.4, 6-quater.3, 6-quater.5, 6-quater.6, 6-quater.7, 6-quater.8.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Conte 1.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Il fatto che la lega abbia ritirato un paio di centinaia di emendamenti ci porterà a discuterne solo 200-250: ci attrezzeremo anche per questo.
Tornando al discorso che stavo facendo prima, dirò che questo emendamento parte dal presupposto che l'intervento sull'IVA poteva essere fatto in diversi modi. Il Governo ha deciso di farlo immediatamente ed allora abbiamo proposto, anche in relazione alla possibilità di garantire un gettito per i tre mesi di


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questo scorcio d'anno che dovrebbero assicurare al Governo circa 1.459 miliardi, un emendamento che propone di rivedere almeno per l'anno in corso le previsioni di aumento di aliquota. Tutto ciò per le ragioni che ho già spiegato. Questo intervento non interagisce con l'inflazione e non era quindi necessario. È pur vero che la direttiva CEE aveva imposto che si intervenisse eliminando le aliquote ponte e riducendo le aliquote semplicemente a tre (secondo la direttiva si possono mantenere per i beni già inseriti nell'allegato H nel 1991 un'aliquota superridotta, quella del 4 per cento); l'aliquota al 10 per cento è stata mantenuta, è stata eliminata quella al 16 per cento ed è stata aumentata dal 19 al 20 per cento l'aliquota ordinaria. È proprio questo che ci lascia perplessi perché l'aliquota ordinaria deve tendere, secondo le indicazioni della direttiva CEE, che dovranno essere messe in pratica a partire dal 1999, ad un'aliquota, generalizzata per tutti i paesi dell'Unione europea, al 15 per cento. È pur vero che in Europa esistono paesi come la Danimarca e la Svezia, che applicano un'aliquota ordinaria al 25 per cento, ma ve ne sono altri come il Lussemburgo dove esiste un'aliquota ridotta già allineata alla direttiva europea, ossia al 15 per cento. Il signor ministro è venuto giovedì a dire che portando l'aliquota al 20 per cento ci siamo posti nella media; ma allora che senso ha aumentare ora dal 19 al 20 per cento se l'obiettivo è quello di ridurre l'aliquota entro due anni? Forse il Governo spera in nuovi introiti con l'assunzione di 3.000 nuovi dipendenti al Ministero delle finanze? È noto che il concorso al Ministero delle finanze risale al 1993 e non è ancora arrivato a buon fine. È noto che prima di istruire e rendere utilizzabile nel campo dell'evasione fiscale un buon livello VIII ci vogliono anni e certo è che se 3.000 persone porteranno ad un incremento del gettito valutabile in una cifra che era partita da 500 miliardi per arrivare, poiché i tagli alla spesa non sono stati fatti, a 1.500 miliardi e per poi diventare 2.500 miliardi, in sostanza ogni assunzione dovrà garantire circa 800 milioni di gettito. Suggerirei al Governo - credo sia ormai nella mente di tutti - che basterebbero 100 mila nuove assunzioni per garantire 80-90 mila miliardi di gettito. Potrebbe essere una buona idea perché garantiremmo nuovo gettito risolvendo anche il problema della disoccupazione. Dubito che ciò sia realizzabile e dubito anche che vi fosse la necessità di intervenire immediatamente con il cambio delle aliquote.
Il Governo ha affermato la necessità di procedere immediatamente a questo cambio, e di farlo attraverso un decreto-legge, perché se si annunciasse un cambio delle aliquote interverrebbero gruppi di pressione di ogni tipo per inserire, per esempio - come ha fatto la lega -, il mangime per i canarini sotto una certa aliquota e magari gli slip da uomo sotto un'altra. Potrebbero esservi richieste di tutti i tipi; lo ha fatto la lega e il Governo era preoccupato che queste lobby intervenissero.
Esprimo in conclusione il nostro parere favorevole sull'emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conte 1.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 366
Votanti 365
Astenuti 1
Maggioranza 183
Hanno votato 115
Hanno votato no 250
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Conte 1.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.


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ANTONIO LEONE. Siamo alle prese con lo stesso problema che affrontava l'emendamento precedente. Noi stiamo esaminando un provvedimento che si dice essere necessitato dalla direttiva comunitaria n.6 del 1997. Per la verità, nella fretta, questo Governo evidentemente non ha preso in considerazione tutte le indicazioni che in senso pratico quella direttiva dava sugli aumenti, sulle diminuzioni o sulle eliminazioni di alcune aliquote previste per determinati beni. Tanto è vero che ci troviamo di fronte ad una accozzaglia di aumenti e di diminuzioni che non hanno alcun senso, se non quello di accontentare qualcuno o di prevedere, secondo una logica governativa, una maggiore entrata rispetto ad alcuni beni o una diminuzione di entrata rispetto ad altri beni. Ed è per questo che il nostro emendamento - questo così come quello di prima - tenta di ridurre i danni, nel senso che quanto meno tenta, con razionalità, di salvare alcuni beni, che possono essere esclusi, visto che fretta non ce n'è, perché siamo in regime di proroga. Tra l'altro, si parla di fretta, di urgenza, quando invece tutti sanno che a livello europeo siamo in un regime transitorio e tutto è prorogato fino al 31 dicembre 1998 (e tra l'altro si prevedono ulteriori proroghe). Perché non accedere alla possibilità di far salve per alcuni beni le aliquote esistenti, quanto meno fino al 31 dicembre 1997?
Con questo emendamento si chiede quindi che, per i beni previsti dall'articolo 4 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.151 (così come l'emendamento precedente proponeva per i beni di cui all'articolo 36 del decreto-legge n.331 del 1993), sia fatta salva l'applicazione dell'aliquota esistente, almeno momentaneamente, fino al 31 dicembre 1997, per una maggiore razionalità delle aliquote, che in ambito comunitario dovranno essere armonizzate per giungere all'aliquota unica del 15 per cento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molgora. Ne ha facoltà.

DANIELE MOLGORA. Il mio gruppo voterà a favore anche di questo emendamento, che ha l'obiettivo di limitare l'aumento di una pressione fiscale che è improponibile. Abbiamo mantenuto più di cento emendamenti con un carattere veramente serio, che mirano a limitare questa pressione fiscale soprattutto sui beni di largo consumo, quelli necessari o principali per il sistema economico e l'emendamento in esame va in questa direzione. Il fatto di aver mantenuto più di cento emendamenti di particolare peso ci sembra una questione particolarmente seria.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conte 1.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 371
Maggioranza 186
Hanno votato 118
Hanno votato no 253
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Antonio Pepe 1.63.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carlo Pace. Ne ha facoltà.

CARLO PACE. Trovo veramente difficile comprendere coma possa esservi una logica nella condotta di un Governo che prevede contemporaneamente due cose esattamente contrarie l'una rispetto all'altra. Da un lato, con il provvedimento che stiamo esaminando si prevede l'elevazione dell'aliquota IVA anche sulle materie prime e sui semilavorati per l'edilizia. Dall'altro, viceversa, si prevede di introdurre delle agevolazioni fiscali, realizzabili


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però mediante detrazioni dall'imposta sui redditi delle persone fisiche, nel caso delle ristrutturazioni di abitazioni.
Come credo l'esperienza abbia ormai universalmente insegnato in questo paese, l'erogazione di incentivi si può realizzare mediante dei meccanismi che sono di tipo automatico o dei meccanismi che sono, viceversa, amministrati. Quelli amministrati sono i meccanismi più perversi perché si prestano a fenomeni di cattiva amministrazione, si prestano a fenomeni di corruzione, si prestano a fenomeni di arbitrio nel concederli o nel rifiutarli, si prestano ad un contenzioso che spesso è veramente annoso.
Se il contenzioso in materia tributaria sulle agevolazioni per l'edilizia fosse raccolto in volumi, occuperebbe probabilmente tutto il volume di quest'aula. Basterebbe questo fatto per pensare come non sia opportuno prevedere di realizzare degli incentivi per l'edilizia, che siano nello stesso tempo però non di tipo automatico ma amministrati, e prevedere contemporaneamente un grave disincentivo all'attività edilizia quale è quello che si realizza mediante l'elevazione dell'aliquota.
Quindi, la ragione che «spiega» questo emendamento è rappresentata dalla circostanza che, almeno per il 1998, un'aliquota diversa da quella generale può essere mantenuta perché siamo, come è stato detto più volte, in un periodo ponte. Visto che il sistema è in crescita lentissima se non addirittura in stagnazione, sarebbe quanto mai opportuno realizzare ciò mediante un incentivo di tipo automatico, che non richiede alcuna amministrazione e che è di pronto uso e di pronta risposta, quale la riduzione dell'aliquota.
Quando poi si vede il modo con cui la copertura sarebbe assicurata a questo provvedimento non rimane altro, credo, che rendersi conto che questo è il modo più equo per realizzare un intervento che dia ossigeno all'attività economica, il più equo possibile perché ciò si realizza mediante il recupero di materia imponibile e quindi mediante quello che da tutti viene considerato come un'obiettivo comune in materia fiscale, ossia la lotta all'evasione.
Per tali motivi raccomando ai colleghi di votare a favore di questo emendamento; lo raccomando in maniera particolarmente calda ai colleghi del mio gruppo. La ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Presidente, siamo alle solite: si vede la contraddizione tra una scelta di politica economica fatta solo a parole da parte del Governo e quella che invece viene attuata, che è completamente contraddittoria.
Ma perché dico questo? Perché forza Italia voterà a favore dell'emendamento Antonio Pepe 1.63. Si tratta infatti di salvare il salvabile per quanto riguarda le materie prime e semilavorate per l'edilizia. Si dice sempre che l'edilizia è penalizzata. Il sud non riesce a decollare in questo settore per la farraginosità dell'approvazione dei piani regolatori e di quant'altro possa riguardare uno sviluppo edilizio tecnicamente valido e che si svolga in maniera accelerata. A questo punto, con tale provvedimento non si possono penalizzare le materie prime e semilavorate per l'edilizia, nel momento in cui, d'altro canto, si vuole dare una spinta - le parole del Presidente Prodi riecheggiano ancora nelle mie orecchie - all'edilizia per il sud, per cercare quanto meno di portare ad un livello accettabile la disoccupazione che ha ormai raggiunto livelli da tragedia.
Ed allora perché non pensare, come dicevo prima, ad una differenziazione delle aliquote o quanto meno così come fa questo emendamento onestamente, giustamente e con senso pratico, non tentare di salvare, nei limiti del possibile, e limitatamente al 1998, alcuni beni che possono veramente servire da volano per le attività edilizie?
In base a tali considerazioni annuncio che forza Italia voterà a favore dell'emendamento Antonio Pepe 1.63 (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e alleanza nazionale).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molgora. Ne ha facoltà.

DANIELE MOLGORA. Signor Presidente, la nostra posizione è molto chiara. Noi abbiamo presentato una serie di emendamenti sul problema delle materie prime e semilavorate per l'edilizia. L'emendamento Antonio Pepe 1.63 non mi soddisfa appieno perché limita al 1998 la riduzione delle aliquote, mentre noi abbiamo presentato un emendamento volto a realizzare una riduzione tout court delle aliquote nel settore. Tuttavia, quella prevista nell'emendamento in esame rappresenterebbe già un passo avanti rispetto alla situazione esistente.
Vista la nostra preferenza nei riguardi di una aliquota ridotta per il materiale dell'edilizia, che è un settore trainante per l'economia del nord, siamo contrari ad un aggravio delle aliquote IVA. Pur non essendo pienamente soddisfatto per i limiti temporali fissati alla riduzione dell'aliquota, il voto della lega nord per l'indipendenza della Padania sull'emendamento Antonio Pepe 1.63 sarà favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, noi cristiano-democratici dichiariamo il nostro voto favorevole sull'emendamento Antonio Pepe 1.63, anche perché quella della casa è sempre stata una delle questioni fondamentali sulla quale riteniamo il Governo debba sviluppare un'azione coerente.
Domando allora all'Assemblea come sia possibile che nella finanziaria per il 1997 il Governo abbia portato l'aliquota dal 19 al 10 per cento e pochi mesi dopo, quasi folgorato sulla strada di Damasco, accampando la motivazione della armonizzazione europea, abbia cambiato idea. Eppure la questione dell'armonizzazione europea era stata sollevata dal commissario europeo Monti oltre un anno fa, ma, nonostante ciò, il Governo era intervenuto in una direzione che condividevamo: quella di ridurre l'aliquota IVA nel settore edilizio. Tra l'altro, il ministro Visco nella sua replica ha sostenuto che non si rileva la necessità di assicurare un gettito per quanto attiene alle entrate, perché queste procedono - secondo i dati in possesso del Governo anche se non del Parlamento, per lo meno in modo compiuto - a gonfie vele. Mi domando allora perché ci sia questo atteggiamento ondivago sulla questione e rispetto ad un settore che la finanziaria, con la manovra relativa agli incentivi per la ristrutturazione, conferma essere un settore potenzialmente trainante per la crescita economica del paese.
Con il nostro voto favorevole non aderiamo solo al contenuto di un emendamento che ci trova pienamente d'accordo, ma vogliamo anche stigmatizzare la strategia di politica economica del Governo, che di giorno tesse una tela e di notte la disfa, lasciando sempre nella insicurezza gli operatori economici. E credo questo non sia un buon servizio reso al settore edilizio (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CDU, di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Antonio Pepe 1.63, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 338
Votanti 335
Astenuti 3
Maggioranza 168
Hanno votato 106
Hanno votato no 229
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marinacci 1.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 339
Maggioranza 170
Hanno votato 106
Hanno votato no 233
(La Camera respinge - Vedi votazioni).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Conte 1.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, il mio emendamento 1.7 interviene su una materia per la verità molto controversa. Infatti, il comma 3 dell'articolo 1 abroga una norma agevolativa contenuta nel comma 14 dell'articolo 3 della legge n.249 del 1997.
Questo articolo riguarda - è bene notarlo - le norme sull'emittenza radiotelevisiva, per cui è necessario avviare un discorso che andrà ripreso quando esamineremo il comma 6, lettera c), numero 15), che riformula il numero 123-ter) della tabella A, parte terza. È una «storia» questa che va avanti da quattro anni, da quando si ritoccarono le aliquote IVA per le trasmissioni via cavo e via satellite e i relativi canoni di abbonamento. All'inizio la Commissione di merito ebbe la tentazione di portare l'aliquota dal 10 al 4 per cento, aliquota che, attraverso interventi successivi ed emendamenti presentati nel corso dell'esame della precedente legge finanziaria, si tentò di riportare al 19 per cento. L'aliquota poi è stata di nuovo fissata al 4 per cento.
L'ultimo intervento in materia, oggetto dell'emendamento che reca la mia firma, concerne interventi per la realizzazione di nuovi impianti e la riqualificazione di quelli esistenti riguardanti la distribuzione, all'interno degli edifici e delle abitazioni, dei segnali via cavo o via satellite assoggettati in una legge - badate bene! - del 31 luglio 1997, cioè di pochi mesi fa, al 4 per cento. Evidentemente il clima politico negli ultimi tre mesi è cambiato, considerando che (parlo a nome di forza Italia) probabilmente qualcuno non ha tenuto conto che nel frattempo il mercato delle TV via satellite e via cavo si sta innovando profondamente e che ad esso sono fortemente interessati anche TMC e RAI. Probabilmente l'intervento legislativo fatto il giorno precedente all'inizio del periodo feriale estivo era stato deciso come cadeaux, mentre qualcuno già pensava di procedere ad una nuova correzione dell'aliquota.
Tutto questo si è puntualmente verificato proprio con il provvedimento in discussione che, sopprimendo l'articolo 3 della legge n.249 del 1997, riporta l'aliquota IVA dal 4 al 20 per cento. In effetti si interviene anche con un altro provvedimento (di cui ci occuperemo in seguito) attraverso il quale l'aliquota IVA per i canoni sale dal 4 al 10 per cento, mentre per i beni e servizi (quelli a cui facevo prima riferimento e cioè interventi per la realizzazione di nuovi impianti e la riqualificazione di quelli esistenti) l'aliquota viene innalzata dal 4 al 20 per cento.
Il Governo a questo punto deve decidere perché non è possibile intervenire su questa materia ogni tre mesi. Il settore dei media televisivi interessa tutta la nazione o solo qualcuno? È noto ormai che tutti i gruppi televisivi sono interessati, per cui una decisione definitiva, anche per innovare un settore tecnologicamente molto avanzato che ha bisogno di finanziamenti, sarebbe necessaria.
È per questo motivo che abbiamo presentato questo emendamento volto a sopprimere il comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge. Sulla base di tali considerazioni, annuncio il voto favorevole dei deputati del gruppo di forza Italia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conte 1.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 337
Maggioranza 169
Hanno votato 76
Hanno votato no 261
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conte 1.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 328
Maggioranza 165
Hanno votato 74
Hanno votato no 254
(La Camera respinge - Vedi votazioni).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Conte 1.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. A questo emendamento, signor Presidente, si possono riferire tutte le considerazioni svolte prima dall'onorevole Conte, ma vi è una novità che potrebbe essere allettante. Come si può favorire la RAI ad andare sul satellite, se non accelerando i tempi e le modalità per consentirglielo? Questo emendamento fa sì che, operando sul condono INPS, si possa batter cassa in maniera più rapida; esso infatti prevede che, invece di accedere alla rateizzazione così come prevista dalla legge n.79 del 28 marzo 1997, si può gravare il debito di interessi legali e dare la facoltà al contribuente di procedere in un'unica soluzione entro il 15 dicembre 1997 al versamento di quanto per l'accesso al condono. È un modo legittimo e sensato di operare una copertura e di venire fuori dall'empasse cui alludeva il collega Conte alle emittenze.
Pertanto il gruppo di forza Italia raccomanda caldamente all'aula di votare a favore di questo emendamento che incide semplicemente sulla volontà del cittadino, che ha avuto accesso al condono INPS, di procedere al pagamento in unica soluzione entro il 15 dicembre 1997.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carlo Pace. Ne ha facoltà.

CARLO PACE. Signor Presidente, vorrei intervenire a favore di questo emendamento, in particolare richiamando l'attenzione sull'aspetto della convenienza della soluzione qui proposta ai fini del riequilibrio della finanza pubblica. Questo riequilibrio non si può realizzare «a secchiate», cioè portando grandi quantità di risorse da una parte all'altra, senza essere attenti e sensibili alla gestione anche delle piccole cose; se si fa attenzione alle piccole cose, emerge il merito di un emendamento di questo tipo poiché il pagamento anticipato mediante corresponsione dell'importo in maniera immediata risulta particolarmente conveniente, in quanto attualizziamo queste somme rateizzate con un tasso d'interesse ancora più elevato del costo del denaro per la finanza pubblica. Mediante un'operazione di questo tipo, dunque, il bilancio dello Stato verrebbe ad avere un sollievo, il peso che il debito esercita sul bilancio verrebbe ad alleviarsi, sia pure in misura non molto elevata. Guai ad un'amministrazione che non sa guardare alle piccole cose, guai ad un legislatore che pensa di risolvere i problemi con le grandi riforme fatte sempre all'insegna del pressapochismo e non presta attenzione come dovrebbe ai dettagli. Questo è un piccolo dettaglio, ma lo raccomando all'attenzione dei colleghi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molgora. Ne ha facoltà.

DANIELE MOLGORA. Siamo ancora sullo stesso argomento dei due emendamenti


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precedenti. Siamo già intervenuti in passato su questo problema: non ci sembra di poter considerare le televisioni via cavo e le radiodiffusioni in genere come beni di prima necessità per i quali debba essere mantenuta l'aliquota al 4 per cento. Si creerebbe una evidente discrasia tra i settori, ad esempio, dell'abbigliamento o dell'edilizia che riguardano beni di prima necessità, e gli altri.
Alla luce di tali considerazioni, dichiaro il voto contrario dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania sull'emendamento Conte 1.9.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conte 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 331
Maggioranza 166
Hanno votato 78
Hanno votato no 253
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Conte 1.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Questo emendamento interviene su di una norma che noi riteniamo assolutamente ingiusta, che così recita: «Le variazioni delle aliquote dell'imposta sul valore aggiunto di cui ai commi 1, 2 e 6, lettera b), numero 16), non si applicano alle operazioni nei confronti dello Stato e degli enti e istituti indicati nel quinto comma dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633, per le quali alla data del 31 dicembre 1997, sia stata emessa e registrata la fattura ai sensi degli articoli 21, 23 e 24 del predetto decreto (...)».
Colleghi, immaginate di mettervi nei panni dei nostri concittadini che vanno a leggere norme di questo tipo (e purtroppo in materia fiscale di queste norme ne troviamo a bizzeffe: per interpretarle bisogna far ricorso più ad una tabellina algebrica che ad un traduttore)!
Non solo, ma in tale norma è contenuta una delle più grosse disfunzioni che noi dobbiamo mettere in evidenza in relazione soprattutto al rapporto contribuente-Stato. Nella sostanza, con tale disposizione normativa si interviene sostenendo che, praticamente, le variazioni introdotte con questo articolo e quelle che comunque sono normalmente previste nel decreto del Presidente della Repubblica n.633 (il provvedimento istitutivo dell'IVA) sono valide per tutti fuorché per lo Stato, gli enti e gli istituti indicati in questo comma 5 dell'articolo 1.
A questo punto, dobbiamo fare riferimento allo statuto del contribuente. Credo che lo Stato sia troppo prodigo nei confronti delle proprie istituzioni e dei propri enti e che lo sia molto meno nei confronti dei privati cittadini i quali, normalmente, si trovano ad avere un rapporto conflittuale con l'amministrazione finanziaria, che è sempre pronta ad inserire nuove imposte, se è possibile anche con effetto retroattivo; ma è sempre pronta allo stesso tempo a chiedere denaro anticipatamente (ormai è diventata prassi: fra poco dovremo anticipare ancora appena nati le imposte che andremo comunque a dover versare per l'intero periodo della vita!).
Fra tali questioni vi è sicuramente quella dei rimborsi IVA: questo è un argomento che non viene purtroppo messo in rilievo dalla grande stampa che ha sì parlato della rivolta di alcuni imprenditori nel Veneto, ma che tace invece sull'esistenza di un debito nascosto dell'amministrazione pubblica pari a circa 70 mila miliardi, che è comunque un debito del nostro Stato, del nostro Governo, nei confronti dei cittadini! Tutto ciò avviene


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mentre questi ultimi debbono aspettare anni per avere rimborsi IRPEF, IRPEG ed IVA!
Ricordo che all'inizio dell'anno noi abbiamo licenziato in Commissione prima e in aula poi un provvedimento che sostanzialmente prevedeva che non potevano essere avanzate richieste di rimborso IVA superiori a 500 milioni, in tal modo si è fatta sostanzialmente una sorta di divisione fra quelli che stavano sotto ai 500 milioni (e che quindi meritavano attenzioni) e quelli che stavano sopra, non tenendo nella dovuta considerazione che la maggior parte dei contribuenti al di sopra dei 500 milioni sono esportatori abituali; si tratta quindi di categorie che sono strutturalmente in credito di IVA.
Che tipo di amministrazione è questa che è sempre pronta a chiedere e non è mai pronta a pagare? Non è pronta a pagare e non consente nemmeno attraverso norme come questa che vi sia un'equità di trattamento tra i cittadini, i contribuenti normali, e le sue stesse istituzioni.
Interverrò anche in sede di esame del collegato alla finanziaria in merito ad una norma simile che è stata inserita. Come gruppo faremo sempre in modo di denunciare fortemente il sistema adottato. Dichiaro quindi il voto favorevole sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conte 1.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 335
Votanti 322
Astenuti 13
Maggioranza 162
Hanno votato 80
Hanno votato no 242
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Armosino 1.61 e dell'emendamento Delfino 1.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, l'emendamento Armosino 1.61 è di contenuto analogo all'emendamento 1.11 di cui sono primo firmatario. Francamente avevo già posto la questione al ministro per conoscere le ragioni per le quali alle comunità montane, che sono pure enti pubblici, non debbano essere applicate le stesse aliquote per servizi prestati dalle stesse comunità montane analoghi a quelli prestati dai comuni. Faccio un esempio: per il trasporto di persone, alunni od altri, effettuato dai comuni è prevista l'aliquota ridotta, mentre se questo emendamento o quello analogo da me presentato non venissero accolti, sostanzialmente si verificherebbe per le comunità montane una disparità, una sperequazione di trattamento che andrebbe a penalizzare soprattutto quelle realtà montane dove gli enti organizzano questo tipo di attività e di prestazioni.
Non mi dilungo oltre; tuttavia, mi pare evidente il significato di una norma che tende a garantire proprio quelle comunità montane che prestano quei servizi associati, auspicati in tanti provvedimenti dal Governo. Mi domando allora perché il Governo, per questi enti che organizzano tali servizi proponga aliquote differenziate. Avevo posto la questione per via breve al ministro e al Governo; non ho ricevuto risposta e mi piacerebbe avere un chiarimento. In caso contrario si seguirebbe una linea contraddittoria rispetto a quanto si afferma, là dove si vuole prevedere che i piccoli comuni delle zone disagiate si uniscano per svolgere determinati servizi.
Questa è una delle tante ragioni che mi inducono a rivolgere un appello alla sensibilità del Parlamento affinché l'emendamento in questione venga accolto (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CDU e di alleanza nazionale).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molgora. Ne ha facoltà.

DANIELE MOLGORA. Signor Presidente, il fatto di mantenere le aliquote ridotte anche per le comunità montane va nella filosofia di mantenere ridotto un tributo che ancora una volta trasferisce risorse dal livello locale a quello centrale. È chiaro che il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania è favorevole a mantenere sul territorio risorse che sono importanti.
I comuni sono spesso presi per il collo perché lo Stato continua a ridurne i trasferimenti. Ci sembra giusto, pertanto, che una volta tanto siano i comuni, in questo caso anche le comunità montane, a ridurre i trasferimenti dalla periferia, cioè dalle zone locali del territorio a livello centrale. Se una volta tanto avviene il contrario, questo non può che renderci contenti (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, siamo favorevoli a questo emendamento, perché con esso si tenta di riequilibrare una situazione di svantaggio con aliquote differenziate per quanto riguarda le comunità montane. Non si può contemporaneamente tenere in piedi una serie di normative che privilegerebbero le comunità montane in quanto sedi disagiate, oltre alla serie di considerazioni che vengono fatte sulle comunità montane, e invece, quando si tratta, nella pratica, di concedere agevolazioni, penalizzarle. Non comprendo per quale motivo non si debbano equiparare le comunità montane agli enti previsti dal comma 5 di questo articolo.
Per tali ragioni, i deputati del gruppo di forza Italia voteranno a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carlo Pace. Ne ha facoltà.

CARLO PACE. Presidente, richiamo due circostanze. Innanzitutto, la struttura del nostro paese vede zone montuose in ogni regione d'Italia; quindi, prendere in considerazione le esigenze peculiari delle comunità montane significa operare un intervento rivolto all'intero paese.
In secondo luogo, non si tratta solo di prevedere un intervento per aree sociali deboli, bensì a favore dell'economia. Il rendere particolarmente disagiato il modo di vivere nelle comunità montane accentua l'abbandono di tali zone. La desertificazione delle aree interne e montane è negativa sotto diversi profili: da un lato rende ancora più difficile e costosa la tutela del territorio, dall'altro rende maggiormente congestionate le grandi città. Pertanto, interventi di questo tipo a favore delle comunità montane hanno un pieno fondamento economico. Come vogliamo che interventi specifici a loro favore siano idonei a restaurare un equilibrio quando poi si determinano interventi che finiscono per creare nuovamente disparità a loro svantaggio? Questo provvedimento introduce una disparità a svantaggio delle aree montane che, per essere sanata, richiederebbe altri provvedimenti riparatori. Se questo è un modo razionale di procedere, allora si voti pure il provvedimento così com'è. Se invece si ritiene che sia un modo irrazionale di legiferare, allora si dia ragione ai proponenti dell'emendamento e lo si voti, così come invito a fare i deputati del mio gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caveri. Ne ha facoltà.

LUCIANO CAVERI. Signor Presidente, siamo in presenza di un emendamento giusto, che il Governo avrebbe probabilmente potuto evitare se vi fosse stata, da parte del Ministero delle finanze, un'interpretazione volta a considerare le comunità montane come enti locali veri e


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propri. Peraltro, che le comunità montane siano enti locali è accertato in tutta la legislazione nazionale, anche nella recente legge Bassanini. È paradossale, tuttavia, che una serie di uffici periferici delle finanze, come quello della regione Emilia-Romagna, abbia affermato che si tratti di enti locali, ma non di enti locali territoriali. Tale distinzione bizantina fa sì che in effetti si crei una disparità di trattamento fra i comuni montani e quelle comunità montane che devono gestire servizi in maniera unificata e che hanno la funzione di evitare lo spezzettamento, quella polverizzazione dei comuni, che sembrerebbe essere una delle preoccupazioni del legislatore nazionale. Poi, dal punto di vista fiscale, ci troviamo nel paradosso di danneggiare le comunità montane. Sarebbe stato opportuno che il sottosegretario si esprimesse annunciando che, anche con una semplice determinazione ministeriale, si sarebbe potuto ottenere lo stesso identico risultato che si vuole raggiungere con l'emendamento in esame.
Se, pertanto, l'emendamento venisse respinto dalla Camera, di fatto ci troveremmo a penalizzare le comunità montane nonché a dare indirettamente un'interpretazione del Parlamento favorevole a quella - a mio giudizio sbagliata - di alcuni uffici periferici dello Stato.
Per tale motivo, tutti coloro i quali hanno a cuore la montagna dovrebbero votare a favore dell'emendamento, a meno che il Governo non intervenga affermando che farà in modo che, con determinazione ministeriale, si consideri che quanto previsto dal decreto n.633 del 1972 comprenda anche le comunità montane.

PRESIDENTE. Onorevole Caveri, ho ritenuto ammissibile l'emendamento Teresio Delfino 1.11 che, come noterà, non ha compensazione. Ciò significa che l'emendamento è puramente formale, dovendosi intendere le comunità montane ricomprese nell'ambito degli enti pubblici, così come indicati nella prima parte. Altrimenti l'emendamento del collega Delfino non sarebbe stato dichiarato ammissibile. Non so se è chiaro.

LUCIANO CAVERI. A maggior ragione, se il Governo si esprimesse forse si potrebbe fare a meno di votare l'emendamento e, a questo punto, si potrebbe procedere alla presentazione di un ordine del giorno.

PRESIDENTE. Nonostante ciò che dice l'onorevole Bono non esiste la coazione a fare esprimere il Governo!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli emendamenti Armosino 1.61 e Teresio Delfino 1.11, di analogo contenuto, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 340
Votanti 333
Astenuti 7
Maggioranza 167
Hanno votato 137
Hanno votato no 196
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

CARLO PACE. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO PACE. Presidente, volevo segnalare che il dispositivo della mia postazione di voto non ha funzionato e che intendevo esprimere voto favorevole.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Molgora 1.210.
L'emendamento Molgora 1.210 che ci apprestiamo a votare reca come compensazione finanziaria la modifica di generi merceologici sottoposti a determinate aliquote IVA indicate dal provvedimento.


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Dato il particolare carattere della compensazione proposta, incidente su successive parti del testo del provvedimento, avverto che in caso di reiezione dell'emendamento saranno considerati preclusi tutti gli emendamenti che riproducano, anche parzialmente, le modifiche previste alle lettere a) e b) del comma 6 dell'articolo 1 e l'aggiunta di due articoli in materia di accisa sul gas metano e di versamento diretto alla tesoreria provinciale.

DANIELE MOLGORA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELE MOLGORA. Presidente, le chiedo spiegazioni su questo atteggiamento, perché l'emendamento, in realtà, al di là di una lunga parte che ha ad oggetto esclusivamente la copertura, prevede lo spostamento delle carni dall'aliquota del 10 a quella del 4 per cento. Tale spostamento comporta un costo e, quindi, rende necessaria una copertura. Non si capisce allora per quale motivo, in caso di reiezione della proposta di ridurre l'aliquota IVA sulla carne al 4 per cento, debbano essere respinti tutti gli altri emendamenti che prevedono una copertura più o meno analoga.
In realtà, l'emendamento Molgora 1.210 riguarda specificatamente una categoria di particolare importanza per noi, per la quale si chiede la riduzione dell'aliquota. Il resto fa parte esclusivamente della copertura. Si tratta cioè di criteri ben diversi. Con l'emendamento 1.210, lo ripeto, si intende ridurre al 4 per cento l'aliquota IVA per quanto riguarda le carni, nonché le parti commestibili degli animali, mentre la parte restante riguarda la copertura.
Riteniamo questo emendamento importante. Ve ne sono altri che sono diretti ad intervenire specificatamente su una categoria di beni e la copertura rimane più o meno la stessa. Chiedo per quale motivo debba applicare un principio di analogia che in realtà non esiste.

PRESIDENTE. Onorevole Molgora, le farò avere il testo della comunicazione che ho letto poco fa, in modo che lei possa approfondirla.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, avevo chiesto di intervenire - ma c'è stato un qui pro quo per cui lei non mi ha visto - sull'emendamento Conte 1.10, che meglio rispondeva alle mie valutazioni in ordine al problema contenuto nel comma 5, di cui quell'emendamento proponeva la soppressione. Mi vedo costretto a difendere l'emendamento al nostro esame perché, quanto meno, riduce gli effetti temporali di una proroga che io non comprendo.
Prima ancora che io entri nel merito dell'emendamento, però, la sua precisazione, signor Presidente, mi induce ad una breve digressione, perché non sono d'accordo con quanto lei sostiene a proposito del venir meno della copertura finanziaria nell'ipotesi in cui l'emendamento Molgora 1.210 venisse respinto. Non sono d'accordo perché il collega Molgora, come qualunque altro parlamentare, avrebbe potuto benissimo presentare un unico emendamento di copertura alla fine del testo e fare riferimento a quest'ultimo in tutti gli emendamenti ad esso collegati.
A quel punto lei non avrebbe potuto rendere la dichiarazione che invece ha ritenuto di fare. Essa non può diventare attendibile e legittima solo perché c'è un richiamo, articolo per articolo, della copertura. Lei si rende conto, Presidente, che sarebbe aberrante dal punto di vista giuridico ed inaccettabile dal punto di vista parlamentare: comunque non sarebbe consono alla prassi consolidata e alla tradizione di questa Camera.
La invito pertanto a rivedere la sua posizione sull'argomento, perché il problema dell'emendamento Molgora 1.210 investe la correttezza dei lavori dell'Assemblea e, tra poco, l'attività emendativa in sede di legge finanziaria. Se passasse un'ipotesi come quella che lei ha sostenuto, saremmo nelle condizioni di approvare


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la legge finanziaria in 35 minuti, perché, una volta bocciati i quattro o cinque emendamenti di copertura, potremmo andarcene tutti a casa ed il Governo vedrebbe approvato il suo pacchetto di proposte. Ciò forse non guasterebbe: vedo infatti qualche collega della sinistra che avrebbe questo desiderio. Però per instaurare un regime vero e proprio dovrete pur stare qui un altro po' di tempo a cercare di violentarci psicologicamente e fisicamente...

ANTONIO LEONE. Solo psicologicamente!

NICOLA BONO. Io, comunque, vi avverto che non amo essere violentato!
Entrando nel merito della proposta, devo dire che mi aveva convinto la dichiarazione a suo tempo resa dall'onorevole Conte, peraltro ripresa da questo emendamento, che riduce ad un mese la possibilità di mantenere il regime di aliquote preesistente nei confronti dello Stato e degli enti pubblici e degli istituti indicati nel comma 5 dell'articolo 6.
Come dicevo, Presidente, ritengo questo emendamento giustificato, perché un decreto-legge varato per modificare ed armonizzare le aliquote IVA viene capziosamente collegato alla legge finanziaria, mentre ne decorrono da subito gli effetti. Infatti, questo decreto-legge ha prodotto effetti dal 1 ottobre e quindi si è introdotto nel sistema giuridico italiano come manovra correttiva in corso d'anno. Peraltro questa manovra correttiva in corso d'anno con effetti dell'ordine di 1.459 miliardi già nel bilancio a legislazione vigente viene collegata con la manovra finanziaria. Si dice però che tale collegamento non si applica allo Stato.
Questa è una posizione inaccettabile, che noi contestiamo. Per tale motivo voteremo a favore dell'emendamento Molgora 1.210.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Pur non condividendo per la gran parte l'emendamento Molgora 1.210, intervengo perché ci troviamo di fronte ad una situazione veramente inaccettabile. Voglio brevemente ricordare a lei e ai colleghi le condizioni nelle quali la Commissione finanze si è trovata a lavorare: il provvedimento è giunto lunedì della scorsa settimana ed abbiamo dovuto preparare gli emendamenti e licenziarlo in due soli giorni.
Lei comprenderà, Presidente, le difficoltà che comporta spostare un prodotto, tra le centinaia che ne esistono, da un'aliquota all'altra, calcolare l'eventuale variazione di gettito, sommare tutti gli articoli che si intendono spostare ed eventualmente dare una compensazione alle modificazioni che si intendono apportare. È un lavoro immane, che perfino gli uffici della Camera hanno rinunciato a fare. A fronte degli emendamenti presentati dal gruppo di forza Italia, dal Polo e dalla lega, infatti, gli uffici della Camera si sono trovati nella condizione di non riuscire a valutare se le compensazioni fossero più o meno congrue, e quindi hanno ammesso tutti gli emendamenti.
Adesso l'Assemblea si trova a dover prendere una decisione in merito al lavoro svolto per garantire una copertura che, come osservava giustamente il collega Bono, poteva essere trovata in altro modo. Noi, infatti, abbiamo individuato tre diverse coperture a compensazione e le abbiamo collocate in fondo al provvedimento; i colleghi della lega hanno svolto un lavoro che è sicuramente meritorio, almeno per lo sforzo di fare un gran numero di valutazioni.
Per quanto riguarda il contenuto, Presidente, io non sono assolutamente d'accordo sulla maggior parte delle variazioni contenute nell'emendamento in esame. Potrei elencarle una per una; mi sembra, comunque, che la lega ricalchi vecchi problemi, come quello dell'unificazione delle accise del gas metano, di cui si è ampiamente parlato in occasione dell'esame di altri provvedimenti.


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DIEGO ALBORGHETTI. Tanto noi paghiamo sempre!

GIANFRANCO CONTE. Vi sono altre proposte molto criticabili, come lo spostamento del mangime per canarini rispetto alle prestazioni in business class. Comunque sono stati compiuti uno sforzo e un lavoro preparatorio meritevoli di attenzione da parte della Presidenza della Camera.
Chiedo quindi, anche a nome del gruppo di forza Italia, che non venga assolutamente adottato il principio stabilito, anche in considerazione del fatto che la lega ha compiuto uno sforzo ritirando circa 200 emendamenti. Credo che si sentirebbe beffata (non voglio essere il difensore di nessuno) perché, se fosse approvato questo principio, cadrebbero tutti gli altri emendamenti e il lavoro della lega verrebbe vanificato. Per questo motivo, anche se non condividiamo il contenuto, ci asterremo.

PRESIDENTE. Voglio solo precisare che i colleghi della lega hanno ritirato emendamenti che sarebbero risultati preclusi da altre votazioni. Credo che sia stata necessaria molta fatica per scegliere proprio gli emendamenti che sarebbero stati preclusi!
Per quanto riguarda il merito delle questioni poste autorevolmente dai colleghi Molgora, Bono e da altri colleghi, ho valutato tali questioni e ritengo che si possano distinguere due livelli di interventi: uno che riguarda la vera e propria sostituzione delle tabelle e l'altro che concerne l'aggiunta della voce relativa all'accisa sul gas metano e le disposizioni in materia di versamento diretto alla tesoreria provinciale dello Stato. Mentre la prima parte riguarda veri e propri emendamenti, quindi soggetti alle regole generali delle votazioni dei principi, gli altri due punti, che sono articoli aggiuntivi, sulla base di questa correzione verrebbero stralciati da tale interpretazione, per cui il principio preclusivo varrebbe soltanto per la prima parte e non per i due punti aggiuntivi, quello relativo all'accisa sul gas metano e quello riguardante le disposizioni in materia di versamento diretto alla tesoreria provinciale dello Stato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molgora 1.210, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

DANIELE MOLGORA. Avevo chiesto di parlare!

PRESIDENTE. Ho già dichiarato aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 341
Votanti 340
Astenuti 1
Maggioranza 171
Hanno votato 88
Hanno votato no 252
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molgora 1.213, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:


Presenti 339
Votanti 337
Astenuti 2
Maggioranza 169
Hanno votato 90
Hanno votato no 247
(La Camera respinge - Vedi votazioni).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Molgora 1.212.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molgora. Ne ha facoltà.


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DANIELE MOLGORA. Manifesto ancora perplessità sulla sua interpretazione, signor Presidente, perché comporta che nessuno possa più presentare emendamenti per lo spostamento all'interno di una tabella riguardo alle variazioni delle aliquote IVA; ciò significherebbe che un provvedimento calato dal Governo rimarrebbe così com'è...

PRESIDENTE. Non è così, onorevole Molgora, lo sa benissimo.

DANIELE MOLGORA. So bene che non può considerare ostruzionistico un intervento che riguarda la riduzione al 4 per cento dell'aliquota sulle carni. Ritengo si tratti di un punto particolarmente importante e non condivido l'interpretazione da lei data del problema.
Per quanto riguarda il mio emendamento 1.212, come il precedente 1.213 prevede lo spostamento della riduzione della mancata applicazione dell'aumento delle aliquote IVA per quanto riguarda gli enti locali ed i comuni fino al 30 giugno 1998. Soprattutto si fa riferimento al termine di emissione della fattura relativamente agli appalti registrati entro il 31 dicembre 1997, anche perché questi hanno bisogno di un certo periodo di tempo per giungere a conclusione. I comuni dovrebbero modificare le proprie delibere e disporre di ulteriori fondi (andrebbero dunque modificate anche le fonti di finanziamento per determinate opere); vi sarebbe un problema legato, ad esempio, all'erogazione di mutui o al reperimento di fondi per coprire l'aumento dell'IVA per contratti d'appalto che erano partiti con un'IVA già al 19 per cento. Capirete che quando si ha a che fare con opere pubbliche di un certo rilievo differenze dell'1 o del 4 per cento possono comportare costi particolarmente elevati. Bisognerebbe dunque modificare tutte le delibere. Si propone invece un maggiore spazio di fatturazione con riferimento agli stessi contratti d'appalto che aveva individuato il Governo, anche nell'ottica di mantenere il più possibile sul territorio le risorse che, invece di finire nell'IVA, e quindi ad un livello centrale, rimarrebbero a livello locale per l'attuazione di opere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molgora 1.212, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:


Presenti 335
Votanti 283
Astenuti 52
Maggioranza 142
Hanno votato 35
Hanno votato no 248
(La Camera respinge -
Vedi votazioni).


Avverto i colleghi che i nostri lavori proseguiranno fino alle 20,30, per poi riprendere domani.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Conte 1.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conte.

GIANFRANCO CONTE. Ci troviamo a discutere su un emendamento che interviene sulla materia dell'IVA per le operazioni derivanti dall'attività di allevamento di cavalli e di partecipazione alla corsa da parte delle scuderie. Qualcuno si chiederà il perché di un emendamento di questo tipo. Devo ammettere che mi sento in colpa perché due anni fa, durante la discussione della finanziaria Dini presentai alcuni emendamenti che tendevano a creare compensazioni fra alcuni settori dello spettacolo, intervenendo appunto sulla materia dell'imposta sullo spettacolo di cui alla legge n.640 del 1972 (una materia, peraltro, che troveremo ben presto nel collegato alla finanziaria e per la quale il Governo ha chiesto una delega). In quella sede presentammo emendamenti che servivano a compensare alcune modifiche


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di imposta su settori importanti come lo sport, il cinema e il teatro ed il Governo era disponibile ad accettarli. Poi, in virtù di uno sciopero dei fantini che vennero a manifestare qui fuori fu votato un emendamento soppressivo rispetto al testo del Governo che era stato accettato.
Diciamo che mi sento in qualche modo in colpa nei confronti di questo settore, che ha assistito ultimamente a diversi interventi, alcuni dei quali francamente punitivi. In Commissione finanze abbiamo all'esame anche un provvedimento di riordino di tutto quello che concerne le scommesse in campo ippico. Io stesso ho presentato, a nome del mio gruppo, come compensazione, un articolo che prevede l'istituzione di scommesse a quota fissa, proprio perché in quel settore ci sono le possibilità di garantire gettito, prelevandolo, appunto, dai giochi. Proprio per questa considerazione, nella scorsa finanziaria furono trasferiti dal settore dell'ippica e delle scommesse al fondo per lo spettacolo, previsto dalla legge n.163 del 30 aprile 1985, fondi pari a circa 300 miliardi.
Preannuncio, ovviamente, il nostro voto favorevole su questo emendamento, che mira ad alleviare le sicure difficoltà derivanti da un aumento dell'IVA sull'attività di allevamento dei cavalli e sulla partecipazione alle corse da parte delle scuderie.

GIORGIO BOGI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO BOGI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Governo, apprezzate le circostanze e di fronte ad un ostruzionismo onestamente inatteso...

ANTONIO LEONE. Ma quale ostruzionismo!

GIORGIO BOGI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. ...onestamente inatteso, rispetto, come dire, alle conversazioni che c'erano state... (Applausi polemici dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale, della lega nord per l'indipendenza della Padania, del CCD e misto-CDU).

ANTONIO LEONE. Vergogna! Bravi!

GIORGIO BOGI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. ... pone la questione di fiducia sull'approvazione dell'articolo 1 del disegno di legge n.4297, di conversione del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, nel testo licenziato dal Senato e trasmesso alla Camera, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi (Applausi polemici del deputato Leone).

ANTONIO LEONE. Bravissimi!

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Presidente, credo che poi il presidente Pisanu voglia svolgere alcune brevi considerazioni politiche di carattere più generale. Io voglio solo chiedere al ministro Bogi quando il Consiglio dei ministri lo abbia autorizzato a porre la questione di fiducia, anche perché credo che sia interessante questa sfiducia preventiva del Governo nei confronti della Camera.

PRESIDENTE. Prego, ministro Bogi.

GIORGIO BOGI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Il Consiglio dei ministri mi ha autorizzato a porre la fiducia su questo provvedimento nella seduta di giovedì della settimana scorsa...

VINCENZO ZACCHEO. Allora avete la sfera di cristallo!

GIORGIO BOGI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. ...e naturalmente... (Applausi polemici dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale, della lega nord per l'indipendenza della Padania, del CCD e misto-CDU) No, no, no, credo che alcuni di voi, con i quali abbiamo


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avuto diverse conversazioni, siano gli unici che non possono far finta di niente e battere le mani (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, di rifondazione comunista-progressisti e di rinnovamento italiano)!

BEPPE PISANU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, onorevoli colleghi...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Pisanu. Colleghi, per cortesia!
Prego, onorevole Pisanu.

BEPPE PISANU. La nostra contrarietà a questo provvedimento e la nostra opposizione ferma in aula erano ben note e prevedibili. Ciò che invece non era prevedibile, dinanzi alla condotta che abbiamo assunto oggi in aula e nonostante le dichiarazioni del Governo, era la posizione della questione di fiducia... Presidente, se lei mi consente, attendo che i colleghi che non desiderano ascoltarmi possano lasciare l'aula.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Pisanu. Mi rivolgo ai colleghi del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo: per cortesia! Onorevole Campatelli, veda se riesce ad ottenere un po' di educazione, solo questo, nei limiti del possibile! Colleghi vi prego, c'è un collega che sta parlando!

VASSILI CAMPATELLI. Certo che un capogruppo non può...

PRESIDENTE. Ed infatti non c'è rumore da quella parte.

VASSILI CAMPATELLI. Anche perché sono assenti!

PRESIDENTE. Chiedo scusa ma, se parla un collega, credo che abbia il diritto, dopo che il Governo ha posto la questione di fiducia, di essere ascoltato dall'aula. Almeno questo, no?
Prego, onorevole Pisanu.

BEPPE PISANU. Siamo contrari al merito di questo provvedimento perché il decreto, prendendo a pretesto il riordino delle aliquote...

PRESIDENTE. Onorevole Debiasio Calimani, la richiamo all'ordine per la prima volta (Commenti)!
Ma insomma, colleghi, è davvero incredibile! Il Governo ha posto la questione di fiducia e il presidente del maggior gruppo di opposizione ha chiesto di parlare. Non ci si può comportare in questo modo (Commenti del deputato Gasparri)!

ANTONIO LEONE. Siete abituati ormai!

MAURIZIO GASPARRI. Evidentemente non capiscono le regole!

BEPPE PISANU. A me rincresce dirlo, signor Presidente, ma credo che la posizione della questione di fiducia, in queste condizioni e in questo contesto, sia una questione che dovrebbe inquietare anche i colleghi della maggioranza (Commenti).
Comunque, se non vi inquieta, pazienza! Consentitemi almeno di esprimere le ragioni della nostra inquietudine.
Come stavo dicendo, noi siamo contrari a questo provvedimento perché esso, prendendo a pretesto il riordino delle aliquote IVA e il loro allineamento alle aliquote europee, finisce per produrre un aumento complessivo della pressione fiscale di ben 5.100 miliardi all'anno.
Siamo contrari, perché questo provvedimento si colloca sulla linea di una politica economica che non condividiamo, la quale punta ad aumentare le entrate attraverso l'accrescimento della pressione fiscale, rinviando a tempo indeterminato la questione decisiva del risanamento della spesa pubblica.


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Per queste ragioni abbiamo cercato di migliorare il provvedimento apportando una serie di emendamenti, tutti assolutamente motivati e coerentemente formulati, anche se sappiamo che l'impresa di emendare questo provvedimento è assai ardua.
Nel far questo abbiamo cercato di esercitare correttamente, pacatamente, costruttivamente il nostro diritto alla opposizione. Onorevoli colleghi, nel pomeriggio di oggi voi non eravate mai in grado di garantire il numero legale in aula (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del CCD): ve lo abbiamo garantito noi senza proferire mezza parola, mezzo intervento che potesse in qualche modo adombrare il più remoto degli atteggiamenti ostruzionistici.
Ostruzionistico è il comportamento del Governo; ostruzionistico è questo atteggiamento, questo porre la questione di fiducia, avendola predisposta a freddo per imbavagliare l'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del CCD), per impedire all'opposizione persino l'illustrazione delle ragioni della sua ostilità. Ma questo è un atteggiamento che prima di colpire noi colpisce l'intero Parlamento.
Tale questione di fiducia è l'ultima di una serie ormai lunga, che reitera un atteggiamento - lo ripeto - di sostanziale ostilità di questo Governo, e non vorrei di questa maggioranza, al Parlamento e ai suoi diritti.
Valuti la maggioranza come riterrà opportuno questa vicenda. Per noi si tratta di un atteggiamento arrogante, inaccettabile, al quale in questo momento ci possiamo opporre soltanto con la protesta che leviamo con tutta la forza di cui siamo capaci. Ma è un atteggiamento arrogante, che legittima il ricorso da parte nostra a tutti gli strumenti che il regolamento della Camera ci mette a disposizione, compreso quello dell'ostruzionismo calcolato, predeterminato e scientificamente applicato (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). È quello che realizzeremo contro questo provvedimento per quel che ci sarà possibile fare d'ora in avanti (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale, del CCD e misto-CDU).

TERESIO DELFINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, francamente giudichiamo singolare la posizione del Governo nell'annunciare questa ennesima fiducia. Una fiducia studiata scientificamente, quasi una settimana or sono, una fiducia che porta come giustificazione un presunto ostruzionismo dell'opposizione, che non si è verificato.
Ci troviamo di fronte ad una posizione del Governo e della maggioranza, che vorrebbero dettare i tempi anche all'opposizione. Memori di un tempo passato in cui alcune forze che oggi costituiscono l'ossatura portante della maggioranza facevano passare ai Governi e alla maggioranza di allora le notti in Parlamento, chiediamo al Governo e alla sua maggioranza di proporre delle sedute notturne e di assicurarsi la presenza della maggioranza stessa, senza chiedere sempre un'assunzione di responsabilità all'opposizione. L'opposizione fin dall'inizio della seduta di oggi ha consentito che la Camera fosse in numero legale ed è intervenuta nel merito di questioni sulle quali, sia nella discussione generale sia in Commissione, avevamo già preannunciato la nostra forte contrarietà.
Quindi, Presidente, se si deve difendere il corretto funzionamento dell'istituzione parlamentare, possiamo accogliere come segno positivo la raccomandazione che ella rivolge affinché si garantisca il mantenimento del numero legale. Ma è una posizione che possiamo tenere se vediamo che il Governo e la maggioranza non sfuggono al confronto di merito sul provvedimento, che avevamo avviato con molta serietà.
Purtroppo le cose non stanno così e quindi non posso che associarmi alle parole ferme e determinate del presidente del gruppo di forza Italia nel rivendicare, dichiarando compiutamente davanti al paese la nostra opposizione, il ricorso a


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tutti gli strumenti che saranno necessari per portare avanti la nostra lotta. Un'istituzione parlamentare può funzionare se il Governo e la maggioranza, per la maggiore responsabilità che ricade su di essi in ragione del loro ruolo, sanno rispettare anche la funzione delle minoranze e delle opposizioni (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CDU, di forza Italia e di alleanza nazionale).

RAFFAELE VALENSISE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VALENSISE. Signor Presidente, non aggiungo altro a quanto è già stato detto dai colleghi Pisanu e Delfino se non un'osservazione, della quale vorrei che il Governo tenesse conto. La posizione della questione di fiducia è una facoltà del Governo, alla quale il Governo può fare ricorso come e quando crede.
I risvolti politici derivanti dalla richiesta del voto di fiducia di questa sera sono già stati sottolineati dai colleghi che mi hanno preceduto, ma io intendo richiamarli in relazione alla realtà dei fatti.

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

RAFFAELE VALENSISE. Siamo di fronte ad un decreto-legge che scadrà fra quattro giorni e io sono sicuro che in tale arco di tempo gli emendamenti presentati al disegno di legge di conversione avrebbero potuto essere esaminati, tanto più che oggi pomeriggio si è svolta un'illustrazione sintetica e non certo ostruzionistica da parte dei colleghi che hanno preso la parola. Ciascuno è intervenuto per qualche minuto insistendo su questioni di merito che tutto erano meno che ostruzionistiche. Si tratta di un aspetto che va sottolineato.
Il gruppo di alleanza nazionale ha presentato solo 14 emendamenti, altri gruppi ne hanno presentati in numero superiore ma non in misura tale (il numero delle pagine dello stampato ne fa fede poiché sono ottanta) da giustificare la decisione del Governo. In queste condizioni il significato politico negativo per il Governo dell'apposizione della questione di fiducia va sottolineato con forza: attraverso tale richiesta si vuole - lo dico tra virgolette - «semplificare» il procedimento legislativo, ma questo non è possibile quando ci si presenta alle Camere con un disegno di legge di conversione che ha avuto un iter tormentato contenente una normativa complessa, confusa, di difficile interpretazione ed applicazione da parte dei cittadini. Anche questa volta, come nel 99 per cento dei casi, abbiamo un testo di legge illeggibile dal punto di vista contabile e degli adempimenti. Quando il Governo pone la fiducia su materie di questo genere, manifesta un atteggiamento intollerabile.
Da qui nasce la nostra protesta, da qui la nostra denuncia al corpo elettorale, ai cittadini, ai destinatari della legge circa la situazione in cui versa il Governo, il quale partorisce provvedimenti di difficile se non di impossibile lettura e applicazione, troncando poi ogni discussione, ogni tentativo di miglioramento chiedendo una fiducia non dovuta e non necessaria in relazione ai tempi e in relazione alla modestia quantitativa degli emendamenti presentati.
Queste che ho brevemente illustrato sono le nostre considerazioni, la nostra denunzia, pur tenendo conto del diritto del Governo di porre la questione di fiducia. Quando però l'esercizio di tale diritto non risponde ad una necessità oggettiva politica, il Governo deve considerare la grave ricaduta politica negativa che con la sua richiesta ha realizzato (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia, del CCD e misto-CDU).

FABIO MUSSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO MUSSI. Ai colleghi dell'opposizione vorrei dire solo poche cose. Credo di essere buon testimone dei numerosi contatti intervenuti tra il Governo e le opposizioni


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e delle discussioni svoltesi in seno alle numerose Conferenze dei presidenti di gruppo tenutesi la scorsa settimana.
Nessuno, onorevole Pisanu, ha chiesto all'opposizione di rinunciare alla propria battaglia, a presentare le proprie proposte, a battersi per la soluzione dei diversi problemi che abbiamo di fronte, anche se il decreto al nostro esame ne affronta di rilevanti. Quello che abbiamo chiesto è di poter aver certezze sui tempi, sul voto.
Sembrava che tali assicurazioni ci fossero e invece, considerando dieci-quindici minuti per emendamento, si corre il rischio di far sfumare verso il nulla il decreto. Devo dire che avete adottato sistematicamente, collega Pisanu, un metodo per cui più che ai contenuti del provvedimento, in specie dei decreti del Governo, mirate al bersaglio della sua scadenza.

RAFFAELE VALENSISE. Non è vero!

FABIO MUSSI. È un vostro modo di stare in questo Parlamento quello di tentare ogni volta di far cadere il decreto. Questa è l'idea politica sistematicamente perseguita!

RAFFAELE VALENSISE. Non è vero. È un'affermazione gratuita!

FABIO MUSSI. E anche il fatto che oggi siete stati qui a votare ... Il numero legale non è una concessione alla maggioranza: è un vostro dovere stare in Parlamento a votare!

GIULIO CONTI. È vostro il dovere!

PIERGIORGIO MASSIDDA. Cosa dicevi la scorsa legislatura?

FABIO MUSSI. È un vostro dovere, caro Pisanu, perché quando si è votati si stipula un patto con gli elettori, quello di far funzionare le istituzioni per le quali si è votati e nelle quali si rappresentano i loro interessi (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, di rifondazione comunista-progressisti, dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rinnovamento italiano)!

ANTONIO LEONE. Non sai neanche di cosa stavamo parlando!

FABIO MUSSI. È il perdersi persino della battaglia dell'opposizione in sterili battaglie ostruzionistiche e interruzioni procedurali e regolamentari (Commenti), che non producono consensi elettorali. Voi così non rafforzate, voi perdete la vostra battaglia in questo Parlamento!

ANTONIO LEONE. Perde l'Italia, non noi!

FABIO MUSSI. Noi dobbiamo difendere i diritti del Parlamento e onorare il nostro dovere verso il paese di governare e di decidere.

ANTONIO LEONE. A forza di fiducie, bravo!

PRESIDENTE. Avendo il Governo posto la questione di fiducia sull'approvazione senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi dell'articolo unico del disegno di legge n.4297 di conversione del decreto-legge n.328 del 1997, nel testo della Commissione, identico a quello del Senato, la votazione per appello nominale avrà luogo non prima di 24 ore, previe dichiarazioni di voto ex articolo 116 del regolamento.

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