PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.
LUCIANA SBARBATI. Signor Presidente, rinuncio ad illustrarle e mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dei presentatori dell'interpellanza Teresio Delfino n.2-00397: si intende che abbiano rinunciato ad illustrarla.
FAUSTO VIGEVANI, Sottosegretario di Stato per le finanze. Signor Presidente, come lei ha detto, risponderò congiuntamente alle interpellanze Sbarbati n.2-00111 e n.2-00361 e, per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, all'interpellanza Teresio Delfino n.2-00397, nonché all'interrogazione Gasparri n.3-00723. I predetti documenti investono, infatti, analoghe questioni concernenti la nota vicenda Monopoli di Stato-Philip Morris.
PRESIDENTE. L'onorevole Sbarbati ha facoltà di replicare per le sue interpellanze n.2-00111 e n.2-00361.
LUCIANA SBARBATI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, voglio innanzitutto ringraziare il sottosegretario Vigevani per la risposta compiuta ed esauriente. Debbo però rilevare che rispetto alle risposte da lui fornite permane quanto meno una preoccupazione profonda nei confronti del piano di ristrutturazione aziendale, che effettivamente è stato già avviato ed ha prodotto alcuni effetti, sia in termini di chiusura di strutture obsolete sia in termini di trasferimento e mobilità del personale presso altre branche dell'amministrazione finanziaria.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dei presentatori dell'interpellanza Teresio Delfino n.2-00397: si intende che abbiano rinunziato alla replica.
GUSTAVO SELVA. La risposta data a questa interrogazione, che era molto dettagliata, mi sembra poco tranquillizzante e comunque non soddisfacente per l'interrogante. Come al solito, infatti, il sottosegretario è venuto a leggere un testo predisposto dagli uffici; non è questo, necessariamente, un elemento negativo, ma quello che dovrebbe essere un contributo di concretezza non dà in realtà soddisfazione all'interrogante. Ritengo pertanto che l'interrogazione dovrà essere ripresentata per ottenere informazioni e risposte più precise.
PRESIDENTE. Segue l'interpellanza Marinacci n.2-00386 (Attività del SECIT) (vedi l'allegato A).
NICANDRO MARINACCI. Mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.
FAUSTO VIGEVANI, Sottosegretario di Stato per le finanze. Con questa interpellanza l'onorevole Marinacci, nel premettere che la direttiva del ministro delle finanze contenente i criteri di programmazione e coordinamento dell'attività del servizio centrale degli ispettori tributari per l'anno 1997 prevede tra gli altri specifici controlli sui contribuenti anche l'ipotesi di controlli e verifiche straordinari affidati con specifica direttiva dell'autorità politica al servizio in generale o a singoli ispettori in particolare, ha rilevato che tale previsione è in contrasto con la legge del 24 aprile 1980, n.146, istitutiva del SECIT.
PRESIDENTE. L'onorevole Marinacci ha facoltà di replicare per sua interpellanza n.2-00386.
NICANDRO MARINACCI. Prima di tutto, mi ritengo insoddisfatto, per i motivi che cercherò di illustrare. La discrezionalità di cui lei ha continuato a parlare, onorevole sottosegretario, è la nota dolente: l'articolo 9 della legge n.146 del 1980 assegna l'attività di verifica e controllo al Servizio nella sua «collegialità» e non a discrezionalità.
PRESIDENTE. Segue l'interrogazione Crema n.3-00590 (Impianto di inertizzazione rifiuti Bastian Beton) (vedi l'allegato A).
VALERIO CALZOLAIO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'interrogazione degli onorevoli Crema, Boato e Valpiana, riguarda l'impianto di inertizzazione dei rifiuti tossico-nocivi della società Bastian Beton Spa, sito nel comune di Villafranca in località Caluri, ed in particolare una nota del dottor Fiorentino in data 29 novembre 1996 del Ministero dell'ambiente riferita all'esposto inoltrato dal comitato civico di Caluri.
PRESIDENTE. L'onorevole Crema ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n.3-00590.
GIOVANNI CREMA. Ringrazio ovviamente il sottosegretario Calzolaio per la relazione che ha svolto in risposta alla mia interrogazione. Vorrei però precisare che il Ministero dell'ambiente, a fronte della mia richiesta, avanzata assieme ai colleghi Boato e Valpiana con una interrogazione a risposta scritta del 23 ottobre, ha ritenuto giustamente opportuno rispondere il 28 novembre dello stesso anno al comitato civico di Caluri. Devo dire di aver appreso solo ora qualche notizia in
PRESIDENTE. Segue l'interrogazione Saia n.3-00741 (Inquinamento elettromagnetico San Martino-Chieti) (vedi l'allegato A).
VALERIO CALZOLAIO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente. Signor Presidente, l'onorevole Saia segnala il caso del presunto inquinamento da onde elettromagnetiche nella frazione San Martino del comune di Chieti, che sarebbe causato dalla presenza di cavi di alta tensione che sovrastano il centro abitato, e gli effetti da questo determinati sulla salute, in particolare alcuni casi di leucemia.
PRESIDENTE. L'onorevole Saia ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n.3-00741.
ANTONIO SAIA. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, nel ringraziarla devo dire che sono parzialmente soddisfatto dalla sua risposta, che potrei definire una dichiarazione di intenti che spero si trasformi in azione immediata sul piano generale, nel tentativo di fare qualcosa per mettere sotto controllo la quantità di radiazioni alle quali sono esposti i cittadini del nostro paese e soprattutto per cercare di capire meglio gli effetti delle stesse radiazioni sul corpo umano, materia - come ha riconosciuto il sottosegretario - ancora largamente ignota.
PRESIDENTE. Onorevole Saia, lei ha già abbondantemente superato il tempo a sua disposizione. La prego di concludere.
ANTONIO SAIA. Concludo immediatamente, Presidente.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Cominciamo con le interpellanze Sbarbati n.2-00111 e n.2-00361, Teresio Delfino n. 2-00397 e con l'interrogazione Gasparri n.3-00723 (Vicenda fiscale della Philip Morris e riforma dei Monopoli di Stato) (vedi l'allegato A).
Queste interpellanze e questa interrogazione, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
L'onorevole Sbarbati ha facoltà di illustrare le sue interpellanze n.2-00111 e n.2-00361.
Il sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.
In particolare, l'onorevole Sbarbati, nel rilevare che la Philip Morris, alla luce delle indagini avviate dalla magistratura di Napoli, potrebbe aver goduto dal 1987 ad oggi di un trattamento fiscale favorevole e che tale ipotesi di presunta frode fiscale avrebbe avuto la conseguenza di bloccare il rinnovo del contratto tra la citata multinazionale e l'azienda autonoma dei
Monopoli di Stato per la fabbricazione di sigarette estere su licenza, ha evidenziato le difficoltà operative di talune manifatture dell'azienda autonoma dei Monopoli di Stato per effetto del mancato rinnovo dell'accordo di cooperazione produttiva con la Philip Morris e del ritardo della proroga. Si è altresì rilevata la grave situazione produttiva, commerciale, strutturale e gestionale dell'azienda dei Monopoli, con pesanti conseguenze sul mercato interno ed internazionale, per effetto del ritardo nella riforma della citata azienda e del mancato completamento del progetto di ristrutturazione aziendale al quale si era pervenuti nel giugno del 1994.
L'onorevole Sbarbati, pertanto, ha chiesto informazioni sulla volontà dell'amministrazione finanziaria di ristrutturare l'azienda dei Monopoli e sull'intenzione di riprendere il programma di investimenti, sottolineando in particolare la necessità di approvare con urgenza il disegno di legge che prevede la trasformazione della suddetta azienda in ente pubblico economico e di recepire l'accordo raggiunto dalle parti interessate nella passata legislatura in merito alla ristrutturazione aziendale in un ulteriore provvedimento legislativo.
Gli onorevoli Gasparri, Teresio Delfino ed altri, dal canto loro, nel rilevare che il ministro delle finanze, con provvedimento del 30 gennaio 1997, ha avocato le trattative per la proroga ed il rinnovo degli accordi di cooperazione industriale tra l'azienda dei Monopoli e la Philip Morris, hanno chiesto di conoscere quali siano le motivazioni che hanno indotto il ministro delle finanze ad adottare un così eccezionale provvedimento, se nella stipulazione degli accordi medio tempore intervenuti si sia tenuto conto degli sviluppi giudiziari e fiscali che la vicenda Philip Morris ha avuto e quali iniziative si intendano assumere in merito alle problematiche esaminate.
In proposito si fa presente, per ciò che è dato di conoscere in ordine al procedimento penale pendente innanzi alla magistratura napoletana, che per l'ipotizzato reato di associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale, in connessione alla configurazione di stabile organizzazione in Italia della società dello stesso gruppo Philip Morris attraverso la Intertaba Spa, risultano indagati, a partire dal luglio 1996, solo dipendenti della predetta società. Peraltro nel mese di gennaio 1997 la procura della Repubblica di Napoli ha emesso invito a comparire nei confronti di alcuni funzionari dell'amministrazione finanziaria, in servizio od in quiescenza, in relazione a diversa ipotesi di reato fiscale, la cui indagine è tutt'ora coperta dal segreto istruttorio.
Per quanto concerne i fatti di stretta rilevanza tributaria, l'amministrazione finanziaria, sulla base delle verifiche fiscali operate dalla Guardia di finanza, ha notificato alla società Intertab a appositi avvisi di accertamento per evasione delle imposte dirette e dell'IVA. Va da sé che qualsiasi giudizio in merito alla vicenda in questione dovrebbe essere subordinato alla definizione dei procedimenti penali ed amministrativi da essa scaturiti.
Per quanto concerne gli aspetti di rilevanza commerciale contenuti nelle interpellanze presentate dall'onorevole Sbarbati, nel condividere le preoccupazioni in merito alla perdita di considerevoli quote di mercato dal 1987 ad oggi nella vendita delle sigarette di produzione nazionale ed alle ripercussioni che tale situazione potrebbe avere sui livelli occupazionali dell'azienda Monopoli, si fa presente che a partire dal 5 agosto 1996 fino al 31 gennaio 1997 l'allora direttore generale dei Monopoli di Stato, al quale era attribuita l'esclusiva competenza nel concludere le trattative necessarie per stipulare l'accordo, si è limitato ad ottenere una proroga del citato accordo di cooperazione produttiva.
In tale periodo, peraltro, il responsabile dell'azienda autonoma dei Monopoli, benché più volte sollecitato a concludere celermente la trattativa in parola, non ha trasmesso alcun progetto di contratto né al ministro né alla controparte. Dopo varie e non conclusive informazioni e su ulteriori richieste del ministro, in data 23 gennaio 1997, il responsabile dei Monopoli di Stato ha comunicato di aver invitato la
Philip Morris ad un incontro conclusivo per un accordo di fabbricazione su licenza, scartando quindi le altre due ipotesi individuate in precedenza di lavorazione per conto e di produzione di marchio in comune.
Di seguito, su ulteriori specifiche preoccupazioni espresse dal ministro con lettera del 27 gennaio, lo stesso direttore generale, in data 28 gennaio 1997, ha reso noto di non avere raggiunto l'accordo con la Philip Morris e pertanto ha proposto di prorogare ulteriormente la cooperazione in atto, e cioè il contratto scaduto il 30 giugno 1996. Si sono così rivelate improduttive le trattative per non pochi mesi.
Pertanto, ormai costretto a seguire personalmente e con particolare preoccupazione l'andamento delle trattative in atto, soprattutto in considerazione delle gravi conseguenze a livello occupazionale e produttivo che sarebbero potute scaturire dal mancato rinnovo del contratto e che andavano comunque evitate, il ministro ha ritenuto opportuno, in data 30 gennaio 1997, avocare a sé la conduzione della trattativa, garantendo per l'immediato un'ulteriore proroga del contratto in questione, con effetto dal 1 febbraio 1997 e fino al 15 giugno 1997, alle stesse condizioni e con le stesse clausole del contratto prorogato, anche al fine di riconsiderare la piattaforma degli accordi per il rinnovo del contratto di lavorazione su licenza con la Philip Morris; ciò ovviamente tenendo ben in evidenza gli aspetti penali e fiscali che hanno caratterizzato la vicenda in questione, ai quali gli interpellanti hanno fatto espresso riferimento.
Risulta pertanto evidente che il ministro delle finanze e tutta la compagine governativa si sono fatti carico di assicurare il corretto svolgimento delle funzioni nell'ambito dell'azienda di Stato in questione, anche al fine di riequilibrare l'assetto gestionale e strategico dell'azienda medesima.
Le più concrete manifestazioni di tale impegno sono rappresentate dal predetto provvedimento di avocazione per la conduzione delle trattative con la Philip Morris e dalla delibera del Consiglio dei ministri con cui l'allora responsabile dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato è stato destituito dall'incarico di direttore generale dei Monopoli.
Da ultimo, e precisamente in data 24 aprile 1997, è stato stipulato il predetto contratto con la Philip Morris per la durata di due anni e con alcune riduzioni ai diritti di licenza che comporteranno minori esborsi per l'amministrazione.
In merito ai lamentati trasferimenti di produzione di sigarette di marca italiana dalla manifattura di Chiaravalle verso manifatture già produttrici di sigarette su licenza Philip Morris - in particolare la manifattura di Modena - l'amministrazione dei Monopoli esclude che ciò sia avvenuto. Per quanto riguarda invece le iniziative assunte circa il piano di ristrutturazione aziendale siglato nel 1994, esso risulta in avanzata fase di realizzazione, avendo già interessato - tra trasformazioni e soppressioni - diverse unità produttive, con contestuale riallocazione del personale sia presso altri organi dell'azienda dei Monopoli che presso uffici dell'amministrazione finanziaria.
In particolare, questo piano ha già coinvolto le manifatture di Catania, Palermo e Adria, nonché le saline di Cagliari, Cervia e Tarquinia. Inoltre, attraverso il ricorso alla mobilità interna o presso altri uffici dell'amministrazione finanziaria, si è provveduto alle dismissioni delle manifatture di Roma, Torino e Venezia, del deposito di Castellammare di Stabia, delle agenzie e coltivazioni di tabacchi di Cava dei Tirreni e di Carpenè, dei magazzini sussidiari di Maglie e Galatina, dei reparti di lavorazione sali di Tortona e Gorizia. Pertanto, la realizzazione di tali accordi risulta in fase di avanzata attuazione attraverso i previsti provvedimenti amministrativi e il conseguente trasferimento del personale interessato presso altri uffici dell'amministrazione finanziaria è già operante.
Per quanto riguarda il programma di investimenti nel settore delle manifatture, esso interessa principalmente il potenziamento dei macchinari utilizzati per l'impacchettamento
delle sigarette in astucci rigidi e dei macchinari per la fabbricazione della sigaretta nel formato slim. Inoltre, per quanto concerne il ricambio delle professionalità altamente qualificate nel processo tecnologico industriale, determinato dal sensibile incremento dei pensionamenti, occorre rilevare che l'articolo 1, comma 45, della legge 23 dicembre 1996, n.662 (legge collegata alla finanziaria per il 1997) ha previsto, come è noto, in via generale per tutta la pubblica amministrazione il blocco del turn over fino al 31 dicembre 1997. Né l'apposita deroga al blocco delle assunzioni introdotta dall'articolo 3, comma 128, della citata legge per il personale del Ministero delle finanze, seppure limitatamente ai concorsi ultimati o in fase di ultimazione nonché a quelli già comunque autorizzati alla data del 30 settembre 1996, può trovare applicazione anche per il personale dell'amministrazione dei Monopoli di Stato, in quanto non espressamente ricompreso nella norma in questione. Ad ogni buon conto, l'amministrazione finanziaria sta attualmente valutando la possibilità di ottenere una deroga specifica al blocco del turn over anche per il personale dei Monopoli.
Con riferimento infine al disegno di legge per la riforma dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, presentato in data 5 dicembre 1996 (atto Senato n.1822), si assicura l'impegno dell'amministrazione finanziaria per pervenire alla definitiva approvazione della normativa in tempi brevi.
Devo tuttavia osservare che gli accordi prevedevano un iter più celere, che a mio avviso dovrebbe essere intensificato anche in considerazione del progetto di legge che è all'esame del Senato. Rispetto a tale provvedimento, onorevole sottosegretario (so che lo sta seguendo e che le sta molto a cuore), mi permetto di sollecitare, attraverso la sua persona, il ministro ed il Governo affinché esso venga calendarizzato con assoluta urgenza, perché non possiamo assolutamente permetterci ulteriori ritardi e dilazioni nella sua approvazione. Infatti, i Monopoli, le manifatture italiane sono al collasso per i noti pregressi che lei ha testé citato e che non possono non essere condivisi, anche se noi abbiamo sempre sostenuto chiaramente che, per quanto è di competenza della magistratura, sarà la magistratura stessa a far luce, non volendo noi interferire in alcun modo. Mi pare tuttavia ovvio che quanto è stato detto ha evidenziato una situazione di difficoltà penosa che si è protratta troppo a lungo nel tempo, arrivando ad incidere anche sulla capacità fattiva e produttiva della nostra azienda che ha perso quote di mercato e che si trova in una situazione difficile anche a causa del massiccio turn over che si è determinato già da un paio di anni e che comporta la perdita graduale di professionalità assolutamente necessarie.
Signor sottosegretario, le due interpellanze alle quali lei ha fornito risposta sono una dell'anno scorso ed una dell'inizio di quest'anno. Io ieri ho peraltro provveduto alla presentazione di un altro documento del sindacato ispettivo proprio per sollevare questo preciso problema.
Non siamo in grado di sostituire il personale specializzato - non qualificato, ma specializzato - perché anche nell'ambito della ristrutturazione interna, e quindi della mobilità, che le manifatture attuano non si riesce a far spostare le
quarte qualifiche sulle professionalità avanzate, perché lei sa bene, signor sottosegretario, che questo non è possibile.
Allora, sebbene si possa recuperare tutto quanto è recuperabile, anche ai fini della sicurezza sul lavoro, non è possibile spostare le quarte qualifiche sui livelli di professionalità avanzata, sicché ci troviamo nella situazione difficile e pericolosa - lo voglio sottolineare - per cui non vi è manutenzione degli impianti, né capacità di conduzione in termini di efficienza e di professionalità reale. Ciò incide sulla produzione, sulla qualità e determina e potrà determinare ulteriore compromissione della nostra capacità di tenuta sul mercato.
Signor sottosegretario, desidero segnalarle questi aspetti, perché so che lei ha a cuore il problema, che peraltro non è di poco conto. Sappiamo tutti, infatti, che il Governo ha sino ad oggi tratto utili da tale realtà e che questo è uno dei pochi settori che non è in passivo, ed è anzi in attivo.
Quindi non si comprende perché mai vi siano lungaggini nell'affrontare la normativa che prevede la trasformazione dei Monopoli in ente pubblico economico e, successivamente, in società per azioni. Questo potrà consentire all'azienda di andare fino in fondo nella ristrutturazione ed anche di assumere una connotazione diversa con cui restare sul mercato, garantendo la produzione, posti di lavoro e la permanenza di un patrimonio industriale di cui il paese non può fare a meno, al di là dei problemi relativi al fumo, dei quali peraltro ci siamo fatti carico sempre. Nulla vieta, peraltro, che l'azienda attui anche politiche di investimento nel settore della ricerca, valutando l'eventuale compromissione della salute. Sono tuttavia scelte che l'azienda non può assolutamente continuare a dilazionare.
Signor sottosegretario, mi ha fatto piacere sentirle dire che dalla manifattura di Chiaravalle non siano state dirottate verso Modena le quote di produzione alle quali facevo riferimento e non posso che credere a quanto lei mi ha detto. Vi erano tuttavia dei segnali, dei campanelli di allarme che erano stati avvertiti dalle maestranze e dei quali ci siamo fatti carico anche per fare chiarezza.
Come lei sa, signor sottosegretario, vi è un problema significativo che riguarda le nuove macchine e quindi le eventuali nuove professionalità da adibirvi ed esso non trova risposta.
Lei ha fatto riferimento alla legge finanziaria, la n.662, e voglio allora ricordarle che in sede di esame della stessa condussi una battaglia perché fossero mantenuti almeno i concorsi in atto. Apprendo con soddisfazione la sua comunicazione in ordine ad una possibilità di attivare una deroga: questo era quanto chiesi allora in relazione ai Monopoli di Stato, perché era già evidente il collasso, in termini di maestranze, che l'azienda avrebbe avuto a seguito del turn over e della ristrutturazione. Ora ce ne siamo accorti, forse un pochino in ritardo, ma meglio tardi che mai, purché vi sia veramente la volontà di aprire questa partita.
Due sono le possibilità, signor sottosegretario: se non si approva con velocità e con grande senso di responsabilità il provvedimento all'esame del Senato per la ristrutturazione dell'azienda dei Monopoli e se non si fa questa operazione di apertura consistente in deroghe per l'assunzione di personale qualificato - parlo di elettricisti, di elettrotecnici, di muratori ed anche di tecnici conduttori - rischiamo di mettere le mani (quando ce le metteremo) su un patrimonio definitivamente sfaldato e non più rabberciabile. Questo non ce lo possiamo consentire per tutte le motivazioni che ho svolto, per il fatto che in questa amministrazione lavorano migliaia di dipendenti e per il fatto che le nostre poche industrie che possono ancora stare sul mercato vanno decisamente difese e mantenute. Altrimenti, che senso avrebbe la politica che il Governo sta portando avanti - certo, purtroppo, molto più in termini di scoop, di notizie sulla stampa che non di fatti concreti - per il sostegno all'occupazione? Di questo si tratta, di sostegno all'occupazione in un settore che per l'amministrazione finanziaria è stato estremamente positivo.
Ritengo necessario che il ministro intervenga con la solerzia che abbiamo apprezzato e che ha avuto nel momento in cui da parte della direzione generale le cose venivano tirate per le lunghe. Fin troppo, a mio avviso, perché se fossimo intervenuti prima non ci saremmo trovati in questa situazione; e quando dico «prima» non intendo fare riferimento al ministro Visco, ma anche ai Governi precedenti ed ai precedenti ministri perché queste cose, onorevole sottosegretario, si sapevano. Che la conduzione fosse difficile a livello di direzione generale, che i rapporti fossero difficili, che ci fossero cose poco chiare si sapeva; era stato anche denunciato in questa Camera da me come da altri colleghi parlamentari e se avessimo attuato l'intervento prima della cancrena forse saremmo riusciti ad evitare quello che oggi sta accadendo.
Mi ritengo comunque abbastanza soddisfatta della sua risposta che trovo corretta e onesta ed in qualche misura anche carica di una certa preoccupazione per i tempi della riforma e di sensibilità per la riforma stessa. Mi auguro che sulla base degli interventi di oggi in aula, della sua posizione espressa a nome del Governo, nonché della sua accorta sensibilità nei confronti di questo settore emerga al più presto una volontà precisa del Governo stesso di calendarizzare il provvedimento in aula al Senato per arrivare alla conclusione di questo iter; un ulteriore ritardo configurerebbe un atto grave tutto in carico alla responsabilità di questo Governo. E come parte di questa maggioranza non lo potrei assolutamente avallare né consentire.
L'onorevole Selva ha facoltà di replicare per l'interrogazione Gasparri n.3-00723, di cui è cofirmatario.
L'onorevole Marinacci ha facoltà di illustrarla.
Ad avviso dell'interpellante, tale legge assegna l'attività di verifica e controllo al Servizio nella sua collegialità, non consentendo di attribuire a singoli ispettori individuati dall'autorità politica attività di ispezione.
Al riguardo, occorre premettere che l'esercizio da parte del ministro delle finanze delle attribuzioni relative all'organizzazione e alle attività del Servizio centrale degli ispettori tributari trova la
sua disciplina in specifiche disposizioni normative, alle quali si è uniformata la direttiva in questione. In particolare, l'articolo 9 della legge 24 aprile 1980, n.146, pone il Servizio alle dirette dipendenze del ministro delle finanze e ovviamente tale vincolo di subordinazione del Servizio all'autorità ministeriale investe anche il singolo ispettore, che altrimenti risulterebbe assolutamente indipendente, in considerazione del fatto che l'organizzazione del SECIT non prevede rapporti interni di subordinazione gerarchica.
Il successivo articolo 11 della medesima legge n.146 del 1980, come modificato dall'articolo 7 del decreto-legge 8 agosto 1996, n.437, convertito dalla legge 24 ottobre 1996, n.556, prevede la facoltà del ministro delle finanze di conferire, per periodi di tempo limitati, specifici incarichi di studio e di consulenza ai singoli ispettori, previo parere, ovviamente non vincolante, del comitato di coordinamento del SECIT. Inoltre, l'articolo 13 del regolamento di attuazione della legge sulla ristrutturazione del Ministero delle finanze (decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n.287) riconosce al ministro delle finanze tutte le attribuzioni relative all'organizzazione e all'attività del Servizio centrale degli ispettori tributari, nonché la potestà di impartire al Servizio medesimo direttive e ordini per particolari e motivate esigenze. A tale proposito, va rilevato che l'esercizio delle predette attribuzioni, concretantesi nel potere del ministro di impartire direttive e ordini, non può non investire all'occorrenza anche il singolo ispettore. Invero, è proprio in capo ai singoli che debbono esplicare i propri effetti le determinazioni relative all'organizzazione a all'attività istituzionale.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, la direttiva del ministro delle finanze del 18 febbraio 1997, che detta i criteri cui il Servizio centrale degli ispettori tributari si atterrà nell'effettuare i controlli sull'attività di verifica e accertamento degli uffici e di verifica dei reparti della Guardia di finanza, nonché nell'esercitare le altre funzioni e competenze, emanata previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, appare pienamente legittima.
Premesso ciò, questa vicenda del SECIT è comunque uno dei tanti incresciosi episodi di interferenza e di ingerenza che da circa un anno si stanno perpetrando a danno dei sani principi democratici a cui si era abituati fino ad almeno un anno fa. Le ribadisco il concetto che il SECIT, secondo le intenzioni del legislatore, con la legge n.146 del 1980 e in particolare l'articolo 9 (perché poi dall'articolo 11 si esce un po' fuori dal seminato), disposizioni fino ad oggi ancora non modificate, ha funzioni e competenze totalmente indipendenti dal ministro delle finanze, da cui peraltro dipende, come lei ha giustamente detto, ma solo dal punto di vista funzionale ed organizzativo. Le faccio un piccolo esempio. I sindaci, con la legge n.142 e la normativa n.81 del 1993, non possono assolutamente dire al loro capo ripartizione: fammi questo o altrimenti...!
Il ministro, ancora più in alto loco, non può dire ad un suo ispettore: qualora non ne ravvisi veramente fondati motivi, mi faccia questa visita ispettiva. Un ministro deve pensare ben altre cose, deve volare alto; un ministro deve pensare a governare, a far camminare l'apparato burocratico, l'apparato di una nazione e non a chiedere una singola visita ispettiva o qualche altra cosa!
In altri termini, il ministro non può e non dovrebbe interferire sull'attività di accertamento e di controllo dell'intero
organismo da parte dei singoli ispettori, determinando perfino dove questi debbano dirigersi e su cosa basarsi per i controlli e gli accertamenti.
Purtroppo ciò - e questo mi lascia assai perplesso - sta accadendo anche in altri ministeri; temo quindi che questo sia un comportamento concordato. Mi riferisco a diversi ministeri tra cui quello della pubblica istruzione; ma su questo aspetto chiederò spiegazioni con un'altra interrogazione.
L'introduzione nella direttiva ministeriale di un punto secondo il quale il titolare del dicastero può affidare specifici incarichi di controllo al servizio in generale e ai singoli ispettori in particolare, oltre che introdurre elementi di forte perplessità in quanto l'autorità politica invade la competenza di un organo indipendente ed anche tecnico, se vogliamo, fa sorgere il sospetto - più che legittimo, lo ribadisco - che si voglia utilizzare un così delicato organismo a fini di intimidazione politica nei confronti di singoli soggetti e di intere categorie, usando metodi ormai a tutti noti: colpirne uno, dieci per educarne cento, mille! Come dicevo è un mal vezzo ormai sistematico e che sta prendendo piede anche in altri ministeri.
Tra l'altro, come lei sa, l'organismo in questi mesi sarà anche totalmente rinnovato, per cui il ministro delle finanze, così come è avvenuto nel recente passato, oltre a nominare gli ispettori ispirandosi a criteri di selezione partitica (le lottizzazioni che stiamo vedendo ogni giorno ne sono una verifica palese) finirà per utilizzare gli stessi ispettori affidando loro incarichi che rispondono alle esigenze (forse politiche) del momento, a future esigenze elettorali e quindi alla logica della lottizzazione del potere, mentre il potere decisionale dovrebbe essere un potere diverso e cioè di indirizzo, di programma e non singolo.
Si ammonisce pertanto questo Governo e si ammonisce con determinazione questo ministro. Questa opposizione, per il caso in oggetto, farà sentire a chiare lettere la sua voce ancora di più sulle piazze, oltre che in quest'aula, e su qualche giornale, forse non ancora asservito al costituito regime (e non al Governo che dirige il paese che, ironia della sorte, dopo aver difeso e costruito ideali a fondamento della libertà reale, si sta accorgendo che questa libertà diventa giornalmente più virtuale), contro ogni ingerenza che da ben 12 mesi si sta giornalmente perpetrando a danno della gente e a vantaggio indiscriminato di chi il potere lo esercita non per governare a grandi linee, non per dare grandi indirizzi, non per migliorare la vita della nazione, bensì per occupare poltrone, lottizzare e dire a tutti: attenti, ho anche gli ispettori a mia disposizione per singoli casi!
Il sottosegretario di Stato per l'ambiente ha facoltà di rispondere.
Premetto innanzitutto che la predetta società è presente sul territorio del comune per svolgere la sua attività fin dal 1979, quando con delibera della regione Veneto veniva autorizzata ad aprire e coltivare una cava di ghiaia denominata Caluri, catastalmente censita in mappali 2-9-10-30, figura 6, sezione C, del comune di Villafranca. Successivamente la medesima ditta presentava in epoche diverse varie richieste sia al fine di adibire parte dell'area della cava a discarica di materiale di inerti provenienti da scavi, sbancamenti, sterri, demolizioni di fabbricati, sia per un impianto di discarica di seconda
categoria B, con esclusione dei rifiuti putrescibili, quindi richieste di adeguamenti e varianti.
In particolare, si rileva dalla documentazione acquisita che, a seguito di una approvazione in data 25 luglio 1986 di un progetto generale di discarica, la giunta regionale ha deliberato, in data 8 febbraio 1991, un progetto di variante relativamente al secondo lotto della medesima discarica, applicando la procedura di approvazione prevista dall'articolo 3-bis della legge n.441 del 1987.
Poiché, quindi, la discarica costituisce l'aspetto di maggiore preoccupazione per la popolazione interessata, il servizio VIA ha avviato una verifica presso la regione circa l'iter autorizzatorio espletato, nonché i controlli e le garanzie attivate per la miglior tutela dell'ambiente e della salute; tutto al fine dell'adozione di eventuali provvedimenti cautelari.
In data 21 gennaio 1991 la società Bastian Betton presentava il progetto per un impianto di inertizzazione di rifiuti tossici e nocivi in un capannone di circa duemila metri quadrati nello stesso comune e nella stessa località all'interno dell'area adiacente alla discarica di cui in premessa.
Desidero sottolineare, anche con riferimento all'esposto del comitato civico di Caluri, che dalla documentazione agli atti non risulta alcun equivoco tra l'impianto di inertizzazione e la discarica già in esercizio alla data di presentazione dell'istanza di via da parte della società interessata al progetto dell'impianto medesimo. Inoltre, sia gli atti consultivi del Ministero dell'ambiente sia quelli della regione Veneto, nonché i decreti di autorizzazione rilasciati, non lasciano margine a dubbi sulla natura geologica del sottosuolo dell'area dell'ex cava di Caluri, che, peraltro, risulta anche dall'ampia relazione tecnica allegata al progetto dell'impianto di inertizzazione. Le valutazioni sulla natura geologica del sito, sulla vulnerabilità della falda e sull'efficacia degli apprestamenti di sicurezza messi in atto al fine di salvaguardare l'integrità, sarebbero state espletate in sede di approvazione del progetto di discarica che è tuttora in esercizio. Anche lo studio di valutazione di impatto ambientale precisa che «Nell'area dell'impianto e della discarica esistente, il sottosuolo è costituito da un pacco di sedimenti granulari il cui spessore è di almeno 200 metri».
Circa il contrasto tra il piano regionale di risanamento delle acque ed il piano territoriale regionale di coordinamento del 13 dicembre 1991 che, all'articolo 16, dà direttive in materia di smaltimento di rifiuti, preciso che la circostanza richiamata è stata puntualmente evidenziata anche nel ricorso al tribunale amministrativo regionale del Veneto, da parte del comune di Villafranca in data 22 febbraio 1995.
Già in sede di esame del ricorso in appello avanti al Consiglio di Stato, con istanza di sospensiva, presentato dal comune di Villafranca avverso l'ordinanza TAR che rigettava analoga istanza presentata sempre dal medesimo comune, la regione evidenziava che «il progetto de quo», presentato dalla ditta, era stato favorevolmente licenziato dalla commissione tecnica regionale.
Il pronunciamento sulla compatibilità ambientale dell'impianto di competenza ministeriale, sia del Ministero dell'ambiente che del Ministero dei beni culturali e ambientali, veniva espresso positivamente in data 15 febbraio 1994 ed il progetto veniva quindi approvato il 28 settembre 1994, cioè in data successiva all'entrata in vigore della norma ostativa del piano territoriale regionale.
Il presupposto indefettibile per il rilascio della approvazione, senza necessità di ulteriori valutazioni di ordine tecnico, si basava sul fatto che l'iter procedimentale amministrativo relativo all'impianto era stato avviato in epoca largamente antecedente e che ne erano state esaminate le fasi di considerevole importanza ai fini del rilascio medesimo.
Il Consiglio di Stato, quindi, respingeva l'appello proposto dal comune di Villafranca per l'annullamento dell'ordinanza TAR.
È evidente che, in fase di valutazione del progetto, tali fatti sono stati considerati attentamente.
Tenuto conto della natura dell'impianto approvato «inertizzatore di rifiuti speciali anche tossico-nocivi» e dei presidi di sicurezza messi in atto al fine di evitare ogni possibile inquinamento del suolo, del sottosuolo e delle acque, il progetto è stato ritenuto meritevole di approvazione.
È evidente, quindi, che l'impianto ha la fondamentale funzione di «migliorare» la natura chimico-fisica dei rifiuti tossico-nocivi, smaltibili in discarica mediante un processo di «blocco chimico» dei metalli pesanti contenuti nei rifiuti che, a seguito dell'intimo mescolamento con cemento, ossido di magnesio ed acqua, riducono sostanzialmente la possibilità di essere lisciviati dall'acqua e trasferiti, pertanto, dallo stato solido (rifiuto) allo stato liquido (percolato).
Tale blocco chimico rende quindi il rifiuto meno pericoloso nei confronti della falda acquifera proprio in conseguenza del fatto che i metalli pesanti, potenziali inquinanti della falda, restano «imprigionati» nella miscela formatasi che, oltre tutto, nel giro di qualche settimana viene ad assumere una consistenza notevole, paragonabile a quella di una malta bastarda, con conseguente ulteriore miglioramento delle caratteristiche fisiche del rifiuto che risulta essere una massa compatta, meno facilmente attraversabile dalle acque meteoriche che potrebbero entrare nella discarica e, pertanto, più sicuro nei confronti della falda freatica sottostante la discarica che ha avuto una vita tecnica amministrativa completamente indipendente dall'impianto di cui si tratta.
La presenza di pozzi ad uso acquedottistico nell'area risulta dalla documentazione cartografica predisposta dalla Bastian Beton Spa (tavola B4-5B-4) e dalle informazioni riportate a pagina 37 dell'allegato B4 (quadro di riferimento ambientale).
Gli elaborati predetti, mai contestati da alcuno degli enti interessati, indicano che i pozzi ad uso acquedottistico del comune di Villafranca e del comune di Povegliano Veronese sono ubicati a valle del luogo dove è situato l'impianto di inertizzazione e la discarica 2B.
Ad una distanza superiore a 200 metri dall'impianto si trova un pozzo per l'attingimento di acqua destinata al consumo umano e ad usi sanitari, situato in un'area di pertinenza della caserma del terzo stormo aeronautico militare. Tale pozzo risulta essere stato perforato nel luglio 1987, in epoca pertanto successiva all'approvazione del progetto generale della discarica e prima dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.236 che avrebbe modificato la situazione.
Dalle informazioni acquisite la situazione autorizzatoria determinatasi nell'area interessata dalla discarica risulta, fin dal 1986, espletata pur in presenza di circostanze nuove, intervenute in un periodo successivo all'approvazione del progetto, che non pregiudicano il diritto di preuso dell'area in parola, in forza - lo ribadisco - di uno stato di fatto preesistente alle successive ulteriori autorizzazioni che hanno interessato le aree confinanti.
Aggiungo ancora che le cartografie allegate allo studio VIA, riferito all'impianto, consentono di valutare la distanza delle varie abitazioni della frazione Caluri dall'impianto stesso.
Non è ipotizzabile, pertanto, che si sia tentato di omettere la rappresentazione della reale situazione ambientale dell'area di progetto, tanto più che nel raggio di cento metri dall'impianto vi è una sola abitazione e che la scuola elementare e la scuola materna si trovano ad una distanza di 350 metri.
Tale situazione è stata ritenuta compatibile con l'impianto approvato.
Per quanto concerne la distanza dell'impianto dalla zona logistica dell'aeronautica, valgono le stesse considerazioni espresse e, inoltre, si fa notare che a suo tempo comune, provincia e ASL nulla hanno avuto da eccepire circa la vicinanza della zona logistica con la discarica.
L'ulteriore anello che si aggiunge alla vicenda della società Bastian Beton riguarda
la nota della ditta del 25 giugno 1996 con la quale questa trasmetteva il progetto di seconda variante all'impianto di inertizzazione dei rifiuti.
In merito alla predetta dichiarazione di fine lavori, come da progetto approvato, l'amministrazione provinciale di Verona, con nota protocollo 9301/E del 23 agosto 1996, comunicava che la stessa non rispondeva a verità «poiché le opere sono state realizzate come da variante e non in conformità al progetto approvato. Pertanto ogni iniziativa assunta in ordine all'avvio dell'impianto è da ritenersi illegittima».
Veniva nel frattempo convocata dai competenti uffici regionali un'apposita riunione, in data 30 settembre 1996, allo scopo di valutare il progetto di variante in argomento nella quale i rappresentanti della provincia di Verona, del comune di Villafranca e della ASL 22 chiedevano che, preliminarmente all'esame del progetto, fosse acquisito il parere del Ministero dell'ambiente in ordine alla necessità o meno di sottoporre il progetto di variante alla procedura VIA prevista dalla legge n.349 del 1986.
Con nota dell'11 ottobre 1996, l'amministrazione regionale inviava il quesito sulla VIA al Ministero dell'ambiente il quale, con nota 28 novembre 1996, rispondeva che «non si ravvisano le condizioni di ritenere la variante proposta una modifica sostanziale rispetto al progetto su cui è stata espressa la procedura VIA e, quindi non si ritiene applicabile la procedura in parola».
Concludendo e scusandomi per aver diffusamente elencato note e dati (ma l'interrogazione conteneva molti spunti polemici anche nei confronti del servizio, per cui vi era la necessità di ripercorrere in modo un po' noioso e dettagliato la vicenda), posso affermare che tutte le osservazioni tecniche presentate con l'interrogazione nonché nell'esposto del comitato di Caluri avevano trovato risposta sia nel corso dell'istruttoria del progetto per la realizzazione dell'impianto di trattamento di rifiuti speciali, anche tossico-nocivi, presentato dalla ditta, sia in sede di esame davanti al TAR dei ricorsi presentati dal comune.
A seguito comunque di una nuova istanza del comitato di Caluri del 16 dicembre 1996, con la quale è stata riproposta all'attenzione l'impianto, il servizio del Ministero dell'ambiente (il Servizio VIA) ha effettuato una verifica in modo da poter stabilire l'eventuale sussistenza di scostamenti tra gli elementi forniti nello studio di impatto ambientale e la documentazione tecnica fornita dal comitato.
Con nota del 18 aprile 1997 (ciò è avvenuto quindi meno di un mese fa; da ciò si comprende la calendarizzazione della risposta alla interrogazione presentata dai colleghi Crema, Boato e Valpiana), il Servizio VIA ha provveduto a rispondere alla regione circa gli esiti di tale verifica, confermando in sostanza le precedenti valutazioni in merito all'impianto di inertizzazione oggetto della procedura VIA.
Preciso infine che, ai sensi della legge regionale n.61 del 1985 del Veneto, il comune di Villafranca Veronese dovrà procedere all'irrogazione delle sanzioni per quanto attiene agli interventi edilizi realizzati in difformità dal progetto approvato, mentre alla provincia di Verona competerà l'irrogazione delle eventuali sanzioni previste in base all'articolo 65 della legge regionale n.33 del 1985.
merito a tale questione per la gentile risposta testé fornita alla mia interrogazione in esame dal sottosegretario Calzolaio. Probabilmente, la solerzia e la giusta attenzione che lei ha riservato agli uffici, sarebbe altrettanto doverosa nei confronti dei colleghi parlamentari che presentano interrogazioni; altrimenti, non mi sarei permesso di disturbarvi con una ulteriore interrogazione, questa volta a risposta orale. Probabilmente, quindi, lo stesso zelo andrebbe utilizzato nei confronti degli uffici.
Entrando nel merito della questione, vorrei ribadire che con il parere della commissione VIA del 1994 quest'ultima affermò che il sito della discarica di tipo 2B, collegato funzionalmente con l'impianto stesso, ricadeva in un'area già assoggettata ad attività estrattiva di argilla, poi dismessa. Come lei ha ricordato, signor sottosegretario, si trattava invece giustamente di estrazione di ghiaia che - come noi sappiamo benissimo, avendo fatto anche gli amministratori e avendo preso in considerazione la materia anche come assessori regionali - comporta un rischio ben diverso di inquinamento delle falde freatiche, trattandosi di ghiaia e non di argilla. Questa è quindi una grande inesattezza riportata nel parere della commissione VIA, del quale noi abbiamo chiesto la revoca.
Per quanto riguarda la coerenza con gli strumenti di programmazione, ho ribadito e ribadisco che il piano territoriale regionale di coordinamento della regione Veneto all'articolo 16 prevede che fino all'approvazione del piano regionale di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, la realizzazione degli impianti per rifiuti speciali, anche tossico-nocivi, deve avvenire in aree industriali e zone «D» previste dai P.R.G. comunali. Il giudizio positivo di compatibilità ambientale è stato dato nonostante l'impianto in questione fosse dal 1991 localizzato nel P.R.G. dei comuni di Villafranca in zona agricola. Il P.R.G. riporta nella relazione, per quanto riguarda il sito, che il territorio comunale è di alimentazione diretta delle falde freatiche poste più a valle; e quindi questo impianto credo che metta gravemente a rischio l'intera falda freatica di tutto il territorio del comune di Villafranca.
Vorrei ora fornire alcuni aggiornamenti all'onorevole sottosegretario, perché egli cortesemente ha fatto altrettanto con me, relativi a quanto sta avvenendo. Premettendo che sul fondo di tutti i 144 mila metri quadrati dell'ex cava sono stati trovati rifiuti compattati al posto della ghiaia originaria e che su questo strato di rifiuti sono state costruite con bentonite o argilla le piattaforme di coltivazione di vari lotti della discarica (e per questo motivo in Cassazione l'ex titolare della ditta coltivatrice Bastian Beton Spa è stato condannato in modo definitivo ad un anno e più di reclusione), a tutt'oggi non risulta ancora bonificato il fondo dell'escava e la provincia di Verona - con un decreto presidenziale del 19 febbraio di quest'anno - ha prorogato fino al 31 dicembre 1997 i conferimenti dei rifiuti speciali tossico-nocivi per il completamento del secondo lotto. E ciò sempre con una ordinanza del presidente della provincia di Verona del febbraio 1997 - guarda un po'! - a seguito del rapporto informativo pervenuto poco tempo prima, con il quale il Corpo forestale dello Stato, successivamente agli accertamenti eseguiti presso la discarica di Caluri, ha evidenziato una serie di infrazioni.
Ne cito alcune: introduzione dei rifiuti industriali senza campionamento, alterazione del codice di classificazione di alcuni rifiuti, scarico dei rifiuti polverulenti dall'alto, mancanza della copertura giornaliera dei rifiuti con materiale inerte, conferimento in discarica di parte dei fanghi provenienti da altre ditte senza averne accertato la compatibilità con la discarica, mancata tenuta del quaderno di laboratorio aggiornato, campionamento non idoneo ad assicurare la rappresentatività dell'intero cumulo di rifiuti proveniente da altre ditte. Ne è stata quindi ordinata la sospensione. Con questo campionario non darei l'incarico di amministratore del condominio dove abito ad una ditta così inadempiente e rischiosa.
Le do inoltre un'ulteriore informazione: il 27 marzo del 1997, nel pozzo n.4 a valle della discarica è stato accertato un valore di ammoniaca di 1,1 milligrammi per litro, contro un massimo tollerabile a tabella di 0,5 milligrammi per litro, tanto per dirle la serietà con la quale si gestisce questo impianto. Ma voglio dirle anche che il 24 aprile del 1997 la CTRA della regione Veneto ha deciso di concedere l'autorizzazione all'esercizio dell'inertizzazione dei rifiuti speciali anche tossico-nocivi, quindi un ulteriore premio per la capacità gestionale di questa azienda.
In conclusione, vorrei farle presente che la discarica ora è chiusa e sono ancora in sospeso i contenziosi per l'escavato di ghiaia di 2,5 metri sotto la prima falda; il risanamento del fondo portato sopra falda con i rifiuti; la mancata bonifica; le continue irregolarità riscontrate. Mi auguro pertanto, vista l'insensibilità degli organi di controllo della regione veneta, e direi del ministero, che la magistratura faccia il proprio dovere. Infatti, essendo già stati compiuti atti totalmente lesivi non solo della salute, ma della dignità dei cittadini di Villafranca è opportuno che a questo punto l'intero incartamento passi alla procura della Repubblica.
Il sottosegretario di Stato per l'ambiente ha facoltà di rispondere.
Il Ministero dell'ambiente ha ben noto che la presenza delle radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti è cresciuta enormemente negli ultimi anni a seguito del diffondersi di strumenti ad alta tecnologia che vi ricorrono e che l'Organizzazione mondiale della sanità, attraverso associazioni di ricerca (come l'International committee non ionizing radiation protection), ha formulato raccomandazioni in cui vengono indicati limiti massimi di esposizioni alle radiazioni non ionizzanti sia per i lavoratori che per la popolazione. Tali limiti lasciano un ampio margine di sicurezza per la protezione e la tutela della salute della popolazione e dei lavoratori per quanto riguarda gli effetti a breve termine, mentre per gli effetti a lungo termine è necessario svolgere alcune osservazioni specifiche.
Lo stato attuale delle conoscenze scientifiche, acquisite nel rapporto dell'Istituto superiore di sanità del 1995, evidenzia l'esistenza di un rapporto causale tra esposizione ai campi elettromagnetici a 50-60 Hz ed alcune patologie anche gravissime, quali leucemia infantile e tumori. La letteratura scientifica internazionale conferma il dato, pur esistendo come è noto opinioni diverse e controverse. Resta ancora da individuare, anche secondo il citato rapporto, il meccanismo biologico sotteso all'effetto cancerogeno dei campi magnetici.
Non è dato sapere con certezza quali siano i limiti massimi di esposizione idonei alla prevenzione, pur essendo ormai certa una relazione tra l'esposizione e l'insorgenza delle predette patologie. È evidente che ci si debba attenere al principio della massima cautela, enunciato al riguardo dall'OMS. Il criterio di prudenza per arginare il rischio oggettivo per la popolazione, impone di mantenere le esposizioni ai livelli più bassi possibile, non escludendo che il processo scientifico possa consentire revisioni ed aggiornamenti in situazione però di relativa sicurezza.
Il punto di vista che qui ho esposto, riprende il senso della risoluzione presentata dai deputati Vigni ed altri, approvata dalla VIII Commissione della Camera dei deputati nella seduta del 22 novembre
1995, che impegnava il Governo ad alcune attività oggi finalmente in corso di predisposizione.
I limiti massimi di esposizione ai campi elettromagnetici fissati all'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 1992, sono quelli raccomandati dall'apposita Commissione internazionale. Tali valori sono in ottimo accordo con quelli proposti il 25 novembre 1994 dall'Ente normativo tecnico europeo nell'ambito della norma europea sperimentale ENV 50166-1/2 relativa all'esposizione delle persone ai campi elettromagnetici da zero a trecento e contenente misure di protezione necessarie ad evitare conseguenze negative alla salute.
L'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 1992, istituisce una commissione tecnico-scientifica per l'aggiornamento normativo e l'approfondimento delle tematiche relative ai problemi igienico-sanitari connessi all'esposizione ai campi elettrici e magnetici alle frequenze industriali. Tale commissione è composta da rappresentanti del Ministero dell'ambiente, del Ministero della sanità, del Ministero dell'industria, dell'Istituto superiore di sanità, dell'ENEA, dell'ISPESL e dei produttori di energia elettrica. Detta commissione, nella riunione del 3 maggio 1995, ha confermato all'unanimità la validità dei limiti di esposizione; ritenuto prioritario, sotto l'aspetto sanitario, le azione di risanamento previste per il mancato rispetto dei limiti suddetti; ritenuto che le distanze di rispetto degli elettrodotti dagli edifici non hanno valenza sanitaria.
Le valutazioni della commissione tecnico-scientifica sono state recepite nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 settembre 1995, concernente i criteri di applicazione del sopra menzionato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il Ministero dell'ambiente, comunque, sempre nell'ambito dell'azione di tutela della popolazione, intende: studiare ed attuare interventi per il contenimento e la riduzione dell'inquinamento da radiazioni elettromagnetiche artificiali; definire un protocollo di intesa con i produttori di energia elettrica a frequenza industriale che preveda, nell'attività di risanamento e nella costruzione di nuove linee di trasmissione, l'adozione di tutte le soluzioni tecnologiche che permettano di ridurre entro valori di sicurezza sia l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici che l'impatto ambientale; di promuovere, nell'ambito di collaborazioni internazionali, un programma di ricerche epidemiologiche sugli effetti a lungo termine dovuti ad esposizioni prolungate a campi elettromagnetici artificiali; seguire l'andamento degli studi condotti a livello mondiale.
Al fine di predisporre un quadro normativo organico per la tutela dall'inquinamento da campi elettromagnetici, di recente il Ministero dell'ambiente ha concordato con il Ministero della sanità di istituire con decreto un gruppo di lavoro con il compito di pervenire alla predisposizione di un disegno di legge quadro per la tutela della salute della popolazione e dell'ambiente dall'inquinamento elettromagnetico, integrato opportunamente da decreti di revisione e di aggiornamento dei limiti massimi di esposizione.
A questo istituendo gruppo di lavoro sono chiamati a partecipare anche i rappresentanti del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e quelli del Ministero dell'industria, nonché esperti della comunità scientifica e dei settori interessati alla regolamentazione dei campi elettromagnetici.
Sotto il profilo tecnico-sanitario, il Ministero della sanità, con nota 2 ottobre 1996, ha ritenuto opportuno istituire un gruppo di lavoro interdisciplinare con i Ministeri dell'ambiente, dei lavori pubblici, dell'industria e degli affari regionali e con l'Istituto superiore della sanità, l'ISPESL, il CNR, l'ANCI, l'ENEL, eccetera, con l'incarico di approfondire in tutte le sue componenti l'intera questione.
Fatte queste premesse e passando all'esame del problema sollevato dall'onorevole Saia, si riferisce che in data 13 agosto 1996, l'assessore alla sanità, ecologia ed ambiente del comune di Chieti trasmetteva
una nota ad alcuni enti, tra i quali la regione, richiamando l'attenzione degli stessi sui presunti rischi per la presenza di campi elettromagnetici. Con la stessa nota, richiedeva agli stessi enti un incontro per affrontare ed approfondire la problematica.
La giunta regionale dell'Aquila interessava il comitato tecnico-scientifico, di cui ad una legge regionale. Tale comitato, nella seduta del settembre 1996, dovendo tra l'altro esaminare una richiesta di autorizzazione da parte della società Omnitel per l'installazione di un impianto di telefonia cellulare nella stessa contrada San Martino di Chieti, indicava la necessità di un sopralluogo da parte del presidio multizonale di igiene e prevenzione della azienda sanitaria. Sempre la giunta nazionale provvedeva, il 10 settembre 1996, ad interessare il presidio multizonale di igiene, il quale delegava, per l'effettuazione del controllo, il presidio multizonale di Pescara, in quanto l'unico, fra i quattro presidi, ad avere strumentazione adeguata per il rilevamento di campi elettromagnetici ad alta frequenza, mentre è in attesa di dotarsi di strumentazione idonea per le basse frequenze. Nelle more, per i rilevamenti riguardanti le emissioni dell'elettrodotto della contrada San Martino, la regione interessava con nota del 28 ottobre 1996 anche l'ISPESL di Roma. Attualmente si è ancora in attesa di conoscere i risultati dell'indagine commissionata.
L'amministrazione provinciale di Chieti, considerata l'attualità del problema, pur non rientrando l'inquinamento elettromagnetico tra le sue specifiche competenze, si interessava in varie occasioni del fenomeno e nel febbraio di quest'anno provvedeva ad indire una riunione per discutere le problematiche prospettate dal comune di San Martino.
La riunione poneva l'accento soprattutto sulle necessità di effettuare studi e ricerche per verificare se i casi di malattia evidenziati in detta zona si potevano considerare eccezionali. La riunione si concludeva con l'evidenziare che gli accertamenti epidemiologici in corso da parte dell'azienda sanitaria, l'installazione della centralina fissa e l'attivazione del mezzo mobile per il controllo della qualità dell'aria da parte delle provincia avrebbero richiesto alcuni mesi. L'assessore del comune di Chieti aggiornava i presenti per la valutazione dei dati disponibili, presumibilmente, a settembre 1997.
Gli enti istituzionali coinvolti si accordavano al fine di tenersi continuamente in contatto e la provincia si impegnava per assicurare il coordinamento tra gli intervenuti.
Nella località di cui si discute insistono elettrodotti ad alta tensione, di pertinenza dell'ENEL e delle Ferrovie dello Stato, per i quali è stata ipotizzata l'influenza negativa sulla salute pubblica e, in particolare, il possibile collegamento con alcune patologie (leucemie) verificatesi negli ultimi anni tra gli abitanti della zona.
I rilievi effettuati e le misure di campo elettrico per induzione magnetica da parte del presidio multizonale di Pescara e Chieti alla presenza di tecnici ENEL nel dicembre 1996 sono sempre risultati rientrare nei limiti di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1992.
Sono peraltro nel programma del ricordato servizio dell'azienda sanitaria ulteriori rilevazioni con nuove apparecchiature, nonché monitoraggi particolareggiati per situazioni specifiche.
Per quanto concerne lo stato dell'elettrodotto di pertinenza delle Ferrovie, la sede delle Ferrovie dello Stato di Ancona ha relazionato in merito, precisando che a seguito di una campagna di rilevazioni strumentali svolta recentemente, le intensità di campo elettromagnetico risultano nei limiti dei valori previsti dalla vigente normativa.
In merito alle caratteristiche degli elettrodotti presenti a San Martino, le Ferrovie dello Stato sono presenti con un tratto di elettrodotto a 150 chilowattora Pescara-Popoli.
L'azienda ASA-Rete direttrice Adriatica di Ancona ha recentemente svolto una campagna di rilevazioni strumentali dei valori di campo elettromagnetico, in
punti critici degli elettrodotti delle Ferrovie dello Stato, là dove cioè non è rispettata la distanza minima prevista dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1992 tra ambienti abitativi e conduttore più prossimo che, nel caso in questione (cioè una linea di 150 chilowattora), deve essere uguale o superiore a 11,64 metri. In particolare, sono state effettuate misurazioni nell'ambito del territorio comunale di Chieti, in corrispondenza di vari fabbricati di civile abitazione. I valori riscontrati risultano inferiori a quelli limite previsti dalla vigente normativa. L'elettrodotto delle Ferrovie dello Stato, dopo la verifica strumentale, rispetta quindi i valori massimi.
Per quegli ambienti abitativi non a distanza regolamentare dal conduttore più vicino la società delle Ferrovie dello Stato è impegnata a presentare piani di risanamento al fine di rispettare il termine ultimo del 31 dicembre 2004, ai sensi e per gli effetti del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1995.
Il servizio delle Ferrovie dello Stato di Ancona svolge il compito di monitorare lo stato dell'elettrodotto relativamente ai parametri di campo elettrico e di induzione magnetica per verificare la costante conformità alle disposizioni di legge.
Al fine di controllare le emissioni di onde elettromagnetiche dell'impianto Omnitel è stato effettuato un sopralluogo da parte del presidio multizonale, in esito al quale è risultato che l'intensità di campo elettromagnetico è inferiore ai limiti fissati. Inoltre, secondo il Ministero della sanità, le osservazioni della società Radionica non poggiano su basi scientifiche acclarate e certe, bensì su postulati ancora ampiamente opinabili. Lo stesso Istituto superiore di sanità, in particolare, ritiene poco probabile che un qualsiasi elettrodotto possa dar luogo in intere zone residenziali a livelli di campo elettrico e, soprattutto, di campo magnetico, superiore ai limiti previsti dalla normativa. Valori leggermente superiori al solo limite di campo elettrico possono riscontrarsi, al più, in aree limitate immediatamente al di sotto dei conduttori e, comunque, solo all'interno degli edifici.
Risulta, invece, del tutto verosimile che si possano riscontrare, anche in ambienti residenziali, valori del campo magnetico dell'ordine di quelli che alcuni studi epidemiologici sembrano associare ad un aumento di leucemie infantili.
Di qui deriva anche la scelta di definire un provvedimento organico su cui sarà il Parlamento a pronunciarsi. Per quanto sopra esposto, nel ribadire le indicazioni di cautela già espresse in varie sedi, si sottolinea l'esigenza di un'informazione completa e corretta per evitare che giustificati interrogativi si trasformino in eccessivo allarmismo.
Sul piano generale, registro che quanto meno il Governo ha la volontà di cominciare a predisporre azioni per tentare di avvicinarci il più possibile alla verità in questa materia. Non posso invece ritenermi altrettanto soddisfatto per le dichiarazioni fatte sul caso specifico che è stato segnalato.
Onorevole sottosegretario, non stiamo parlando di malattie qualunque, ma di leucemie che colpiscono soprattutto i bambini. L'incidenza nella frazione di Chieti in questione di leucemie infantili in misura 10-15 volte superiore a quella relativa alla popolazione della città e della
provincia dovrebbe spingere il Governo - ed in particolare il ministro della sanità - a compiere uno sforzo serio per capire i motivi del fenomeno. Nei giorni scorsi è morto il secondo figlio di una famiglia che nel giro di un anno e mezzo ha perso due bambini per leucemia. Mi sarei quanto meno aspettato - avendo interessato il ministro della sanità al caso - un'indagine che dimostrasse la volontà di fare qualcosa per comprendere la situazione.
In secondo luogo, il fenomeno avrebbe dovuto spingere il ministro della sanità e quello dell'ambiente a prendere in seria considerazione l'affermazione di una delle più illustri personalità scientifiche nel campo delle malattie ematologiche - il già senatore Glauco Torlontano, ordinario di ematologia, uno degli scienziati che è all'avanguardia nel nostro paese in questo settore - secondo il quale è molto probabile l'esistenza di una correlazione tra le forti onde elettromagnetiche (relative alle ferrovie e all'energia elettrica) che si concentrano in questa frazione di Chieti e l'incidenza di leucemie.
Dal momento che non si hanno certezze e che si ragiona ancora nel campo delle probabilità e del vago, ove si dovessero escludere altre cause tali da giustificare questa incidenza, sul piano precauzionale si dovrebbe agire subito per dare tranquillità a quelle popolazioni; mi riferisco, per esempio, alla possibilità di spostare parte degli elettrodotti. Tenendo conto che stiamo parlando di malattie mortali che colpiscono i bambini, ritengo che, nonostante la risposta del sottosegretario sul piano generale abbia dimostrato grande precisione e manifestazione di volontà, si sarebbe dovuto dire qualcosa di più sul piano particolare.
Per quanto riguarda i dati che sono stati portati, in gran parte provenienti dalla società Ferrovie, in parte dalla USL e dal centro di igiene e prevenzione di Pescara (sui quali non voglio esprimere dubbi), a mio avviso dovrebbe essere tenuto in maggiore considerazione il rilievo fatto da una società interessata dai cittadini, la Radionica. Lei, signor sottosegretario, sostiene che si tratta di una società privata non attendibile, ma essa ha rivelato che sono stati superati i limiti di concentrazione di onde elettromagnetiche fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1992. Lei stesso, del resto, ha ammesso che in alcuni punti tale concentrazione oltrepassa i limiti in questione.
A fronte di uomini, donne e bambini che continuano a morire di leucemia, non è sufficiente, signor sottosegretario, affermare che non bisogna suscitare allarmismi. Occorre quanto meno cominciare a dare delle risposte e a capire perché si verificano questi casi di leucemia nella zona cui faccio riferimento nella mia interrogazione. Solo allora potremo dire che non bisogna creare allarmismo, anche perché - lo ripeto ancora una volta - la scienza ufficiale, come lei stesso ha sottolineato, non è ancora pervenuta ad una definizione univoca, in quanto vi sono grandi contrasti. Quanto lei ha affermato ed è sancito nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1992 ormai è largamente contestato da decine e decine di scienziati in tutto il mondo, i quali affermano che i limiti sono andati ben oltre la tollerabilità per gli esseri umani.
Dobbiamo allora cominciare a chiederci se l'aumento dei tumori e delle leucemie non sia anche collegato ad una sottovalutazione di un fenomeno che si sta sviluppando. I segni di una sottovalutazione di tale fenomeno sono ormai diffusi nel nostro paese, forse perché cediamo agli interessi delle aziende e dei vari enti e non teniamo in molto conto la salute dei cittadini.
Vorrei altresì sottolineare che insieme all'onorevole Giovanni Pace (mi meraviglio che oggi non sia stata esaminata anche la sua interrogazione) ho denunciato il caso della frazione di San Martino ed anche una situazione altrettanto grave, rispetto alla quale abbiamo già la certezza che si è andati molto oltre i limiti indicati dal decreto che ho citato...
La situazione alla quale mi riferisco riguarda il quartiere San Silvestro di Pescara. Vorrei che il Governo rispondesse subito anche a tale interrogazione, in quanto i rilievi della USL dimostrano che i limiti citati sono stati oltrepassati. La sottovalutazione del fenomeno di cui stiamo parlando è evidente anche in quest'aula, perché la Presidenza si ostina ancora a mantenere la schermatura dei cellulari con onde elettromagnetiche. È vero che le relazioni che ho ricevuto affermano che probabilmente tali onde non sono nocive alla salute ma, come lei stesso ha riconosciuto, nessuno può dire se lo siano o meno.