Commissione parlamentare per le riforme costituzionali
Istituzione della Commissione
Nelle sedute del 23 luglio 1992 la Camera ed il Senato hanno approvato due atti monocamerali di indirizzo, aventi analogo contenuto (Risoluzione Bianco ed altri n. 6-0001 alla Camera; ordine del giorno Gava ed altri n. 1 al Senato) con cui è stata deliberata la istituzione di una Commissione alla quale affidare il compito di esaminare le proposte di revisione costituzionale concernenti la parte seconda della Costituzione (limitatamente ai titoli I, II, III, IV e V, secondo l'ordine del giorno approvato dal Senato) e le proposte di legge in materia elettorale presentate alle Camere, e di elaborare un progetto organico di revisione dei suddetti titoli della Costituzione, nonché dei sistemi elettorali per l'elezione degli organi costituzionali.
In virtù delle due deliberazioni si è pertanto costituita la "Commissione parlamentare per le riforme istituzionali", composta da 30 deputati e 30 senatori nominati, rispettivamente, in data 3 e 5 agosto 1992, dal Presidente della Camera e dal Presidente del Senato su designazione dei gruppi parlamentari, in modo tale da rispecchiare complessivamente la proporzione tra i gruppi presenti in Parlamento.
La Commissione si è insediata procedendo nella sua prima seduta (9 settembre) alla nomina del Presidente (De Mita e successivamente Iotti) e dei membri dell'Ufficio di Presidenza, ed ha avviato i propri lavori con un dibattito sugli indirizzi generali nelle sedute del 16, 22, 23 e 24 settembre. La Commissione ha quindi deliberato di istituire nel proprio seno quattro Comitati, aventi il compito di svolgere un'attività di elaborazione istruttoria rispettivamente sui temi forma di Stato, forma di governo, legge elettorale e garanzie costituzionali.
I Comitati hanno predisposto per la Commissione delle relazioni, che sono state ad essa presentate, rispettivamente, in data 22, 29, 30 e 31 ottobre. Le relazioni sono state illustrate in Commissione nelle sedute del 5 novembre (relazioni dei Comitati forma di Stato, forma di governo e sistema elettorale) e dell'11 novembre (relazione del Comitato garanzie); al termine della discussione sulle relazioni la Commissione ha approvato, nella seduta del 3 dicembre, dei principi direttivi con cui sono stati fissati gli indirizzi per il prosieguo dei suoi lavori. Sulla base di tali indirizzi i Comitati hanno quindi svolto una ulteriore attività istruttoria che si è conclusa con l'approvazione di un articolato da parte dei Comitati forma di Stato e forma di governo.
Per quanto riguarda la legge elettorale, il Comitato dopo un ampio dibattito ha rinviato alla Commissione per la discussione e decisione conclusiva: la Commissione è quindi tornata a riunirsi in sede plenaria il 27 gennaio 1993 per procedere alla discussione sull'esito dei lavori del Comitato legge elettorale. La discussione si è conclusa con l'approvazione, nella seduta del 10 febbraio, di nuovi principi direttivi contenenti gli indirizzi per la riforma del sistema elettorale della Camera dei deputati e del Senato.
In questa prima fase di attività la Commissione ha operato nell'ambito dei poteri e dei mezzi conoscitivi e di indagine previsti dai regolamenti parlamentari.
Le due deliberazioni istitutive prevedevano però che con una legge costituzionale da approvarsi entro 6 mesi dalla costituzione della Commissione fossero conferiti alla stessa poteri referenti nei confronti delle Camere per la formulazione delle proposte definitive di revisione costituzionale; con la medesima legge costituzionale dovevano essere altresì fissati i termini entro i quali la Commissione avrebbe dovuto presentare alle Camere il risultato dei propri lavori.
In attesa del completamento dell'iter procedurale di approvazione della legge costituzionale, ed in vista della scadenza del termine di sei mesi dalla costituzione della Commissione (9 marzo 1993) previsto nelle delibere istitutive, la Camera ed il Senato hanno approvato, in data 4 marzo 1993, due atti monocamerali di indirizzo di identico tenore (mozione n. 1-00147 Bianco ed altri, mozione n. 1-00088 Gava ed altri), in base ai quali i poteri della Commissione sono stati prorogati sino alla data di entrata in vigore della suddetta legge costituzionale.
La legge costituzionale 6 agosto 1993, n. 1, entrata in vigore l'11 agosto, ha attribuito alla Commissione parlamentare per le riforme istituzionali, il compito di elaborare un progetto organico di revisione costituzionale relativo alla parte II della Costituzione ("Ordinamento della Repubblica"), con esclusione della sezione II del titolo VI (Revisione della Costituzione. Leggi costituzionali), nonchè delle proposte di riforma dei sistemi elettorali. per l'elezione degli organi costituzionali.
La legge ha introdotto un procedimento di revisione costituzionale parzialmente derogatorio rispetto a quello previsto dall'art. 138 della Costituzione e la cui applicabilità è stata limitata ai progetti di revisione costituzionale presentati alla data di entrata in vigore della medesima legge costituzionale.
A tal fine è stata prevista l'assegnazione da parte dei Presidenti della Camera e del Senato alla Commissione stessa di tutti i progetti di legge costituzionale ed ordinaria relativi alla suddette materie presentati entro la data dell'entrata in vigore della legge costituzionale (l'11 agosto 1993).
La Commissione avrebbe dovuto esaminare i progetti di legge ad essa assegnati in sede referente e secondo le norme dettate dal regolamento della Camera, in quanto compatibili con le speciali disposizioni introdotte dalla legge costituzionale. La fase di esame in sede referente si sarebbe dovuta concludere, secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 4, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale, con la presentazione alle Camere di progetti di legge corredati da relazioni illustrative. Nei trenta giorni successivi a tale presentazione era attribuita a ciascun deputato e a ciascun senatore la facoltà di presentare alla Presidenza della Camera di appartenenza emendamenti ai testi approvati dalla Commissione, sui quali questa si sarebbe pronunciata nei successivi trenta giorni. Scaduti i suddetti termini i Presidenti delle due Camere avrebbero adottato le opportune intese per l'iscrizione all'ordine del giorno delle rispettive Assemblee dei progetti proposti dalla Commissione e per la fissazione della data entro al quale ciascuna Camera avrebbe dovuto procedere alla votazione finale.
La Commissione sarebbe stata rappresentata nella discussione dinanzi alle Assemblee da un apposito Comitato formato dal presidente, dai relatori, e da deputati e senatori nominati in modo tale da garantire la rappresentanza di tutti i gruppi.
Nel corso dell'esame davanti alle Assemblee si dovevano applicare le norme dei rispettivi regolamenti; la legge costituzionale ha introdotto tuttavia alcune deroghe. Al fine di evitare intralci procedurali nel corso del dibattito è stato previsto che non potessero essere ammesse questioni pregiudiziali, sospensive, per il non passaggio agli articoli o per il rinvio in commissione. Per quanto concerne il regime degli emendamenti la legge costituzionale prevedeva che fino a cinque giorni prima dell'inizio della discussione generale ciascun membro dell'Assemblea potesse presentare emendamenti al testo della Commissione solo in quanto direttamente correlati con le parti modificate dalla Commissione stessa; è ammessa inoltre la ripresentazione degli emendamenti respinti dalla Commissione. La Commissione poteva presentare emendamenti o subemendamenti entro il termine di 48 ore dell'inizio della seduta in cui era prevista la votazione degli articoli o degli emendamenti cui si riferivano. Agli emendamenti della Commissione potevano essere presentati subemendamenti da parte di un presidente di gruppo o di almeno 10 deputati o 5 senatori sino al giorno precedente l'inizio della seduta in cui era prevista la votazione di tali emendamenti.
Per quanto concerne la approvazione finale dei progetti di legge costituzionale, la legge costituzionale introduceva una deroga alla procedura disciplinata dall'articolo 138 Cost., prevedendo che il progetto approvato in doppia deliberazione conforme da entrambe le Camere doveva essere sottoposto, obbligatoriamente, a referendum confermativo entro tre mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La legge costituzionale veniva quindi promulgata solo se nel referendum popolare fosse stata approvata a maggioranza dei voti espressi validamente.
La legge costituzionale prevedeva infine (art. 4) che la Commissione parlamentare per le riforme istituzionali avrebbe cessato dalle sue funzioni alla data di pubblicazione delle leggi costituzionali od ordinarie approvate secondo la speciale procedura disciplinata dalla legge stessa, ovvero in caso di scioglimento anticipato di una o di entrambe le Camere.
Sulla base delle speciali procedure previste dalla legge costituzionale 6 agosto 1993, n. 1, la Commissione parlamentare per le riforme costituzionali ha presentato in data 11 gennaio 1994 alle Presidenze delle due Camere un progetto di revisione costituzionale riguardante la revisione della parte seconda della Costituzione (A.C. 3597 - A.S. 1789). Le Assemblee dei due rami del Parlamento non hanno peraltro proceduto all'esame del testo approvato per la anticipata conclusione della legislatura.
Il progetto reca norme di revisione degli articoli 60, 70, 77, 81, 82, 92, 93, 94, 95, 97, 116, 117, 118, 119, 121, 122, 123, 125, 126, 127, 128 e 130 della Costituzione e l'inserimento nel testo costituzionale dei nuovi articoli 95-bis, 117-bis, 117-ter, 117-quater, 118-bis e 119-bis. La proposta approvata comporta:
- un'ampia riforma del rapporto Stato-regioni, con il capovolgimento del criterio di competenza accolto nel testo attualmente vigente della Costituzione (enumerazione tassativa delle competenze regionali e attribuzione di tutte le altre competenze allo Stato) e la definizione di nuovi istituti di garanzia per la tutela della autonomia regionale;
- la definizione di una forma di governo "neoparlamentare" che prevede l'investitura diretta da parte del Parlamento del Primo ministro, attribuisce a quest'ultimo la esclusiva responsabilità sulla nomina e la revoca dei ministri, ed introduce l'istituto della c.d. "sfiducia costruttiva";
- la introduzione di nuove regole in materia di bilanci, decretazione d'urgenza, delegificazione e potere regolamentare del Governo, organizzazione della pubblica amministrazione;
- la durata quadriennale della legislatura e l'ampliamento del potere di inchiesta delle Camere.
La Commissione non ha trovato invece un accordo su questioni che pur sono state a lungo discusse, in particolare per quanto concerne la composizione e le funzioni delle due Camere e gli istituti di garanzia (magistratura, Corte costituzionale).
Qui di seguito si espongono in sintesi i contenuti del testo approvato.
Forma di Stato
Per ciò che attiene alla forma di Stato le riforme proposte dalla Commissione definiscono, nel quadro della riaffermata unitarietà della Repubblica, un nuovo modello di Stato regionale, caratterizzato dalla coesistenza nell'ambito della Comunità nazionale di distinte comunità territoriali dotate di autonomia politica e di governo, di autonomia finanziaria e di autonomia normativa primaria e secondaria di carattere generale. Il criterio di ripartizione delle competenze tra lo Stato e le regioni viene infatti ad essere capovolto rispetto a quello codificato nel vigente testo dell'art. 117 Cost.: le materie riservate alla competenza dello Stato sono enumerate tassativamente nel nuovo testo dell'art. 70, mentre tutte le altre funzioni sono attribuite alle regioni, la cui competenza acquista pertanto carattere generale. Si analizzano di seguito i singoli aspetti della riforma proposta.
Ripartizione delle competenze tra Stato e regioni
Allo Stato sono riservate le attribuzioni relative alle funzioni ritenute essenziali alla garanzia della sua unitarietà e sovranità, vale a dire le competenze in materia di politica estera, politica militare, politica della giustizia e governo della finanza. Allo Stato è inoltre riservata la definizione del contenuto essenziale delle libertà e dei diritti civili, etico-sociali, economici e politici riconosciuti ai soggetti privati in base alle disposizioni recate dalla parte prima della Costituzione. Le regioni hanno competenza, legislativa ed amministrativa, in tutte le altre materie.
Le materie di competenza statale, elencate tassativamente dal nuovo testo dell'art. 70 concernono, in sintesi, i seguenti settori: politica estera e rapporti internazionali; difesa nazionale e sicurezza pubblica; diritti pubblici soggettivi; politica della giustizia (ordinamento giudiziario e degli organi di controllo previsti dagli artt. 99 e 100 Cost, giustizia penale, civile, amministrativa, tributaria e contabile, ordinamento civile e penale e sanzioni penali); politica monetaria; contabilità dello Stato e finanza statale; programmazione economica generale ed azioni di riequilibrio, politica industriale ed energetica, dei trasporti e delle grandi comunicazioni; tutela dell'ambiente e dell'igiene pubblica; ricerca scientifica e tecnologica e tutela della proprietà artistica, letteraria ed intellettuale; previdenza sociale ed ordinamento generale della tutela e della sicurezza del lavoro; ordinamento generale e programmazione dell'istruzione ed ordinamento dell'università; disciplina generale dell'organizzazione e del procedimento amministrativo; materia elettorale; ordinamento delle professioni; statistica, pesi e misure; armi ed esplosivi; poste e telecomunicazioni; ordinamenti sportivi di interesse nazionale.
Potestà legislativa delle regioni a statuto speciale
Alle regioni Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta è attribuita, con legge costituzionale, competenza legislativa esclusiva in tutte le materie non espressamente riservate allo Stato ai sensi del nuovo testo dell'art. 70. Gli statuti speciali possono indicare materie nelle quali lo Stato e le regioni esercitano competenze concorrenti; la definizione di potestà legislativa concorrente è configurata, in base al nuovo testo dell'art. 116, come il risultato di intese tra le parti, in quanto si prevede che gli statuti siano adottati con legge costituzionale su proposta di ciascuna regione e previa intesa della regione medesima sul testo approvato in prima lettura dalle camere.
Potestà legislativa delle regioni a statuto ordinario
Alle regioni di diritto comune è attribuita potestà legislativa esclusiva (nell'attuale ordinamento riconosciuta solamente alle regioni a statuto speciale) nelle materie elencate nel nuovo testo dell'art. 117 Cost., che comprende settori di notevole rilievo quali l'agricoltura, il commercio, l'artigianato, il turismo, la formazione professionale, l'assetto urbanistico e del territorio. Tale potestà legislativa deve essere esercitata "in armonia con la Costituzione e con i principi generali posti dalle leggi di riforma economico sociale dello Stato" (limiti già previsti per le regioni a statuto speciale).
Nelle altre materie alle regioni è attribuita una potestà legislativa concorrente, da esercitare nel rispetto dei "principi fissati dalle leggi organiche". Il regime dei limiti (ulteriori rispetto a quelli sopra indicati) imposti alla competenza regionale concorrente è radicalmente innovativo rispetto a quello previsto nel vigente ordinamento, per i seguenti profili:
- la definizione di principi da parte dello Stato nella materie attribuite alla competenza legislativa concorrente delle regioni, mediante approvazione di una legge organica, è meramente facoltativa (mentre nell'ordinamento attuale in mancanza di apposite leggi cornice i principi-limite sono desunti dal complesso delle leggi statali vigenti nella materia);
- il contenuto delle leggi organiche è più limitato rispetto a quello delle leggi-cornice: mentre quest'ultime infatti devono definire i "principi fondamentali delle materie" attribuite alla competenza regionale, le leggi organiche stabiliscono i principi fondamentali delle funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario ed hanno per destinatarie solo le regioni e non già i cittadini e gli altri soggetti sottoposti alla sovranità nazionale ;
- la approvazione delle leggi organiche è soggetta ad una procedura "rinforzata" per quanto attiene alla iniziativa, che deve essere presentata al Senato, ed al quorum richiesto (approvazione a maggioranza assoluta dei componenti); le regioni, che devono essere obbligatoriamente consultate nel corso dell'iter di formazione delle leggi, possono ricorrere alla Corte costituzionale, in via principale, per motivi di illegittimità, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione della legge. Le leggi organiche, infine, possono essere modificate solo con espressa previsione e possono essere sottoposte a referendum abrogativo solamente con il consenso preventivo di almeno cinque consigli regionali su un quesito successivamente sottoscritto da almeno 500 mila elettori; il referendum è approvato se alla votazione hanno partecipato almeno i due terzi degli aventi diritto e se è stata raggiunta la maggioranza dei voti espressi validamente.
Il regime dei controlli sulle leggi regionali
Il regime dei controlli sulle leggi regionali previsto dal nuovo testo dell'art. 127 risulta profondamente modificato rispetto all'attuale, soprattutto in ragione della soppressione della figura del controllo mediante richiesta di riesame. Il testo proposto prevede che ogni legge approvata dal Consiglio regionale sia comunicata al Commissario di Governo, il quale deve vistarla entro il termine di 40 giorni ( il testo vigente stabilisce un termine di 30 giorni), sempre che nel medesimo termine il Governo non promuova la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale o quella di merito per contrasto di interessi davanti al Parlamento.
Potestà amministrativa delle regioni
Il nuovo testo dell'art. 118 Cost. definisce un sistema innovativo del riparto delle competenze amministrative sia per quanto concerne il rapporto tra Stato e regioni, sia sotto il profilo dei rapporti tra regioni ed enti locali.
Allo Stato, coerentemente con quanto previsto dal nuovo art. 70, sono attribuite competenze amministrative esclusivamente nelle materie riservate alla sua potestà legislativa, mentre in tutte le altre materie le funzioni amministrative sono attribuite "alle regioni, alle province e ai comuni". Nell'ambito di tali materie alle regioni spetta l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di coordinamento, nonchè l'esercizio delle funzioni di carattere unitario a livello regionale, mentre tutte le altre funzioni sono attribuite, con legge regionale, ai comuni ed alle province. L'emanazione della legge con la quale si provvede al riparto delle funzioni è configurata come atto dovuto da parte delle regioni, a differenza di quanto previsto dal vigente art. 118, che configura come facoltativa da parte delle regioni la delega dell'esercizio delle proprie funzioni amministrative ai comuni ed alle province.
Secondo quanto previsto dal nuovo art. 118-bis, lo Stato, con legge organica, deve stabilire per ciascuna funzione di competenza regionale avente eminente valore sociale, quali sono le prestazioni minime che comunque ogni regione è tenuta a garantire ai cittadini. La legge organica definisce altresì le procedure per l'esercizio di poteri sostitutivi da parte dello Stato in caso di inadempienza da parte delle regioni.
Controlli sugli atti amministrativi delle regioni
Il regime dei controlli sugli atti amministrativi delle regioni è radicalmente innovativo rispetto a quello vigente, in ragione sia della definizione dell'organo di controllo, sia del tipo di controllo ammesso. Quanto al primo aspetto in luogo dell'attuale organo statale di controllo di nomina governativa, il nuovo testo dell'art. 125 attribuisce la funzione di controllo a sezioni decentrate della Corte dei conti; quanto alla tipologia di controlli ammessi viene soppresso il riferimento ai controlli di merito. I casi, i limiti e le modalità di esercizio del controllo di legittimità sono stabiliti con legge dello Stato.
Controlli sugli organi regionali
Il nuovo art. 126 modifica la disciplina vigente in materia di scioglimento dei consigli regionali, in quanto sopprime alcuni dei presupposti previsti dall'attuale testo, vale a dire lo scioglimento per ragioni di sicurezza nazionale o per mancata adesione dell'invito da parte del Governo a sostituire la Giunta o il Presidente che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge.
Autonomia finanziaria
La disciplina costituzionale in materia di finanza regionale, proposta dal nuovo testo dell'art. 119 e dall'art. 119-bis, rende più incisivo il principio della finanza propria, definendo l'autonomia finanziaria e l'autonomia della imposizione tributaria come parte costitutiva dell'autonomia politica delle regioni, delle province e dei comuni. Il coordinamento tra la finanza statale, la finanza regionale e quella degli enti locali deve essere assicurato con legge organica.
Le entrate spettanti alla regioni, in base al nuovo art. 119-bis sono le seguenti:
- tributi propri istituiti e regolati con leggi regionali;
-
- proventi derivanti dalla vendita di beni e servizi;
- quote di partecipazione al gettito prodotto nelle singole regioni da tributi erariali con particolare riferimento alle imposte indirette.
Per la tutela delle regioni economicamente svantaggiate è prevista l'istituzione, da parte dello Stato, di un fondo perequativo, il cui ammontare deve essere definito in misura non superiore a quanto necessario per compensare la minore capacità di produrre gettito tributario e contributivo rispetto alla media nazionale per abitante. E' prevista anche l'istituzione di un ulteriore fondo a fini perequativi delle maggiori spese per abitante cui sono soggette le regioni di minore dimensione demografica per l'erogazione di servizi. I trasferimenti dello Stato derivanti dai fondi perequativi sono fissati d'intesa con le regioni e non possono in alcun caso avere vincoli di destinazione. Lo Stato per provvedere a scopi determinati può intervenire con finanziamenti aggiuntivi, d'intesa con le regioni interessate.
Nel caso di delega di funzioni amministrative da parte dello Stato alle regioni, i mezzi finanziari di cui le regioni delegatarie dispongono devono essere adeguati mediante una corrispondente ridefinizione delle loro quote di partecipazione al gettito dei tributi erariali.
Partecipazione delle regioni al processo normativo comunitario ed alle relazioni internazionali
Il nuovo art 117-ter attribuisce alle regioni la potestà di stipulare accordi con gli analoghi enti territoriali di altri Stati; a tal fine viene promossa da parte dello Stato la stipulazione di trattati internazionali che consentano tali accordi. Le procedure per la formazione degli accordi sono disciplinate con legge dello Stato.
Il nuovo art. 117-quater attribuisce alle regioni la facoltà di partecipare, secondo le modalità stabilite con legge statale, alle procedure di formazione della volontà dello Stato in relazione agli atti comunitari che incidono sulle materie di competenza regionale. Alle regione è inoltre attribuita la potestà di dare attuazione alle direttive della Comunità europea nelle materie di propria competenza, fermo restando il potere di intervento sostitutivo dello Stato in caso di inadempienza.
La partecipazione delle regioni al processo normativo comunitario viene garantita infine con la attribuzione alle regione del potere di designazione di propri rappresentanti nell'ambito degli organi comunitari, secondo modalità stabilite con legge dello Stato e conformemente agli accordi comunitari stipulati in materia.
Forma di governo regionale
Il contenuto dell'autonomia politica delle regioni proposto nel nuovo testo dell'art. 122 è sensibilmente ampliato rispetto all'attuale dettato costituzionale: alle regioni viene infatti riconosciuta la potestà di adottare, con disposizioni statutarie approvate a maggioranza di due terzi dei consiglieri, una disciplina della propria forma di governo diversa da quella stabilita, in generale, dalla Costituzione. Le norme statutarie che definiscono la forma del governo regionale sono sottoposte a referendum confermativo, entro tre mesi dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione, qualora ne facciano richiesta un quinto dei consiglieri regionali o un ventesimo degli elettori della regione; le disposizioni in tal caso sono approvate se ottengono il consenso della maggioranza degli aventi diritto al voto.
La forma di governo delineata dall'art. 122 è di tipo parlamentare: si prevede infatti che il Presidente della giunta venga eletto dal Consiglio, tra i suoi componenti, a scrutinio palese. Il Presidente nomina e revoca i componenti della giunta, il cui ufficio è incompatibile con quello di consigliere. E' introdotto lo strumento della sfiducia costruttiva: il Consiglio può infatti revocare il Presidente con votazione a maggioranza assoluta dei componenti su una mozione che deve indicare contestualmente il nominativo del nuovo Presidente.
Sistema elettorale regionale
L'autonomia politica delle regioni definita nel nuovo testo dell'art. 122 si completa con l'attribuzione alle regioni del potere di adottare, con legge regionale approvata a maggioranza di due terzi dei consiglieri, un sistema di elezione del consiglio diverso da quello stabilito con legge statale. La legge regionale di disciplina del sistema elettorale può essere sottoposta a referendum confermativo, entro tre mesi dalla data della pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione, qualora ne facciano richiesta un quinto dei consiglieri regionali o un ventesimo degli elettori della regione; la legge in tal caso si intende approvata se ottiene il consenso della maggioranza degli aventi diritto al voto.
La definizione del sistema elettorale regionale, per i casi in cui le singole regioni non provvedano ad adottare speciali disposizioni, spetta allo Stato, che deve emanare una apposita legge organica.
Si ricorda che la questione della riforma del sistema elettorale regionale è stata specificamente oggetto di dibattito da parte della Commissione per le riforme istituzionali. L'ufficio di presidenza della Commissione ha infatti attribuito al "Comitato legge elettorale", che già si era occupato della riforma elettorale per la Camera e per il Senato, il compito di svolgere un lavoro istruttorio sulle linee di riforma del sistema elettorale generale. Nella seduta del 24 settembre 1993 il relatore, sen. Mazzola, ha riferito alla Commissione degli orientamenti emersi in seno al Comitato ristretto; la Commissione, al termine di un ampio dibattito sulle ipotesi indicate dal relatore, proseguito anche nella seduta del 5 ottobre, ha dato incarico al Comitato ristretto di predisporre un testo, eventualmente anche con più proposte alternative, da sottoporre successivamente all'esame della Commissione plenaria. Il Comitato, tuttavia, non è giunto a formalizzare alcuna proposta.
Le province ed i comuni
Le province ed i comuni, secondo il nuovo testo dell'art. 128, sono definiti come enti autonomi rappresentativi delle comunità locali.
Ad essi viene riconosciuta autonomia statutaria (dando in tal modo rango costituzionale alla normativa già introdotta dalla legge 142/1990) e sono attribuite funzioni proprie nel quadro della comunità nazionale e regionale. L'ordinamento e le funzioni dei comuni e delle province sono disciplinati dalle leggi regionali secondo i principi fissati dallo Stato con legge organica, che determina altresì le forme di autonomia statutaria.
Il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali è devoluto a sezioni decentrate della Corte dei conti.
Forma di governo
Formazione e struttura dell'esecutivo
Il testo approvato dalla Commissione prevede la revisione degli articoli 93, 94 e 95 della Costituzione. Le modifiche costituzionali ipotizzano il mantenimento della forma di governo parlamentare, prevedendo la necessaria sussistenza di un rapporto fiduciario tra le Camere e l'esecutivo. Si prevede tuttavia una profonda revisione delle modalità di formazione del Governo e degli istituti che presiedono alla concessione e alla revoca della fiducia parlamentare.
Il nuovo testo proposto per l'art. 92 Cost. prevede infatti che il Parlamento a camere unite elegga a maggioranza assoluta dei componenti il Primo ministro, anche con successive votazioni, su candidature sottoscritte da almeno un terzo dei suoi componenti. Se entro un mese dalla prima riunione del Parlamento nessun candidato ottiene la maggioranza prescritta, il candidato è designato dal Presidente della Repubblica: se il candidato designato dal Presidente della Repubblica non è eletto, il Parlamento è sciolto.
Il Presidente della Repubblica nomina con proprio decreto il Primo ministro eletto che, prima di assumere le funzioni, presta giuramento nelle sue mani. Al Primo ministro spetta invece di nominare e revocare i ministri e i viceministri. E' prevista la incompatibilità tra le funzioni di ministro e viceministro e il mandato parlamentare.
Per quanto riguarda la eventuale rescissione del rapporto fiduciario tra le Camere e il Primo ministro, il nuovo testo dell'art. 94 Cost. prevede l'introduzione dell'istituto della "sfiducia costruttiva": il Parlamento può esprimere la sfiducia al Primo ministro solo mediante l'approvazione a maggioranza dei componenti di una mozione motivata, contenente l'indicazione del successore. L'approvazione della mozione comporta la nomina da parte del Presidente della Repubblica del nuovo Primo ministro, con conseguente revoca del Primo ministro in carica e decadenza degli altri ministri. In caso di dimissioni, di morte o di impedimento permanente del Primo ministro, il Parlamento elegge il successore con le procedure sopra descritte. Per evitare un uso strumentale delle dimissioni da parte del Primo ministro, è prevista la non immediata rieleggibilità del Primo ministro dimissionario.
Struttura del Governo e disciplina della amministrazione pubblica.
Il nuovo testo dell'art. 92 Cost. prevede che del Governo facciano parte, oltre al Primo ministro ed ai Ministri, anche i viceministri, che il testo in esame propone di sostituire alla figura dei sottosegretari. Viene posto un limite massimo al numero dei ministri che non può essere superiore a diciotto. Rispetto al contenuto dell'arti. 95 Cost. in vigore, il testo approvato dalla Commissione conferma che il Primo ministro dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Egli inoltre promuove e coordina l'attività dei ministri: Primo ministro e ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, mentre i singoli ministri conservano la responsabilità per gli atti dei rispettivi dicasteri. E' inoltre demandato alla legge il compito di provvedere all'ordinamento del Governo e alla determinazione dell'attribuzione e dell'organizzazione dei ministeri. In connessione con l'ampia revisione del riparto tra le competenze statali e regionali disposta dal testo in esame, è prevista la possibilità di istituire i ministeri solo nelle materie riservate alla competenza dello Stato.
Per quanto riguarda l'organizzazione delle amministrazioni pubbliche, il nuovo testo dell'art. 97 Cost. prevede di sostituire alla riserva di legge disposta dal testo attualmente in vigore un nuovo assetto delle fonti disciplinanti la materia: alla legge spetta fissare i principi per l'organizzazione dei pubblici uffici, mentre ai regolamenti è riservata la disciplina di dettaglio. Viene infine costituzionalizzato il diritto di accesso agli atti e ai procedimenti dell'amministrazione, nelle forme e nei limiti stabiliti con legge ordinaria.
Poteri normativi del Governo.
La proposta della Commissione prevede in primo luogo una profonda revisione dell'art. 77 Cost. disciplinante l'istituto del decreto legge. Viene confermata la facoltà per il Governo di emanare in casi di necessità ed urgenza provvedimenti provvisori con forza di legge, ma il campo di intervento di tali atti è ridotto ad una serie di fattispecie definite: i decreti possono riguardare esclusivamente la sicurezza nazionale, le calamità naturali, l'introduzione di norme finanziarie che debbano entrare immediatamente in vigore o il recepimento e l'attuazione di atti delle Comunità europee, quando dalla mancata tempestiva adozione dei medesimi possa derivare responsabilità dello Stato per inadempimento di obblighi comunitari. Viene inoltre costituzionalizzata la disposizione dell'art. 15 della L. 400/88, a norma della quale i decreti debbono contenere misure di immediata applicazione e di carattere specifico ed omogeneo. E' anche prevista la non reiterabilità dei decreti non convertiti in legge e il divieto per i provvedimenti di urgenza di ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.
Per quanto concerne invece la decisione parlamentare sulla conversione in legge dei decreti, è introdotto l'obbligo per le Camere di deliberare sui relativi disegni di legge entro sessanta giorni dalla pubblicazione dei decreti e la non emendabilità dei decreti medesimi, salvo per quanto attiene alla copertura degli oneri finanziari.
Per quanto riguarda l'esercizio del potere regolamentare da parte del Governo, la Commissione ha previsto l'introduzione in Costituzione del nuovo articolo 95-bis. L'articolo definisce il principio secondo cui il Governo esercita la potestà regolamentare nelle materie di competenza statale non riservate dalla Costituzione alla legge, secondo modalità e forme stabilite con legge ordinaria. Alla fonte regolamentare è comunque riservata la definizione delle norme di attuazione delle leggi e degli atti con forza di legge. L'intervento dei regolamenti è ammesso anche nelle materie non coperte in Costituzione da riserva assoluta di legge: in questo caso tuttavia i regolamenti debbono rispettare i principi e criteri direttivi stabiliti dal Parlamento con legge che provvede anche a determinare le linee fondamentali della disciplina del settore interessato. E' inoltre prevista, su questi atti normativi, un particolare regime di controllo: la Corte dei conti, ove nell'esercizio del controllo preventivo di legittimità sui regolamenti riscontri la violazione della riserva di legge o delle norme di principio, sottopone la questione di legittimità del regolamento al giudizio della Corte costituzionale. La questione può essere sollevata anche da un quinto dei componenti di ciascuna Camera.
Leggi di bilancio
La Commissione ha approvato un nuovo testo dell'articolo 81 della Costituzione. E' previsto che il Governo presenti annualmente per l'approvazione parlamentare, oltre al rendiconto consuntivo, un bilancio di previsione annuale e pluriennale. Viene confermato il principio del carattere formale della legge di bilancio, con la quale non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Viene invece introdotto l'obbligo per i bilanci dello Stato di rispettare il principio dell'equilibrio finanziario della parte corrente. A tal fine gli emendamenti al disegno di legge di approvazione del bilancio di previsione e agli altri disegni di legge che costituiscono la manovra annuale di finanza pubblica sono ammessi unicamente nell'ambito dei limiti massimi dei saldi di bilancio previamente fissati. E' confermata la disposizione dell'attuale testo dell'art. 81 Cost. a norma della quale nuove o maggiori spese o minori entrate possono essere stabilite solo con disposizioni di legge: è tuttavia specificato che la legge deve indicare i mezzi per fare fronte agli oneri da essa recati con riferimento all'intero periodo di efficacia della legge medesima e nel rispetto dei limiti per il ricorso all'indebitamento autorizzati con la legge di bilancio. E' infine previsto che le norme di attuazione dei principi ora illustrati siano stabilite con legge, alla quale viene attribuita una particolare forza passiva: le sue disposizioni non possono essere abrogate nè derogate dalle leggi di approvazione o di variazione del bilancio, nè dalle leggi di spesa o di entrata.
Durata delle legislature - Inchieste parlamentari e attività informativa delle Camere
Come si è già ricordato, la Commissione non è pervenuta ad approvare un'ipotesi di revisione degli articoli della Costituzione riguardanti la struttura del Parlamento e in particolare la sua attuale articolazione in due Camere dotate di identici poteri. La Commissione ha peraltro approvato la revisione dell'art. 60 Cost, portando da cinque a quattro anni la durata delle due Camere. L'unico articolo approvato invece in materia di poteri del Parlamento (oltre a quelli, già illustrati, concernenti le procedure di investitura del governo e quelli riguardanti il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni) modifica l'art. 82 della Costituzione riguardante le inchieste parlamentari. La modifica introdotta prevede che alle inchieste si dia comunque luogo qualora vi sia una richiesta in tal senso anche di una minoranza (un quinto) dei componenti di ciascuna Camera. Vengono peraltro confermate le disposizioni attualmente vigenti in materia di composizione delle commissioni di inchiesta (che devono essere formate in modo da rispecchiare la proporzione tra i vari gruppi) e sui relativi poteri (che sono i medesimi dell'autorità giudiziaria). La Commissione ha inoltre approvato un nuovo terzo comma dell'articolo in esame che sancisce il potere delle Camere di acquisire, anche al di fuori delle inchieste, atti, documenti e informazioni, con i soli limiti derivanti dalla legge penale.