Comitato parlamentare Schengen-Europol

RELAZIONE SULLA MISSIONE SVOLTA A GORIZIA IL 30 NOVEMBRE 2000 

Il rappresentante dell'amministrazione comunale sottolinea l’esigenza di controllare la zona di confine con l’Istria in modo più accurato, utilizzando anche elicotteri, visto che la cosiddetta "soglia di Gorizia" è da sempre stata teatro di invasori. Rileva peraltro le difficoltà legate a svolgere un controllo reale sui flussi in entrata anche a causa dell’elevato turismo che soprattutto in alcuni momenti dell’anno caratterizza la zona. Vi è inoltre un problema di politica generale, visto che i clandestini respinti vengono ospitati nei centri di accoglienza che sono a Lubiana e a Postumia, ma anche le autorità slovene non sanno poi come comportarsi verso di loro ai fini del successivo rimpatrio.
Il problema della zona di Gorizia è che il comune deve farsi carico di ospitare questa gente (il 98% delle persone fermate sono clandestini) sottraendo così risorse ad altri servizi che potrebbero essere offerti alla cittadinanza e soprattutto alle povertà locali. Né può dirsi che i clandestini contribuiscono a soddisfare il bisogno di manodopera, visto che potrebbe trattarsi solo di manodopera in nero, quindi è presumibile che finiscano nella manovalanza criminale.
Il problema più dibattuto nella città di Gorizia riguarda l’eventuale costituzione di un centro di permanenza temporanea all’interno di una caserma dismissibile, ipotesi fortemente osteggiata sia dal Consiglio comunale che dai consigli di quartiere: altro discorso è quello del volontariato, fatto soprattutto dalla Caritas che, intende attuare un discorso di accoglienza, eventualmente trasformando in centro di accoglienza un ex istituto scolastico.
Voglio peraltro sottolineare l’encomiabile lavoro svolto dal questore che cerca di utilizzare al meglio i pochissimi mezzi e le esigue strutture – la caserma Masciarelli – di cui dispone.

FABIO EVANGELISTI, Presidente del Comitato di controllo sull'attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen e di vigilanza sull'attività dell'Unità nazionale Europol. Ricorda che la legge 40/98 sull’immigrazione prevede finanziamenti e contributi alle regioni che intendessero realizzare i centri di prima accoglienza, mentre furono in origine individuati sette possibili siti per la creazione di centri di permanenza temporanea.
Il rappresentante dell'amministrazione regionale fa presente che i finanziamenti da parte della regione sono arrivati con molto ritardo, comunque il Friuli Venezia Giulia ha realizzato due centri: uno nella città di Casatta, in provincia di Pordenone ed un altro nella stessa città di Trieste, sul Carso, in località Gole: sono state le uniche due località dove si è riuscita ad evitare una "feroce resistenza" da parte delle popolazioni.
Ritiene comunque che essendo il Friuli Venezia Giulia l’unica regione che ha un confine di terra esterno all’area Schengen non dovrebbe contemplare soluzioni già sperimentate in altri paesi, quali la Germania e la Spagna, che pure si trovano ad avere un’analoga condizione. La maggioranza del Consiglio del Friuli Venezia Giulia, ad esempio ha votato una mozione che richiede l’intervento dell’esercito, tuttavia ci possono essere altri metodi che sopperiscono a tale presenza fisica, ad esempio sembra che sul confine marittimo della Spagna vi siano sensori elettronici che, se attivati dal passaggio di un qualcosa di fisico, segnalano direttamente agli elicotteri e alle pattuglie la possibilità di intervento.
Rileva peraltro la difficoltà connessa alle domande di asilo, per il cui esame sarebbe meglio esistessero commissioni regionali, che esaurissero in tempi brevi l'approfondimento delle domande stesse, dichiarando lo status di rifugiato oppure consentendo il respingimento del clandestino, la cui permanenza altrimenti costa e può destare allarmi sociali.

FABIO EVANGELISTI, Presidente del Comitato di controllo sull'attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen e di vigilanza sull'attività dell'Unità nazionale Europol. Osserva che una frontiera di terra è senz’altro più facile da sorvegliare di una frontiera di mare anche perché mentre su una frontiera di terra è possibile ed immaginabile il respingimento alla frontiera, in mare significa la morte certa del clandestino,quindi i clandestini rintracciati ad una frontiera marittima o li ributtiamo a mare o li accogliamo. Sulla frontiera di terra questo non è. Allora come li si respinge? Con l’esercito. Quando si venne qui la prima volta, a proposito dei graniciari, non raccogliemmo osservazione entusiaste rispetto a quell’epoca e a quel regime. Anche quando sentiamo parlare in Europa di alcune esperienze degli spagnoli, come lo sparare alle imbarcazioni, si deve riflettere sul fatto che sparare ad una imbarcazione significa farla affondare. Ci pensano già i trafficanti ad affondare le imbarcazioni appena arrivano in prossimità della costa, perché allora scatta necessariamente l’azione di salvataggio. Il problema vero è l’accordo di riammissione con il paese d’origine. Se c’è l’accordo di riammissione si riesce a gestire il problema sia in entrata che in uscita. Noi ormai abbiamo 22 accordi di riammissione. Siamo l’unico paese ad avere un accordo di riammissione scritto con la Tunisia e sembra lontano il tempo in cui si parlava di invasione di Lampedusa. Insieme alla Spagna e alla Germania siamo uno dei pochi paesi ad avere un accordo di riammissione scritto con il Marocco, con l’Albania. Oggi il problema è dei cinesi, dei bengalesi, senegalesi coloro che vengono dal Bangladesh, paesi con i quali non ci sono questo tipo di accordi. Per quanto riguarda l’Unione europea, è stata già decisa la comunitarizzazione delle politiche in materia di immigrazione e di asilo però in un arco temporale di 5 anni. Di qui al 2004 avremo una normativa comune in Europa, però al momento questa non c’è. I problemi che abbiamo noi li hanno anche i tedeschi e gli austriaci. Ogni notte fino a qualche tempo fa si calcolava che 500 persone passassero notte tempo la frontiera dell’ Oder-Neisse, il fiume che divide la Germania dalla Polonia. Sono indubbiamente problematiche anche complesse. La nostra capacità deve essere quella di stare dentro il dibattito e la capacità di adeguamento normativo per fenomeni che cambiano, perché le organizzazioni criminali che stanno dietro a questi flussi hanno una grandissima capacità di cogliere anche i minimi smarcamenti normativi e di adeguare le loro iniziative. Se controlliamo i confini meglio a Otranto grazie alla legge sui gommoni fatta in Albania, benissimo, allora le organizzazioni criminali fanno passare i clandestini da Trieste. Il problema è quindi di vedere come si riesce a calibrare un intervento di intesa con gli altri partner, espressione un po’ forte, però per esempio la Slovenia ormai è un paese associato all’Unione europea, che ambisce ad entrarne a pieno titolo.

    Il rappresentante dell'amministrazione provinciale sottolinea l’importanza della presenza del Comitato in questa città. Quello che a me dispiace come cittadino di questa terra e come amministratore è che alcune preoccupazioni, qualche volta giuste e qualche volta meno giuste della popolazione, diano l’immagine di una realtà razzista. La storia delle popolazioni di queste terre è di grande apertura, di una convivenza non solo pacifica ma di grande collaborazione tra la cultura italiana, austriaca, germanica, slovena, friulana perché il territorio era zona di passaggio. Allora non c’è dubbio che alcune paure che sono emerse tra la gente di questo territorio, rispetto qualche volta ad alcune strumentalizzazioni o alcune comunicazioni insufficienti, hanno creato questo clima di preoccupazioni e purtroppo una volta che uno dice di no ad una cosa, poi c’è una sorta di rincorsa perché è chiaro che se lo dice Antonio o il territorio A, lo dice poi il territorio B ecc. Ecco quindi crede che in questo senso è opportuna la vostra presenza o comunque la presenza del Governo o dei rappresentanti del Parlamento per dare delle informazioni corrette, perché attraverso questo e attraverso l’assunzione di responsabilità di tutti noi troveremo la soluzione, perché il problema esiste e non possiamo far finta di niente. Se non lo risolviamo noi lo deve risolvere qualcun altro. Si è fatto riferimento alla caserma Masciarelli ed è chiaro che il problema esiste e quindi lo risolve la polizia o lo risolve qualcun altro. Allora andiamo alle tre necessità. Lei, Presidente, giustamente diceva all’inizio che chiaramente i cittadini del Bangladesh non arrivano in Slovenia o in Italia a nuoto o a piedi. Arriveranno in qualche maniera. Qualcuno li porta ed ecco il primo discorso della solidarietà nazionale. L’altro discorso riguarda la vicina Slovenia: o noi abbiamo, anzi loro hanno nei nostri riguardi un rapporto corretto anche in termini proprio di rapporto e di legislazione altrimenti esiste un problema, anche se gli sembra che di recente la Slovenia proprio a livello di polizie abbia formalizzato un accordo. Deve quindi esistere una volontà di collaborazione per affrontare insieme un problema. Procede in sintesi per capire quale possa essere un intervento di carattere internazionale. Non a caso, a quanto gli risulta, proprio il ministro Mattioli prevede l’organizzazione verso febbraio, a Gorizia, di una conferenza internazionale che affronti insieme questo problema e cerchi delle soluzioni proprio attraverso il coinvolgimento dei vari paesi. Quindi questo è il primo aspetto: la solidarietà e l’attenzione internazionale. L’altro è l’aspetto nazionale e anche qui per due ragioni: la prima perché non può essere che a Venezia non interessi niente di Gorizia o di Lecce, il problema è nazionale. Anche qui condivide quello che diceva lei. Oggi è Lecce, Gorizia, domani può essere un altro, perché a seconda dei movimenti che ci sono a livello internazionale i trafficanti trovano il punto debole e lì fanno entrare le persone, quindi deve essere un problema di solidarietà nazionale all’attenzione di tutto il paese. E’ chiaro poi che oggi buona parte delle risorse, o comunque risorse importanti delle realtà comunali, vengono assicurate per rispondere a questa emergenza. Attenzione, perché possono scattare meccanismi di autodifesa, in quanto è chiaro che se il Comune di Gorizia toglie risorse alle povertà locali va a finire che ci sono problemi nella nostra comunità, e non sono solo risorse finanziarie, ma sono anche posti letto ed altre cose, perché è chiaro che se la CARITAS ha 100 posti e li deve assicurare giustamente per queste persone, non avrà posti per le povertà locali. Ecco perché c’è la necessità di una attenzione a livello nazionale.
C’è poi da considerare una prima fase di emergenza ove interviene principalmente la polizia, perché ovviamente il profugo, il clandestino e l’immigrato lo si trova alle 24, alla una, alle due di notte. Gli uffici oltre confine non sono certamente aperti, quindi per l’identificazione queste persone vengono tenute in caserma. Quindi esiste un problema di prima accoglienza, di emergenza a cui noi abbiamo cercato di dare una risposta anche valendosi delle associazioni di volontariato, ma sono soprattutto le forze di polizia che rispondono dando il primo aiuto a queste persone. Dopo una prima fase di emergenza, c’è la fase di prima accoglienza o evidentemente il discorso della permanenza temporanea. Anche qui, non c’è dubbio, proprio per riportare nei giusti termini i compiti della polizia e i compiti che competono ad altri, credo che i centri di accoglienza debbono essere realizzati. Io so che su questo ci sono diversità, ma non possiamo chiuderci perché comunque il problema esiste e poi non possiamo lamentarci che la caserma Masciarelli venga dedicata ad altre cose, in questo caso al ricovero degli immigrati, dei clandestini, perché comunque per strada non possiamo lasciarli.

SANDRA FEI, Componente del Comitato. Osserva che il problema dell’allargamento è sempre più prossimo e renderà questa immigrazione clandestina un flusso migratorio continuo, comunque ormai legittimato con tutto ciò che ne comporta: tratta, traffici e quant’altro ci possa essere. E' quindi importante che operatori e forze di polizia tengano in considerazione questo aspetto al fine di non trovarsi impreparati non solo quanto al profilo dell’ingresso di clandestini, ma anche rispetto a quello della criminalità organizzata legata a traffici.

UMBERTO D'ACIERNO, Questore. Osserva che i servizi, con il rafforzamento degli organici sia della questura, sia della polizia di frontiera praticamente sono raddoppiati. Va tenuto presente però che dal 1997 al 1999 abbiamo avuto la vicina Repubblica jugoslava in conflitto, per cui nel ’99, per esempio ci siamo trovati a svolgere globalmente circa settemila rintracci di clandestini e di questi circa 900 provenivano dalle zone di guerra, per cui c’è stata la richiesta di asilo politico, c’è stata da parte della prefettura un’elargizione del contributo previsto per i richiedenti asilo, non c’è stata naturalmente la possibilità di assistenza in loco mancando le strutture, quindi queste persone hanno ottenuto il contributo, hanno lasciato il territorio e ci sono state le convocazioni successive da parte della Commissione centrale, qualcuno si è fermato perché aveva la possibilità di avere contatti con familiari o con gruppi ed è stato convocato, la maggior parte delle richieste di asilo sono state respinte.La situazione degli ingressi illegali è poi radicalmente cambiata se si raffronta il periodo dal '97 al '99 ed il periodo successivo al '99.
Fino al '99 non era stato infatti ancora firmato l’accordo di riammissione con la Slovenia per cui la riammissione era condizionata ad una serie di clausole volte a dimostrare che effettivamente l’ingresso era venuto dalla Slovenia (possesso di documenti, biglietti di treno ecc.). Dopo la firma dell’accordo di riammissione, fin quando i clandestini sono giunti in Italia provvisti di documenti, è stato facile procedere alla riammissione ma quando, soprattutto a partire dal 2000, i clandestini sono arrivati sprovvisti di documenti di identificazione, i problemi sono aumentati. Da ultimo è entrato in vigore anche un accordo di cooperazione tra le forze di polizia che consente tra l’altro servizi congiunti di perlustrazione della fascia confinaria, con cui si ottengono risultati apprezzabili.
Sarebbe comunque auspicabile anche un aggiornamento dell’accordo di riammissione che, in un memorandum allegato, prevede la presentazione per la riammissione in Slovenia dalle ore 8 del mattino alle 16 del pomeriggio, determinandosi così il problema di dover trattenere il clandestino rintracciato dopo le ore 16 fino alle 8 del mattino del giorno successivo.
D’altra parte, la frontiera con la Slovenia oltre ad essere molto estesa, non prevede una recinzione se non quella creata all’interno della città, quindi il respingimento fisico è pressoché impossibile: di qui l’importanza di valorizzare azioni comuni di vigilanza mobile nella zona di confine. La Slovenia dovrebbe inoltre essere sensibilizzata ad intensificare la vigilanza a monte, cioè ai suoi confini esterni ed in effetti è in corso di perfezionamento, da quanto si apprende da notizie di stampa, un accordo di cooperazione di polizia tra la Slovenia e la Croazia.

Il rappresentante della polizia di frontiera, ribadisce l’importanza di affrontare la problematica in un ottica internazionale, rafforzando la cooperazione in tal senso, soprattutto con le autorità slovene. Rileva le difficoltà inerenti al post rintraccio, al momento cioè in cui è necessario poter disporre di un’adeguata struttura di accoglimento e di assistenza.

UMBERTO D'ACIERNO, Questore. Ritiene che a Gorizia sarebbe necessario poter disporre di un "centro di smistamento", un centro in cui definire chi deve essere espulso e chi può rimanere, altrimenti il personale opera in una situazione di disagio totale dinanzi ad una condizione di ingressi illegali che è divenuta insostenibile.

FEDERICO FREZZA, Sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia presso il tribunale di Trieste. Intende dire cose un po' diverse da quello che ha sentito finora, perché è chiaro che noi ci occupiamo di chi porta i clandestini non dei clandestini. E vorrebbe portare qualche dato di fatto molto sintetico. Non riesca in pochi minuti a fare un discorso organico ma vorrebbe mettere dei flash per cercare di far capire che talune cose dette oggi non lo vedono molto d’accordo. Non ha molte opinioni tra l’altro. Ha più dati che opinioni però ho sentito fare dei discorsi a suo avviso francamente inesatti, ad esempio sul fatto che il richiedente asilo non possa essere respinto, mentre normativamente non possiamo respingerlo nei paesi che lo perseguitano, quindi non si può respingere un curdo in Iran, ma si può respingerlo in un paese che gli assicura le stesse condizioni che gli assicuriamo noi. Il respingimento si fa: se uno viene dalla Slovenia, lo respingiamo in Slovenia, non ci interessa di che nazionalità sia. Il clandestino è un uomo che non ha identità, però se è sul confine gli diamo una spinta e lo mandiamo in Slovenia poi si arrangiano in Slovenia. Sul fatto che la frontiera via mare sarebbe più facile da sorvegliare c’è da fare attenzione. Passare via mare per queste zone è molto più facile che passare via mare in Puglia. Noi abbiamo un traffico via mare fortissimo, perché il traffico via mare richiede venti minuti, bisogna aver presente la geografia e uscendo da certe coste croate lo scafista ha un ventaglio di possibilità immenso, quindi 100 km di costa, semplicemente girando il timone e si arriva in Italia in 20 minuti. Per esempio oggi ha interrogato uno scafista che mi diceva: "quali motovedette," lui si infila nei centri nautici e non sono in grado di capire se lui è uno scafista che porta clandestini oppure una barca che va per conto suo, perché in estate di barche ce ne sono tante, lo abbiamo preso per 7 volte mentre entrava e l’elicottero che passava sopra non l’ha mai visto. Queste sono cose su cui occorrerebbe riflettere. Inoltre non crede che si tratti di una situazione di emergenza, perché i clandestini che passano sono gli stessi che passavano cinque anni fa, solo che allora non si vedevano e nessuno sapeva che passavano; questo dipende dal tipo di clandestino, dal tipo di etnia e dal tipo di organizzazione che lo porta. Però attenzione, i numeri sono costanti e non sparo i numeri a caso, i numeri risultano da coloro che confessano, che ci parlano di 100 clandestini a notte. E questi sono soltanto alcuni organizzatori. Ciò detto e detto anche che ci occupiamo evidentemente di indagini e non di tutte le difficoltà connesse all’accoglienza, vorrei anche dire che la collaborazione con la Slovenia in tutti questi anni è stata splendida perché gli sloveni hanno fatto una grandissima attività, ci passano continuamente tutti i numeri di telefono e noi li passiamo a loro, abbiamo una serie di indagini congiunte da anni, hanno arrestato Loncaric, che sicuramente è il capo dei capi di questa attività. Il fatto che l’abbiano arrestato tre giorni fa è un risultato enorme. E’ una indagine nata nella procura di Trieste. Noi gli abbiamo mandato i dati per iniziare un’indagine. Fatta questa breve premessa va detto ancora che il clandestino rintracciato è quello che vuole essere rintracciato: questo avviene di massima. Però i rintracci sono una goccia nel mare: ma poi siamo sicuri che servano a tanto? Dopo tre giorni il clandestino esce dal centro di Postumia perché le organizzazioni lo riprendono in carico e torna in Italia tre giorni dopo, quindi questo serve sino ad un certo punto. Però vuole illustrare quello che ha fatto la Procura di Trieste. Noi abbiamo elaborato un metodo estremamente semplice perché le cose che funzionano sono quelle semplici: noi partiamo dal fatto che il clandestino è una miniera di informazioni, è un'informazione vivente per quello che dice e per quello che ha addosso, il clandestino quindi è persona da tenere sempre in considerazione, e da sentire, noi facciamo uno sforzo enorme per sentire tutti i clandestini che vengono rintracciati, bisogna guardare l'età, quali entrano, perché il clandestino non viene mai abbandonato dall'organizzazione. Il cinese viene addirittura ripreso in carico in maniera forte, perché il cinese serve da ostaggio, per pagare il viaggio degli altri clandestini, non viene ripreso immediatamente ma è lui stesso che si ricollega all'organizzazione, quindi il clandestino del Bangladesh ad esempio che sbarca sulla costa viene trovato perché si fa trovare, perché cammina da solo per la strada, viene poi rifocillato in questura, dopo di che telefona lui al suo capo, al suo organizzatore, al suo referente e si ricongiunge all'organizzazione. In questa maniera quindi, seguendo questo clandestino e poi farò anche un paio di esempi abbastanza clamorosi, si capisce sempre quale è la parte dell'organizzazione che opera in Italia, perché il gruppo transnazionale che lo sta portando opera tanto all'estero ed è la parte più difficile da identificare, che in Italia. La parte italiana è una parte accertabile, fisicamente visibile, da una parte intercettabile, e vi dirò che se noi intercettassimo, se qualcuno intercettasse le cabine del telefono vicino alla stazione di Gorizia si saprebbero tante cose e quindi e qui arrivo alla fine del messaggio, dopo torno indietro, io credo che più che schierare tanta gente in campo occorre poca gente che faccia alcune cose. Io credo che se oggi noi andiamo a prendere i tabulati delle cabine telefoniche di Gorizia scopriamo tantissime cose, non ci vuole una gran fatica per farlo, perché i clandestini arrivano telefonano all'organizzatore e si fanno dire in quale stazione devono andare questo è quello che succede pacificamente. Noi in parte lo facciamo anche per Gorizia per Trieste, in parte non riusciamo a farlo per motivi fisici o per motivi di competenza territoriale. Quando noi abbiamo accertato questo dato, cioè che il clandestino non viene mai abbandonato, abbiamo fatto metà delle indagini, perché seguendolo e vedendo a chi si rivolge riusciamo a scoprire un sacco di cose. Evidentemente qui si parla soprattutto delle grandi etnie asiatiche, per le quali la situazione è costante, perché potrebbe esserci della gente o potrebbe non esserci, ma per la Cina la situazione è sempre uguale, ci sono un miliardo e mezzo di persone molte delle quali vogliono uscire, e quindi uscivano dieci anni fa ed escono oggi, dal Bangladesh lo stesso, in Turchia è lo stesso, c'è una pressione enorme che risente molto poco della singola emergenza europea, questi cercano di passare comunque, passano ora dalla Russia, ora dall'Italia, ora via mare, passano rivolgendosi alle grandi organizzazioni. Il clandestino asiatico evidentemente non arriva da solo arriva in Slovenia, non è portato da un gruppo, fin già dal paese d'origine ha contrattato il suo viaggio e di conseguenza è un tipo di immigrazione che bisogna fermare e che soprattutto si può servire di un ventaglio di soluzioni per entrare che è enorme, perché se non riesce a passare qui via terra oggi, passa via mare tra due giorni in Puglia, noi abbiamo scoperto che la stessa organizzazione organizza anche gli sbarchi in Puglia e con questo metodo stiamo arrivando anche a capire che perfino le carrette del mare sono un'organizzazione che oggi ha un nome e un cognome anche se in questo momento non possiamo dire più di tanto su queste cose. Allora un'indagine fatta con pochi uomini, perché in una città come Gorizia secondo lui 5 o 6 persone sono in grado di svolgere un'attività di questo genere, in questo campo intende dire che uno o due magistrati, cinque o sei poliziotti che facciano il carabiniere a tempo pieno ottengono grandi risultati, grandi risultati che sono evidentemente quello di identificare e far arrestare una serie di persone dedite a questo traffico, fermare il flusso dei clandestini è altra cosa. A Gorizia in questo momento si sta organizzando un pool del genere e crede che se ci sarà l'aiuto giusto, cioè se si riusciranno ad avere queste cinque o sei persone, si potranno fare grandi cose, perché con il lavoro sui tabulati sulle organizzazioni si riesce a fare moltissimo. E' difficile fare un discorso del tutto organico su quelli che sono tre anni di lavoro, però ci sono alcuni episodi emblematici, per esempio gli sbarchi a Grado. A Grado sessanta, settanta clandestini sono stati trovati abbandonati là, sembrava uno sbarco suicida e invece andava bene così, perché tanto loro poi dovevano ricongiungersi all'organizzazione. Noi siamo andati lì, era maggio, oggi sono stati arrestati tutti coloro che organizzavano quel viaggio e sappiamo che non solo li portavano là, non solo li venivano a riprendere ma abbiamo anche scoperto chi li portava fino alla Francia e insieme alla questura francese si sta svolgendo un'indagine su questa operazione. Vi è stato poi uno sbarco avvenuto a Vieste, uno sbarco in cui per pura fortuna, vale a dire una avaria del motore, vengono arrestati in flagrante due scafisti e quindi i clandestini cinesi in questo caso vengono presi, la procura di Foggia fa il processo per direttissima ai due scafisti, noi invece seguiamo i clandestini che da Trieste vengono portati nel centro di accoglienza di Agrigento e ad Agrigento puntualmente l'organizzazione li riprende in carico, noi vediamo che la titolare dell'unico ristorante cinese viene contattata per farli uscire, escono dal centro di raccolta, vengono messi in treno diretto a Milano, arrestiamo gli organizzatori. Questa secondo lui è l'unica attività che ha un senso, perché altrimenti si prendono questi clandestini, si tengono per un po’, non si capisce mai cosa c'è dietro, mentre se si va con molta pazienza a seguirli, ad ascoltare quello che dicono, a sentire i telefoni, si riesce a prendere un'organizzazione: ora prendendone una oggi, una domani, si spera che in qualche modo questo traffico possa diventare più difficile. In questo evidentemente la collaborazione degli Sloveni è essenziale, perché quando lo stesso gruppo viene seguito da noi e dalla Slovenia ma congiuntamente, e lo facciamo, cioè le telefonate che ascoltano loro le ascoltiamo anche noi lo stesso giorno e viceversa, allora sì che otteniamo dei grandi risultati, svolgiamo un lavoro che ha un certo valore, e si tratta di un'indagine che è facile e possibile, perché una parte notevole dell'organizzazione sta in Italia, e perché i pagamenti avvengono in Italia, non c'è nulla di diverso rispetto una qualsiasi indagine contro un traffico per esempio di droga, è chiaro che si tratta di consegne controllate, però i clandestini sono un carico molto più ingombrante e quindi è molto più difficile da gestire, per l'organizzazione nascondere dieci chili di droga è una cosa, nascondere dieci clandestini evidentemente è un'altra questione. Queste sono più o meno le cose fondamentali da dire, certo è difficile fare un discorso più organico o scendere nei dettagli, noi, oggi, stiamo seguendo non due, ma cinquanta capi del Bangladesh che vivono in Italia e che organizzano l'immigrazione dal Bangladesh, ovviamente non riusciamo a seguirli tutti in contemporanea ma abbiamo cinquanta nomi, cinquanta numeri di telefono e un pentito che ci sta dicendo come e quando passeranno i carichi. Rispetto a questo tipo di attività pensare di pattugliare alla ceca e di trovare un gruppo ora qui, un gruppo ora lì francamente è velleitario e credo serva abbastanza poco, perché la frontiera è enorme; l'affermazione quindi che sia facile da presidiare questa frontiera via terra rispetto alla frontiera via mare è una affermazione che credo di non condividere perché questa frontiera via terra è immensa e si riesce a passare, chiunque di noi può passare dieci volte senza che nessuno lo veda ma quand'anche poi si prendano i dieci clandestini si capisce molto poco, si prendono i clandestini per caso, si prende uno che li accompagna per caso e non si riesce a stroncare l'organizzazione. Se anche poi si riesce a prenderli o li si respinge sappiamo benissimo che l'organizzazione li va a riprendere e li riportano indietro il giorno dopo, quindi crede che accanto tutte le cose giuste sulla collaborazione in via amministrativa, che evidentemente va benissimo occorra fare un certo tipo di indagine, perché se noi in tre anni abbiamo emesso cinquecento misure cautelari, che per una procura sono tantissime, e se questo lavoro venisse fatto da tutte le altre procure di Italia e non solo da Gorizia, perché c'è Ancona, perché ci sono anche le procure interne, perché il traffico si può fare a Macerata si può fare a Milano, otterremmo un grosso risultato perché evidentemente smascherando i capi dell'organizzazione e non la manovalanza si riesce ad ottenere risultati migliori a quello che oggi viene dato quasi per scontato, vale a dire che ci sono sempre legami con l'organizzazione, in realtà è un dato che quattro anni fa non veniva considerato, si pensava che il clandestino arrivasse così, quasi volando a Lubiano e poi da lì prendeva poco più che un taxi ed entrava in Italia, quindi oggi si parla di organizzazioni, ma questo lo si evince perché sono state smascherate queste organizzazioni, sono molto più vaste di quanto si pensi, hanno grandissimi possibilità di gestione del clandestino, perché riescono a tenerlo dove vogliono, riescono a portarli via in modi diversi, quindi il messaggio fondamentale che vuole dare è che il clandestino è una fonte di informazione vivente e quindi va sempre tenuto presente. Da questo punto di vista quindi all'intervento amministrativo, all'intervento sanitario, al rifocillarlo, andrebbe sempre accompagnato un intervento molto selettivo, fatto da parte di pochissimi uomini per vedere che cosa il clandestino sa e che cosa il clandestino ha addosso, perché anche se non sa nulla da qualche parte va a finire; l'intervento alla ceca e il rafforzamento del confine può benissimo venir fatto, però comporta una perdita di risorse enorme rispetto a quello che sarebbe l'intervento d'indagine che viene fatto deve dire molto poco e da pochissime procure, da pochissime forze di polizia e che da' dei risultati a suo avviso migliori perché evidentemente riuscire a fare arrestare, a fare emettere misure cautelari nei confronti di quelli che sono i capi delle organizzazioni dovrebbe in teoria comportare un certo calo di questo fenomeno e ritiene che sia più importante arrestare il più grosso trafficante di esseri umani di tutto l'Est europeo che prendere cinquanta clandestini in una notte, anche perché la stessa Slovenia ha difficoltà a rimpatriare a sua volta i clandestini.

FABIO EVANGELISTI, Presidente del Comitato di controllo sull'attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen e di vigilanza sull'attività dell'Unità nazionale Europol. Chiede quale possa essere il ruolo di EUROPOL a questo riguardo. Inoltre, per quanto riguarda la nostra legge sull'immigrazione, ci sono dei punti, dei vuoti o delle mancanze che potete fornire a noi parlamentari come indicazione?

FEDERICO FREZZA, Sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia presso il tribunale di Trieste. A suo avviso dovrebbe essere prevista una norma che in qualche modo premi il pentito, nello stesso tempo c'è qualche problema con la pena, perché il reato di traffico di esseri umani con le ipotesi semplici e le ipotesi aggravate comporta di fatto una pena da quindici giorni a tre anni; il giudice medio ha difficoltà a dargli più di due mesi e quindi anche il deterrente, la punizione stessa, è molto bassa. Quindi a suo avviso il minimo della pena dovrebbe comunque essere di quattro anni, non quindici giorni, perché con quindici giorni non si prendono misure cautelari, non si ha sanzione effettiva, non c'è deterrente. Inoltre c'è un problema di competenza territoriale: queste indagini vanno centralizzate, è una follia che lui si debba fermare a dieci chilometri dalla sua procura, questo è un reato che andrebbe attribuito alla competenza della procura distrettuale perché se questo avviene per l'associazione a delinquere per spaccio di droga, non si capisce perché lo stesso non dovrebbe essere per l'associazione, che è molto più vasta e molto più articolata, per il traffico dei clandestini.

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