Schema di decreto legislativo recante la riforma della disciplina in materia di commercio

Titolo I
Principi generali

Art.1
Oggetto e finalità

1. Il presente decreto reca i principi e le norme generali sull'esercizio dell'attività commerciale.

2. I principi desumibili dalle disposizioni del presente decreto costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale con riferimento alle materie nelle quali le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano hanno competenza esclusiva.

3. La disciplina in materia di commercio persegue le seguenti finalità:

a) la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci;

b) la tutela del consumatore, con particolare riguardo, oltre che all'informazione ed al rapporto tra qualità e prezzo delle merci, alla garanzia del servizio di prossimità e all'approvvigionamento;

c) l'efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonché l'evoluzione tecnologica dell'offerta;

d) il pluralismo e l'equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive e le diverse forme di vendita, con particolare riguardo al riconoscimento e alla valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese;

e) la valorizzazione e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, montane e insulari.

Art. 2
Libertà di impresa e libera circolazione dei beni

1. L'attività commerciale si fonda sul principio della libertà di iniziativa economica privata ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione ed è esercitata nel rispetto dei principi contenuti nella legge 10 ottobre 1990, n.287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

Art. 3
Obbligo di vendita

1. Nel rispetto di quanto sancito dall'articolo 1336 del codice civile, il titolare dell'attività commerciale procede alla vendita a favore del richiedente nel rispetto dell'ordine temporale della richiesta. Sono esentati da tale obbligo gli articoli merceologici che non sono posti in vendita o che formano parte dell'installazione o della decorazione dell'esercizio.

Art. 4
Definizioni e sfera di applicazione del decreto

1. Ai fini del presente decreto si intendono:

a) per commercio all'ingrosso, l'attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci a nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti, grossisti o dettaglianti, o ad utilizzatori professionali, o ad altri utilizzatori in grande. Tale attività può assumere la forma di commercio interno, di importazione o di esportazione;

b) per commercio al dettaglio, l'attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci a nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale;

c) per superficie di vendita di un esercizio commerciale, l'area destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature e simili. Non costituisce superficie di vendita quella destinata a magazzini, depositi, locali di lavorazione, uffici e servizi;

d) per esercizi di vicinato quelli aventi superficie non superiore a 300 mq;

e) per medie strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore a 300 mq e fino a 2.000 mq;

f) per grandi strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore a 2.000 mq;

g) per centro commerciale, una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente. Ai fini del presente decreto per superficie di un centro commerciale si intende quella risultante dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti;

h) per forme speciali di vendita:

- la vendita di prodotti a favore di dipendenti da parte di enti o imprese, pubblici o privati, di militari, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati nonché la vendita nelle scuole e negli ospedali esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi;

- la vendita per mezzo di apparecchi automatici;

- la vendita al dettaglio per corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione;

- la vendita effettuata presso il domicilio dei consumatori o in altra sede diversa dalle aree pubbliche.

2. Il presente decreto non si applica:

a) ai farmacisti e ai direttori di farmacie delle quali i comuni assumono l’impianto e l'esercizio ai sensi della legge 2 aprile 1968, n. 475 e successive modificazioni e della legge 8 novembre 1991, n. 362 e successive modificazioni, qualora vendano esclusivamente prodotti farmaceutici, specialità medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici;

b) ai titolari di rivendite di generi di monopolio qualora vendano esclusivamente generi di monopolio di cui alla legge 22 dicembre 1957, n. 1293 e successive modificazioni e al relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074 e successive modificazioni;

c) alle associazioni dei produttori ortofrutticoli costituite ai sensi della legge 27 luglio 1967, n. 622 e successive modificazioni;

d) ai produttori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino attività di alienazione di prodotti agricoli nei limiti di cui all’articolo 2135 del codice civile, alla legge 25 marzo 1959, n. 125 e successive modificazioni e alla legge 9 febbraio 1963, n. 59 e successive modificazioni;

e) alle vendite di carburanti nonché degli oli minerali di cui all'articolo 1 del regolamento approvato con regio decreto 20 luglio 1934, n. 1303 e successive modificazioni. Per vendita di carburanti si intende la vendita dei prodotti per uso di autotrazione, compresi i lubrificanti, effettuata negli impianti di distribuzione automatica di cui all'articolo 16 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034 e successive modificazioni;

f) agli artigiani iscritti nell'albo di cui all'articolo 5, primo comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443, per la vendita nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all'esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio;

g) ai pescatori e ai cacciatori, singoli o associati che vendano al pubblico, al dettaglio, la cacciagione e i prodotti ittici provenienti dall’esercizio della loro attività;

h) a chi venda o esponga per la vendita le proprie opere dell’ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica od informativa, realizzate anche mediante supporto informatico;

i) alla vendita dei beni del fallimento effettuata ai sensi dell'articolo 106 delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e successive modificazioni;

l) all’attività di vendita effettuata durante il periodo di svolgimento delle fiere campionarie e delle mostre di prodotti nei confronti dei visitatori, purché riguardi le sole merci oggetto delle manifestazioni e non duri oltre il periodo di svolgimento delle manifestazioni stesse;

m) agli enti pubblici ovvero alle persone giuridiche private alle quali partecipano lo Stato o enti territoriali che vendano pubblicazioni o altro materiale informativo, anche su supporto informatico, di propria o altrui elaborazione, concernenti l'oggetto della loro attività.

3. Resta fermo quanto previsto per l’apertura delle sale cinematografiche dalla legge 4 novembre 1965, e successive modificazioni, nonché dal decreto legislativo 8 gennaio 1998, n.3.

Titolo II
Requisiti per l'esercizio dell'attività commerciale

Art. 5
Requisiti di accesso all'attività

1. Ai sensi del presente decreto l'attività commerciale può essere esercitata con riferimento ai seguenti settori merceologici: alimentare e non alimentare.

2. Non possono esercitare l'attività commerciale, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione:

a) coloro che sono stati dichiarati falliti;

b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale;

c) coloro che hanno riportato una condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui al titolo II e VII del libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, emissione di assegni a vuoto, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina;

d) coloro che hanno riportato due o più condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria, nel quinquennio precedente all'inizio dell’esercizio dell’attività, accertate con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti previsti dagli articoli 442, 444, 513, 513-bis, 515, 516 e 517 del codice penale, o per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi speciali;

e) coloro che sono sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

3. L'accertamento delle condizioni di cui al comma 2 è effettuato sulla base delle disposizioni previste dall'articolo 688 del codice di procedura penale, dell'articolo 10 della legge 4 gennaio 1968, n.15, dell'articolo 10-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575 e dell’articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n.241.

4. Il divieto di esercizio dell'attività commerciale, ai sensi del comma 2 del presente articolo, permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata o si sia in altro modo estinta, ovvero, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza.

5. Le regioni stabiliscono le modalità di organizzazione, la durata e le materie oggetto di corsi di aggiornamento finalizzati ad elevare il livello professionale o riqualificare gli operatori in attività. Possono altresì prevedere forme di incentivazione per la partecipazione ai corsi dei titolari delle piccole e medie imprese del settore commerciale.

6. L'esercizio, in qualsiasi forma, di un'attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare, anche se effettuata nei confronti di una cerchia determinata di persone, è consentita a chi è in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:

a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare, istituito o riconosciuto dalla regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;

b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, l'attività di vendita all'ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari; o avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l'attività nel settore alimentare, in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o alla amministrazione o se trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all'INPS; o essere stato iscritto nell’ultimo quinquennio al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno 1971, n.426, per uno dei gruppi merceologi individuati alle lettere a), b), c) dell'articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale 4 agosto 1988 n. 375.

7. In caso di società il possesso di uno dei requisiti di cui al comma precedente è richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta all'attività commerciale.

8. Le regioni stabiliscono le modalità di organizzazione, la durata e le materie del corso professionale di cui al comma 6, lettera a), garantendone l'effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con soggetti idonei. A tale fine saranno considerati in via prioritaria le Camere di commercio, le organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative e gli enti da queste costituiti.

9. Il corso professionale ha per oggetto materie idonee a garantire l'apprendimento delle disposizioni relative alla salute, alla sicurezza e all'informazione del consumatore. Prevede altresì materie che hanno riguardo agli aspetti relativi alla conservazione, manipolazione e trasformazione degli alimenti, sia freschi che conservati.

10. L'esercizio dell'attività di commercio all'ingrosso, ivi compreso quello relativo ai prodotti ortofrutticoli, carnei ed ittici, è subordinato al possesso dei requisiti di cui al comma 6. L'albo istituito dall'articolo 3 della legge 25 marzo 1959, n. 125, è soppresso.

Titolo III
Esercizio dell'attività di vendita al dettaglio sulle aree private in sede fissa

Art. 6
Programmazione della rete distributiva

1. Le regioni, entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto disciplinano l'insediamento delle attività commerciali, perseguendo i seguenti obiettivi:

a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che, in collegamento con le altre funzioni di servizio, assicuri la migliore produttività del sistema e la qualità dei servizi da rendere al consumatore;

b) assicurare, nel determinare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita, il rispetto del principio della libera concorrenza, favorendo l'equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive;

c) rendere compatibile l'impatto territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e l’inquinamento e valorizzare la funzione commerciale al fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i quartieri urbani degradati al fine di ricostruire un ambiente idoneo allo sviluppo del commercio;

d) salvaguardare i centri storici attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti e il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale;

e) salvaguardare la rete distributiva nelle zone di montagna, rurali ed insulari attraverso la creazione di servizi commerciali polifunzionali anche per favorire la ricostituzione del tessuto commerciale;

f) favorire gli insediamenti commerciali atti a recuperare le piccole e medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare livelli occupazionali reali e con facoltà di prevedere a tale fine forme di incentivazione;

g) assicurare, avvalendosi delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, un sistema di monitoraggio riferito all'entità e all'efficienza della rete distributiva, attraverso la costituzione di appositi osservatori, ai quali partecipano anche i rappresentanti delle associazioni del settore commerciale maggiormente rappresentative a livello regionale, coordinati da un Osservatorio Nazionale costituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

 

2. Le regioni, entro il termine di cui al comma 1, dettano le norme urbanistiche riferite al settore commerciale, prevedendo che gli strumenti urbanistici comunali individuino:

a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in particolare, le aree nelle quali possono essere consentiti gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio;

b) i limiti ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali e ambientali nonché dei vincoli relativi alla tutela dei beni culturali e dell'arredo urbano ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale;

c) i vincoli di natura urbanistica e quelli relativi alle disponibilità degli spazi pubblici o di uso pubblico ed alle quantità minime di spazi per parcheggi in relazione alle diverse strutture dì vendita;

d) le modalità relative al divieto del rilascio della concessione o autorizzazione edilizia inerenti l'immobile o il complesso di immobili in assenza dell'autorizzazione all'apertura di una media o grande struttura di vendita.

3. Entro il medesimo termine le regioni provvedono altresì alla programmazione degli insediamenti commerciali anche tenendo conto delle caratteristiche dei seguenti ambiti territoriali:

a) le grandi aree metropolitane omogenee, al fine di pervenire ad una programmazione integrata tra centro e realtà periferiche;

b) le aree sovracomunali configurabili come un unico bacino di utenza, per le quali devono essere individuati criteri di sviluppo omogenei;

c) i centri storici, al fine di salvaguardare la presenza delle attività commerciali e artigianali in grado di svolgere un servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e artistico ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali e artigianali;

d) i centri di minore consistenza demografica e socioeconomica, al fine di creare normative flessibili ed un rapporto stretto con lo sviluppo delle reti infrastrutturali, particolarmente con i collegamenti viari.

4. Le regioni, procedono alla consultazione di rappresentanti degli enti locali, delle organizzazioni di tutela dei consumatori e delle organizzazioni imprenditoriali del commercio nel procedimento per l'emanazione delle disposizioni di cui al presente articolo.

5 Ai fini del rilascio della autorizzazione all'apertura di una media o grande struttura di vendita è riconosciuta priorità alle domande che prevedono la concentrazione di preesistenti medie o grandi strutture e l'assunzione dell'impegno di reimpiego del personale dipendente, ovvero, qualora trattisi di esercizi appartenenti al settore non alimentare, alle domande di chi ha frequentato un corso di formazione professionale per il commercio o risulta in possesso di adeguata qualificazione. Il rilascio della nuova autorizzazione comporta la revoca di quelle relative alle preesistenti, prese in considerazione ai fini della predetta priorità.

6. Le regioni stabiliscono il termine, non superiore a 180 giorni, entro il quale i comuni sono tenuti ad adeguare gli strumenti urbanistici, e i regolamenti di polizia urbana ed edilizia alle disposizioni di cui al presente articolo.

7. In caso di inerzia da parte del comune, le regioni provvedono in via sostitutiva, adottando le norme necessarie, che restano in vigore fino all'emanazione delle norme comunali

Art. 7
Esercizi di vicinato

1. L'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie fino a mq 300 di un esercizio di vicinato sono soggetti a previa comunicazione al comune competente per territorio e possono essere effettuati decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.

2. Qualora l'apertura, il trasferimento o l'ampliamento richiedano trasformazioni urbanistiche o edilizie ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e successive modificazioni, per il rilascio delle prescritte autorizzazioni o concessioni si applicano le disposizioni stabilite per l'edilizia residenziale dall'articolo 8 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94.

3. Nella comunicazione di cui al comma 1 il soggetto interessato dichiara:

a) di essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5;

b) di avere rispettato i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche nonché quelle relative alle destinazioni d'uso;

c) il settore merceologico e l'ubicazione dell'esercizio di vendita;

d) l'esito della eventuale valutazione in caso di applicazione della disposizione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c).

4. Fermi restando i requisiti igienico-sanitari, negli esercizi di vicinato autorizzati alla vendita dei prodotti di cui all'articolo 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77, è consentito il consumo dei medesimi a condizione che sia escluso il servizio di somministrazione, mediante attrezzature compatibili.

Art. 8
Medie strutture di vendita

1. L'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento di superficie di una media struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio.

2. Nella domanda l'interessato dichiara:

a) di essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5;

b) il settore merceologico e la zona dove intende esercitare l'attività;

c) le eventuali comunicazioni di cui all'articolo 6, comma 5, del presente decreto.

3. Il comune, sulla base delle disposizioni regionali di cui all’articolo 6, sentite le organizzazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni imprenditoriali del commercio, adotta i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1.

4. Il comune adotta le norme procedurali per la presentazione e l’istruttoria delle domande relative alle medie strutture di vendita; il termine, comunque non superiore ai novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza dell'azione amministrativa e la partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni.

5. L'autorizzazione all'apertura di cui al comma 1 non può essere negata qualora in un nuovo esercizio si intenda concentrare l'attività di almeno due esercizi di superficie inferiore a 300 mq. operanti nello stesso comune e autorizzati ai sensi dell’articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426 alla data di pubblicazione del presente decreto, per la vendita di generi di largo e generale consumo.

Art. 9
Grandi strutture di vendita

1. L'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie di una grande struttura di vendita, sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio.

2. Nella domanda l'interessato dichiara:

a) di essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5;

b) il settore merceologico e la zona dove intende esercitare l'attività;

c) le eventuali comunicazioni di cui all'articolo 6, comma 5, del presente decreto.

3. Per deliberare l'autorizzazione alle grandi strutture di vendita il comune convoca, entro 60 giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 2, una conferenza di servizi composta da tre membri, rappresentanti rispettivamente la regione, la provincia e il comune. Le deliberazioni della conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti entro 90 giorni dalla convocazione; il rilascio dell'autorizzazione è subordinato al voto favorevole del rappresentante della regione; il voto contrario di quest'ultimo è motivato esclusivamente con il contrasto con le norme regionali di cui all'articolo 6. Alle riunioni, svolte in seduta pubblica, partecipano, senza diritto di voto, i rappresentanti dei comuni contermini, delle organizzazioni di tutela dei consumatori, e delle organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative in relazione al bacino d'utenza dell'insediamento interessato.

4. Il comune delibera le norme sul procedimento concernente le grandi strutture di vendita. Le domande, in ogni caso, si ritengono accolte qualora all’interessato non sia stato comunicato il diniego entro 120 giorni dalla data di convocazione della conferenza dei servizi di cui al comma 3. Sono fatte salve tutte le norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza all’azione amministrativa nonché la partecipazione al procedimento, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modifiche ed integrazioni.

Art.10
Disposizioni particolari

1. La regione può prevedere norme speciali per favorire lo sviluppo della rete commerciale nelle aree montane, rurali e insulari, per riqualificare la rete distributiva nei centri storici, nonché per consentire una equilibrata e graduale evoluzione delle imprese esistenti nelle aree urbane durante la fase di prima applicazione del nuovo regime amministrativo. In particolare, può prevedere:

a) per i comuni, le frazioni e le altre aree con popolazione inferiore a 3000 abitanti, la facoltà di svolgere congiuntamente in un solo esercizio, oltre all’attività commerciale, altri servizi di particolare interesse per la collettività, eventualmente, in convenzione con soggetti pubblici o privati. In tali aree le regioni possono prevedere l'esenzione di tali attività da tributi regionali e locali;

b) per centri storici, aree o edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale, l'attribuzione di maggiori poteri ai comuni relativamente alla localizzazione e alla apertura degli esercizi commerciali;

c) per le aree di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 6, comma 3, l'indicazione dei criteri in base ai quali i comuni, per un periodo non superiore a due anni, possono subordinare gli effetti della comunicazione all'apertura degli esercizi di vicinato ad una valutazione da parte della amministrazione comunale circa l'impatto del nuovo esercizio sull'apparato distributivo locale.

2. E' soggetto alla sola comunicazione al sindaco del comune competente per territorio il trasferimento della gestione o della proprietà dell'attività relativa agli esercizi di cui agli articoli 7, 8 e 9, per atto tra vivi o per causa di morte. Nel caso di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 3 dell'articolo 7.

Titolo IV
Orari di vendita

Art. 11
Orario di apertura e di chiusura

1. Gli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli operatori nel rispetto dei criteri emanati dalle regioni e delle disposizioni del presente articolo.

2. Fatto salvo quanto disposto al comma 4, gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio possono restare aperti al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue. Nel rispetto di tali limiti l'operatore può liberamente determinare l'orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio non superando comunque il limite delle tredici ore giornaliere.

3. L'operatore commerciale è tenuto a rendere noto al pubblico l'orario di effettiva apertura e chiusura del proprio esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione.

4. Gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva dell'esercizio e, nei casi stabiliti dalla regione, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale.

5. L'operatore commerciale può derogare dall'obbligo di cui al comma 4 nel mese di dicembre nonché per altre otto settimane all'anno previa comunicazione al sindaco del comune competente per territorio.

Art. 12
Comuni ad economia prevalentemente turistica e città d'arte

1. Nei comuni o nelle zone del territorio comunale ad economia prevalentemente turistica e nelle città d'arte, gli operatori commerciali determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura e possono derogare dall'obbligo di cui all'articolo 11, comma 4.

2. Al fine di assicurare all'utenza, soprattutto nei periodi di maggiore afflusso turistico, idonei livelli di servizio e di informazione, le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del commercio e del turismo e dei lavoratori dipendenti, possono stipulare accordi da sottoporre al sindaco per l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142.

3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano individuano i comuni o le zone del territorio comunale ad economia prevalentemente turistica le città d'arte nelle quali gli operatori commerciali possono esercitare la facoltà di cui al comma 1.

Art. 13
Disposizioni speciali

1. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alle seguenti tipologie di attività: le rivendite di generi di monopolio; i negozi e gli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri; gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, le stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; le rivendite di giornali; le gelaterie e gastronomie; le rosticcerie e le pasticcerie; gli esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d’arte, oggetti d’antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, nonché le stazioni di servizio autostradali, qualora le attività di vendita previste dal presente comma siano svolte in maniera esclusiva e prevalente, e le sale cinematografiche.

2. Gli esercizi del settore alimentare devono garantire il servizio di rifornimento al pubblico in caso di più festività consecutive. Il sindaco definisce le modalità per adempiere all’obbligo di cui al presente comma.

3. Le regioni possono prevedere che i comuni autorizzino, in base alle esigenze dell'utenza e alle peculiari caratteristiche del territorio, l'esercizio dell'attività di vendita in orario notturno esclusivamente per un limitato numero di esercizi di vicinato.

Titolo V
Offerta di vendita

Art. 14
Pubblicità dei prezzi

1. I prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all'ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell'esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, debbono indicare, in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l'uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo.

2. Quando siano esposti insieme articoli identici dello stesso valore è sufficiente l'uso di un unico cartello. Negli esercizi di vendita e nei reparti di tali esercizi organizzati con il sistema di vendita del libero servizio l'obbligo dell'indicazione del prezzo deve essere osservato in ogni caso per tutte le merci comunque esposte al pubblico.

3. I prodotti sui quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi già impresso in maniera chiara e con caratteri ben leggibili sono esclusi dall'applicazione del comma 2.

4. Restano salve le disposizioni vigenti circa l'obbligo dell’indicazione del prezzo di vendita al dettaglio per unità di misura.

Art.15
Vendite straordinarie

1. Per vendite straordinarie si intendono le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l’esercente dettagliante offre condizioni favorevoli di acquisto dei propri prodotti.

2. Le vendite di liquidazione sono effettuate dall’esercente dettagliante al fine di esitare in breve tempo tutte le proprie merci, a seguito di: cessazione dell'attività commerciale, cessione dell’azienda, trasferimento dell'azienda in altro locale, trasformazione o rinnovo dei locali e possono essere effettuate in qualunque momento dell'anno.

3. Le vendite di fine stagione riguardano i prodotti di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non vengono venduti entro un certo periodo di tempo.

4. Le vendite promozionali sono effettuate dall'esercente dettagliante per tutti o una parte dei prodotti merceologici per periodi di tempo limitato.

5. Nelle vendite disciplinate dal presente articolo lo sconto o il ribasso effettuato deve essere espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che deve essere comunque esposto.

6. Le regioni, sentite le organizzazioni dei consumatori e le rappresentanze regionali delle organizzazioni di categoria, disciplinano le modalità di svolgimento, la pubblicità anche ai fini di una corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata delle vendite straordinarie.

Titolo VI
Forme speciali di vendita al dettaglio

Art. 16
Spacci interni

1. La vendita di prodotti a favore di dipendenti da enti o imprese, pubblici o privati, di militari, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole e negli ospedali esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi è soggetta ad apposita comunicazione al comune competente territorio e deve essere effettuata in locali non aperti al pubblico.

2. L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1.

3. Nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 5 della persona preposta alla gestione dello spaccio e che sono state rispettate le norme in materia di idoneità dei locali.

Art.17
Apparecchi automatici

1. La vendita dei prodotti al dettaglio per mezzo di apparecchi automatici è soggetta ad apposita comunicazione al comune competente per territorio.

2 L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1.

3. Nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti di cui all'articolo 5 nonché, se l'apparecchio automatico viene installato su aree pubbliche, l'osservanza delle norme sull'occupazione del suolo pubblico.

4. La vendita mediante apparecchi automatici effettuata in apposito locale ad essa adibito in modo esclusivo, è soggetta alle medesime disposizioni concernenti l'apertura di un esercizio di vendita.

Art. 18
Vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione

1. Chi intende esercitare la vendita al dettaglio per corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione deve presentare apposita comunicazione al comune nel quale ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale.

2. E' vietato inviare prodotti al consumatore se non a seguito di specifica richiesta. E' consentito l'invio di campioni di prodotti o di omaggi, senza spese o vincoli per il consumatore.

3. Nella comunicazione di cui al comma 1 deve essere dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti di cui all'articolo 5.

4. Nei casi in cui le operazioni di vendita sono effettuate tramite televisione, l'emittente televisiva deve accertare, prima di metterle in onda, che il titolare dell'attività è in possesso dei requisiti prescritti dal presente decreto per l'esercizio della vendita al dettaglio. Durante la trasmissione debbono essere indicati il nome e la denominazione o la ragione sociale e la sede del venditore, il numero di iscrizione al registro delle imprese ed il numero della partita IVA. Agli organi di vigilanza è consentito il libero accesso al locale indicato come sede del venditore.

5. Le operazioni di vendita all'asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione sono vietate.

6. Chi effettua le vendite tramite televisione per conto terzi deve essere in possesso licenza prevista dall'articolo 155 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

7. Alle vendite dì cui al presente articolo si applicano altresì le disposizioni di cui., al decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali.

Art. 19
Vendite effettuate presso il domicilio dei consumatori

1. Chi intende vendere prodotti al dettaglio od effettuare la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio dei consumatori, deve presentare apposita comunicazione al comune nel quale ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale.

2. L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1.

3. Nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 5.

4. Il soggetto di cui al comma 1, che intende avvalersi per l'esercizio dell'attività di incaricati, ne comunica l'elenco all'autorità di pubblica sicurezza del luogo nel quale ha la residenza o la sede legale e risponde agli effetti civili dell'attività dei medesimi. Tali persone devono essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5.

5. L'impresa di cui al comma 1 rilascia un tesserino di riconoscimento alle persone incaricate, che deve ritirare non appena esse perdano i requisiti richiesti dall'articolo 5, comma 2.

6. Il tesserino di riconoscimento di cui al comma 5 deve essere numerato ed anno per anno datato, deve contenere le generalità e la fotografia dell'incaricato, l'indicazione a stampa della sede e dei prodotti oggetto dell'attività dell'impresa, nonché del nome del responsabile dell'impresa stessa, e la firma di quest'ultimo e deve essere esposto in modo visibile durante le operazioni di vendita.

7. Le disposizioni concernenti gli incaricati si applicano anche nel caso di operazioni di vendita a domicilio del consumatore effettuate dal commerciante sulle aree pubbliche in forma itinerante.

8. Il tesserino di riconoscimento di cui ai commi 5 e 6 é obbligatorio anche per l’imprenditore che effettua personalmente le operazioni disciplinate dal presente articolo.

9. Alle vendite di cui al presente articolo si applica altresì la disposizione dell'articolo 18, comma 7.

Art. 20
Propaganda a fini commerciali

1. L'esibizione o illustrazione di cataloghi e l'effettuazione di qualsiasi altra forma di propaganda commerciale presso il domicilio del consumatore o nei locali nei quali il consumatore si trova, anche temporaneamente, per motivi di lavoro, studio, cura o svago, sono sottoposte alle disposizioni sugli incaricati e sul tesserino di riconoscimento di cui all'articolo 19, commi 4, 5, 6 e 8.

Art.21
Commercio elettronico

1. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato promuove l'introduzione e l'uso del commercio elettronico con azioni volte a:

a) sostenere una crescita equilibrata del mercato elettronico;

b) tutelare gli interessi economici dei consumatori;

c) promuovere lo sviluppo di campagne di informazione ed apprendimento per operatori del settore ed operatori del servizio;

d) predisporre azioni specifiche finalizzate a migliorare la competitività globale delle imprese, con particolare riferimento alle piccole e alle medie, attraverso l'utilizzo del commercio elettronico;

e) favorire l'uso di strumenti e tecniche di gestione di qualità volte ad accrescere la fiducia del consumatore;

f) garantire la partecipazione italiana al processo di cooperazione e negoziazione europea ed internazionale per lo sviluppo del commercio elettronico.

2. Per le azioni di cui al comma 1 il Ministero dell’industria può stipulare convenzioni, accordi di programma con soggetti pubblici o privati interessati, nonché con associazioni rappresentative delle imprese e dei consumatori.

Titolo VII
Sanzioni

Art. 22
Sanzioni e revoca

1. Chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 5, 7, 8 9, 16, 17,18, e 19 del presente decreto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da L. 5.000.000 a L. 30.000.000.

2. In caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può, inoltre disporre la sospensione della attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione.

3. Chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 10, comma 2, 11, 14 e 15 del presente decreto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da L.1.000.000 a L. 6.000.000.

4. L'autorizzazione all'apertura è revocata qualora, il titolare :

a) non inizia l'attività di una media struttura di vendita entro un anno dalla data del rilascio o entro due anni se trattasi di una grande struttura di vendita, salvo proroga in caso di comprovata necessità;

b) sospende l'attività per un periodo superiore ad un anno;

c) non risulta più provvisto dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 2.

5. Il sindaco ordina la chiusura di un esercizio di vicinato qualora il titolare:

d) sospende l'attività per un periodo superiore ad un anno;

e) non risulta più provvisto dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 2.

6. Per le violazioni di cui al presente articolo l'autorità competente è il Sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da ordinanze ingiunzioni di pagamento.

Titolo VIII
Organismi associativi

Art. 23
Centri di assistenza tecnica

1. Al fine di sviluppare i processi di ammodernamento della rete distributiva possono essere istituiti centri di assistenza alle imprese costituiti, anche in forma consortile, dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative de settore a livello provinciale e da altri soggetti interessati. I centri sono autorizzati dalla regione all’esercizio delle attività previste nello statuto con modalità da definirsi con apposito provvedimento e sono finanziabili con il fondo di cui all’articolo 16, comma 1, della legge 7 agosto 1997, n. 266.

2. I centri svolgono a favore delle imprese, attività di assistenza tecnica in materia di innovazione tecnologica e organizzativa, gestione economica e finanziaria di impresa, formazione e aggiornamento imprenditoriale, accesso ai finanziamenti anche comunitari, tutela dell'ambiente, igiene e sicurezza sul lavoro e altre materie eventualmente previste dallo statuto di cui al comma 1.

3. I centri hanno inoltre la funzione di garantire e facilitare il rapporto tra amministrazioni pubbliche e imprese utenti. A tale scopo le amministrazioni possono avvalersi dei centri medesimi.

Art. 24
Interventi per i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi

1. I consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all'articolo 9, comma 9, del decreto legge 1 ottobre 1982, n. 697, convertito nella legge 29 novembre 1982, n. 887 e successive modifiche, possono costituire società finanziarie aventi per finalità lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi.

2. I requisiti delle società finanziarie, richiesti per l'esercizio delle attività di cui al presente articolo, sono i seguenti:

c) siano ispirate ai principi di mutualità, richiamati espressamente e inderogabilmente nei rispettivi statuti;

d) siano costituite da almeno 30 consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi di cui al comma 1, distribuiti sull'intero territorio nazionale e comunque in non meno di cinque regioni;

e) siano iscritte all'apposito elenco tenuto dal Ministro del tesoro, in conformità al decreto legislativo l° settembre 1993, n. 385.

3. Le organizzazioni nazionali di rappresentanza del commercio, del turismo e dei servizi, per le finalità di cui al presente articolo, possono promuovere società finanziarie che abbiano i requisiti nel medesimo previsti.

4. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato può disporre il finanziamento delle società finanziarie per le attività destinate:

f) all'incremento di fondi di garanzia interconsortili gestiti dalle società finanziarie di cui al comma 1 e destinati alla prestazione di controgaranzie a favore dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi partecipanti;

g) alla promozione di interventi necessari al miglioramento dell'efficienza ed efficacia operativa dei soggetti costituenti;

h) alla promozione di interventi destinati a favorire le fusioni tra consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi.

5. Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore delle presenti disposizioni, sono fissati i criteri e le modalità per gli interventi di cui al comma 4.

6. L'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, stabilito nel limite di 80 miliardi di lire per l’anno 1998, è posto a carico delle risorse disponibili, per gli interventi di cui alla legge 1 marzo 1986, n.64, nell’apposita sezione del Fondo di cui all’articolo 4, comma 6, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n.32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. A tal fine la somma di lire 80 miliardi è versata all’entrata dello Stato per essere riassegnata, con decreto del Ministro del tesoro, al pertinente capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato.

Titolo IX
Disposizioni transitorie e finali

Art. 25
Disciplina transitoria

1. I soggetti titolari di autorizzazione per l'esercizio dell'attività di vendita dei prodotti appartenenti alle tabelle merceologiche di cui all'allegato 5 al decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375 e all'articolo 2 del D.M. 16 settembre 1996, n. 561, hanno titolo a porre in vendita tutti i prodotti relativi il settore merceologico corrispondente, fatto salvo il rispetto dei requisiti igienico-sanitari, e ad ottenere che l'autorizzazione sia modificata d'ufficio con l’indicazione del settore medesimo a partire dalla data di pubblicazione del presente decreto, ad eccezione dei soggetti in possesso delle tabelle speciali riservate ai titolari di farmacie di cui allegato 9 del D.M. 4 agosto 1988, n.375, nonché quelle riservate ai titolari di rivendite di generi di monopolio e di impianti di distribuzione automatica dei carburanti di cui all'articolo 1 del D.M. 17 settembre 1996, n.561.

2. Le domande di iscrizione al REC e di rilascio dell'autorizzazione prevista dall'articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426, in corso di istruttoria alla data di pubblicazione del presente decreto, sono esaminate ai sensi della predetta legge n. 426 e decise con provvedimento espresso entro 90 giorni dalla suddetta data.

3. Le domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, già trasmesse alla giunta regionale per il prescritto nulla osta alla data del 16 gennaio 1998, sono esaminate e decise con provvedimento espresso entro 180 giorni dalla suddetta data.

4. Fino alla emanazione delle disposizioni di cui all'articolo 6, alle domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971 n.426, non trasmesse alla giunta regionale per il prescritto nulla osta alla data del 16 gennaio 1998, nonché alle domande di rilascio per l’apertura delle grandi strutture di vendita presentate successivamente alla medesima data, non è dato seguito.

5. Fino al termine di cui all'articolo 26, comma 1, l'apertura di un nuovo esercizio con superficie di vendita entro il limite di cui all'articolo 7 è consentita soltanto a seguito della concentrazione di almeno due esercizi autorizzati ai sensi dell’articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n.426, per la vendita di generi di largo e generale consumo, alla data del presente decreto.

6. Alla data di pubblicazione del presente decreto, i soggetti titolari di esercizi di vicinato, autorizzati ai sensi della legge 11 giugno 1971, n. 426, ed iscritti da almeno cinque anni alla gestione pensionistica presso l'INPS, che cessano l'attività e restituiscono il titolo autorizzatorio nei quindici mesi successivi all’entrata in vigore del presente decreto, possono usufruire di un indennizzo teso a favorire la loro ricollocazione professionale.

7. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio regolamento definisce criteri e modalità per l'erogazione dell'indennizzo di cui al comma 6, l’entità dello stesso e la relativa modulazione in base alla tipologia dell'attività svolta.

8. L'onere derivante dalla concessione dell'indennizzo di cui al comma 6 è stabilito nel limite di 20 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1998 e 1999 a carico delle risorse disponibili, per gli interventi di cui alla legge 1 marzo 1986, n. 64, nell'apposita sezione del Fondo di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. A tal fine, in ciascuno dei predetti anni, la somma di lire 20 miliardi è versata all'entrata dello Stato per essere riassegnata, con decreto del Ministro del tesoro, al pertinente capitolo dello stato di previsione della spesa del ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

Art. 26
Disposizioni finali

1. Ad eccezione dell'articolo 6, dei commi 1, 2, 3, 4 e 5 dell'articolo 25 e del comma 2 del presente articolo, le norme contenute nel presente decreto hanno efficacia a decorrere dal trecentosessantacinquesimo giorno dalla sua pubblicazione.

2. Le comunicazioni relative al trasferimento della proprietà o della gestione dell'attività, al trasferimento di sede e all'ampliamento della superficie di vendita entro il limite di cui all'articolo 7 possono essere trasmesse al comune competente per territorio a partire dalla data di pubblicazione del presente decreto.

3. Ai fini della comunicazione restano salve le disposizioni concernenti la vendita di determinati prodotti previste da leggi speciali.

4. Resta salvo quanto previsto in materia di esercizio dell'attività di vendita di giornali, quotidiani e periodici dalla legge 5 agosto 1981, n.416 e successive modifiche e integrazioni. Ai soggetti titolari di dette attività non si applicano le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 25 del presente decreto.

5. Sono abrogate la legge 11 giugno 1971, n. 426 e successive modificazioni ed integrazioni, ed il D.M. 4 agosto 1988, n. 375, a esclusione del comma 9, dell'articolo 56 e dell'allegato 9 e delle disposizioni concernenti il Registro Esercenti il Commercio relativamente alla attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla legge 25 agosto l991, n.287 e alla attività ricettiva di cui alla legge 17 marzo l983, n. 217; la legge 28 luglio 1971, n. 558; la legge 19 marzo 1980, n. 80 come modificata dalla legge 12 aprile 1991, n. 130; l’art. 8 del D.L. l° ottobre 1992, n. 697, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, come riformulato dall’art.1 del D.L. 26 gennaio 1987, n. 9 convertito con modificazioni dalla legge 26 gennaio 1987, n.121; l'art. 4 della legge 6 febbraio 1987, n. 15; il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 384; l'articolo 2 del D.M. 16 settembre 1996, n. 561, l'articolo 2, commi 89 e 90 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nonché ogni altra norma contraria al presente decreto o con esso incompatibile. Sono soppresse le voci n. 50, 55 e 56 della tabella c) allegata al D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300 come modificata ed integrata dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 407.

Titolo X
Commercio al dettaglio su aree pubbliche

Art. 27
Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si intendono:

a) per commercio sulle aree pubbliche, l'attività di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o sulle aree private delle quali il comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte;

b) per aree pubbliche, le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprietà privata gravate da servitù di pubblico passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico;

c) per posteggio, la parte di area pubblica o di area privata della quale il comune abbia la disponibilità che viene data in concessione all'operatore autorizzato all'esercizio dell'attività commerciale;

d) per mercato, l'area pubblica o, privata della quale il comune abbia la disponibilità composta da più posteggi, attrezzata o meno e destinata all’esercizio dell’attività per uno o più o tutti i giorni della settimana per l’offerta integrata di merci al dettaglio, la somministrazione di alimenti e bevande, l’erogazione di pubblici servizi;

e) per fiera, la manifestazione caratterizzata dall'afflusso nei giorni stabiliti sulle aree pubbliche o private delle quali il comune abbia la disponibilità di operatori autorizzati ad esercitare il commercio su aree pubbliche, in occasione dì particolari ricorrenze, eventi o festività;

f) per presenze in un mercato, il numero delle volte che l'operatore si è presentato in tale mercato e si prescinde dal fatto che vi abbia potuto o meno svolgere l'attività;

g) per presenze effettive in una fiera, il numero delle volte che l'operatore ha effettivamente esercitato in tale fiera.

Art. 28
Esercizio dell’attività

1. Il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto:

a) su posteggi dati in concessione per dieci anni;

b) su qualsiasi area purché in forma itinerante.

2. L'esercizio dell'attività di cui al comma 1 è soggetto ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche o a società di persone regolarmente costituite secondo le norme vigenti.

3. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune sede del posteggio ed abilita anche all'esercizio in forma itinerante nell'ambito del territorio regionale.

4. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. L'autorizzazione di cui al presente comma abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura o di intrattenimento o svago.

5. Nella domanda l'interessato dichiara:

a) di essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5;

b) il settore merceologico e, qualora non intenda esercitare in forma itinerante esclusiva, il posteggio del quale chiede la concessione.

6. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività sulle aree pubbliche abilita alla partecipazione alle fiere che si svolgono sia nell'ambito della regione cui appartiene il comune che l'ha rilasciata, sia nell'ambito delle altre regioni del territorio nazionale.

7. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche dei prodotti alimentari abilita anche alla somministrazione dei medesimi se il titolare risulta in possesso dei requisiti prescritti per l'una e l'altra attività. L'abilitazione alla somministrazione deve risultare da apposita annotazione sul titolo autorizzatorio.

8. L'esercizio del commercio sulle aree pubbliche dei prodotti alimentari è soggetto alle norme comunitarie e nazionali che tutelano le esigenze igienico-sanitarie. Le modalità di vendita e i requisiti delle attrezzature sono stabiliti dal Ministero della Sanità con apposita ordinanza.

9. L'esercizio del commercio disciplinato dal presente articolo nelle aree demaniali marittime è soggetto al nulla osta da parte delle competenti autorità marittime che stabiliscono modalità e condizioni per l'accesso alle aree predette.

10. Senza permesso del soggetto proprietario o gestore è vietato il commercio sulle aree pubbliche negli aeroporti, nelle stazioni e nelle autostrade.

11. I posteggi, temporaneamente non occupati dai titolari della relativa concessione in un mercato, sono assegnati giornalmente, durante il periodo di non utilizzazione da parte del titolare, ai soggetti legittimati ad esercitare il commercio sulle aree pubbliche, che vantino il più alto numero di presenze nel mercato di cui trattasi.

12. Le regioni, entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto emanano le norme relative alle modalità di esercizio del commercio di cui al presente articolo, i criteri e le procedure per il rilascio, la revoca e la sospensione nei casi di cui all'articolo 29, nonché la reintestazione dell'autorizzazione in caso di cessione dell'attività per atto tra vivi o in caso di morte e i criteri per l'assegnazione dei posteggi. Le regioni determinano altresì gli indirizzi in materia di orari ferma restando la competenza in capo al sindaco a fissare i medesimi.

13. Le regioni, al fine di assicurare la migliore produttività del servizio da rendere al consumatore ed un adeguato equilibrio con le altre forme di distribuzione, stabiliscono, altresì, sulla base delle caratteristiche economiche del territorio secondo quanto previsto dall'articolo 6, comma 3 del presente decreto, della densità della rete distributiva e della popolazione residente e fluttuante, i criteri ai quali i comuni si devono ottenere per la determinazione delle aree e del numero dei posteggi da destinare allo svolgimento dell'attività per l'istituzione, la soppressione o lo spostamento dei mercati che si svolgono quotidianamente o a cadenza diversa, nonché per l'istituzione di mercati destinati a merceologie esclusive. Stabiliscono, altresì, le caratteristiche tipologiche delle fiere nonché le modalità di partecipazione alle medesime prevedendo in ogni caso il criterio della priorità nell’assegnazione dei posteggi fondato sul più alto numero di presenze effettive.

14. Le regioni, nell'ambito del loro ordinamento, prevedono la consultazione di rappresentanti degli enti locali, delle organizzazioni di tutela dei consumatori e delle organizzazioni imprenditoriali del commercio nel procedimento per l’emanazione delle disposizioni di cui al presente articolo, nonché assicurano le modalità per la consultazione da parte dei comuni delle organizzazioni di categoria nell’espletamento degli adempimenti di cui ai successivi commi 15 e16.

15. Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione stabilisce l’ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate agli agricoltori che esercitano la vendita dei loro prodotti. Al fine di garantire il miglior servizio da rendere ai consumatori i comuni possono determinare le tipologie merceologiche dei posteggi nei mercati e nelle fiere.

16. Nella deliberazione di cui al comma 15 vengono individuate altresì le aree aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale nelle quali l'esercizio del commercio di cui al presente articolo è vietato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle aree predette. Possono essere stabiliti divieti e limitazioni all'esercizio anche per motivi di viabilità, di carattere igienico sanitario o per altri motivi di pubblico interesse. Vengono altresì deliberate le norme procedurali per la presentazione e l'istruttoria delle domande di rilascio, il termine comunque non superiore a novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza dell’azione amministrativa e la partecipazione al procedimento, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni.

17. In caso di inerzia da parte del comune, le regioni provvedono in via sostitutiva, adottando le norme necessarie, che restano in vigore fino all'emanazione delle norme comunali.

Art. 29
Sanzioni

1. Chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione o fuori dal territorio previsto dalla autorizzazione stessa nonché l'autorizzazione o il permesso di cui all'articolo 28 commi 9 e 10 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000.

2. Chiunque violi le limitazioni e i divieti stabiliti per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche dalla deliberazione del comune di cui all'articolo 28 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire.6.000.000.

3. In caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può disporre la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione.

4. L'autorizzazione è revocata:

a) nel caso in cui il titolare non inizia l'attività entro sei mesi dalla data dell'avvenuto rilascio, salvo proroga in caso di comprovata necessità;

b) nel caso di decadenza dalla concessione del posteggio per mancato utilizzo del medesimo in ciascun anno solare per periodi di tempo complessivamente superiori a quattro mesi, salvo il caso di assenza per malattia, gravidanza o servizio militare;

c) nel caso in cui il titolare non risulti più provvisto dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 2.

5. Per le violazioni di cui al presente articolo l'autorità competente è il sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da ordinanze ingiunzioni di pagamento.

Art. 30
Disposizioni transitorie e finali

1. I soggetti che esercitano il commercio sulle aree pubbliche sono sottoposti alle medesime disposizioni che riguardano gli altri commercianti al dettaglio di cui al presente decreto purché esse non contrastino con specifiche disposizioni del presente titolo.

2. Fino all'emanazione delle disposizioni attuative di cui all'articolo 28 continuano ad applicarsi le norme previgenti.

3. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dagli operatori prima dell'entrata in vigore del presente decreto e delle disposizioni attuative di cui all'articolo 28.

4. La disciplina di cui al presente titolo non si applica ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni i quali esercitino sulle aree pubbliche la vendita dei propri prodotti ai sensi della legge 9 febbraio 1963, n. 59 e successive modificazioni e integrazioni salvo che per le disposizioni relative alla concessione dei posteggi e alle soste per l'esercizio dell'attività in forma itinerante.

5. Resta salvo il divieto di vendere sulle aree pubbliche bevande alcoliche di qualsiasi gradazione diverse da quelle poste in vendita in recipienti chiusi nei limiti e con le modalità di cui all'articolo 176, comma 1, regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 e successive modifiche e integrazioni, nonché il divieto di vendere o esporre esplosivi od oggetti preziosi. E' abolito ogni precedente divieto di vendita di merci ivi incluso quello della vendita del pane nei mercati scoperti fatto salvo il rispetto dei requisiti igienico-sanitari.

6. Sono abrogate: la legge 28 marzo 1991, n. 112 come, modificata dalla legge 15 novembre 1995, n. 480 e dalla legge 25 marzo 1997, n. 77; l’articolo 3 della legge 5 gennaio 1996, n. 25; il D.M. 4 giugno 1993 n. 248 come modificato dal D.M. 15 maggio 1996, n. 350. E' soppressa la voce 62 della tabella c) allegata al D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300, come modificata ed integrata dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 407.

Titolo XI
Inadempienza delle regioni

Art. 31
Intervento sostitutivo

1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera c) della legge 15 marzo 1997, n.59, qualora le regioni non esercitino le funzioni amministrative ad esse conferite dal presente decreto nei tempi dal medesimo previsti, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato richiede l'adempimento ponendo un termine non inferiore a sessanta giorni. Qualora la regione inadempiente non provveda nel termine assegnato, provvede il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la regione inadempiente previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.