Commissione parlamentare per l'infanzia

Celebrazione della giornata italiana dell'infanzia e dell'adolescenza
presso la Sala della Lupa della Camera dei deputati
20 novembre 1999

MESSAGGIO DEL CAPO DELLO STATO

Sono spiacente di non poter partecipare alla giornata per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza che verrà celebrata in Parlamento nella decima ricorrenza della firma della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York, alla presenza dei Presidenti del Senato e della Camera, dei rappresentanti del Governo e delle Istituzioni.

Esprimo vivo apprezzamento per questa significativa iniziativa che per la prima volta celebra la Giornata italiana per l'infanzia auspicata dalla Convenzione.

Questo evento rappresenta un'occasione importante per sottolineare quanto di positivo è stato fatto ma anche e soprattutto per rilanciare con forza i contenuti del nostro impegno in questo settore.

Non devono esserci confini o barriere dinanzi ai drammatici problemi di fame, di salute, di sfruttamento dei bambini.

La sfida epocale posta dal nuovo millennio si compie nel segno dei diritti fondamentali dell'uomo e della democrazia: affermare i diritti dell'infanzia significa affermare i diritti della persona umana.

Dobbiamo essere tutti consapevoli che l'impegno per la libertà e la pace è lotta per il progresso civile, culturale ed economico in tutto il mondo, soprattutto nelle società più povere dove la pratica dello sfruttamento dei minori è consuetudine di vita.

L'obiettivo prossimo è quindi il consolidamento della tutela e della protezione nel mondo dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

Il nostro Paese ha raccolto le indicazioni della Convenzione di New York sui diritti dei minori attraverso l'istituzione di una Commissione bicamerale di coordinamento delle attività istituzionali e con l'impegno del Governo ad operare attivamente in questa direzione.

La Convenzione vincola la responsabilità delle nazioni che vi hanno aderito e sviluppa la cooperazione e la solidarietà tra i paesi della Comunità internazionale in questo campo.

L'Italia e i paesi dell'Unione europea sono impegnati a garantire una efficace tutela ai diritti dei minori e a rendere praticabili le condizioni di vita adeguate allo sviluppo fisico, emotivo, educativo e morale dei bambini.

Sono certo che il lavoro della Commissione da Lei presieduta saprà proseguire nella realizzazione di questo essenziale compito che dà piena attuazione ai principi costituzionali di uguaglianza e di giustizia sociale, valori fondanti della nostra democrazia.

Accolga, gentile Presidente, un augurio di buon lavoro. A tutti giunga l'incoraggiamento a continuare nell'impegno a sviluppare la riflessione sul ruolo che le Istituzioni e la società civile debbono svolgere nel cammino di progresso dell'umanità.

 

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della Camera dei deputati.

Signore e signori buongiorno e benvenuti. Ringrazio innanzitutto il Presidente del Senato per essere qui con noi, il Ministro Turco, la Presidente della Commissione, il dott. Moro, tutti quanti voi. In occasione di questa giornata forse avrete già visto che i mezzi di informazione hanno giustamente messo in luce tutto quello che non va nel rapporto tra i bambini e il mondo degli adulti. Sono emerse queste grandi quattro categorie: i bambini operai, i bambini oggetto sessuale, i bambini soldato, i bambini discriminati perché poveri o perché non in grado di difendersi dalle violenze del mondo degli adulti. In questo ultimo quadro rientra quel capitolo tra i più gravi che è quello delle condanne a morte dei bambini che anche paesi molto civili praticano tuttora.

In molti casi però alcune di quelle categorie appartengono più al nostro mondo dei paesi ricchi che al mondo dei paesi poveri. Pensiamo ai bambini oggetto sessuale o ai bambini che diventano bambini operai. Nel primo caso, com'è noto, chi sfrutta sessualmente questi bambini sono, per la maggior parte dei casi, persone abbienti, del mondo ricco, del nostro mondo. Così come nell'altro caso dei bambini costretti al lavoro, sono molto spesso sfruttati da imprese della nostra parte del mondo. Ecco, in un'epoca che sembra aver fatto proprio l'interventismo umanitario, forse una riflessione su come si può intervenire, non in modo bellico naturalmente, ma come si può intervenire nei confronti dei paesi o nei confronti delle imprese o nei confronti di quel mondo che sfrutta in questo modo i bambini, credo che debba essere oggetto di riflessione. Si può adoperare il boicottaggio, come per esempio quello attuato da alcune organizzazioni private nei confronti di aziende che erano accusate di sfruttare il lavoro dei bambini, aziende che poi hanno recepito il messaggio, com'è noto. Potrebbero altresì attuarsi forme di boicottaggio contro quei paesi che consentono il turismo sessuale all'interno dei propri confini; servono quindi grandi campagne di convinzione. Ci sono una serie di mezzi che si possono adoperare, nel senso che molto spesso si guarda a questi problemi come i problemi di altri, lontani da noi e molto spesso questi problemi nascono invece dentro i nostri confini. Detto questo però io credo che sia giusto anche riflettere su quello che il nostro Paese ha fatto perché su questo versante in genere si riflette sempre sugli aspetti negativi, cosa molto giusta, però bisogna anche sottolineare quello che si fa. Io voglio riferire soltanto due aspetti: è la stessa Commissione che ha organizzato questa giornata, la Commissione sull'infanzia presieduta dalla Presidente Cavanna Scirea che intendo qui ringraziare per l'impegno che assicura con la sua Commissione e con tutti i componenti della sua Commissione in questo lavoro. Il Senato, lo dirà il Presidente Mancino, dispone di un suo organismo ad hoc per queste questioni. Nella nuova legge finanziaria sono stanziati 170 miliardi per gli asili nido, 84 miliardi e mezzo per la partecipazione dei giovani, circa 460 miliardi per la tutela della maternità, per l'integrazione di alunni con handicap sensoriali, nelle scuole sono previsti interventi per circa 70 miliardi. Aggiungo due aspetti molto importanti: il riconoscimento del diritto all'istruzione e alla salute per i bambini immigrati extracomunitari, sia pure regolari. Credo sia un fatto di grande civiltà, di cui beneficiano nella scuola circa 51 mila bambini. Penso anche all'assegno ai nuclei familiari con tre figli minori poveri, ad altre iniziative di questo genere; l'avvio tanto atteso di una politica per la famiglia non può che agevolare i bambini poveri. Ma non voglio portar via il mestiere alla ministra Turco che poi si soffermerà su questo. Intendo solo dire una cosa e finisco: guardiamo anche alle cose che siamo capaci di fare. Perché se guardiamo alle cose che siamo capaci di fare forse riusciamo anche a fare le altre. C'è un'abitudine, come dire, un po' autofustigante, a guardare solo gli aspetti negativi, gli aspetti grigi o neri che pure ci sono, però non riusciremo a risolvere gli aspetti che non vanno se non facciamo emergere le cose che riusciamo a fare.

 

Nicola MANCINO, Presidente del Senato della Repubblica.

La celebrazione della Giornata dell’infanzia e dell’Adolescenza è certamente un momento utile per ripercorrere le tappe di un cammino che ha portato finalmente a considerare il minore come un cittadino titolare di diritti. Essa, però, è anche - e soprattutto - un’importante occasione per approfondire le questioni ancora aperte e prepararsi alle nuove sfide.

Ometto di commentare le tappe più importanti, a partire da quella d’inizio secolo, quando a L’Aja per la prima volta l’attenzione fu rivolta al di là del mondo degli adulti; a quella del 1919 con la prima regolamentazione dell’accesso dei ragazzi al lavoro nelle industrie; a quella del 1924 con la Dichiarazione dei diritti del fanciullo redatta dalla società delle Nazioni.

Con la solenne Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 risalta ancora la mancanza di una più puntuale considerazione della condizione dei minori.

Il vero e proprio salto di qualità è stato segnato dalla Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, emanata dall’ONU il 20 novembre 1989: dalla semplice enunciazione di principi morali dichiarati, si è passati alla convenzione, strumento giuridicamente vincolante nei confronti degli "Stati-Parti", definito come "incontro di volontà fra più soggetti su questioni di interesse comune".

L’obbligo di intervenire positivamente sul piano legislativo e operativo, l’adeguamento degli strumenti legislativi, l’accettazione del sistema di controllo internazionale, previsto attraverso il Comitato sui diritti del bambino, sono stati e sono non solo dei punti fermi per l’azione degli Stati, ma il risultato di un lungo e difficile cammino.

Rispetto ai documenti precedenti, oltre che la natura giuridica, anche il contenuto della Convenzione è apparso subito di grande rilievo. Accanto ai diritti di identità, e ai diritti alla protezione e alla difesa da ogni tipo di abuso o sfruttamento, discriminazione o violenza, sono stati sanciti i diritti indispensabili alla crescita, in un contesto di grande attenzione alle libertà fondamentali.

Si può dire che nel costante riferimento al "superiore interesse del bambino" siano stati presi in considerazione, a misura di bambino, i diritti dell’uomo: una significativa equiparazione, per niente scontata fino ad allora, circa diritti civili e politici, diritti economici, sociali e culturali, oltre ai diritti relativi alle situazioni anomale o di emergenza che possono colpire e segnare soprattutto - e anche in modo assai grave - l’età evolutiva.

Con la ratifica e la esecutività della Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia anche in Italia si è passati sempre di più da una azione fondata sulla semplice proibizione di comportamenti negativi ad un impegno in positivo di mobilitazione e di sostegno.

A livello internazionale, la politica svolta dal nostro Paese, dopo una fase iniziale, in cui non sono mancati anche rilievi critici, negli ultimi anni ha riscosso apprezzamenti da parte del Comitato ONU.

Tuttavia, insieme ai traguardi finora raggiunti, sono ancora presenti nella qualità della vita infantile del nostro Paese numerosi problemi che richiedono, per la loro soluzione, una attenzione sempre maggiore ed iniziative sempre più mirate. Permangono sacche di povertà segnate da carenza di assistenza medica, da condizioni igieniche precarie, talora da servizi scolastici scadenti, spesso addirittura da mancanza di servizi per le famiglie con bambini. Sono ancora numerosi gli abbandoni scolastici; si registrano inoltre numerose forme di disagio, specialmente adolescenziale, che determinano sempre più frequenti cadute nella devianza e nella tossicodipendenza, o favoriscono addirittura adesioni e collegamenti con la criminalità organizzata.

Si ripetono purtroppo gli atti di violenza anche sessuale nei confronti dei minori, gli abusi e i maltrattamenti, mentre esiste anche se sotterranea, una preoccupante diffusione dello sfruttamento del lavoro minorile, specialmente di bambini immigrati.

Non trascuriamo i fenomeni conseguenti ai mutamenti economico - sociali: le nuove povertà, soprattutto negli ambienti urbani investiti da ondate di migrazione interna; le difficoltà dei rapporti di vicinato nei nuovi insediamenti urbani; un ambiente urbanistico che spesso non tiene conto delle esigenze dei bambini; le necessità di lavoro di entrambi i genitori che spesso creano situazioni diffuse di solitudine infantile.

Particolarmente inquietante è la casistica dei molti bambini "invisibili", cioè dei minori utilizzati per commettere reati da organizzazioni criminali prive di scrupoli, talvolta addirittura con il consenso delle famiglie; dei minori stranieri oggetto di forme di sfruttamento, dal lavoro nero alla prostituzione minorile alle attività illecite connesse con lo spaccio della droga, fino alla pedofilia e pornografia; dei minori nomadi, spesso utilizzati per il furto o l’accattonaggio.

Una specificità tutta nostra è quella relativa ai figli dei pentiti causati dallo sradicamento dell’ambiente e dal disorientamento affettivo ed amicale; ai bambini che vivono in carcere con le madri recidive nei loro reati; ai minori stranieri, vittime incolpevoli delle condizioni economiche della famiglia di origine.

Benché siano da ritenersi superate alcune critiche rivolte in passato all’Italia dal Comitato dell’ONU per il controllo della piena attuazione della Convenzione nel nostro Paese, restano, però, in piedi alcune carenze legislative e amministrative; il coordinamento non ancora del tutto soddisfacente fra i diversi organismi coinvolti, a livello nazionale, regionale e comunale; la necessità di un rafforzamento della Conferenza Stato-Regioni; una sempre più adeguata preparazione professionale degli operatori sociali; una più convinta e diretta partecipazione dei cittadini nell’affrontare le tematiche relative ai bambini.

Sul piano più generale, costituisce un motivo di profonda preoccupazione il crescente squilibrio a livello economico e sociale tra il nord e il sud del Paese. In molte aree del Mezzogiorno la disoccupazione è su percentuali a due cifre e in alcune Regioni si raggiungono punte oscillanti fra un quarto ed un terzo della popolazione.

Realtà di questo tipo costituiscono non solo motivo di disaffezione politica e istituzionale, ma rappresentano anche il terreno di coltura ideale per i fenomeni di disagio sociale; così le problematiche giovanili finiscono per essere di più difficile soluzione.

Nell’approfondire le questioni al centro di questa giornata, non si può prescindere dalle realizzazioni e dalle prospettive legislative per la piena attuazione della Convenzione del 1989.

Innanzitutto l’iniziativa istituzionale.

Per la prima volta, nel nostro Paese, è stata elaborata una strategia complessiva con il Piano d’azione per l’infanzia e l’adolescenza approntato dal Governo italiano tramite il Ministero per la Solidarietà Sociale. Al Ministro Livia Turco - che nei giorni scorsi, riscuotendo molti consensi, ha avanzato anche la proposta del difensore civico dei bambini - va dato atto che, con quel piano, si è realizzato un salto di qualità nelle politiche per l’infanzia e l’adolescenza anche attraverso il coinvolgimento diretto di Amministrazioni ed Enti locali ed un ruolo più significativo delle famiglie, delle associazioni, del privato sociale, del volontariato, della scuola.

Sul piano istituzionale è stata varata quest’anno la Commissione bicamerale per l’infanzia, presieduta dall’onorevole Mariella Scirea, con compiti di indirizzo e controllo sulla attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai minori, cui rinnovo fervidi auguri di buon lavoro.

Da circa due anni, presieduta dalla senatrice Carla Mazzuca Poggiolini, opera in Senato la Commissione Speciale per l’infanzia, equiparata alle Commissioni permanenti, impegnata nello sforzo di far corrispondere la legislazione nazionale agli impegni sottoscritti dall’Italia nelle Convenzioni internazionali.

Il Parlamento ha approvato la legge di ratifica della Convenzione de L’Aja a tutela dei minori in stato di adottabilità e ha istituito un’Autorità centrale che regolamenta e controlla lo svolgimento delle procedure dell’adozione internazionale.

Tra le Convenzioni all’esame del Parlamento, di particolare importanza è la Convenzione europea di Strasburgo sul diritto del minore ad avere voce nell’ambito dei procedimenti giudiziari che lo riguardano, all’esame del Senato per la sua ratifica.

Altre Convenzioni internazionali già ratificate necessitano invece di puntuali norme di attuazione in sede amministrativa, come quelle de L’Aja e di Lussemburgo relative alla sottrazione dei minori in campo internazionale, per una miglior tutela delle decisioni relative all’affidamento dei minori nell’ambito di procedure di separazione o divorzio tra genitori di nazionalità e culture diverse, fenomeno in forte aumento in Italia.

In Senato, si concluderà a giorni in Aula la discussione della Relazione su TV e minori, con l’approvazione di un documento, che auspico unitario, così da costituire un forte atto istituzionale e politico di indirizzo parlamentare sul terreno della tutela dei minori dalla violenza delle immagini. Inoltre, è in discussione un provvedimento specifico, relativo alla promozione di cartoni animati di qualità per la televisione, italiani ed europei.

Ricordo, poi, l’approvazione, in tempi rapidi, anche grazie all’impegno della Commissione Speciale Infanzia del Senato, della legge contro lo sfruttamento sessuale dei minori, mentre ora ci si sta concentrando, tra Aula e Commissioni, sulla riforma della legge sull’affidamento e l’adozione nazionale, sulla delicata questione del diritto dell’adottato alla ricerca dei propri genitori biologici, sull’istituzione dello psicologo scolastico, sul varo della legge sui congedi parentali.

L’attenzione istituzionale ai temi e ai problemi dell’infanzia e dell’adolescenza, perciò, non manca. In questo campo, però, la delicatezza e la complessità delle questioni e dei soggetti richiede che anche altri facciano la loro parte: non più soltanto la famiglia, la scuola, la Chiesa, ma anche la televisione, la strada, il gruppo dei pari, l’associazionismo.

Questa nuova cultura dell’infanzia e dell’adolescenza stenta a farsi strada nel mondo adulto, dove permangono pregiudizi e contraddizioni che occorre rimuovere.

La grande sfida partita nel 1989 con la Convenzione sui diritti del fanciullo costringe tutti, pur nelle differenze di ruoli e competenze, a ripensare in termini nuovi ai compiti educativi della società.

La ricomposizione degli interventi da modulare sull’intera gamma di rapporti inerenti la vita umana, una legislazione propositiva, coerente con gli "orizzonti europei" e ricca di elementi innovativi; la scelta di interventi mirati e flessibili; il superamento della settorialità; il coordinamento di sforzi e competenze; una efficace sperimentazione e verifica delle esperienze; l’effettiva partecipazione di quanti a vario titolo operano in organismi o servizi a contatto con la fascia minorile: questi sono alcuni dei capisaldi su cui basare l’azione coordinata dei pubblici poteri e dei soggetti privati.

In questo modo la vita del minore, la sua crescita affettiva, psicologica e culturale, saranno efficacemente e utilmente coordinate con il processo della sua formazione di persona e di cittadino.

La giornata di oggi diventa molto interessante attraverso le relazioni della Presidente Scirea, nella qualità di Presidente della Commissione bicamerale, del Ministro Turco e del Presidente Moro. Io credo di aver offerto soltanto degli spunti di provocazione anche se mi sono dilungato su alcuni passaggi della legislazione introdotta all'interno del nostro Paese.

 

Mariella CAVANNA SCIREA, Presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia.

Credo di interpretare i sentimenti di tutti i presenti nel rivolgere un sincero ringraziamento al Presidente della Repubblica per le sue parole di grande significato ed impegno politico e morale. Desidero da parte mia assicurare che la Commissione continuerà il suo lavoro con rinnovato impegno conservando e rafforzando lo spirito di unità e di collaborazione che ha fin qui animato tutte le componenti politiche di maggioranza e di opposizione, consentendo di votare risoluzioni all'unanimità e di procedere sempre con piena concordia di intenti. Di ciò voglio dare pubblicamente atto in questo solenne momento.

Desidero ringraziare in primo luogo i Presidenti delle Camere che hanno consentito e sostenuto questa iniziativa rendendola poi oggi più significativa con la loro presenza e con le loro parole.

Ringraziamento egualmente sentito a tutte le autorità presenti ed a quanti sono in questa sala in rappresentanza di organismi del volontariato e della società civile.

Il tema dell'infanzia, della tutela di questo momento così delicato e ricco dello sviluppo della persona umana, è in questi anni di fine millennio più che mai all'ordine del giorno nella politica di ogni paese, sia esso ricco e sviluppato ovvero povero e arretrato. Questa presa di coscienza è stata alla base della Convenzione di New York firmata il 20 novembre del 1989.

In realtà la questione della tutela dell'infanzia si è affermata, sia pure, con enormi difficoltà e lentezze, come una questione di civiltà e di democrazia, cioè uno dei temi su cui si può realmente misurare la dimensione del progresso civile di un popolo.

Il ritrovarci oggi qui, in questa solenne sala a celebrare la giornata del 20 novembre deve acquistare il significato non solo e non tanto di una generica testimonianza, ma la dichiarazione di un impegno morale e politico, che deve essere pieno per assumere quegli obiettivi che la Convenzione di New York di dieci anni fa ha indicato e che il nostro paese intende onorare con il concorso possibilmente univoco del Parlamento e del Governo.

La celebrazione di questa data e la necessità quindi di richiamare su di essa l'attenzione della comunità nazionale è stata voluta come tutti voi sapete, da una legge dello Stato. La stessa legge che ha istituito anche la commissione parlamentare per l'infanzia, commissione che ho l'onore di presiedere, e l'Osservatorio nazionale per l'infanzia, un organismo ausiliario del Governo. Una decisione così eccezionale per quello che è il carattere della norma legislativa, che in genere fissa date e celebrazioni solo quando sono già maturate nella coscienza e nella storia di un paese, può avere a mio avviso un significato ulteriore e più profondo.

Questa norma infatti serve anche a fissare una scadenza, una soglia temporale, che di continuo si rinnova, per imporre a tutti una verifica a quel che si è realmente nel frattempo realizzato, quali passi avanti si sono compiuti, quanti obiettivi si sono raggiunti.

In effetti uno dei grandi problemi del nostro tempo, presenti un po' dovunque ma in misura forse maggiore nel nostro paese, è lo scarto tra le dichiarazioni di principio e la realtà, tra le norme ed i fatti.

Troppo spesso una legislazione, pur avanzata e intrinsecamente buona, rimane sulla carta, inattuata, generando così disorientamento e sfiducia nei cittadini per quanto era nelle loro attese e nelle loro speranze. Disorientamento e sfiducia che crescono quando poi non si riesce a comprendere di chi sia la responsabilità delle cose non fatte.

Io mi auguro che ciò in questo caso non avvenga. Questo mio auspicio trova sostanza negli atti e nelle decisioni del Governo e del Parlamento. Il primo si è infatti dotato di un Osservatorio Nazionale che non solo è uno strumento prezioso per conoscere ed operare ma, in sinergia con il Centro Nazionale di Documentazione e di analisi, con tanto prestigio e competenza diretta dal Prof. Moro, costituisce efficace struttura per l’azione del Ministero degli Affari sociali.

Il Parlamento, dal suo canto, ha voluto istituire una specifica Commissione Bicamerale che sia di sollecitazione e stimolo del Governo, ne sostenga e orienti, anche con atti di indirizzo, l’azione. Una voce unitaria sintesi di entrambi i rami del Parlamento si è così unita al prezioso lavoro legislativo che resta affidato alle competenti commissioni permanenti di Camera e Senato.

A questo compito, parlo anche a nome di tutti i miei colleghi, ci siamo dedicati in questi primi mesi di attività della Commissione avviando una indagine conoscitiva sull’attuazione della convenzione di New York ed individuando una serie di temi.

Intorno a questi temi, per una più concreta analisi ed elaborazione, abbiamo costituito specifici gruppi di lavoro, che voglio qui ricordare.

Il gruppo di lavoro Affido, Affidamento e Adozioni coordinato dall’on. Anna Serafini, il gruppo di lavoro Immigrazione e scomparsa Minori, coordinato dal senatore Giuseppe Maggiore, il gruppo di lavoro Lavoro Minorile e Sfruttamento dei Minori, coordinato dall’on. Elisa Pozza Tasca, il gruppo di lavoro Mass Media Dichiarazioni Giudiziali e Minori, coordinato dal sen. Athos De Luca, il gruppo di lavoro Servizi Sociali e Infanzia coordinato dal sen. Antonino Monteleone e il gruppo di lavoro Libertà del Fanciullo e Giustizia Minorile, coordinato dall’on. Dino Scantamburlo.

La società moderna ha certamente cancellato e sostanzialmente ridotto antiche piaghe che in primo luogo colpivano l’infanzia: penso alla mortalità infantile, alla denutrizione, alle malattie.

Ma questi progressi non sono omogenei, non si sono realizzati ovunque in tutti i Paesi. Dobbiamo purtroppo citare alcuni dati:

Secondo le stime dell’OIL (Organizzazione Mondiale del Lavoro) abbiamo almeno 250 milioni di bambini lavoratori nel mondo, stime UNICEF ci dicono che almeno 130 milioni di bambini in età di scuola elementare nei Paesi in via di sviluppo non dispongono dell’istruzione di base, almeno 300 mila bambini soldato sono attualmente impegnati in conflitti nel mondo. E ancora, da dati UNICEF sappiamo che 12 milioni di bambini muoiono per varie cause ogni anno e che circa 170 milioni di bambini soffrono di malnutrizione e di questi circa il 50% muoiono a causa di queste.

Un compito dunque di solidarietà, di soccorso ai più deboli che non può essere trascurato dagli Stati, dai cittadini delle nazioni più fortunate che debbono agire innanzitutto con una politica di pace e di giustizia economica internazionale, che favorisca il sostegno allo sviluppo e la cooperazione tra i popoli.

Ma se vecchi mali sembrano destinati a scomparire o comunque sono sotto controllo, anche nei paesi con maggior benessere economico, esistono grandi minacce, anche di carattere nuovo, contro l’infanzia, contro i diritti dei fanciulli.

Per questo non possiamo e non dobbiamo chiudere gli occhi su fenomeni quali il coinvolgimento dei minori in organizzazioni criminali, le forme varie di sfruttamento, dal lavoro minorile allo sfruttamento sessuale, alla pedofilia, che oggi viaggia anche attraverso internet e che nello stravolgere i ruoli del fanciullo e dell’adulto crea una devastazione psicologica ed un deserto morale che colpiscono la persona umana nel delicato momento della propria crescita individuale.

Se questi sono fenomeni, in qualche misura estremi, ampio è il territorio da capire, da sondare, da conoscere ancor di più e meglio del disagio giovanile.

Termine riassuntivo questo per alludere ad un fenomeno diffuso che colpisce centri e periferie del nostro paese, che non può liquidarsi con prediche o con facili analisi sociologiche. Un fenomeno che ci riguarda tutti, che è nelle nostre famiglie, che ci pone interrogativi non tanto sul futuro – in quale società vivranno i nostri figli – ma sul passato e sul presente: quale società abbiamo costruito, quale società stiamo noi oggi costruendo, con la nostra responsabilità di adulti, di donne ed uomini che sono e debbono essere non solo padroni della propria vita ma responsabili delle loro scelte, delle loro opere, della loro capacità di educare, di costruire, di conservare ed al tempo stesso innovare valori e principi di libertà ed al tempo stesso di moralità.

Su questo punto ritengo di insistere: in effetti il vero problema, moderno, di questo nostro mondo contemporaneo è quello di far coesistere la libertà di ciascuno, che deve interamente dispiegarsi, con delle regole di comportamento che debbono non solo consentire la coesistenza tra individui ma anche conservare e sviluppare la stessa personalità umana. In altre parole il problema di una libertà che non neghi se stessa. Una libertà che non finisca all’alba in una pasticca di ecstasy o in un cartoccio di lamiere insanguinate.

L’impegno che ci attende è dunque delicato e non di breve periodo. Per quanto ci riguarda confermo l’intendimento della Commissione di operare con continuità, raccogliendo tutte le istanze e segnalazioni che ci perverranno, sostenendo l’azione di tutti i poteri pubblici che in questo settore hanno compiti e responsabilità, controllando l’efficacia e l’operatività della legislazione vigente indicando nuove soluzioni legislative che l’esperienza suggerisca opportuna.

Vorrei chiudere questo intervento citando l’articolo 3 della Convenzione di New York, che ci indica con estrema chiarezza la strada da seguire: "In tutte le questioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private, di assistenza sociale, di tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente".

 

Livia TURCO, Ministro per la solidarietà sociale.

Grazie signor Presidente. E' motivo di conforto per i nostri bambini e per la società tutta poter celebrare il decennale della Convenzione Internazionale per l'Infanzia all'insegna di fatti concreti.

Se guardiamo ai provvedimenti promossi in questi anni dal Governo, alle leggi promosse dal Parlamento, agli interventi degli Enti locali, all'iniziativa ed alla sensibilità inedita dei sindacati e del volontariato possiamo dire senza retorica che i bambini e le bambine sono entrati nell'agenda politica del nostro Paese.

Se questo sta avvenendo non è per illuminazione dei politici e degli amministratori, ma è merito, anzitutto, del cambiamento culturale promosso e alimentato dall'azione quotidiana, tante volte oscura, profusa in tanti anni da parte dei molti operatori, medici, giudici minorili, anziani, insegnanti, volontari. Ed è merito dell'impegno di tanti genitori e di tante famiglie.

La proposta pedagogica della Convenzione ONU sull'infanzia - che invita a rispettare l'età dell'infanzia come autonoma e peculiare stagione della vita; ad amare e rispettare i bambini guardandoli e ascoltandoli come persone che hanno da dire e da dare tanto, e non solo, come cuccioli che hanno bisogno di infinito amore, di infinite tenerezze e di tanto tempo - si sta incontrando con il sentire e le culture di un numero sempre maggiore di donne e di uomini. La diffusione di questa proposta sta rompendo la concezione appropriativa del bambino, quel "bambino-risorsa" pensato a misura dell'adulto, che ha segnato una lunga fase della storia dell'umanità e di cui restano ancora tracce pesanti.

"IN TESTA AI MIEI PENSIERI", "IO, CITTADINO, OGGI", con questo slogan il Governo - in particolare il Dipartimento degli Affari Sociali - ha inteso esprimere l'intenso lavoro di questi anni, svolto anche grazie al Centro di documentazione e analisi di Firenze e all'Osservatorio dell'infanzia che vivamente ringrazio. Ci ha mossi una consapevolezza, vorrei dire una scelta strategica: un Paese che non investe sull'infanzia, che non dedica attenzione ai più piccoli, è un paese che non ha futuro e che disprezza le sue più preziose risorse.

Un'economia che non si misurasse con l'infanzia, con i problemi della formazione, della prevenzione del disagio, del sostegno ai genitori, sarebbe infatti un'economia di sperpero, che prepara il peggio per le generazioni che verranno.

Un Governo che non sapesse mettere i bambini "in testa ai suoi pensieri" sarebbe un Governo di piccolo cabotaggio, miope, incapace di preparare il paese alle sfide del Nuovo Millennio.

Occuparsi di minori significa riformare il welfare, rendere più umane le città, praticare una dimensione della democrazia non disegnata solo sugli interessi economici e sul voto di scambio.

Infatti, proprio a partire dai bambini abbiamo cominciato a costruire il nuovo welfare. Un welfare che combatte le povertà, aiuta le famiglie, riconosce i bambini e gli anziani in un vincolo di reciprocità e di solidarietà. Un welfare locale e comunitario.

Emblematico di questo nuovo welfare è quella piccola grande legge, detta 285 del 97 recante "Disposizioni per la promozione di diritti ed opportunità per l'infanzia e l'adolescenza" che ha innescato un meccanismo di coinvolgimento, partecipazione e passione, di tanti operatori, amministratori, volontari, proprio a partire dai quartieri in cui è nata la legge stessa: i quartieri poveri e difficili di Palermo, di Napoli, di Taranto e di altre città.

A tuttora 2950 progetti, cioè servizi e opportunità concrete, si stanno attivando su tutto il territorio nazionale con gli 860 miliardi degli anni '97-'98-'99.

Si è innescato un meccanismo positivo di costruzione di una progettualità nuova, attivato attraverso il lavoro a rete, le sinergie, gli accordi di programma, gli investimenti sulla formazione della professionalità degli operatori.

Diritti dei bambini significa anzitutto risorse.

E' molto importante che siano fortemente aumentate le risorse stanziate per i bambini.

Famiglia, istruzione, lotta allo sfruttamento minorile, attenzione alla salute, integrazione dei bambini stranieri, cooperazione con i bambini di altri paesi del mondo (Kosovo ed Albania), iniziative internazionali per affermare i diritti umani ed i diritti dei bambini, prevenzione dell'abuso, interventi nelle città: sono questi gli interventi che abbiamo attivato in questi anni.

Leggi 285, 451, 269, Adozioni internazionali, Immigrazione. Ma anche campagne di sensibilizzazione ed informazioni sempre sorrette dalla concretezza dell'azione. A questo proposito mi è gradito ricordare la mostra con i disegni dei ragazzi, esposta nelle sale della Camera dei Deputati.

E cito ancora: lotta alla povertà minorile in Italia e nel mondo; contrasto delle forme di abuso e violenza; lotta al degrado urbano e costruzione di nuovi modi di essere città; completamento delle politiche per la famiglia, per la scuola, per i servizi della prima infanzia. Ed inoltre rafforzamento degli strumenti di tutela a partire dalla riforma del diritto minorile.

Oltre alle leggi citate, che intendiamo applicare al meglio, desidero ricordare quelle che sono ancora all'attenzione del Parlamento e per le quali auspichiamo una rapida approvazione: la legge sui congedi parentali, sugli asili nido e la legge quadro di riforma dell'assistenza.

E' necessario volgere l'impegno anche verso azioni concrete che cambino, anche nelle piccole cose, la vita dei bambini. Penso al diritto al gioco, ai regolamenti dei condomini, ai cortili. Penso alla necessità di dotare i nostri straordinari musei di percorsi per i bambini. Di adattare gli autogrill, i supermercati, le stazioni, gli aeroporti alle esigenze dei bambini.

Entro Natale, l'Osservatorio Nazionale dell'Infanzia, dopo un lavoro intenso concluderà il 2° Piano d'Azione che verrà trasmesso per il suo esame alla Commissione parlamentare per l'infanzia.

I bambini ci pongono le sfide più impegnative. Restituire ai bimbi il gioco; fare in modo che più nessun bambino chieda l'elemosina ai nostri semafori: sono due facce della stessa medaglia. Sono i due volti quotidiani della nostra modernità. Una modernità che ci suggerisce che a fine millennio la questione essenziale è sempre la stessa: la dignità ed il valore delle relazioni umane.

Guardando al nuovo millennio, è questo ciò che dobbiamo recuperare: la dignità umana, la cura delle relazioni, la capacità di costruire la "comunità".

Ricordiamoci che il diritto primo dei nostri figli è di essere amati, rispettati, curati; è di poter vivere in ambienti veramente umani; è di non essere soli.

Se ci pensiamo, amore, comunità, tempo, stanno diventando risorse insufficienti nella nostra vita quotidiana.

Concludo con una riflessione: mentre l'esperienza di diventare padre e madre di un bambino proprio, appartiene all'ordine delle possibilità e delle scelte, l'esperienza della nascita e della relazione genitoriale è patrimonio di ogni singola persona e della comunità nel suo insieme.

Mettiamo a disposizione il sentimento dell'essere o dell'essere stati figli, per sentirci padri e madri di tutti i nostri bambini, per condividere la responsabilità, la cura e l'ascolto dei più piccoli da parte di tutti gli adulti.

I nostri figli saranno meno soli e noi adulti avremo recuperato un senso più profondo e più caloroso della nostra vita.

 

Alfredo Carlo MORO, Presidente del Centro nazionale di analisi e documentazione sull'infanzia e l'adolescenza di Firenze.

Anche prima dell'approvazione della Convenzione dell'ONU dell'89 l’ordinamento giuridico, ed il costume, avevano incominciato a prestare una certa attenzione ai diritti di personalità del soggetto in formazione; a riconoscere che non era solo un figlio di famiglia in proprietà dei genitori ma una autonoma persona le cui giuste aspettative e attitudini dovevano essere riconosciute e rispettate; a considerarlo non più come una "cosa " che deve essere plasmata dall’adulto ma come un essere umano avente una sua autonoma personalità, sia pure ancora incompiuta, da potenziare e valorizzare; a guardare al minore, e alla sua debolezza, non come a un potenziale pericolo per la società, e perciò da isolare e controllare a vista, ma come ad una autentica ricchezza da sviluppare.

La Convenzione Onu di New York - bisogna riconoscerlo - ha fortemente sviluppato una nuova e più pregnante attenzione ai bisogni del soggetto in formazione, non solo perché ha espressamente evidenziato accanto ai diritti individuali anche quelli sociali del minore, predisponendo strumenti di controllo perché i diritti possano essere concretamente goduti, ma anche perché ha previsto interventi positivi di promozione a tutela di ogni bambino, con problemi o non. E’ una pedagogia dello sviluppo umano che viene proposta dalla Convenzione e pertanto essa si rivolge, e impegna, non solo il politico o il legislatore o il giurista ma ogni persona che comunque ha relazioni con chi, attraverso un difficile itinerario maturativo, ha bisogno - per non perdersi - di un forte aiuto e sostegno.

A dieci anni dalla entrata in vigore della Convenzione dell’Onu è possibile, e doveroso, fare un primo bilancio: sia sul piano delle strategie istituzionali (legislative e amministrative) per rendere effettivi i diritti riconosciuti, sia sul piano dello spontaneo accoglimento dei principi della convenzione nel rapporto quotidiano tra mondo adulto e mondo dell’infanzia. Di questo secondo aspetto vorrei brevemente occuparmi, perché del primo altri - ben più autorevoli di me - hanno già riferito.

E’ innegabile che notevoli passi avanti sono stati compiuti in questi ultimi anni: più diffusa è la comprensione dei bisogni fondamentali che devono essere appagati; maggiore lo spazio riconosciutogli e la possibilità di una sua effettiva partecipazione alla vita familiare e sociale; più rilevante il rispetto della sua identità che non può essere conculcata; più ampia la solidarietà verso il bambino in difficoltà (basti pensare alla diffusione dell’affidamento familiare).

Ma non possiamo ignorare che, nei rapporti tra mondo degli adulti e mondo dei bambini, sono anche presenti non irrilevanti ambiguità che possono gravemente inquinare le relazioni interpersonali indispensabili per una armonica crescita e così misconoscere di fatto quei diritti ridotti a mere declamazioni.

a) Una prima osservazione. Il bambino che viene oggi ossessivamente preso in considerazione dall’opinione pubblica è sempre e solo quello sessualmente abusato, sadicamente maltrattato, drammaticamente abbandonato. Il bambino comune - con le sue ordinarie e spesso traumatiche difficoltà di crescita, con la sua sostanziale solitudine - è sostanzialmente assente ed il messaggio che viene quotidianamente veicolato è che il bambino o è gravemente maltrattato da un mondo crudele o è, se ciò non avviene, sempre un bambino felice e senza problemi. E’ certo positivo che nel mondo di oggi, al contrario di altre epoche storiche, la bruta violenza fisica sull’infanzia sia universalmente deprecata e che, superando ancestrali rimozioni, si incominci a riconoscere che la decantata tenerezza verso l’infanzia spesso nasconde l’aggressività dell’adulto verso chi disturba, ed è percepito come rivale, ovvero uno oscuro senso di proprietà che si estrinseca nella profonda convinzione di poter fare del figlio ciò che si vuole. Temo però che la attuale enfatizzazione delle violenze fisiche e sessuali sui minori finisca con il nascondere e giustificare una rimozione collettiva del ben più corposo fenomeno delle molte violenze psicologiche che egualmente, e talvolta ancor più pesantemente, distruggono i nostri figli; delle troppe onnipotenze adulte che quotidianamente vengono esercitate e rischiano di bloccare o pregiudicare gravemente il processo di maturazione; di tutte quelle trascuratezze che isteriliscono l’itinerario costruttivo di una personalità. Vi è il concreto pericolo che si rinunci oggi ad alzare la mano sui ragazzi ma che vengano egualmente posti in essere comportamenti che possono danneggiarne irreversibilmente il processo di sviluppo: chi ha esperienze di adolescenti conosce bene molti casi di bambini non fisicamente abusati ma egualmente terrorizzati, bloccati, regrediti, devastati. Non ci si può solo preoccupare del pianto lacerante di un bambino percosso ed ignorare nel contempo tanto pianto silenzioso di esseri distrutti che non hanno più lacrime per esternare la propria intensissima sofferenza e il proprio intenso disagio.

Vi è poi il rischio che per difendere i ragazzi da una società che si descrive tutta come pericolosa e ostile verso l’infanzia si accentui una iperprotezione che finisce con il danneggiarne l’equilibrato sviluppo e l’armonica crescita: se la società è solo una società cattiva, malata, nemica si rischia di sottrarre la società ai bambini e i bambini alla società, con la conseguenza che la società si imbarbarisce sempre di più e chi si affaccia alla vita finisce col costruirsi una personalità timida ed insicura - e perciò alla perenne ricerca di sostegno e protezione e quindi di dipendenza - ovvero aggressiva per attrezzarsi ad una autotutela: l’accentuazione della aggressività gratuita di tanti giovani non può avere in ciò la sua radice ?

b) Una seconda osservazione. Nei confronti dei bambini si contrappongono spesso due diverse concezioni che tendono a radicalizzarsi, drasticamente contrapponendosi anziché integrandosi: da una parte vi sono coloro che, per rispettare il minore, puntano tutto sulla sua piena autodeterminazione; dall’altra coloro che accentuano la sua necessità di protezione a cagione della sua incompiutezza umana.

Nasce così il rischio che, per considerare il minore come persona già compiuta e assicurargli libertà, lo si esponga ad ogni forma di manipolazione e di sfruttamento ovvero che un accentuato protezionismo si risolva in una nuova forma di paternalismo che non dice più ai bambini "state zitti, so io cosa va bene per voi" ma che - ottenendo lo stesso risultato - dice " parlate bambini, io sono la vostra voce".

In realtà il mondo degli adulti è chiamato a comporre l’apparente antinomia "autonomia- dipendenza". Nel processo formativo del ragazzo è sempre necessario un adeguato dosaggio, opportunamente bilanciato, tra libertà e limitazione, tra autodeterminazione e vigilanza e sostegno. Il soggetto in età evolutiva è sempre tra Scilla e Cariddi: tra una dipendenza che rischia di farsi così forte ed incidente da impedire il suo superamento (e che perciò si risolve in una passivizzazione) ed un’autonomia che, priva di punti di riferimento, rischia di consegnare il ragazzo ad altre dipendenze e di condannarlo ad un solipsismo negatorio dell’autentico sé che si esprime solo nella relazione. Si può naufragare - nel processo di costruzione di una compiuta personalità - tanto per carenza di autonomia quanto per carenza di dipendenza. Sul primo versante c’è il rischio dell’infantilismo, dell’autosvalutazione, del gregarismo; sul secondo versante il rischio dell’onnipotenza ovvero, di contro, il rischio dell’impotenza e della conseguente frustrazione.

c) Una terza osservazione. La società e la famiglia tendono sempre più a far scomparire l'infanzia come momento autonomo ed essenziale nel processo di crescita, come un cammino che deve essere scandito da tappe successive per immettere con gradualità, e quindi serenità, il ragazzo nell’età adulta. Invece il ragazzo di oggi subisce un processo di rapidissima adultizzazione, senza avere tempo e modo di metabolizzare le esperienze e di costruirsi a poco a poco. Non solo per un malinteso rispetto della libertà del ragazzo lo si abbandona precocemente, ma si tende anche a svelare al ragazzo tutta la realtà della vita, anche con le sue brutture, perché solo così chi si affaccia alla vita avrà una conoscenza del reale, perché tacere sarebbe ipocrisia, perché è necessario preparare il ragazzo ed attrezzarlo per tempo ad affrontare un mondo che è anche giungla. Ma se si riceve il pesante fardello della conoscenza prima di avere la capacità di sostenerlo ne deriva assai spesso solo confusione, paura, senso di impotenza, esigenza di fuggire, bisogno di reagire sviluppando una propria aggressività. Tra i diritti dei bambini oggi maggiormente violati vi è certamente il diritto ad essere compiutamente e serenamente bambino.

d) Una quarta osservazione. La nuova attenzione verso il bambino che si è venuta opportunamente sviluppando nel nostro secolo rischia di assumere connotati non positivi se l’attenzione al bambino come persona bisognosa di aiuto per svilupparsi in umanità viene sostituita da una attenzione al bambino come mera risorsa per l’adulto. Non possiamo non rilevare, con grande preoccupazione, che il bambino va divenendo sempre più spesso:

• una mera risorsa per genitori che accampano diritti su di lui e che attendono da lui solo gratificazioni personali, talvolta utopiche, o una monetizzazione delle sue qualità e abilità;

• una rilevante risorsa per la pubblicità sia come consumatore da conquistare - anche imponendogli comportamenti e acquisizioni di cose del tutto superflue - sia come strumento privilegiato di propaganda di prodotti, anche se si veicolano così immagini deformate del bambino, delle sue esigenze e dei suoi problemi;

• una risorsa per il mercato del lavoro perché la sua utilizzazione nel "lavoro nero" assicura a bassissimo costo prestazioni non irrilevanti sul piano economico;

• una risorsa per la criminalità organizzata, e in genere per la criminalità adulta, che sempre più utilizza un soggetto penalmente irresponsabile - e che si contenta di ridotti profitti - in attività delinquenziali;

• una risorsa per gli appetiti sessuali degli adulti cosicché va sviluppandosi, non solo nei paesi del terzo mondo ma anche nei paesi Europei, la prostituzione minorile e la pedofilia;

• una rilevante risorsa per i mezzi di comunicazione di massa che hanno scoperto che i casi di bambini disgraziati o devianti suscitano morbose curiosità nel grosso pubblico e quindi aumenti nelle tirature o nell’audience e che il ridurre il bambino a controfigura deformata dell’adulto - utilizzandolo, ridotto a scimmia ammaestrata, per una clonazione di non esaltanti personaggi adulti - suscita ilarità e interesse nel grosso pubblico;

• una risorsa terapeutica per gli stessi servizi che non infrequentemente utilizzano il bambino come risorsa nei confronti di adulti in difficoltà (il malato mentale, il tossicodipendente, la giovanissima ragazza madre) senza rendersi conto che il tempo che si concede all’adulto, e che dovrebbe servire al suo recupero, talvolta oltretutto illusorio, può provocare nel bambino danni irreversibili.

Ma se si perde il senso del bambino come "valore" - e la verticale caduta non solo in Italia del tasso di natalità potrebbe esserne un’inquietante spia - sarà inevitabile non solo il suo sfruttamento ma anche la sua sostanziale emarginazione dalla vita sociale. E ancora una volta i diritti declamati saranno stati sostanzialmente vilipesi.

Perché l’itinerario formativo si possa compiere in modo adeguato è indispensabile che il ragazzo sia - come dice la Convenzione dell’ONU – "preparato a vivere una vita individuale nella società …… e allevato nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite e in particolare nello spirito di pace, dignità, tolleranza, libertà, eguaglianza, e solidarietà". Non basta pertanto che al ragazzo siano fornite le informazioni necessarie per conoscere la vita o che ad esso sia assicurata una istruzione e cioè una serie di conoscenze tecniche e culturali: per aiutare la costruzione di personalità capaci di essere soggetti di storia individuale e collettiva è necessario che qualcuno si ponga accanto al ragazzo proponendogli, non imponendogli, interpretazioni di una realtà che spesso gli appare assai confusa e prospettandogli valori su cui costruire il proprio impegno nella vita e nella storia.

Sembra invece che la funzione educativa degli adulti vada oggi sempre più illanguidendosi, quasi che educazione sia sinonimo di manipolazione: costituisce una miscela esplosiva per tanti giovani la sussistenza, oggi, di forti condizionamenti sociali e di proposte educative assai deboli, di grandi opportunità riconosciute e di scarse valutazioni della loro congruità per la propria autentica crescita in umanità. Eppure mai come oggi, per sopravvivere e non naufragare nella vita, è indispensabile costruirsi una personalità non facilmente condizionabile, non ripiegata narcisisticamente su se stessa, non predisposta per insicurezza al continuo cambiamento, non bisognosa di continua verifica attraverso l’approvazione di altri, non dominata dal bisogno del possesso per ritenersi valida, non tentata continuamente dalla fuga.

E’ indispensabile che si aiuti il ragazzo a riconoscere che la vita si radica non solo sulla rivendicazione dei diritti ma anche sull’esercizio dei doveri di solidarietà: non si aiuta il ragazzo a liberarsi dai suoi condizionamenti e dalle sue onnipotenze se si sottace che la vita di relazione implica anche limitazioni alla assoluta libertà per una più compiuta crescita globale. Non si cresce in umanità concedendo tutto e non richiedendo alcunché; sollecitando la richiesta di avere e trascurando l’esigenza di dare; potenziando la tendenza a fare ciò che voglio più che ciò che devo per il mio e l’altrui bene.

Porsi accanto al ragazzo per aiutarlo nella difficile costruzione della propria autentica identità esige nell’adulto la capacità di porsi in ascolto del ragazzo, per capirne bisogni e potenzialità e decifrarne le reali richieste: un ascolto di ciò che il ragazzo tende ad esprimere con atteggiamenti e comportamenti più che con la verbalizzazione dei suoi problemi, con i suoi silenzi più che con le sue parole. Ed implica inoltre che l’adulto sia capace di superare stereotipi e pregiudizi e di non restare sempre identico a se stesso ma di saper crescere insieme al ragazzo: gli adulti di oggi sono veramente capaci di ciò? Sanno essere autenticamente adulti, imperfetti, ma adulti ?

Per crescere il ragazzo ha assoluto bisogno di una relazione verticale che porti non solo alla possibilità e appetibilità della identificazione con la figura di adulto ma anche alla possibilità di conflitti e di momenti di allontanamento e di tensione. Con fantasmi di padri non si cresce; senza chiari punti di riferimento si annega; senza una compressione delle infantili onnipotenze non ci si struttura. Il difficile compito dell’educatore è quello di saper essere nel contempo prescrittivo ma non intrusivo; autorevole ma non autoritario; capace di sapere accettare l’allontanamento facendosi però percepire come sempre pronto ad accogliere e sollecitare il ritorno.

Dobbiamo tornare a riconoscere che sono ancora attuali e vitali alcune metodologie educative e che il ragazzo di oggi ha bisogno di essere aiutato

- a saper volere e cioè a saper passare da motivazioni al comportamento orientate esclusivamente da influssi estrinseci a orientamenti radicati su motivazioni intrinseche per essere padrone delle proprie azioni e per saper gestire la propria libertà. Il che significa stimolare l’impegno anche nelle piccole cose, abituare a superare l’emotività del momento e i deliri di onnipotenza, saper accettare le piccole sconfitte nella vita, saper perseverare senza cedere alla tendenza tutta attuale del "prendi, usa e butta";

- a saper ascoltare passando dal monologo al dialogo, dalla chiusura egocentrica alla apertura socializzante: il che significa abituarlo a rispettare la "parola", superando la tendenza al mero chiacchiericcio a cui ci ha abituato la civiltà, si fa per dire, televisiva; stimolarlo a porsi in ascolto non solo degli altri ma anche di sé, lasciando per ciò lo spazio necessario e facendo in modo che il ragazzo non abbia paura di restare con se stesso e non senta il bisogno di intontirsi nel rumore continuo;

- a saper sviluppare un adeguato spirito critico, e cioè la capacità di riflettere e di vagliare le varie proposte prima di accettarle, di saper controllare il proprio pensiero sottoponendolo a verifica, di saper mutare parere senza sentirsi per questo sconfitto ma piuttosto arricchito, di sapersi liberare dai pregiudizi sociali, dalle banalizzazioni dei problemi, dagli inveterati stereotipi.

Alcuni decenni fa un sociologo aveva pronosticato che il nostro sarebbe stato il secolo dell’infanzia: ma qualche anno dopo un altro sociologo ha affermato mestamente che questo va divenendo il secolo degli adulti che - al di là di tanta retorica imperante - finiscono con l’utilizzare e sfruttare l’infanzia e misconoscerne bisogni e diritti: la Convenzione ONU stimola tutti ad una nuova tensione ideale per invertire la tendenza e per assicurare a chi si affaccia alla vita, e spesso la trova tanto agra, condizioni che facilitino il suo compiuto sviluppo umano.

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