Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

RELAZIONE ILLUSTRATIVA DELLO SCHEMA DI DECRETO DELEGATO PER LA RIFORMA DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE PER LE VIOLAZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE, IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO E RISCOSSIONE DEI TRIBUTI

Il presente decreto costituisce parziale attuazione della delega legislativa conferita con l’art. 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 per la parte concernente l’adeguamento delle previsioni sanzionatorie ai princìpi che hanno trovato espressione nel decreto legislativo che detta le regole generali in materia di sanzioni tributarie per la violazione di norme tributarie.

Si è inteso realizzare, per quanto riguarda le imposte dirette e l’imposta sul valore aggiunto, un sistema coordinato tendente ad avvicinare, se non ad unificare, la disciplina dei due tributi fino ad oggi diversamente organizzata, soprattutto in quanto la legislazione sanzionatoria IVA faceva perno, oltre che sui fatti nei quali si concreta l’evasione del tributo, anche, ed in maniera largamente prevalente, su comportamenti prodromici, minuziosamente disciplinati e colpiti analiticamente in relazione ai singoli fatti imponibili. Questa particolare tecnica dava istituzionalmente luogo all’applicazione di un cumulo di sanzioni assai spesso sproporzionate nel loro complesso all’oggettiva consistenza delle violazioni e, in qualche misura, finiva per compromettere la stessa efficienza dell’azione amministrativa di controllo ed accertamento, in quanto induceva gli uffici a porre attenzione piuttosto alla trasgressione di singoli obblighi formali che non alla realizzazione dell’evasione.

Per rendere evidente tale situazione, che comporta conseguenze non di rado paradossali, si pensi ad un’evasione di entità non molto rilevante realizzata da imprenditore commerciale che, vendendo al pubblico merci di modesto valore unitario, è tenuto all’emissione di scontrini fiscali (esercizio di un bar, per esempio). Un’evasione IVA realizzata occultando corrispettivi per lire venti milioni mediante omissione di scontrini fiscali per un valore medio di quattromila lire ciascuno e quindi di cinquemila scontrini comporta, per la sola omissione degli scontrini, una sanzione minima di lire due miliardi rispetto ad un comportamento suscettibile di realizzare un’evasione di imposta di lire 3.800.000, a sua volta poi sanzionato, rispetto alla ipotesi di dichiarazione infedele, con ulteriore sanzione pari, nel minimo, all’imposta evasa. L’esempio proposto è, in qualche modo, estremo, viste le attuali pesantissime sanzioni in materia di scontrini fiscali, ma la sproporzione tra repressione dei comportamenti prodromici e repressione dei comportamenti evasivi permane evidente in ogni altro caso. Si pensi alla mancata emissione e registrazione di fatture ove, alla sanzione compresa tra due e quattro volte l’imposta comminata per le violazioni formali, corrisponde la sanzione da una a due volte l’imposta per l’infedele dichiarazione. Avremo quindi sanzione minima pari a lire 7.600.000 per l’omessa fatturazione accompagnata da una sanzione, sempre minima, di lire 3.800.000 per la dichiarazione infedele.

Si è quindi ritenuto di abbandonare questa logica, avvicinando il sistema previsto dalla legislazione IVA a quello proprio delle II.DD, seguendo anche una tendenza complessiva alla mitigazione delle sanzioni in conformità ai criteri desumibili dalle legislazioni dei Paesi dell’Unione europea ed in particolare della Germania, della Francia e della Spagna; legislazioni tutte centrate sulla repressione dell’evasione e sull’adozione di misure sanzionatorie assai più lievi, nel loro complesso, di quelle contemplate dalla nostra legislazione. La riduzione delle sanzioni ha trovato tuttavia un limite nelle previsioni che, attraverso il loro abbattimento, tendono ad incoraggiare il ravvedimento degli autori delle violazioni e la rapida definizione delle controversie.

Seguendo l’impostazione propria della bozza di decreto delegato sui princìpi, si è quindi perseguito l’obiettivo di realizzare un sistema severo ma concretamente applicabile e non, come accade oggi, un sistema composto di sanzioni che, se veramente riscosse oltre che formalmente irrogate, comporterebbero l’espulsione dal mercato del soggetto produttivo resosi colpevole di violazioni fiscali anche di non grandissima rilevanza.

La scelta così compiuta ha portato con sé l’adozione di una tecnica di redazione del decreto sulla base della formulazione di previsioni nuove, in parte comuni alle imposte dirette e all’IVA, ed ha condotto, quindi, a rinunciare ad intervenire con modificazioni delle previsioni già esistenti nel d.P.R. n. 600 del 1973 e nel d.P.R. n. 633 del 1972. La stessa tecnica è stata utilizzata nel dettare le disposizioni sanzionatorie in materia di riscossione in quanto le norme contenute in larga prevalenza nel d.P.R. n. 602 del 1973 erano state dettate originariamente per le sole imposte dirette, mentre, attualmente, le previsioni sanzionatorie riguardano la virtuale totalità dei tributi, tutti oramai riscuotibili a mezzo ruolo a mente del d.P.R. n. 43 del 1988.

In particolare, si sono previste violazioni relative alla presentazione delle dichiarazioni del contribuente e del sostituto d’imposta in materia di imposte dirette, al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni medesime e, per quanto concerne l’IVA, previsioni sanzionatorie inerenti alla violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione e individuazione delle operazioni e violazioni relative alla dichiarazione e all’esportazione collegate fra loro secondo un criterio che pone al centro dell’attenzione l’evasione del tributo, configurando un sistema sul quale ci si soffermerà nel prosieguo della relazione. Si è ritenuto, poi, di poter unificare in alcune disposizioni comuni le violazioni concernenti gli obblighi contabili e larga parte delle violazioni tendenti ad ostacolare o impedire il controllo e l’accertamento dell’imposta.

E’ opportuno, per meglio chiarire l’impostazione del nuovo sistema, fare riferimento al nuovo rapporto che si instaura in materia di IVA. fra violazioni prodromiche all’evasione e violazioni nelle quali l’evasione medesima si concreta.

La sanzione per l’omissione del documento e per la sua registrazione, commisurata all’imponibile occultato, è prevista in misura variabile tra il 10 e il 15 per cento, una sanzione, quindi, mediamente di poco inferiore all’imposta. Essa è poi compresa tra il 5 ed il 10% dei corrispettivi non documentati e non registrati in caso di operazioni non imponibili o esenti (questo tipo di infrazione è comunque insidioso in quanto ostacola l’accertamento ai fini delle imposte dirette) ed è prevista nella più grave misura del 15% dei corrispettivi in caso di irregolare o mancata emissione di scontrini e ricevute fiscali, indipendentemente dal fatto che essi si riferiscano ad operazioni imponibili o non, tenendo così conto della maggior pericolosità di tali comportamenti. A queste infrazioni prodromiche, si contrappongono le sanzioni per omessa dichiarazione e per infedele dichiarazione, considerevolmente più gravi. Se si pone mente alla fattispecie in precedenza ipotizzata (evasione di imposta per lire 3.800.000 realizzata mediante mancata emissione di cinquemila scontrini fiscali dell’importo medio di lire 4.000) avremmo la previsione di una sanzione pari al 15% della materia imponibile occultata, e quindi una sanzione di lire 3.000.000 per la mancata emissione degli scontrini, che costituisce il comportamento prodromico all’evasione. Avuto presente l’operare delle nuove regole sulla continuazione, sono quindi possibili tre alternative. Si può ipotizzare che all’omissione degli scontrini segua l’omessa registrazione dei corrispettivi e la redazione di una dichiarazione infedele e, in questo caso, la sanzione applicabile sarà quella, appunto, riferibile all’infedele dichiarazione, aumentata secondo la regola della continuazione. Si avrà quindi una sanzione sicuramente superiore all’ammontare del tributo evaso (lire 3.800.000) e suscettibile di raggiungere il quadruplo di tale somma. Nell’ipotesi in cui alle violazioni prodromiche non si accompagni invece l’infedele dichiarazione, occorre aver presente una distinzione fondamentale. Se il contribuente rinuncia ad evadere l’imposta e quindi redige spontaneamente una dichiarazione fedele, le sanzioni proprie alle violazioni prodromiche si riducono in misura notevolissima per l’operare dell’art. 13 del decreto legislativo sui princìpi, con conseguente assai rilevante incentivo alla regolarizzazione. Se, invece, la progressione da comportamento prodromico ad evasione viene interrotta dall’attività amministrativa di accertamento, rimangono applicabili le sanzioni che, come si è visto, risultano di entità pressoché eguale all’imposta.

**************

Venendo all’esame del decreto, l’art. 1 disciplina le violazioni concernenti la dichiarazione dei redditi introducendo qualche semplificazione rispetto al tenore dell’art. 46 d.P.R. n. 600 del 1973. In particolare, è stata eliminata la nozione di incompletezza, da ricondurre alla nozione di infedeltà, e mitigata la sanzione proporzionale per l’omissione della dichiarazione (dal centoventi al duecentoquaranta per cento anziché da due a quattro volte l’imposta). Nello stesso articolo é stata poi inserita la disciplina delle indebite detrazioni d’imposta e deduzioni dall’imponibile dettata dall’art. 49 del d.P.R. n. 600.

L’art. 2 contempla la dichiarazione del sostituto d’imposta innovando la disciplina previgente in quanto attribuisce rilevanza alla dichiarazione e al versamento delle ritenute, laddove l’art. 47 del d.P.R. n. 600 faceva esclusivo riferimento alla dichiarazione dei compensi, interessi ed altre somme senza tener conto del versamento delle ritenute. Nel caso di omissione della dichiarazione, la sanzione viene parametrata alle ritenute non versate giacché esse sono anche necessariamente non dichiarate. Nei casi, invece, di dichiarazione infedele, si fa riferimento ai compensi, interessi ed altre somme non dichiarati e la sanzione viene commisurata alle relative ritenute non versate. In caso di versamento integrale delle ritenute relative a compensi, interessi ed altre somme non dichiarati (e ciò sia nel caso di omissione della dichiarazione sia di dichiarazione infedele) la sanzione parametrata alle ritenute viene sostituita con una sanzione compresa tra lire cinquecentomila e lire quattro milioni. In tutte le ipotesi, alla sanzione volta a volta applicabile si aggiunge una sanzione ulteriore riferita alla omessa indicazione di ciascuno dei percepienti che avrebbero dovuto esser individuati nella dichiarazione.

L’art. 3 riguarda l’omessa denuncia delle variazioni dei redditi fondiari, già contemplata dall’ art. 50 d.P.R. n. 600 del 1973, mentre l’art. 4 equipara l’ipotesi di dichiarazione incompleta, non più autonomamente disciplinata, a quella di dichiarazione infedele in modo che alle dichiarazioni incomplete poste in essere prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina si applichi il più favorevole regime proprio alle dichiarazioni infedeli.

L’art. 5 attiene alle violazioni riguardanti la dichiarazione IVA. Si è contemplata per l’omissione, la sanzione dal centoventi al duecentoquaranta per cento del tributo in luogo della pena pecuniaria da due a quattro volte in precedenza prevista, lasciando invece inalterata l’entità della sanzione per infedele dichiarazione. Nello stesso articolo si definisce la nozione di imposta dovuta, non determinata nella corrispondente disposizione espressa nel d.P.R. n. 633 del 1972.

L’art. 6 detta la disciplina relativa agli obblighi di registrazione, documentazione ed individuazione delle operazioni IVA anche intracomunitarie. Recependo un suggerimento della commissione parlamentare, si è specificata anche la sanzione irrogabile per le omesse annotazioni sul registro da istituire nel caso di mancato funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali e per la mancata tempestiva richiesta di intervento per la manutenzione.

L’art. 7 contempla e disciplina le violazioni relative alle esportazioni.

I due articoli raccolgono tutte le disposizioni in materia prima comprese in previsioni disseminate in vari provvedimenti normativi.

Gli artt. da 8 a 12 raccolgono disposizioni comuni alle imposte dirette e all’IVA. In particolare, l’art. 8 disciplina unitariamente le violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni, ai documenti ad essa allegate ed alla conservazione ed esibizione all’ufficio di atti e documenti, mentre l’art. 9 detta regole unitarie per la repressione delle violazioni inerenti alla tenuta e alla conservazione delle scritture e dei documenti contabili. L’art. 10 riguarda la violazione degli obblighi imposti alle aziende di credito, alle società ed enti di assicurazione e alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi nonché all’Ente poste italiane, riformulando le previsioni precedentemente espresse negli articoli 52 e 55 d.P.R. n. 600 del 1973. Si è ritenuto di eliminare la competenza del Ministro per l’irrogazione delle sanzioni, che non appare coerente alla nuova attribuzione delle competenze operative nell’ambito dell’amministrazione finanziaria.

L’art. 11 raccoglie una serie di violazioni che si caratterizzano nella maggioranza dei casi in quanto colpiscono comportamenti tendenti a frapporre ostacoli all’attività di accertamento e controllo. Finalmente, l’art. 12 raccoglie le sanzioni accessorie in materia di IVA e di imposte dirette disciplinandone l’irrogazione e la misura in conformità alle regole dettate nel decreto legislativo sui princìpi, e cioè facendo contemporaneamente riferimento alle misure edittali e all’entità della sanzione principale irrogata, in modo da tenere conto, oltre che della gravità astratta dell’infrazione anche delle caratteristiche concrete della condotta e della personalità del colpevole. Non si è invece ritenuto di accogliere un rilievo formulato dalla commissione parlamentare circa l’opportunità di prevedere, per i soggetti esercenti attività stagionale, una riduzione della misura edittale della sanzione della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività o dall’esercizio dell’attività medesima. Ciò in quanto i limiti edittali previsti (da quindici giorni a due mesi) permettono di graduare correttamente, anche nel caso prospettato, la sanzione da applicare.

Le previsioni sanzionatorie in materia di riscossione intendono a loro volta razionalizzare e semplificare quelle contemplate, in prevalenza, nel d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973 stabilendo espressamente la loro applicazione rispetto alla riscossione di tutti i tributi.

L’art. 13 disciplina unitariamente le infrazioni concernenti la mancata esecuzione, totale o parziale, di versamenti diretti, in acconto o a saldo, ivi compresi i versamenti periodici previsti dalla legislazione sull’IVA, prevedendo l’applicazione, in tutti i casi, di una sanzione amministrativa commisurata al 30% del tributo non versato. La disposizione si applica anche quando la maggior imposta dovuta o la minore eccedenza detraibilerisulti a seguito di controllo della dichiarazione annuale, per errori di calcolo o materiali.

L’art. 14 riguarda la mancata esecuzione delle ritenute alla fonte, distintamente colpita con sanzione pari al 20% delle somme indebitamente non trattenute. La previsione si collega, da un lato, a quella dettata nell’articolo precedente ed inerente all’omissione dei versamenti, ed integra, da un altro, le sanzioni concernenti l’omissione e l’infedeltà della dichiarazione del sostituto d’imposta.

L’art. 15 modifica incisivamente la disciplina dettata dall’art. 94, d.P.R. n. 602 del 1973 che sanzionava in maniera irrisoria (pena pecuniaria da lire 18.000 a lire 120.000) le ipotesi di incompletezza delle distinte di versamento e dei modelli di conto corrente postale utilizzati per i versamenti diretti. La nuova disciplina prevede che la sanzione venga applicata solo nel caso in cui le incompletezze impediscano di identificare il soggetto che effettua il versamento e di imputare la somma versata, così determinando iscrizioni a ruolo suscettibili di successivo sgravio. Per tali casi, tuttavia, prevede una sanzione da lire 200.000 a lire un milione, che tiene conto del danno arrecato all’amministrazione da comportamento negligente del contribuente.

Si è ritenuto, poi, di sopprimere le sanzioni prima disciplinate dagli art. 92 bis, 93, 96 e 97, ad eccezione della previsione penale del comma sesto, del d.P.R. n. 602 del 1973, che riguardavano le ipotesi di versamenti ad ufficio incompetente, di pagamenti eseguiti da parte di un’amministrazione dello Stato, di una provincia, di un comune o di altro ente sottoposto al controllo della Corte dei Conti a contribuente moroso e quella che sanzionava il mancato pagamento del tributo o di una rata del iscritto a ruolo in somma superiore a lire 500.000. Mentre le prime due ipotesi sono apparse di minima rilevanza, é sembrato di dover eliminare quest’ultima previsione ravvisando in essa una disposizione del tutto estranea alle regole sull’inadempimento delle obbligazioni cui corrisponde la responsabilità patrimoniale, ma non l’irrogazione di una sanzione afflittiva, ravvisando in essa il retaggio storico di un’epoca nella quale l’inadempimento si reputava per sé stesso meritevole di pena.

Finalmente, l’art. 16 elenca le disposizioni abrogate e l’art. 17 stabilisce che l’entrata in vigore della nuova disciplina avvenga contemporaneamente all’entrata in vigore del decreto legislativo sui principi generali in materia di sanzioni amministrative non penali (1° aprile 1998).

ritorno alla home della Commissione riforma fiscale