Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

RELAZIONE AL DECRETO LEGISLATIVO RECANTE "DISPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPOSTA SOSTITUTIVA DELLA MAGGIORAZIONE DI CONGUAGLIO E DI CREDITO DI IMPOSTA SUGLI UTILI SOCIETARI, A NORMA DELL'ARTICOLO 3, COMMA 162, LETTERE E) ED I) DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1996, N. 662.

L'art. 3, comma 162, lett. e) ed i), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha delegato il Governo della Repubblica ad emanare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni che, nell'ambito del riordino delle imposte personali sul reddito, al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese, nonché l'efficienza, il rafforzamento e la razionalizzazione dell'apparato produttivo nazionale, abroghino il regime della maggiorazione di conguaglio e modifichino la disciplina del credito d'imposta sugli utili societari per renderla compatibile ed omogenea con le altre modifiche che, ai sensi dello stesso già citato comma 162, sono state apportate all'attuale sistema impositivo.

In particolare, le disposizioni di delega contenute nel citato art. 3, comma 162, lett. e), prevedono "l'abrogazione della maggiorazione di conguaglio" e "l'affrancamento obbligatorio delle riserve di cui ai commi 2 e 4 dell'articolo 105 del Testo Unico delle imposte sui redditi con il pagamento di un'imposta sostitutiva" da determinarsi con un'aliquota "non superiore al 6 per cento". La medesima norma prevede, altresì, che l'imposta sostitutiva, non deducibile ai fini della determinazione del reddito imponibile, potrà essere prelevata a carico delle riserve"; la normativa delegante, infine, ha attribuito la facoltà di "prevedere diverse modalità di rateizzazione, non superiori in ogni caso a tre anni dalla prima scadenza".

Le norme sopra indicate si inseriscono, costituendone parte integrante, nel contesto di un più ampio disegno di semplificazione e razionalizzazione delle disposizioni applicabili alle imprese costituite in forma societaria e sono finalizzate alla sostituzione di un istituto - quello della maggiorazione di conguaglio - che, pur opportuno e giustificabile all'epoca della sua introduzione (quando una quota dei crediti d'imposta sugli utili societari veniva riconosciuta ai soci, come si ricorderà, senza che la società avesse effettivamente scontato I'Irpeg), ha ormai perso significato ed attualità (in virtù della tassazione piena dei proventi da titoli del debito pubblico posseduti da soggetti IRPEG), diventando, in moltissimi casi, un puro e semplice fattore di complicazione nella gestione delle società di capitale. Andava, al tempo stesso, ripensata la normativa applicabile all'attribuzione del credito d'imposta sui dividendi distribuiti, nella considerazione che la maggiorazione di conguaglio - basata su una meccanica applicativa puramente matematica - aveva finito anch'essa per premiare (sotto forma di attribuzione di un credito d'imposta pieno), sia pure in situazioni del tutto marginali, circostanze in cui, ancora una volta, pur a fronte di una imposta non pagata, continuava a spettare il credito d'imposta, ivi inclusa la possibilità di ottenere il rimborso dello stesso. La norma sopra indicata prevede, in particolare, che, in sede di decreto delegato:

L'attuale disciplina della maggiorazione di conguaglio impone, come è noto, alla società di "coprire" il credito di imposta relativo ai dividendi distribuiti ai soci, sicché, se sono state assolte in via ordinaria imposte insufficienti ad attuare tale copertura, deve essere applicato dalla società un corrispondente prelievo a titolo di maggiorazione di conguaglio. Correlativamente a questa impostazione, ai soci è attribuito, sempre nell'attuale disciplina, il credito di imposta sui dividendi senza condizionamenti né limiti. Senonchè, come si accennava sopra, la costruzione attuata dalla norma segue una logica puramente matematica ed è basata su misurazioni che fanno riferimento alla base imponibile e non all'imposta dovuta (o effettivamente pagata). Ne consegue, in casi non trascurabili, l'emersione di diritti al rimborso di crediti d'imposta non generati da un effettivo pagamento di IRPEG. Basta pensare agli utili prodotti da società con sede nel Mezzogiorno che producono redditi non tassabili i quali possono essere distribuiti senza applicazione della maggiorazione di conguaglio e attribuiscono al percipiente il credito d'imposta sul dividendo ricevuto col risultato di rendere detto dividendo non solo non tassabile in capo al percipiente medesimo (il che è coerente col desiderio di far partecipare il socio al beneficio, cioè a dire l'esenzione, concesso alla società) ma di generare, altresì, qualora il socio abbia un imponibile negativo (sia, cioè, in perdita fiscale) il diritto al rimborso del credito d'imposta medesimo. Il che vuol dire far rimborsare dallo Stato un'imposta che mai è stata pagata da alcun contribuente.

Il legislatore delegante ha sovvertito questa impostazione, nel senso che la società partecipata non è più tenuta ad attuare la suddetta copertura e, in conseguenza di ciò, ai soci spetta il credito di imposta solo nei limiti delle imposte assolte dalla società partecipata: gli utili, quindi, per i quali non sono state pagate imposte dalla società non daranno, d'ora in poi, più diritto al credito pieno (inteso per tale quello che comporta, altresì, il rimborso dell'eventuale eccedenza). Qualora, peraltro, il legislatore abbia disposto l'esenzione di un reddito dall'IRPEG (come nel sopra citato caso delle società costituite nel Mezzogiorno) ed intenda conservare anche a favore del socio il beneficio garantito alla società, ciò potrà avvenire attraverso l'attribuzione al socio stesso di un credito d'imposta "virtuale", di natura strumentale, che conservi la non tassazione in testa al socio del dividendo in questione: ma eviti che si possano verificare situazioni da cui possa derivare il rimborso, a carico dell'Erario, di somme mai corrispostegli dalla società beneficiata. Si tratta, in definitiva, di estendere a tutti i contribuenti il sistema attualmente in vigore nei rapporti fra società madri italiane e figlie domiciliate nella UE (art. 96-bis T.u.i.r.).

Va ulteriormente rilevato, al riguardo, che l'attuale sistema si presta a penalizzare il contribuente nei casi in cui l'imposta è stata pienamente assolta e il dividendo accantonato é suscettibile di distribuzione senza applicazione della maggiorazione di conguaglio. In tal caso, a fronte di una tassazione piena, non è garantito al contribuente un elemento di riequilibrio laddove le riserve di utili in questione spariscano per una qualche ragione (come nel caso di fusione per incorporazione della società portatrice delle riserve di utili pienamente tassati in una società il cui patrimonio netto non riproduce quello dell'incorporata per incapienza; oppure nel caso di utilizzo di dette riserve di utili per coprire perdite di bilancio). Il sistema qui proposto, al contrario, è costruito in modo tale da conservare sempre e comunque memoria dell'imposta pagata ed impedisce che gli effetti benefici - al momento della distribuzione - generati da detto pagamento possano in qualche modo essere perduti.

Sotto il profilo tecnico, l'attuazione di questa nuova impostazione ruota attorno alle modificazioni apportate agli articoli 14 e 105 del Testo Unico. Nel primo, si fissa il principio secondo cui il credito di imposta compete ai soci nei limiti delle imposte assolte dalla società partecipata; nel secondo, si dettano i criteri con i quali la società partecipata attua la "memorizzazione" delle imposte assolte e procede alla "consumazione" delle medesime in corrispondenza della distribuzione dei dividendi.

Ai fini del meccanismo in questione, assume rilievo, peraltro, oltre all'ammontare delle imposte effettivamente assolte dalla società, anche l'ammontare di quelle cosiddette "virtuali", che andrà memorizzato distintamente rispetto al primo. In tal modo, si intende conservare, anche nel nuovo assetto della materia, la rilevanza di regimi agevolati che non solo esonerano da tassazione determinati utili presso la società partecipata, ma altresì consentono che gli utili stessi defluiscano ai soci con il credito di imposta.

Questo è il motivo per cui l'ammontare delle imposte "virtuali" è mantenuto separato da quello delle imposte effettivamente assolte; alle imposte "virtuali" corrispondono, infatti, crediti non rimborsabili né riportabili a nuovo. Ovviamente, anche presso i soci si è reso necessario approntare un meccanismo di gestione differenziata di tali crediti rispetto a quelli che, essendo coperti da imposte effettivamente pagate, sono rimborsabili o riportabili a nuovo secondo i principi ordinari: a ciò si è provveduto con apposite modifiche apportate agli artt. 11 e 94 del T.U.I.R..

Il nuovo regime dei crediti d'imposta sui dividendi consente di conseguire tre importanti risultati a vantaggio sia dei contribuenti che dell'Erario e precisamente:

Delle modalità di applicazione dell'imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio - che viene fissata nella misura del 5,6 o 2,2 per cento - a seconda della differente natura delle riserve - e dell'affrancamento obbligatorio delle riserve e dei fondi schiavi di maggiorazione tratta, in particolare, l'art. 1.

Il comma 1 del predetto articolo sancisce la regola secondo cui l'imposta sostitutiva deve applicarsi sulle riserve e altri fondi schiavi di maggiorazione esistenti nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 1996 prevedendo aliquote differenziate in ragione della diversa incidenza del prelievo maggiorativo previsto dalla disciplina che viene abrogata.

L'imposta sostitutiva trova applicazione anche per le riserve ed i fondi schiavi che sono stati imputati al capitale sociale o fondo di dotazione e ciò in coerenza con l'art. 105, comma 5, del Testo Unico.

Il comma 2 regola la sorte della c.d. franchigia eccedente (perché non ha trovato capienza nelle riserve e nei fondi affrancabili già esistenti in bilancio). La scelta operata, che è volta a consentirne l'utilizzo sulla massa delle riserve e dei fondi schiavi "al 15 per cento" (rectius, riserve e fondi ex art. 105, comma 4), che si considereranno corrispondentemente assoggettati all’IRPEG,, è dettata da motivazioni ispirate ad equità e ragionevolezza. Se è vero, in effetti, che la franchigia eccedente o "non utilizzata" trae origine da imposte pagate e che la sua funzione è quella di evitare l’applicazione della maggiorazione di conguaglio sugli eventuali utili schiavi dei successivi esercizi, è altrettanto vero che la franchigia costituisce non un credito di imposta propriamente detto, bensì un elemento di equilibrio interno al meccanismo della maggiorazione di conguaglio. Per questa ragione, è sembrato opportuno prevederne un uso "speciale" e del tutto "particolare" consistente nell'utilizzo per l'affrancamento di quella massa di riserve e fondi che non è ordinariamente "affrancabile" con la franchigia medesima -che si giustifica in considerazione della soppressione della normativa sulla maggiorazione di conguaglio. In ogni caso, l'eventuale ulteriore eccedenza di franchigia non utilizzata in tal senso non viene sic et simpliciter cancellata ma, nei modi più appropriati, tenuta presente nel nuovo regime relativo alla composizione dei crediti d'imposta già spettanti (si veda quanto successivamente precisato in relazione all'art. 3).

Il comma 3 disciplina l'aspetto della liquidazione e della riscossione dell'imposta sostitutiva. Ci si limita ad evidenziare che la scelta di compensare dei crediti d'imposta per IRPEG ed ILOR già chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio/periodo di imposta 1997, o nelle dichiarazioni dei redditi precedentemente presentate, è stata adottata per cercare di contribuire - anche in questo modo - alla riduzione dello stock dei crediti d'imposta.

Il comma 4, oltre a sancire l'indeducibilità dell'imposta sostitutiva, detta la regola per cui la società o l'ente tenuti al pagamento della stessa possono liberamente scegliere tra la sua imputazione (in tutto o in parte) al conto economico ovvero al patrimonio netto. Nel medesimo comma si è specificamente disciplinata anche la possibilità di imputare l'imposta sostitutiva in diminuzione del capitale sociale o del fondo di dotazione, prevedendo che la relativa riduzione può essere operata con delibera dell'assemblea ordinaria (da iscriversi comunque nel registro delle imprese) e "con le modalità di cui all'art. 2445, secondo comma, del codice civile". La possibilità che la delibera di riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione possa essere adottata dall'assemblea ordinaria, senza soggiacere al procedimento dell'omologa, non esclude che, qualora si verifichino i relativi presupposti, trovino applicazione le disposizioni di cui agli artt. 2446 e 2447 del codice civile.

Ricordato che il comma 5 contiene la disposizione secondo cui la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e l'eventuale contenzioso restano disciplinati dalle medesime regole valevoli per le imposte sul reddito, si segnala la disposizione recata dal comma 6, in base alla quale le società e gli enti partecipati dallo Stato non saranno soggetti all'imposta sostitutiva. Quest'ultima disposizione - che rimane comunque condizionata dal possesso totalitario e diretto dello Stato - si spiega nel presupposto che lo Stato stesso non gode del credito di imposta e che non c'è alcun motivo, di conseguenza, di applicare alle società ed enti dallo stesso partecipati un'imposta che sostituisce un prelievo la cui funzione è quella di dare "copertura" al credito di imposta sugli utili distribuiti.

Gli articoli 2 e seguenti riguardano la nuova disciplina dei crediti d'imposta sui dividendi.

Esaminando in dettaglio, si rileva che con l'articolo 2 si sono individuate le disposizioni contenute nel vigente Testo unico delle Imposte sui Redditi che, riguardando la fattispecie oggetto di delega, si è ritenuto necessario modificare, integrare o sopprimere.

Più precisamente, sono stati modificati i seguenti articoli del Testo Unico:

  1. nell'articolo 11, con l'aggiunta del comma 3-bis, si è inteso "tradurre" e spostare la regola già prevista nel penultimo periodo del comma 4 dell'articolo 96-bis, così come "interpretata" dal Ministero delle Finanze nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione. In sostanza, si afferma che il credito "limitato" dell'articolo 14 (cioè il credito "virtuale") non rimborsabile o non riportabile a nuovo, va compensato, per primo, sull'imposta di periodo; peraltro, detto credito deve essere commisurato soltanto all'imposta relativa ai redditi che lo hanno generato che, per presunzione di legge, si considerano sino a concorrenza essere i primi componenti del reddito imponibile. Si esclude, in tal modo, una sua eventuale utilizzazione per "pagare" l'imposta relativa ad altri redditi concorrenti alla formazione dell'imponibile; ipotesi questa che altrimenti avrebbe potuto ben verificarsi, come è intuitivo, relativamente ad un contribuente che applichi l'imposta sul reddito complessivo con aliquota marginale inferiore al 3 7 per cento. Resta fermo il diritto del contribuente di ottenere il rimborso o il riporto degli altri eventuali crediti, delle ritenute e degli acconti per la parte che, complessivamente, eccede la residua imposta dovuta. Al riguardo, si sottolinea che la norma si limita a prevedere che la detrazione del credito non rimborsabile nè "riportabile" a nuovo avvenga con priorità rispetto a quella degli altri crediti di imposta, senza nulla specificare nè in ordine alle detrazioni di cui agli artt. 12, 13 e 13-bis del Testo Unico, nè in ordine allo scomputo delle ritenute e dei versamenti in acconto e ciò in quanto l'ordine di utilizzo di tali detrazioni, ritenute o versamenti emerge in via automatica dalle altre disposizioni del Testo Unico. Infatti, le detrazioni degli artt. 12, 13 e 13-bis vanno operate dall'imposta "lorda" (e quindi precedono quelle dei crediti di imposta, ivi compresa quella del credito in esame, da attuarsi sull'imposta "netta") e lo scomputo delle ritenute e dei versamenti in acconto, giusta le disposizioni dell'articolo 19 del Testo Unico, va attuato successivamente alla detrazione dei crediti d'imposta. Infine, con l'aggiunta del comma 3-ter si è accordata al contribuente anche la facoltà di non computare affatto il credito in parola (nè in aumento dell'imponibile, nè in detrazione dall'imposta) allo scopo di evitare eventuali effetti ingiustamente penalizzanti;
  2. si è modificato il primo comma dell'articolo 14 al fine di adeguare l'ammontare del credito d'imposta all'attuale livello dell'aliquota IRPEG; infatti, la percentuale del 58,73 esprime il rapporto tra 37 e 63, vale a dire, il rapporto tra l’IRPEG, applicata su un imponibile di 100 e ciò che residua per la distribuzione ai soci dopo l'applicazione dell'imposta stessa (nella finzione, ovviamente, che 100 esprima anche l'utile al lordo dell'imposta);
  3. è stato abrogato il secondo comma dell'articolo 91-bis perché non appare coerente con la disciplina che si intende introdurre;
  4. sono stati aggiunti i commi 1-bis e 1-ter all'articolo 94 per creare il necessario coordinamento con le modifiche introdotte all'articolo 11. In particolare, il comma 1-bis stabilisce che, anche per i soggetti IRPEG, l'ammontare del credito d'imposta che non dà diritto a rimborso si considera utilizzato per primo, in detrazione dell'imposta dovuta nei limiti della quota dell'imposta stessa relativa agli utili per i quali è attribuito, determinata in base al rapporto tra l'ammontare di detti utili e l'ammontare del reddito complessivo, senza tenere conto delle eventuali perdite pregresse. In effetti, anche per i soci soggetti all’IRPEG, l'imposta sul reddito complessivo riferibile, pro-quota, al dividendo potrebbe essere di minore ammontare rispetto a quella calcolata con l'aliquota del 37 per cento e ciò per effetto di esenzioni territoriali o riduzioni di aliquote previste da norme ad hoc. Pertanto, anche con riguardo a tali soci, si rende necessario ripetere la previsione dell'articolo 11, comma 3-bis, secondo cui il credito "limitato" è scomputabile esclusivamente dalla quota dell'imposta relativa al dividendo; il comma l-ter nella considerazione che non sempre la concessione del credito d'imposta "limitato" opera in modo equilibrato (in alcuni casi può comportare una inutile riduzione della perdita dell'esercizio riportabile ai fini IRPEG), attribuisce al contribuente la facoltà di ignorare del tutto lo stesso;
  5. è stato modificato il primo periodo del comma 1 dell'articolo 96 per conservarne l'attuale regime anche nel contesto della nuova disciplina. Infatti, il vigente articolo 96 consente, per i dividendi esteri, di attribuire ai soci o partecipanti della società o ente ricevente un credito d'imposta commisurato al 64 per cento. Si ritiene che tale scelta poggi su motivazioni di fondo tuttora valide; peraltro, la maggiore imposta calcolata in modo virtuale alimenta l'importo della lettera b) del comma 1 dell'articolo 105 così come riformulato; l'importo cioè, che funge da copertura del credito di imposta di cui all'articolo 14 non rimborsabile né "riportabile " a nuovo. Non si è ritenuto opportuno, invece, riprodurre l’analogo regime esistente per il riporto delle perdite di cui all'articolo 102 del T.U.I.R.. Come noto, la disciplina finora vigente dell'articolo 105 consente di distribuire con il credito d'imposta "pieno" (cioè rimborsabile o "riportabile" a nuovo) l'utile corrispondente al 64 per cento del reddito dichiarato al lordo delle perdite riportate da precedenti esercizi, ancorché proprio per effetto di tali perdite detto reddito non risulti assoggettato concretamente a tassazione. Nel nuovo assetto della materia, il mantenimento di questo regime -anche ai meri fini dell'attribuzione del credito limitato non appare più giustificabile;
  6. è stato modificato il comma 1 dell’articolo 96-bis per coordinare il regime comunitario dei dividendi distribuiti dalla società "figlia" residente in uno Stato della UE alla società "madre" italiana; al riguardo, si rammenta che, come è noto, la Corte di Giustizia della comunità europea, con la sentenza del 17 ottobre 1996, ha affermato il principio secondo cui gli Stati membri non possono subordinare l'applicazione del beneficio della detassazione dei dividendi c.d. "madri-figlie" alla condizione che la durata minima del possesso della partecipazione - durata che ogni Stato ha individuato per suo conto e che per il nostro Stato è di un anno - sia già trascorsa al momento della distribuzione dei dividendi stessi. Al fine di recepire tale principio, si è ritenuto di dover modificare, fra l'altro, anche l'attuale previsione dell'articolo 96-bis che dispone nella materia "de quo", eliminando dalla norma ogni riferimento alla data di delibera di distribuzione dei dividendi; in tal modo, ai fini dell'applicazione del beneficio, il possesso ininterrotto delle partecipazioni per almeno un anno può completarsi anche successivamente a tale data. Ovviamente, sarà cura dell'Amministrazione finanziaria predisporre i mezzi necessari, anche attraverso richieste di comunicazioni, per controllare l'effettiva spettanza del trattamento agevolativo. E' indubbio che la questione in esame esula dai compiti assegnati dalla delega ma è altrettanto evidente che il principio fissato dall'Alta Corte di Giustizia rientra fra quelli aventi automatica efficacia nell'ordinamento interno degli Stati e, pertanto, la modifica proposta ha, in un certo senso, una valenza formale, priva di decorrenza, in quanto il legislatore non può ad essa obiettivamente sottrarsi;
  7. sono stati abrogati i commi 3 e 4 dell'articolo 96-bis perché strettamente connessi al soppresso regime dell'imposta di conguaglio;
  8. sono stati completamente riformulati gli articoli 105 e 106 e sono stati aggiunti gli articoli 105-bis e 106-bis. Più in particolare, con l'articolo 105 si stabilisce come la società distributrice del dividendo debba determinare i due distinti ammontari, nel limite dei quali può attribuire ai propri soci i due distinti tipi di credito d'imposta (quello "pieno" e quello "limitato") e come detti ammontari (c.d. "canestro A" e "canestro B") devono essere utilizzati in sede di distribuzione di utili o riserve. Il "canestro A" (quello, cioè, che contiene il credito d'imposta "pieno") è alimentato dalle imposte liquidate nelle dichiarazioni dei redditi, ivi inclusa quella relativa all'esercizio il cui utile viene distribuito, ancorché non ancora presentate; è, inoltre, alimentato dalle eventuali imposte liquidate dall'ufficio finanziario ex articolo 36-bis del DPR n. 600 del 1973 e iscritte in ruoli non più impugnabili, dalle imposte accertate definitivamente e dalle imposte sostitutive. Il "canestro B" (quello, cioè, che contiene il credito d'imposta "limitato") è alimentato, in primo luogo, dall'imposta figurativa sul proventi specificamente individuati dalla legge che non concorrono a formare il reddito complessivo imponibile della società distributrice del dividendo e che, tuttavia, sempre per legge, possono defluire al soci senza generare diritto al rimborso o al riporto a nuovo. Ovviamente, vi possono essere ipotesi in cui il beneficio che il legislatore intende conservare anche per i soci in sede di distribuzione del dividendo, consiste, anziché nella esclusione dei proventi dal reddito imponibile della società, nella loro tassazione con aliquota ridotta ovvero con imposta sostitutiva. E' evidente che, in tali casi, per applicare la disciplina in esame volta ad attuare il suddetto mantenimento del beneficio per í soci, occorre suddistinguere il credito d'imposta che ne deriva in parte che affluisce al "canestro A" (pari all'importo dell'imposta effettivamente pagata) e parte che affluisce al "canestro B" (pari al complemento a 58,73 per cento, rispetto all'importo che affluisce al "canestro A", dell'ammontare oggetto di agevolazione). Peraltro, nella considerazione che la traslazione del beneficio dalla società al socio non costituisce un principio generale dell’ordinamento tributario e che, conseguentemente, compete al legislatore la scelta del se ed in che misura disporre detta traslazione, queste regole di "conversione" non sono state inserite nell'articolo 105. Consegue che le medesime saranno affidate, di volta in volta, alle norme sostanziali che in concreto attribuiscono tali benefici e ne accordano altresì il trasferimento ai soci attraverso il rinvio al meccanismo dell'articolo 105, comma 4. Il "canestro B" (cioè, ripetesi, quello che porta il credito d'imposta "limitato") è altresì alimentato dall'imposta relativa ai proventi che concorrono alla formazione della base imponibile ma sono, a loro volta, portatori di credito d'imposta "limitato" (ci si riferisce al socio che riceve un dividendo con credito d'imposta "limitato"). Per quanto concerne l'utilizzo degli importi con i quali si attribuisce il credito di imposta, la norma afferma il principio secondo cui, anche se i soci non utilizzano il credito d'imposta per propria scelta (opzione per la cedolare) o perché non hanno diritto ad utilizzarlo (soci esteri), la distribuzione del dividendo consuma in ogni caso, fino a concorrenza, le imposte "memorizzate" a copertura del credito stesso, In questa ottica, emerge, altresì, che la società è libera di scegliere quale "canestro" (imposte effettive o imposte virtuali), consumare per effetto della distribuzione dei dividendi; così come è libera di attribuire solo credito di imposta "pieno" procedendo ad un versamento integrativo ai sensi dell'articolo 105-bis. Non è libera invece di conservare intatta la scorta delle imposte memorizzate (canestro A o canestro B) e far defluire il dividendo senza credito di imposta.

Per quanto concerne gli adempimenti formali connessi ai meccanismi sopra descritti, si rammenta che nel testo attualmente vigente dell'articolo 105 viene imposto alla società di indicare la movimentazione degli importi rilevanti ai fini della applicazione della maggiorazione di conguaglio, non solo nella dichiarazione dei redditi ma anche nella relazione degli amministratori: si è ritenuto di eliminare questo secondo adempimento che duplica il primo e non è in linea con la mutata impostazione del bilancio, dopo le modifiche rivenienti dalla attuazione della IV direttiva comunitaria. Con l'articolo 105-bis si è prevista e regolamentata la facoltà accordata alla società distributrice dei dividendi di incrementare l'ammontare di credito di imposta "pieno" attribuibile corrispondendo, in sede di dichiarazione dei redditi, un importo di IRPEG aggiuntiva.

Con l'articolo 106 si è stabilito, inoltre, che il credito d'imposta relativo alla distribuzione di utili fruenti di agevolazioni territoriali è "limitato" e cioè non dà diritto né a rimborso, né al riporto a nuovo dell'eventuale importo eccedente quello utilizzato.

La disposizione intende nazionalizzare l'attuale regime previsto, ai fini della maggiorazione di conguaglio, per gli utili fruenti delle agevolazioni territoriali. La fattispecie non è dissimile da quella degli utili cosiddetti madri-figlie, nel senso che se, oltre alla detassazione di detti utili presso la società, il legislatore intendesse accordare, ove gli utili stessi vengano distribuiti, anche il credito di imposta ai soci, tale credito non potrebbe comunque essere utilizzato dai soci per chiedere rimborsi di imposte mai assolte. L'accoglimento di tale principio comporta, peraltro, che il credito non rimborsabile né riportabile a nuovo riguarda solo la parte di utile effettivamente non assoggettata ad imposta, cosicché, in presenza di esenzioni solo parziali o di riduzioni di aliquota, la società partecipata alimenterà l'importo del canestro A [lett. a) del comma 1 dell'articolo 105] e quello del canestro B [lett. b) dello stesso comma in funzione del reddito in tutto od in parte detassato.

Infine, con l'articolo 106-bis si è dettata la disciplina del credito di imposta figurativo, riconosciuto in base alle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.

Come è noto, detto credito è concesso a fronte di imposte estere che, pur non effettivamente assolte, sono convenzionalmente considerate pagate nell'altro paese. Esso potrà, quindi, tradursi in una riduzione dell'imposta italiana che appare corretto mantenere come tale anche per i soci della società beneficiaria di questo trattamento, attraverso il meccanismo del credito di imposta "limitato" (cioè non rimborsabile né riportabile a nuovo).

L'articolo 3 reca le norme di carattere transitorio alle quali è affidato il passaggio dalla vigente disciplina dell'imposta di conguaglio alla nuova disciplina incentrata sul totale delle imposte pagate dal soggetto che attribuisce il credito d'imposta.

Più precisamente, i commi 1, 2 e 3 indicano la decorrenza dell'efficacia delle nuove disposizioni riguardanti la distribuzione dei dividendi e le riduzioni di capitale.

Con il comma 4 si precisano i criteri da adottare per passare dal sistema di evidenziazione del regime fiscale degli utili e delle riserve, specifico dell'imposta di conguaglio, al nuovo sistema imperniato sulla quantificazione dell'ammontare delle imposte pagate, nel cui limite si attribuisce un credito di imposta "pieno", e dell'ammontare delle imposte "virtuali", nel cui limite si attribuisce un credito di imposta limitato.

Si richiama l'attenzione sul regime relativo alle eccedenze di franchigia (da maggiorazione di conguaglio) non utilizzate, cui si è fatto precedentemente rinvio, in sede di commento delle disposizioni concernenti l'affrancamento obbligatorio delle riserve soggette alla maggiorazione di conguaglio: viene stabilito che dette eccedenze, rappresentando l'ammontare di IRPEG effettivamente pagata negli anni precedenti, concorrono alla costituzione dell’importo nei cui limiti la società distributrice del dividendo attribuisce ai soci un credito d'imposta "pieno". Tuttavia, anche per comprensibili ragioni di impatto sul gettito, si è stabilito che il predetto computo sia eseguito in 10 esercizi, per quote costanti.

Si rileva che, essendo stato abolito il particolare regime di favore relativo alla compensazione del reddito di periodo con le perdite pregresse, che consentiva di quantificare una "franchigia" sull’importo al lordo di detta compensazione, si è ritenuto necessario, al fine di non frustrare le aspettative dei contribuenti, dettare una regola transitoria per conservare detto regime di favore limitatamente alle perdite già rilevate fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 1996.

Il comma 5 precisa che l'articolo 107 del T.U.I.R., relativo alla compensazione ed al rimborso delle eventuali eccedenze d'imposta di conguaglio, conserva efficacia per tenere conto delle eventuali posizioni ereditarie che si potrebbero in futuro determinare a seguito dell'azione accertatrice dei competenti uffici.

L'articolo 4, introduce una specifica disciplina volta a regolamentare il trasferimento delle agevolazioni accordate alle imprese che procedono ad operazioni di ristrutturazione al fine di evitare che l’applicazione dell’imposta sostitutiva afferente alle plusvalenze realizzate a seguito di dette operazioni comporti un pregiudizio nei confronti dei soci, nel momento in cui venga effettuata la distribuzione delle riserve in cui tali plusvalenze sono confluite.

Analoga disciplina è stata introdotta con riferimento alla distribuzione degli utili assoggettati all’aliquota agevolata in base al decreto legislativo che ha introdotto la cosiddetta dual income tax.

Per quanto riguarda il parere della Commissione parlamentare istituita ai sensi dell’articolo 3, comma 13, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, reso in data 4 dicembre 1997, il Governo, atteso il ristrettissimo lasso di tempo disponibile per l’emanazione del provvedimento, si è riservato di valutare attentamente le osservazioni formulate in un secondo momento, utilizzando, per l’eventuale accoglimento delle proposte formulate dalla predetta Commissione, lo strumento dei decreti legislativi correttivi ed integrativi previsti dallo stesso articolo 3, comma 17, della citata legge n. 662 del 1996.

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