Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

DECRETO LEGISLATIVO RECANTE RIORDINO DELLA DISCIPLINA TRIBUTARIA DEGLI ENTI NON COMMERCIALI E DELLE ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITÀ SOCIALE, AI SENSI DELL’ARTICOLO 3, COMMI 186, 187, 188 E 189, DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1996, N. 662.

RELAZIONE

Il presente decreto legislativo recepisce ed attua in modo sistematico l’insieme dei principi e criteri direttivi dettati dalla legge 23 dicembre 1996. n. 662 in materia di disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. In attesa di una organica definizione degli aspetti civilistici, il riordino e la razionalizzazione della disciplina tributaria dei soggetti interessati a perseguire scopi finora assolti direttamente dallo Stato, rappresenta una prima risposta all’esigenza di rivitalizzare un settore economico in netta espansione ove confluiscono realtà significative della nostra società.

Il decreto è strutturato in due sezioni, la prima delle quali riservata al riordino delle norme tributarie relative agli enti non commerciale, la seconda alla definizione e alla regolamentazione delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale

(ONLUS).

Sezione I (Enti non commerciali)

Secondo la tecnica redazionale della novellazione, il nuovo regime tributario degli enti non commerciali discende, in prevalenza, da operazioni correttive ed integrative del testo unico delle imposte sul reddito, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. In virtù del rinvio disposto dall’articolo 28, le norme relative agli enti non commerciali si applicano, ove compatibili, anche alle ONLUS.

L’articolo 1 apporta talune modificazioni all’art. 87 del T.U. n. 917/1986 volte a favorire la corretta qualificazione degli enti residenti, sia attraverso la definizione dell’oggetto principale, sia attraverso la comparazione dell’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari, così come individuata nello statuto, con quella effettivamente esercitata. In particolare, l’attività principale è volta a soddisfare direttamente gli interessi primari o fondamentali dell’ente, ciò che si verifica quando detta attività sia essenziale per il perseguimento degli scopi indicati nello statuto. Principio analogo è affermato per gli enti non residenti, rispetto ai quali l'oggetto principale, rilevante ai fini dell’applicazione delle norme di cui agli articoli 113 e 114 del T.U.I.R., sarà determinato con riferimento all’attività prevalente svolta nel territorio dello Stato.

L’articolo 2, comma 1, lettera a), in conformità al disposto dell’art.3, comma 187, lettera d) della legge - delega n. 662 del 1996, prevede un trattamento fiscale agevolato per la libera raccolta di fondi mediante sottoscrizioni pubbliche, effettuata occasionalmente in concomitanza di ricorrenze, celebrazioni e campagne di sensibilizzazione. L’esclusione di queste iniziative da ogni imposizione tributaria, enunciata con ampia formulazione al comma 2, tende ad incentivare una delle forme di finanziamento più cospicue per gli enti non lucrativi e opera a condizione che trattasi di iniziative assunte occasionalmente, con modalità e limiti di esercizio che potranno essere puntualizzati in apposito decreto da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tutela della fede pubblica, a tal fine sollecitata con i mezzi di comunicazione più disparati, è stata ravvisata l’opportunità di prevedere all’articolo 8 una rigorosa rendicontazione delle attività in argomento per salvaguardare in modo scrupoloso i principi di trasparenza e democraticità e corrispondere all’esigenza di garantire, grazie anche all’intervento dell’istituendo organismo di controllo previsto all’articolo 3, comma 190, della legge - delega n. 662 del 1996, condizioni di uguale opportunità nell’accesso alle fonti di finanziamento da parte di questi enti.

Con riferimento alle previsioni della lettera a), la Commissione parlamentare consultiva in materia di riforma fiscale, prevista dall’art. 3, comma 13, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, di seguito denominata Commissione parlamentare, aveva proposto, con il parere reso in data 15 ottobre 1997, di svincolare dal requisito della occasionalità le attività di raccolta pubblica di fondi svolte da "organismi internazionali e loro mandatari" e in ogni caso quelle svolte in concomitanza di "campagne di sensibilizzazione". Tale proposta non è stata accolta stante il vincolo contenuto nella legge di delega (v. art. 3, comma 187, lett. d), secondo cui le attività in questione per beneficiare delle agevolazioni fiscali devono essere "effettuate occasionalmente".

La lettera b) del comma 1 esclude dall’imposizione i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche ad enti non commerciali per lo svolgimento di attività in regime di convenzione o accreditamento (decreto - legislativo 30.12.1992, n. 502). La permanenza delle funzioni di indirizzo e controllo all’interno degli enti pubblici e la separazione della funzione di finanziamento da quella produttiva, dovrebbero contribuire a ridurre i deficit strutturali che caratterizzano numerosi enti pubblici e, nello stesso tempo, garantire la costante conformità delle attività convenzionate agli interessi della collettività sociale.

L’articolo 3 introduce l’obbligo della contabilità separata in adesione all’esigenza, da più tempo avvertita, di conferire trasparenza alla gestione e facilitare la determinazione del reddito d’impresa degli enti non commerciali che nel periodo d’imposta abbiano esercitato attività commerciali. La netta separazione delle vicende connesse all’attività commerciale rispetto a quella istituzionale consentirà, altresì, di individuare più agevolmente l’oggetto principale dell’ente e la sua reale qualificazione ai fini tributari.

L’articolo 4 introduce un regime forfetario per la determinazione del reddito d’impresa, cui possono accedere, per opzione, gli enti non commerciali ammessi alla tenuta della contabilità semplificata ai sensi dell’articolo 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Estremamente lineare e di facile applicazione, tale regime consente di pervenire alla determinazione del reddito applicando determinati coefficienti progressivi per scaglioni di proventi, formati dai ricavi e da eventuali sopravvenienze attive conseguite nell’esercizio. Il complessivo reddito d’impresa si ottiene sommando, all’importo così determinato, le eventuali plusvalenze patrimoniali. In accoglimento di specifica proposta della Commissione parlamentare, è stato espressamente chiarito che il regime forfetario di determinazione del reddito, già previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni senza scopo di lucro e le pro - loco, rimane in vigore anche dopo l’introduzione del regime forfetario previsto dall’articolo in esame per la generalità degli enti non commerciali.

L’articolo 5 innova parzialmente la disciplina degli enti di tipo associativo, apportando talune modificazioni all’art. 111 del T.U.I.R. n. 917 del 1986. Dopo aver ricompreso le associazioni di promozione sociale tra i soggetti le cui attività possono beneficiare, in presenza di determinate condizioni, della esclusione dall’area della commercialità fiscale, l’articolo in esame introduce talune eccezioni al disposto del quarto comma dell’art. 111, elencativo di attività considerate in ogni caso commerciali, ‘limitatamente alla gestione di bar e all'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici da parte di alcune associazioni particolarmente impegnate nel perseguire fini di interesse collettivi che - si è ritenuto - offrono adeguate garanzie sul piano della corrispondenza dell’attività fattuale agli obiettivi statutari. In particolare, non si considera commerciale la gestione di bar, con somministrazioni offerte ai soli soci, all’interno di circoli ricreativi organizzati dalle associazioni di promozione sociale, le cui finalità assistenziali siano state riconosciute dal Ministero dell’interno; da tenere presente che tale riconoscimento è presupposto per ottenere l’autorizzazione amministrativa all’esercizio di bar nei circoli frequentati dai soli soci, in deroga alle limitazioni previste dalla legge sul commercio 25 agosto 1991, n. 287. In adesione all’invito della Commissione parlamentare, viene affermato il principio che presso le sedi in cui il bar è gestito siano svolte altre attività conformi agli scopi istituziona1i dell’associazione; ciò al fine di rimarcare il carattere strettamente complementare dell’attività in argomento rispetto a quella istituzionale. Altre esclusioni oggettive dall’ambito della commercialità, previste in deroga al comma 4 dell’articolo 111, riguardano:

l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici da parte delle stesse associazioni di cui al comma 4 - bis, ora introdotto, dello stesso articolo 111 del T.U.I.R., nonché delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, e di quelle riconosciute da confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese;

le cessioni delle pubblicazioni riguardanti i contratti collettivi di lavoro, effettuate anche a non associati, e le attività di assistenza nella stessa materia contrattualistica, effettuate da associazioni sindacali e di categoria e sempre che il corrispettivo richiesto non superi i costi di diretta imputazione.

Resta confermata l’originaria formulazione del comma 3 dell’art. 111 del T.U.I.R., nella parte in cui esclude dall’area della commercialità soltanto le cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti dei tesserati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che facciano parte di un’unica organizzazione locale o nazionale.

Non si è ritenuto opportuno aderire alla richiesta della Commissione parlamentare volta a definire puntualmente l’associazionismo di promozione sociale, con riguardo a finalità e caratteristiche strutturali che potrebbero non coincidere perfettamente con quelle che saranno definite dalla legge quadro sull’associazionismo attualmente all’esame del parlamento.

Il nuovo comma 4 - quinquies conferisce senso compiuto alla disciplina privilegiata prevista all’articolo 111 del T.U.I.R., subordinandone l’applicazione all’effettivo rispetto di alcune clausole da inserire negli statuti delle associazioni interessate, volte a garantire il perseguimento di finalità ideali e non economiche (lettere a), b) e f), nell’ambito di strutture organizzate secondo criteri democratici che consentano la effettiva partecipazione della compagine associativa alla vita dell’ente [lettera c)’ ed e)]. Quest’ultima esigenza è vieppiù accentuata dall’obbligo di predisporre un rendiconto annuale [e conservare la relativa documentazione di supporto anche se non fiscale: lettera d)], riassuntivo delle vicende economiche e finanziarie dell’ente che si propone come insostituibile strumento di trasparenza e di controllo sia interno che esterno all’associazione, volto a consentire una corretta rappresentazione della gestione economica e finanziaria non solo a favore dell'Amministrazione finanziaria, ma anche dei cittadini e delle imprese. Non si è ritenuto di ammettere i soci ad esprimere per corrispondenza il proprio voto, così come proposto dalla Commissione parlamentare, sul rilievo che la "ratio" della norma, diretta a prevenire fattispecie elusive (art. 3, comma 187, lett. c della legge di delega), richiede la partecipazione reale e fisica dei soci alla vita dell’associazione. L’esclusione delle associazioni di ispirazione religiosa, di quelle politiche, sindacali e di categoria dall’obbligo di conformarsi alle clausole di cui al comma alle lettere c) ed e) tende a salvaguardare la peculiare struttura organizzativa delle stesse, di per sé funzionale, per esperienza storicamente comprovata, al perseguimento delle finalità istituzionali.

Non è stato possibile accogliere la proposta della Commissione parlamentare volta a prevedere la deducibilità, ai fini delle imposte sui redditi, delle erogazioni liberali in denaro a favore delle associazioni di promozione sociale. Ciò in considerazione della perdita di gettito, non immediatamente quantificabile in relazione alla platea assai estesa dei potenziali destinatari, che simile previsione avrebbe comportato.

Il comma dello stesso articolo coordina le disposizioni in materia di IVA relative agli enti di tipo associativo con le novità apportate al T.U.I.R., ripristinando il tendenziale parallelismo tra il trattamento agevolato riservato alle attività degli enti di tipo associativo ai fini delle imposte sui redditi e quello di esclusione delle stesse attività dal campo di applicazione dell’IVA previsto dall’articolo 4 del D.P.R. n. 633 del 1972.

Con norma transitoria si consente, al comma 3, alle associazioni già costituite di adeguare i propri statuti alle previsioni opra richieste per godere dei regimi agevolati entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto. Aderendo parzialmente alla proposta della Commissione parlamentare, viene consentito alle associazioni politiche, sindacali e di categoria di adeguare i propri statuti entro il termine più lungo di dodici mesi.

La peculiarità e l’eterogeneità delle attività svolte dalle società di mutuo soccorso, ai sensi degli articoli 1 e 2 della legge 15 aprile 1886, n. 3818, hanno consigliato di non introdurre una previsione generale di "non-commercialità" per le attività svolte dalle medesime, disattendendo, sul punto, il parere della Commissione parlamentare.

L’articolo 6 riprende ed affronta per la prima volta in modo organico l’argomento, enunciato in via generale all’articolo 87, concernente la individuazione dell’oggetto principale degli enti, indubbiamente propedeutico ai fini della loro qualificazione giuridico-tributaria e, quindi, della ammissione al regime previsto per gli enti non economici dagli articoli 108 e seguenti del T.U.I.R. Il comma 1 dell’articolo in esame, con novella aggiuntiva introduce l’art. 111-bis del T.U.I.R. Il comma 1 del predetto art. 111-bis enuclea una ipotesi di presunzione legale di perdita della qualifica di ente non commerciale, collegata all’esercizio prevalente di attività commerciale per un intero periodo d’imposta. La disposizione afferma il principio per cui il giudizio di prevalenza dovrà avere una proiezione temporale non superiore al periodo d’imposta. Il successivo comma 2, invece, rileva propriamente sul piano dell’accertamento e della logica probatoria, attraverso la indicazione di taluni parametri ritenuti particolarmente significativi sui quali, oltre che su altri elementi desumibili dall’analisi delle specifiche realtà esaminate, dovrà necessariamente soffermarsi l’attenzione degli organi di controllo; ne consegue che i parametri previsti dal comma 2 (dell’art. 111-bis citato) non configurano presunzioni legali, ma semplici indizi valutabili in concorso con le caratteristiche complessive dell’ente. La norma traccia una sorta di percorso logico obbligatorio, ancorché non assolutamente vincolante quanto alle conclusioni da trarre, cui dovrà farsi riferimento per valutare della qualificazione non commerciale dell’ente.

Ai sensi del comma 4 (dell’art. 111-bis citato) le disposizioni sulla perdita della qualifica di ente non commerciale non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili, per i quali si ritengono comunque prevalenti le attività istituzionali di ispirazione eminentemente idealistica. Discorso analogo vale per le associazioni politiche, sindacali e di categoria ove sia accertata, in assenza di riconoscimento della personalità giuridica, la corrispondenza dell’attività effettiva a quella statutaria.

L’articolo 7 coordina il disposto dell’articolo 114, comma 2, del T.U.I.R. con l’obbligo della contabilità separata, introdotto con l’articolo 3, cui anche gli enti non residenti, con riguardo all’attività commerciale esercitata nel territorio dello Stato, sono tenuti ad uniformarsi.

L’articolo 8 integra il disposto dell’articolo 20 del DPR 29 settembre 1973, n.600, prescrivendo l’obbligo di rendicontare singolarmente ed analiticamente le operazioni finanziarie connesse con l’attività svolta in occasione delle raccolte pubbliche di fondi. Ciò al duplice scopo sia di contrastare forme elusive, relative soprattutto alla raccolta di fondi mediante offerta di beni, che potrebbero ledere principi di neutralità impositiva nei confronti di piccole imprese commerciali, sia di rappresentare correttamente i fatti della gestione nell’interesse di quanti, cittadini e imprese, intendono contribuire consapevolmente alle attività di tali enti solo sulla base di una corretta informazione sull’impiego delle risorse a disposizione. Il nuovo terzo comma dall’articolo 20 estende le semplificazioni contabili, già previste dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662 per le imprese di piccole dimensioni gestite da persone fisiche, anche agli enti non commerciali.

L’articolo 9 prevede un regime di agevolazioni temporanee sia ai fini delle imposte sui redditi, sia ai fini di talune imposte indirette (imposta sulle successioni e donazioni, ipotecaria e catastale, INVIM), per le operazioni di trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni patrimoniali nei confronti di enti non commerciali, nonché per la esclusione di beni immobili strumentali dalle imprese gestite dagli stessi, al fine di favorirne la patrimonializzazione e la riorganizzazione degli stessi in vista del nuovo assetto normativo-tributario. L’agevolazione compete a condizione che i beni oggetto di trasferimento siano direttamente utilizzati dall’ente beneficiario, non ammettendosi la possibilità di un utilizzo non strumentale all’attività esercitata. Lo scopo perseguito dalla norma sarebbe stato per converso disatteso, qualora l'agevolazione fosse stata riconosciuta anche in ipotesi di utilizzo indiretto o non strumentale dei beni oggetto di trasferimento. Oltre a tale finalità principale, soprattutto la disposizione recata dal comma 2 permetterà di conseguire nuove entrate grazie alla previsione di imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto.

Sezione II (ONLUS)

La sezione II del decreto reca disposizioni sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), collocabili all’interno della più ampia categoria degli enti considerati non commerciali ai fini tributari. Tale nuova categoria viene definita sulla base di più stringenti criteri di meritorietà, in linea con l’esigenza di riorganizzare lo Stato sociale offrendo ai cittadini la possibilità di indirizzare in modo alternativo la domanda di servizi sociali. Obiettivo primario è quello di contribuire alla rivitalizzazione del c.d. settore non profit o terzo settore, attraverso un razionale impiego della leva fiscale, così da consentire allo Stato di effettuare risparmi in diversi comparti di servizi, ora direttamente gestiti, che potrebbero essere efficacemente assicurati da queste realtà emergenti e non più marginali.

L’art. 10 enuncia i requisiti qualificanti delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, intese essenzialmente come organismi che operano in determinati settori di interesse collettivo per il perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. In attuazione della delega legislativa di cui all’art. 3. comma 189, lettera a) della legge 23 dicembre 1996, n. 662, alla lettera a) del comma 1 vengono individuate le attività di interesse collettivo svolte in via istituzionale dalle Onlus.

Come da proposta della Commissione parlamentare, al numero 11 della lettera a) è stata inserita l’attività di ricerca scientifica svolta direttamente da fondazioni. Considerata la delicatezza della materia si è ritenuto opportuno, accogliendo anche in questo caso i suggerimenti della Commissione parlamentare, rinviare l’operatività della disposizione all’entrata in vigore di apposito regolamento che stabilirà le condizioni necessarie affinché la ricerca scientifica possa beneficiare delle agevolazioni previste per le ONLUS.

Per individuare il tipo di organizzazione che rientra nella disciplina è di fondamentale importanza verificarne congiuntamente sia il fine che l’oggetto dell’attività. L’interesse collettivo immanente nell‘esercizio di determinate attività, apprezzato disgiuntamente dal perseguimento di finalità solidaristiche ed elevato a requisito qualificante delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, non sarebbe stato sufficiente, infatti, a fornire una linea di separazione tra le ONLUS e la generalità degli enti non commerciali, con la conseguenza di allargare eccessivamente le attività potenzialmente interessate dalla disposizione. Da qui la fissazione di precisi vincoli di eterodestinazione dei vantaggi ottenuti che conferiscono un appropriato fondamento logico alla definizione delle organizzazioni come soggetti non lucrativi che perseguono finalità solidaristiche.

E’ stata data, pertanto, una definizione basata sulla nozione di eterodestinazione dei vantaggi connessi all’attività esercitata, con il conseguente effetto di esternalità positiva di operazioni dirette a rimuovere o alleviare lo stato di difficoltà e di bisogno, riconducibile a cause diverse, in cui versano intere categorie di persone.

In conformità ai criteri impartiti con la legge di delega n. 662 [art. 3, comma 189, lettera a)], sono esclusi dal regime tributario delle ONLUS gli enti - pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, le fondazioni bancarie, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria. L’esclusione degli enti pubblici, in particolare, si giustifica con la necessità di favorire la crescita e il consolidamento di un terzo settore che operi autonomamente rispetto ai canali di allocazione diretta delle risorse pubbliche; stante l’espressa preclusione normativa, non è stato possibile annoverare tra le ONLUS talune associazioni che, come le compagnie barracellari di cui all’articolo 3 della L. 2 agosto 1897, n. 382 suggerite dalla Commissione parlamentare, rivestono natura eminentemente pubblicistica. Valutazioni di opportunità hanno suggerito la esclusione delle società commerciali per evitare forzature eccessive che la loro inclusione avrebbe comportato rispetto alle caratteristiche di tali norme societarie sancite in sede di codice civile. Al contrario, l’ammissione delle società cooperative si giustifica per i molteplici elementi di affinità tra questa forma societaria e vincoli statutari previsti per le ONLUS.

Il paradigma delle ONLUS è puntualmente definito dalla previsione di precisi vincoli statutari.

Le lettere a), b) e c), comma 1, dell’articolo 10 sono dirette a garantire l’esercizio esclusivo di attività in settori tassativamente individuati (assistenza sociale e socio - sanitaria, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela e valorizzazione del patrimonio storico ed artistico, della natura e dell’ambiente, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica) e in altri ad essi direttamente connessi, per il perseguimento di esclusive finalità solidaristiche. Ciò nell’interesse prima di tutto dell’Amministrazione finanziaria, che deve essere posta in condizione di verificare l’attività svolta effettivamente dagli organismi incentivati.

Le lettere d), e), f), attraverso il divieto di distribuire anche in modo indiretto utili nonché la previsione dell’obbligo di impiegare gli stessi per la realizzazione delle attività statutarie e di devolvere il patrimonio, in caso di scioglimento, ad altre ONLUS, intendono impedire un uso strumentale della organizzazione.

Per aumentare la qualità delle informazioni, la lettera g) introduce l’obbligo di predisporre annualmente il bilancio o rendiconto. Le disposizioni specificative di tale obbligo sono dettate all’articolo 25.

La lettera h) prevede, per le organizzazioni diverse dalle fondazioni e dagli enti religiosi, la presenza di un ordinamento democratico, garantito dalla libera eleggibilità degli organi elettivi, dalla sovranità dell’assemblea, dalla esclusione di ogni forma di partecipazione temporanea alla vita associativa e dal principio del voto singolo, al fine di consentire il controllo più ampio possibile da parte dei soggetti interessati all’attività dell’organizzazione sul suo effettivo svolgimento e sul rispetto degli obblighi di legge.

Ai tini della qualificazione solidaristica prescritta dal comma 2 dello stesso articolo 10, le attività statutarie non rilevano allo stesso modo: per la maggior parte di esse il perseguimento di scopi solidaristici deve porsi in relazione con la condizione di svantaggio in cui versano i destinatari dell’attività, per altre (assistenza sociale e socio - sanitaria, beneficenza) è immanente al loro esercizio, per altre ancora (tutela e valorizzazione del patrimonio storico ed artistico ovvero della natura e dell’ambiente; promozione della cultura e dell’arte; ricerca scientifica) lo scopo di utilità sociale è perseguito indirettamente a beneficio non di singole persone ma della collettività diffusa. A motivo di questa particolare conformazione delle attività statutarie, la prescrizione dell’elemento finalistico è stata ritenuta superflua ovvero di non agevole determinazione per le attività richiamate ai numeri 1, 2, 7, 8 e 11 le quali perseguono oggettivamente scopi di utilità sociale, prescindendo dalla verifica delle condizioni di svantaggio dei destinatari. Le restanti attività, al contrario, saranno rivolte esclusivamente a beneficio di soggetti svantaggiati in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari.

La stessa eterodestinazione dell’attività, logicamente connessa con la finalità solidaristica, non è senza eccezioni: ove gli stessi soci, associati o partecipanti si trovino in condizioni di svantaggio, l’attività istituzionale dell’organizzazione potrà indirizzarsi, ai sensi del comma 3, anche nei loro confronti.

Affermata, al comma 2, la finalizzazione solidaristica delle attività elencate ai nn. 2,4,5,6, 9 e 10 del comma 1, lett. a), il comma 4, con disposizione derogatoria, elenca le attività che si presume perseguono in ogni caso finalità solidaristica, senza necessità di verificare la qualità dei soggetti beneficiari; si tratta, come si è ricordato, di attività per le quali l’indagine sulla condizione di svantaggio dei destinatari è superflua (il fine solidaristico è immanente all’esercizio dell’attività di assistenza sociale o socio - sanitaria e di beneficenza) ovvero di non agevole articolazione (le finalità solidaristiche si misurano indirettamente, con riferimento ai benefici tratti dalla collettività diffusa, per tutte le altre attività indicate al comma 4).

Il comma 5 dell’articolo 10 definisce - le attività "direttamente connesse" destinate al reperimento di fondi necessari per finanziare le attività istituzionali. Queste ultime sono attività oggettivamente analoghe a quelle istituzionali, dalle quali tuttavia si differenziano in quanto possono indirizzarsi a beneficio di chiunque, non sussistendo per esse alcun vincolo di destinazione. In quanto attività agevolate sotto l’aspetto fiscale, che potrebbero prestarsi facilmente, in linea di principio, a operazioni elusive e di turbativa del mercato, le attività connesse sono assoggettate a due condizioni stringenti: a) devono interessare gli stessi settori economici oggetto delle attività statutarie o istituzionali; b) i relativi proventi non devono superare il 66 per cento delle spese complessive.

Tra le attività "direttamente connesse" rientra altresì quella attività (denominata accessoria e "integrativa") strutturalmente funzionale, sotto l’aspetto materiale, a quella istituzionale, che si sostanzia, cioè, in operazioni di completamento o migliore fruibilità delle attività istituzionali, quali, ad esempio, la vendita di depliants nei botteghini dei musei o di magliette pubblicitarie e altri oggetti di modico valore in occasione di campagne di sensibilizzazione.

La relazione intercorrente fra i due settori di attività in cui le Onlus possono operare (istituzionale e direttamente connessa) viene ulteriormente specificata dall’affermazione secondo cui quella istituzionale deve costituire, per definizione, l’attività principale e, quindi, risultare prevalente rispetto a quella ad essa connessa. Affermare il carattere non prevalente delle attività elencate al comma 5 è di fondamentale importanza per caratterizzare in senso solidaristico la struttura operativa e funzionale delle Onlus, evitando che le stesse possano svolgere, all’opposto, in via esclusiva o principale attività "connesse". Giacché l’unico limite cui queste ultime sono assoggettate attiene all’ammontare dei relativi proventi ("non superiori al 66% delle spese complessive dell’organizzazione"), la disposizione potrebbe legittimare, in assenza di norme specificative della relazione intercorrente tra le due attività, comportamenti anomali e non rispondenti alle proclamate finalità solidaristiche.

Il vincolo statutario che vieta di ripartire anche in modo indiretto utili tra gli associati, già enunciato alla lettera d) del comma 1, viene ripreso al comma 6, specificandosi, in particolare, il divieto di cedere beni e servizi a condizioni più favorevoli a tutti coloro che sono coinvolti nella gestione delle ONLUS ovvero di corrispondere ai fornitori, senza valide ragioni economiche, corrispettivi superiori al valore normale dei beni o servizi acquistati; al fine di contrastare il perseguimento di interessi propri degli appartenenti, la lettera c) del comma 6 introduce un tetto sugli emolumenti individuali degli amministratori, espresso in valore assoluto, corrispondente al compenso massimo previsto per il Presidente del collegio sindacale delle società per azioni, la lettera d) stabilisce la misura massima degli interessi passivi che possono corrispondersi a soggetti diversi dagli istituti di credito, la lettera e) - infine - si preoccupa che ai dipendenti di ONLUS non vengano corrisposti emolumenti superiori a quelli previsti dai contratti collettivi maggiorati del 20 per cento. La disposizione, su richiesta della Commissione parlamentare, viene estesa alla generalità delle ONLUS prescindendo dal numero dei dipendenti a carico. Non è stata accolta, invece, la proposta della stessa Commissione di annoverare, quale ulteriore ipotesi di distribuzione indiretta di utili, "la corresponsione ai consulenti di compensi che superano il 20 per cento delle tariffe professionali", dal momento che la fattispecie prospettata rientra nella previsione di cui alla lettera b) del comma 6, laddove si contemplano gli "acquisti di ... servizi per corrispettivi che senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale".

Il comma 8 dell’articolo 10 contiene disposizioni di coordinamento tra le norme recate dal presente decreto e le normative speciali disciplinanti alcune organizzazioni non lucrative, quali le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.381, le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri previsti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266 e gli enti non governativi riconosciuti idonei ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49. In particolare, dopo aver fatto salve le disposizioni di maggior favore previste dalle normative speciali, dispone a favore di tali organismi, in conformità all’articolo 3, comma 189, lettera b), della legge - delega n. 662, una estensione automatica della soggettività fiscale ONLUS, con la conseguenza che essi possono beneficiare, ove più favorevoli, anche delle norme agevolative recate dal presente decreto, senza necessità di dover previamente modificare la loro struttura organizzativa e funzionale, né di dover rispettare i requisiti richiesti nell’articolo 1 per la generalità delle ONLUS. Il tenore letterale della legge di delega ha impedito di accogliere il suggerimento della Commissione parlamentare, tendente a consentire l’ingresso delle organizzazioni in argomento nel sistema delle ONLUS, subordinatamente al rispetto dei requisiti predetti.

Il comma 9 introduce due eccezioni al principio di esclusività delle attività statutarie sancito al comma 1, lettera c), consentendo agli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con cui lo Stato ha stipulato patti, accordi e intese, nonché alle associazioni di promozione sociale riconosciuto dal Ministero dell’interno la facoltà di accedere al regime tributario delle ONLUS limitatamente allo svolgimento delle attività di solidarietà nei settori richiamati alla lettera a), comma 1, dell’articolo 10, senza che le stesse debbano rinunciare alla loro unitarietà organizzativa. In tal caso gli enti interessati dovranno tenere contabilità separata ed osservare, con riguardo alle attività ammesse al regime delle ONLUS, tutte le disposizioni previste per queste organizzazioni.

La proposta avanzata dalla Commissione di equiparare agli enti ecclesiastici riconosciuti anche quelli privi di tale riconoscimento avrebbe comportato notevoli difficoltà in sede di controllo dei presupposti qualificativi di tali enti e pertanto è stata disattesa.

Si è ritenuto superfluo annoverare espressamente fra le ONLUS le organizzazioni che praticano il "volontariato di protezione civile", come invece proposto dalla Commissione parlamentare, trattandosi di soggetti normalmente iscritti nei registri del volontariato istituiti dalle regioni ai sensi della legge n. 266 del 1991 e, come tali, "considerati in ogni caso ONLUS" in virtù del disposto del comma 8 dell’articolo 10 in esame.

 

In capo alle organizzazioni che intendano avvalersi delle agevolazioni previste nel presente decreto, l’articolo 11 stabilisce l’onere di comunicare alla Direzione regionale competente per territorio, entro 30 giorni, l’intrapresa delle attività previste all’articolo 10. all’uopo utilizzando un apposito modello che sarà approvato con decreto del Ministro delle finanze. La formalità riveste carattere costitutivo ai fini della qualificazione come ONLUS degli enti e delle società cooperative interessate, nel senso che le stesse potranno beneficiare delle relative agevolazioni soltanto se avranno adempiuto all’onere della comunicazione. L’insieme dei dati comunicati andrà ad alimentare l’anagrafe delle ONLUS, organizzata all’interno del Ministero delle finanze. E’ stata disattesa la proposta (avanzata dalla Commissione parlamentare) di prevedere, in luogo della comunicazione alla direzione regionale delle entrate, 1’iscrizione delle ONLUS nei registri istituiti presso le camere di commercio. Ciò avrebbe fatto venire meno, invero, un indispensabile canale di informazione per l’Amministrazione finanziaria, demandando a un organo non competente in materia fiscale il controllo dei presupposti delle agevolazioni. In accoglimento di ulteriore proposta della Commissione parlamentare, viene demandato ad un apposito regolamento governativo l’organizzazione di un controllo sulla sussistenza dei requisiti formali delle ONLUS, che, lungi dal tradursi in un regime autorizzativo, vale ad evitare possibili strumentalizzazioni e deformazioni della organizzazione ONLUS. Restano comunque ferme le disposizioni previste in materia di istituzione del registro delle imprese (D.P.R. n. 581 del 1995).

L’articolo 12, nel prevedere l’esclusione dall’imposizione sui redditi dell’attività complessivamente svolta dalle ONLUS, opera una netta distinzione tra attività istituzionale e attività connessa, destinata a riflettersi sul piano degli adempimenti formali. A differenza delle attività istituzionali, del tutto escluse dall’area della commercianti, quelle connesse, pur non concorrendo alla formazione del reddito, sono considerate commerciali ad ogni altro effetto, comportando, in particolare, l’obbligo di tenere le scritture contabili previste dalle norme fiscali per gli esercenti attività commerciali. E’ il caso di chiarire che l’ambito della agevolazione in argomento interessa esclusivamente il reddito d’impresa e non si estende alle ulteriori categorie reddituali concorrenti alla formazione del reddito complessivo degli enti non commerciali previsti all’articolo 108 del T.U.I.R., e precisamente, non interessa le categorie dei redditi di fabbricato, di capitale e diversi, i quali dovranno continuare ad essere assoggettati a tassazione. Resta inteso in particolare che i redditi di fabbricati strumentali all’attività esercitata, sia essa istituzionale oppure connessa, in quanto concorrenti alla formazione del reddito d’impresa, non vengono assoggettati a tassazione, mentre sono autonomamente imponibili ai fini IRPEG i redditi di fabbricati non strumentali posseduti dalle ONLUS.

L’esclusione dall'area della commercialità viene opportunamente riferita alle attività istituzionali svolte nel perseguimento di esclusive finalità di utilità sociale significando che la menzionata proiezione finalistica, non rinvenibile nelle attività cosiddette connesse, è invece connotato essenziale dell’attività istituzionale.

La norma auspicata dalla Commissione parlamentare, volta ad escludere dall’imposizione diretta le somme pagate a volontari, da enti pubblici e ONLUS, a titolo di rimborso spese forfetarie, non è stata introdotta in quanto non riconducibile ai principi fissati dalla Legge di delega.

L’articolo 13 detta norme sul trattamento tributario, rilevante ai fini delle imposte sui redditi, delle erogazioni liberali a favore delle ONLUS, prevedendo agevolazioni differenziate per le persone fisiche e gli enti non commerciali e per le imprese. I sovventori di ONLUS, in quanto persone fisiche o enti non commerciali, possono detrarre dall’imposta lorda, secondo le modalità previste dall’art. 13-bis del T.I.I.R., le erogazioni liberali in denaro che non superino i 4 milioni di lire. E’ altresì prevista la deducibilità dal reddito d’impresa di erogazioni liberali in denaro a favore di ONLUS per importo non superiore a 4 milioni di lire o, in alternativa, non superiore al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato. Innovativa è la previsione di deducibilità dal reddito d’impresa delle spese sostenute per lavoratori dipendenti le cui prestazioni siano rese a beneficio di ONLUS. Innovando al principio di inerenza dei costi e delle spese all’attività da cui derivano ricavi o proventi concorrenti alla formazione del reddito di cui all’articolo 75, comma 5, del T.U.I.R. n. 917 del 1986, la norma consente, in pratica, alle imprese di "prestare" propri dipendenti alle ONLUS senza, con questo, dover rinunciare alla deduzione delle relative spese. Tale deduzione è consentita per importo non superiore al 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente. In pratica, ove le spese per i dipendenti iscritti a libro paga ammontino a 100 milioni, le stesse potranno essere integralmente dedotte dal reddito d’impresa ancorché, per un periodo di app1icazione che ha richiesto spese non superiori a lire 500 mila, gli stessi lavoratori abbiano prestato servizio non presso 1’azienda di chi ha sostenuto le spese relative ma alle dipendenze di una ONLUS. Per incentivare le erogazioni liberali in natura, i commi 2 e 3 apprestano una speciale disciplina volta a neutralizzare gli effetti dell’art. 53, comma 2, del T.U.I.R., nella parte in cui dispone la imputazione a ricavo, secondo il loro valore normale, dei beni-merce ceduti gratuitamente e, pertanto, destinati a finalità estranee all’esercizio d’impresa. Con la sterilizzazione della norma richiamata, le imprese potranno cedere gratuitamente e senza limiti alle ONLUS derrate alimentari e prodotti farmaceutici, alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività della loro impresa, così come potranno cedere gratuitamente altri beni-merce di costo specifico non superiore a 2 milioni, senza dover subire alcun aggravio impositivo, in ogni caso essendo valorizzato il costo di tali beni attraverso il rninor valore delle rimanenze. La disposizione si applica limitatamente alle derrate alimentari e ai farmaci che, per difetto di confezionamento o altre cause non compromettenti il loro valore intrinseco, si è soliti escludere dal circuito commerciale. Il costo specifico d’importo non superiore a 2 milioni dei beni-merce diversi dalle derrate alimentari e dai prodotti farmaceutici concorre, con eventuali erogazioni liberali in denaro, alla formazione del limite di deducibilità (4 milioni oppure 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato) previsto alla nuova lettera c-sexies dell’articolo 65 del T.U.I.R. L’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 è consentita a fronte di un carico formale alquanto contenuto consistente nella conservazione e registrazione in un qualunque registro IVA o in apposito prospetto della qualità e quantità dei beni ceduti, nonché nella spedizione all’Ufficio delle entrate di una comunicazione preventiva rispetto alla cessione. Comunicazione non richiesta in relazione alla cessione di beni di modico valore e deperibili entro un breve lasso di tempo.

Contestualmente al beneficio fiscale riconosciuto ai sovventori delle ONLUS, viene previsto un ulteriore onere per detrazione, a favore dei soci delle società di mutua soccorso, i quali potranno detrarre dall’imposta lorda, con le modalità previste dall’articolo 13-bis del TUIR, i contributi previdenziali finalizzati all’ottenimento dei sussidi tassativamente elencati all’articolo I della legge n. 3818 del 1886 (per l’ipotesi di malattia, impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero sussidi alla famiglia in caso di decesso del socio). E’ il caso di puntualizzare che tale disposizione, auspicata dalla Commissione parlamentare, rileva esclusivamente ai fini della menzionata detrazione dall’imposta sul reddito, e non anche ai fini della qualificazione giuridico tributaria delle società di mutua soccorso, le quali non sono equiparate alle ONLUS, nè agli enti non commerciali di tipo associativo disciplinati all’articolo 111, comma 3, del T.U.1.R.

Al fine di prevenire abusi, facilitando il controllo delle detrazioni introdotte con la lettera i-bis dell’articolo 13-bis del T.U.I.R.. sono state previste determinate modalità di versamento delle somme oggetto di detrazione, in adesione al parere della Commissione parlamentare, che ha inteso riaffermare l’esigenza di efficaci controlli in ordine alla effettività dei versamenti medesimi.

L’articolo 14 contiene disposizioni volte ad armonizzare la normativa riguardante l’imposta sul valore aggiunto con la nuova realtà, definita sotto il profilo giuridico-tributario, delle ONLUS. La lettera a) chiarisce che l’esclusione dal campo I.V.A. delle prestazioni di "divulgazione pubblicitaria", già prevista a beneficio di enti ed associazioni senza scopo di lucro, si estende anche alle ONLUS.

Alla lettera b) si dispone l’esenzione da I.V.A. della cessione di beni-merce a favore delle ONLUS; di tale esenzione già beneficiavano gli enti pubblici, le associazioni riconosciute e le fondazioni. Con le modifiche introdotte alle lettere da c) a f) si è inteso esentare dall’imposta sul valore aggiunto talune operazioni, normalmente rientranti nei settori di attività statutaria delle ONLUS, qualora da queste ultime effettuate.

L’articolo 15 esonera le ONLUS dall’obbligo di certificare i corrispettivi mediante ricevuta fiscale o scontrino di cassa, limitatamente alle operazioni riconducibili alle attività istituzionali siccome definite all’articolo 10.

L’articolo 16 detta norme in materia di ritenute alla fonte, prevedendo sia la disapplicazione della ritenuta del 4 per cento sui contributi erogati da enti pubblici a beneficio delle ONLUS, sia la conversione del titolo della ritenuta sui redditi di capitale corrisposti alle ONLUS, da effettuare a titolo d’imposta anziché d’acconto.

Gli articoli dal 17 al 21 prevedono specifiche esenzioni a beneficio delle ONLUS in materia di imposta di bollo, tasse sulle concessioni governative, imposte sulle successioni e donazioni, imposta sull’incremento di valore di immobili acquistati a titolo gratuito, imposta sostitutiva dell’INVIM di cui al decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con modificazioni dalla legge 38 maggio 1997, n.l40 e tributi locali. In quest’ultimo caso la riduzione o esenzione dal pagamento dei tributi dovrà essere deliberata dai competenti enti locali, nel rispetto delle relative autonomie impositive. Prevedere, al contrario-siccome auspicato dalla Commissione parlamentare - riduzioni dei tributi locali a favore delle ONLUS avrebbe comportato inopportune interferenze con la potestà impositiva degli enti locali, in controtendenza con le direttiva ed i programmi del Governo in materia di federalismo fiscale.

L’articolo 22 riconosce benefici, ai fini dell’imposta di registro, per gli atti costitutivi e modifiche statutarie, nonché per gli acquisti di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento destinati ad essere utilizzati nell’ambito delle attività statutarie.

L’articolo 23, in materia di imposta sugli spettacoli prevede una ulteriore esenzione dal pagamento della specifica imposta sugli spettacoli organizzati occasionalmente sia dalle ONLUS sia dagli enti associativi di cui all’articolo 111, commi 4-bis e 4-ter del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. Così come previsto per l’articolo 2 per l’attività di raccolte pubbliche di fondi, il Ministero delle finanze potrà specificare con apposito decreto il criterio della occasionalità.

L’articolo 24 estende alle ONLUS l’autorizzazione per la promozione di lotterie, tombole, pesche e banchi di beneficenza.

L’articolo 25, con la istituzione del nuovo articolo 20-bis nel -decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, appresta una disciplina sistematica degli obblighi contabili e delle modalità di conservazione dei documenti da parte delle ONLUS non costituite in forma cooperativa. A fronte delle ampie agevolazioni tributarie riconosciute, è sembrato necessario ed appropriato istituire obblighi formali alquanto stringenti, intesi come strumento di trasparenza ed efficienza della gestione. Ampio risalto è dato all’obbligo di predisporre scritture cronologiche e sistematiche, di contenuto sostanzialmente corrispondente a quello del libro giornale e del libro degli inventari previsti dal codice civile, atte a conferire trasparenza ed efficienza alla gestione. Tali disposizioni contabili non sostituiscono gli eventuali adempimenti della stessa natura già previste da altre leggi a carico di taluni soggetti potenzialmente rientranti nel regime di cui al presente decreto, perché in questo caso la ONLUS dovrà continuare a tenere la contabilità secondo le disposizioni già in essere. La tenuta delle scritture contabili cronologiche e sistematiche si considera assolta qualora la contabilità consti almeno di un libro giornale avente i requisiti previsti dall’articolo 2216 del codice civile e di un libro, tenuto in conformità all’articolo 2217 c.c., in cui annualmente venga riportato il bilancio di cui all’articolo 10, comma 1, lettera g). Il bilancio dovrà essere accompagnato da una relazione di controllo sottoscritta da almeno un revisore iscritto al registro tenuto presso il Ministero di Grazia e Giustizia solo nel caso in cui i proventi abbiano superato per due anni consecutivi l’ammontare di 2 miliardi di lire.

Il quarto comma del nuovo articolo 20-bis dà attuazione al disposto del comma 189, lettera b) della legge-delega n. 266 del 1996, nella parte in cui prevede una

disciplina semplificata degli adempimenti formali delle cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991, delle associazioni di volontariato iscritte nei registri previsti dalla legge n. 266 del 1991 e delle associazioni non governative idonee ai sensi della legge n. 49 del 1987, ammettendo le stesse a redigere e tenere, in luogo del bilancia e delle scritture cronologiche e sistematiche, un rendiconto delle entrate e delle spese relative all’attività complessivamente esercitata, distinguendo. anche in questo caso. le attività direttamente connesse da quelle istituzionali. Per graduare gli obblighi contabili in funzione del volume di attività, il comma 3 consente la facoltà di tenere e redigere il rendiconto in luogo del bilancia anche alle organizzazioni che abbiano conseguito in un anno proventi di ammontare non superiore a lire 100 milioni.

Il sistema delle scritture contabili trova completamento nella disposizione, contemplata alla lettera b), primo comma, del nuovo articolo 20-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, che assoggetta le attività direttamente connesse a quelle istituzionali all’obbligo di tenere le scritture contabili previste dalle norme fiscali; trattandosi di attività che, pur non concorrendo alla formazione del reddito, sono considerate commerciali, è sembrato coerente prevedere per esse i più gravosi obblighi previsti per la generalità dei titolari di reddito d’impresa.

Per gli enti ecclesiastici e per le associazioni di promozione sociale l’applicazione degli obblighi contabili è limitata alle sole attività ammesse al regime proprio delle ONLUS, così da evitare intromissioni nell’attività caratteristica di questi enti.

L’articolo 26, nel presupposto che le ONLUS rappresentano una categoria particolare di enti non commerciali, cui non può essere riservato un trattamento di minor favore, afferma in via generale l’estensione ad esse, ove compatibili, delle disposizioni relative agli stessi enti non commerciali.

L’articolo 27 riprende il disposto dell’articolo 10, comma 1, lettera i) per stabilire il divieto all’uso della dizione ONLUS in modo tale da trarre in inganno.

L’articolo 28 introduce sanzioni amministrative, demandandone l’applicazione agli uffici delle entrate, per ipotesi specifiche di violazioni col1egate all’indebita fruizione dei benefici, all’uso indebito della denominazione o alla mancata comunicazione al fisco dell’acquisito o perdita della qualifica di ONLUS. Le sanzioni previste dall’articolo sono ipotesi autonome e vanno a sommarsi a quelle irrogabili per eventuali violazioni fiscali commesse. Il comma 3 prevede la responsabilità solidale per il pagamento delle imposte, interessi e sanzioni dovuti dalla ONLUS. dei componenti gli organi societari, nel caso che le organizzazioni abbiano indebitamente fruito di agevolazioni fiscali.

La proposta (della Commissione parlamentare) di limitare la responsabilità degli organi amministrativi delle ONLUS ai casi di dolo o colpa grave va esaminata nel contesto organico di riforma del sistema sanzionatorio.

L’articolo 29, sotto forma di costo fiscalmente deducibile dal reddito d’impresa. prevede un vantaggio fiscale correlato ad operazioni destinate a finanziare a tasso agevolato le ONLUS. Per effetto di questa previsione normativa viene consentito, a soggetti da individuare con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delle finanze, di valorizzare come componente negativa di reddito la differenza tra il tasso effettivamente praticato ed un tasso di riferimento da determinare con lo stesso decreto, relativo ad operazioni finanziarie dirette alla raccolta di fondi per il finanziamento delle ONLUS. L’esigenza di assicurare un coordinamento organico con la emananda disciplina sul trattamento fiscale dei redditi di capitale, in attuazione della delega legislativa recata dall’art. 3, comma, 62, lett. h) della legge n. 662 del 1996, ha indotto, in questa sede, a soprassedere dall’affrontare le proposte della Commissione parlamentare relative ad una diversa configurazione del beneficio fiscale connesso alla sottoscrizione dei titoli di solidarietà. Le perplessità sollevate dalla Commissione in ordine alla introduzione nei mercati finanziari di titoli non puntualmente definiti non sono condivisibili, dal momento che i soggetti abilitati all’emissione, le condizioni, i limiti e ogni altra disposizione necessari per l’attuazione della norma in argomento dovranno essere puntualizzati nell’apposito decreto del Ministro del Tesoro, di concerto con il Ministro delle Finanze, previsto al comma 2.

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