Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

RELAZIONE AL DECRETO LEGISLATIVO RECANTE DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E CORRETTIVE DEI DECRETI LEGISLATIVI 9 LUGLIO 1997, N. 237 E N. 241, 15 DICEMBRE 1997, N. 446, 4 DICEMBRE 1997, N. 460, E 18 DICEMBRE 1997, N. 472.

Il provvedimento in esame si rende necessario al fine di ovviare ad alcune difficoltà attuative ed ad alcune lacune della disciplina che i primi mesi di applicazione dei vari decreti legislativi di riforma del sistema tributario hanno messo in evidenza.

Si illustrano, di seguito, le singole disposizioni.

ARTICOLO 1

LETT. A), B), E) ED F)

Con la disposizione di modifica dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 237 del 1997 (unitamente alla riformulazione dell’articolo 6 dello stesso decreto di cui alla lettera e) del provvedimento in esame), si intende adeguare la disciplina in materia di soppressione dei servizi autonomi di cassa degli uffici finanziari al fine rendere più agevole per i contribuenti lo svolgimento dei pagamenti relativi a tasse ipotecarie e diritti speciali da eseguirsi presso gli uffici del Dipartimento del territorio. A tal fine, si prevede che rimangano operanti i servizi di cassa dei predetti uffici. Presso tali uffici, pertanto, ai sensi del nuovo comma 3 dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 237 del 1997, i contribuenti dovranno versare le somme dovute per tasse ipotecarie e tributi speciali. Ai sensi del comma 3-bis, inoltre, qualora debbano essere versate contestualmente anche somme a titolo di imposte ipotecarie, per le quali, in base all’articolo 4 dello stesso decreto n. 237 del 1997, è previsto il versamento presso il concessionario della riscossione, le banche o gli uffici postali, tale modalità di pagamento potrà essere utilizzata anche per le tasse ipotecarie e i tributi speciali. Al fine di rendere più agevole lo svolgimento dei predetti adempimenti da parte dei contribuenti, con il decreto interministeriale previsto dal comma 3-ter dello stesso articolo 6 del decreto n. 237 del 1997, potranno essere dettate le modalità per l’effettuazione dei predetti versamenti con mezzi alternativi al contante.

LETT. C) E F)

Le modifiche sono finalizzate a definire con chiarezza le competenze dei diversi enti impositori relativamente alle adempimenti preliminari all’attività di riscossione spontanea e coattiva delle entrate oggetto della disciplina recata dal decreto legislativo n. 237 del 1997.

In particolare, si tende a limitare i compiti degli uffici dell’Amministrazione finanziaria circoscrivendoli alle sole entrate dalla stessa direttamente amministrate.

Tale previsione, del resto è perfettamente coerente con quanto disposto dall’articolo 23, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall’articolo 24, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che ha demandato a ciascun ente o amministrazione che ha emesso il ruolo la competenza ad apporre il visto di esecutorietà.

LETT. D), G) E H)

In accoglimento di una osservazione (n. 3) della Commissione, si prevede che il pagamento delle entrate di cui all’articolo 2 del decreto legislativo n. 237 del 1997, può essere effettuato dal contribuente presso uno qualsiasi degli sportelli dei concessionari della riscossione dislocati sul territorio nazionale, superando il precedente limite che obbligava a rivolgersi al concessionario nella cui circoscrizione aveva sede l’ente creditore. Sempre basandosi sul suggerimento della Commissione, sono stati modificati i termini di riversamento da parte dei concessionari limitatamente alle somme riscosse per conto degli enti territoriali diversi dallo Stato.

LETT. I)

Vengono apportate talune modifiche all’articolo 10 del decreto n. 237 del 1997 in materia di pagamenti effettuati con i fondi della riscossione.

In particolare, con la sostituzione del comma 2 del predetto articolo 10, si è inteso avviare a soluzione il problema della ripartizione della competenza a procedere ai pagamenti da effettuare, con i predetti fondi, da parte dell’azienda concessionaria del servizio di riscossione ovvero dell’ufficio postale.

I primi mesi di applicazione della nuova disciplina, infatti, hanno evidenziato la necessità di non escludere la possibilità di utilizzare gli uffici postali anche laddove operi uno sportello di concessionario del servizio di riscossione. Ciò in quanto, quando il pagamento riguardi importi di una certa entità, il concessionario non è in grado di provvedere, molto spesso, per mancanza di fondi.

Inoltre, con la integrazione del comma 4 dello stesso articolo 10, si è previsto che il modello da utilizzare (sia per la quantificazione delle somme da pagare, sia come modulo di versamento) venga approvato con decreto del Ministero delle finanze di concerto con i Ministeri del tesoro, del bilancio e delle programmazione economica, di grazia e giustizia e delle comunicazioni al fine di garantire uniformità nelle procedure.

Con la nuova stesura del comma 5, infine, si prevede che con decreto del Ministero delle finanze di concerto con i Ministeri del tesoro, del bilancio e delle programmazione economica, di grazia e giustizia e delle comunicazioni, verranno dettate le disposizioni attuative del medesimo articolo10, e verranno approvate, in particolare, le convenzioni per la determinazione dei compensi spettanti agli uffici postali per le attività da questi ultimi svolte.

La modifica, comunque, non comporta maggiori spese a carico del bilancio dello Stato dal momento che si limita a spostare la competenza ad effettuare il pagamento da un soggetto (per la cui remunerazione era già assicurata la coperture finanziaria dal decreto legislativo n. 237 del 1997) ad un altro.

LETT. L)

Le disposizioni del nuovo articolo 16-bis si rendono necessarie per far salve le eventuali procedure poste in essere dai concessionari fino all’entrata in vigore delle disposizioni correttive, nonché per ufficializzare i pagamenti delle spese di giustizia finora effettuati dagli uffici postali a prescindere da ogni competenza territoriale.

In relazione alle esigenze di semplificazione sottolineate dalla Commissione relativamente alle procedure per il pagamento delle imposte già riscosse presso gli aboliti servizi autonomi di cassa (oss. n. 1), si è ritenuto di non dover apportare modifiche al testo del provvedimento in quanto sono già stati definiti gli adempimenti idonei a dare soluzione ai problemi ed ai disagi segnalati.

Per quanto riguarda l’osservazione della Commissione con la quale si chiede di estendere l’autoliquidazione di alcuni tributi (oss. n. 2), non è stato possibile intervenire in questa sede atteso che una previsione del genere eccederebbe i limiti posti dalla legge di delega. Al riguardo, comunque, si segnala che il disegno di legge collegato alla legge finanziaria per l’anno 1999 (AC 5267) reca una norma di delega al Governo che prevede, tra i principi direttivi, appunto la semplificazione delle procedure di pagamento di taluni tributi mediante l’istituto dell’autoliquidazione; sarà quindi possibile intervenire, qualora ritenuto opportuno, su tale previsione per ampliarne la portata.

Non è stato possibile accogliere l’osservazione relativa alla opportunità di sopprimere i cosiddetti tributi "bagatellari" in quanto una simile previsione si sarebbe posta al di fuori dei limiti posti dai principi e criteri direttivi recati dalla legge di delega (oss. n. 5).

 

ARTICOLO 2

LETT. A), NUMERO 1) E F), NUMERO 1)

Con la modifica dell’articolo 17, comma 1, e dell’articolo 25, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 241 del 1997, si prevede, accogliendo sul punto un invito della Commissione parlamentare (oss. n. 10), che la procedura del versamento unificato di imposte e contributi, con compensazione dei crediti, venga estesa anche alle persone fisiche non titolari di partita IVA che finora ne erano esclusi.

LETT. A), NUMERO 2)

La disposizione è diretta a razionalizzare il pagamento delle ritenute, consentendo di applicare la nuova procedura dei versamenti unitari anche alle ritenute previste dall’articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. Viene, comunque, preservata la facoltà di eseguire il versamento di tali ritenute con le modalità preesistenti.

LETT. B), NUMERO 1), C), NUMERO 2), D) ED E)

Accogliendo una osservazione della Commissione al riguardo (oss. n. 15), sono state modificate talune disposizione dello stesso decreto legislativo n. 241 del 1997, al fine di anticipare al 31 dicembre 1998 la fine del periodo transitorio previsto nella sezione II del capo III dello stesso decreto n. 241 del 1997. Durante tale periodo i versamenti, pur se effettuati presso le banche e gli uffici postali, debbono transitare attraverso i concessionari che, a loro volta, li riversano in tesoreria. L’eliminazione del passaggio dei tributi attraverso i concessionari consente di recuperare giorni di lavorazione e, quindi, sia di protrarre dal 15 al 16 del mese di scadenza, senza oneri per il bilancio dello Stato, i termini di pagamento dei contribuenti, venendo in tal modo incontro alle esigenze più volte rappresentate da diverse organizzazioni di categoria, sia di attribuire un giorno in più agli intermediari per l’espletamento delle operazioni previste dall’articolo 21 del citato decreto legislativo. Con riguardo a tale ultimo aspetto si evidenzia che il giorno in più di valuta sulle somme riscosse attribuito agli intermediari consentirebbe di rivedere, a favore dell’erario, la misura del compenso attualmente fissato per l’espletamento delle predette operazioni.

LETT. B), NUMERO 2) E C), NUMERO 1)

La norma si rende necessaria per mantenere inalterata la scadenza dell’"acconto" IVA da versare nel mese di dicembre ed il momento di acquisizione del relativo importo.

LETT. F), NUMERO 2)

L’articolo 25, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 9 luglio 19977, n. 241, prevede che la garanzia relativa ai rimborsi d’imposta sia prestata in favore dell’ufficio tributario competente al rimborso e copre qualsiasi credito vantato dall’ufficio stesso, indipendentemente dall’atto in base al quale la garanzia è stata prestata.

Con la soppressione di tale disposizione si intende uniformare la garanzia prestata per i rimborsi d’imposta chiesti successivamente alla compensazione di tributi diversi (ai sensi dello stesso articolo 25, comma 4, primo periodo) a quella prevista dall’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come modificato, da ultimo, dal decreto legislativo 23 marzo 1998, n. 56.

Il comma 2 stabilisce che l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di versamento diretto con compensazione, nonché in materia di termini per il versamento ed il riversamento delle relative somme decorrerà dal 1° gennaio 1999.

Per quanto riguarda la proposta della Commissione, relativa alla estensione alle controversie pendenti alla data del 7 gennaio 1998 delle disposizioni del regolamento n. 442 del 1997 in materia di opzione e revoca di regimi contabili (oss. n. 11), si fa presente che l’intervento auspicato, da ritenersi condivisibile, verrà operato con lo stesso strumento regolamentare ai sensi dell’articolo 3, comma 137 della legge n. 662 del 1996.

La proposta, avanzata dalla Commissione, di armonizzazione della disciplina degli obblighi contabili ai fini dell’IVA e delle imposte dirette per gli enti soggetti alle norme di contabilità pubblica (oss. n. 12) va sicuramente condivisa; d’altro canto, il Governo si riserva di intervenire sulla questione con il più agevole strumento regolamentare ai sensi della disposizione di delegificazione contenuta nel comma 136, articolo 3 della predetta legge n. 662 del 1996.

Del pari, si ritengono condivisibili le argomentazioni della Commissione (oss. n. 14) relative all’opportunità di uniformare le modalità di comunicazione alla amministrazione finanziaria da parte di tutti i sostituti di imposta dei dati relativi ai compensi erogati, atteso che le norme in materia sono attualmente dettate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, le modifiche normative verranno effettuate con lo strumento regolamentare ai sensi dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

Si precisa, inoltre, che relativamente alla opportunità di predisporre una adeguata rete informativa per far affluire alle Regioni ed agli enti locali i dati delle dichiarazioni dei sostituti d’imposta (oss. n. 14- seconda parte) , le necessarie misure organizzative saranno contenute nel provvedimento attuativo delle disposizioni dell’articolo 3, comma 153, della legge n. 662 del 1996 che ha previsto l’istituzione di un sistema di comunicazione tra amministrazioni centrali, regioni ed enti locali. Tale sistema di comunicazione, di fatto, verrà a sostituire quello previsto, ai soli fini dell’ICI, dall’articolo 10, comma 5 del decreto legislativo n. 504 del 1992 e, pertanto, potrà essere finanziato con le medesime modalità.

ARTICOLO 3

Per aderire ad una specifica osservazione avanzata dalla competente Commissione (oss. n. 13), al fine di evitare una sperequazione a danno delle imprese che svolgono promiscuamente attività di locazione di immobili abitativi e commerciali, con le disposizioni recate dalle lettere a) e b) del comma 1, si è provveduto ad apportare alcune modifiche al decreto del Presidente della repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Dal congiunto operare delle disposizioni di cui all’articolo 19, comma 5, e all’articolo 19-bis1, lettera i), del D.P.R. n. 633 del 1972 discende un duplice effetto negativo sulla detrazione per i soggetti che esercitano attività di locazione di fabbricati sia commerciali che abitativi. Per questi ultimi fabbricati la suddetta lettera i) dispone l’indetraibilità specifica dell’IVA afferente l’acquisto nonché le spese di manutenzione, recupero e gestione; essendo poi i corrispettivi delle locazioni di unità abitative esenti, gli stessi riducono il pro-rata di detrazione. Ne deriva che l’imposta afferente l’acquisto nonché le spese di manutenzione, recupero e gestione di unità abitative è integralmente indetraibile, mentre l’imposta afferente gli stessi acquisti riferiti a unità non abitative non è detraibile interamente, come invece coerentemente dovrebbe derivare dalla previsione di indetraibilità per le spese riferite a unità abitative, ma solo nei limiti della percentuale di detrazione di cui al ripetuto comma 5. Per ovviare a tale situazione con le disposizioni che si propongono si esclude anzitutto che la previsione di indetraibilità di cui alla lettera i) dell’articolo 19-bis1 operi se le unità abitative formano oggetto di locazione e se una limitazione della detrazione è già disposta dal comma 5 dell’articolo 19, qualora le locazioni esenti rilevino negativamente agli effetti della determinazione della percentuale di detrazione. Modificandosi l’articolo 36 del D.P.R. n. 633/72 si prevede altresì – come consentito dalle direttive comunitarie, che ammettono l’applicazione separata dell’imposta anche con riferimento a settori di attività – l’esperibilità della facoltà di optare per l’applicazione separata dell’imposta per i due settori di attività (gestione di unità abitative e gestione di unità non abitative), onde pervenire per ciascuno ad una determinazione corretta dell’imposta detraibile allo stesso riferibile.

Conseguentemente alle modifiche sopra descritte, con il comma 3 sono state dettate disposizioni finalizzate a disciplinare le modalità attuative delle stesse da parte dei contribuenti.

La disposizione di cui alla lettera c del comma 2 tende a dare attuazione alla delega al Governo contenuta nell’articolo 3, comma 134, punto 6, lett. i), della legge 662 del 1996 che, nel quadro della semplificazione del sistema dei rimborsi relativi alle imposte prevede la "facoltà per l’amministrazione finanziaria di chiedere, fino al termine di decadenza per l’esercizio dell’azione accertatrice, idonee garanzie in relazione all’entità della somma da rimborsare e alla solvibilità del contribuente".

Nell’ambito di tale delega si individuano delle situazioni, relativamente ai rimborsi IVA indicati nell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, per le quali si prevede l’esonero della garanzia.

L’articolo 30, terzo comma, lett. a), b) e d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 individua i contribuenti che si trovano nelle condizioni di essere fisiologicamente a credito di IVA in quanto:

Nei suddetti casi, i contribuenti, o per motivi tecnici connessi alla natura del tributo – il tipo di attività esercitata non consente l’applicazione dell’IVA, esportatori abituali, esercenti di attività all’estero – ovvero per determinazione normativa in ordine alla misura dell’aliquota applicata sugli acquisti e sulle importazioni rispetto a quelle (minore) applicata sulle operazioni effettuate (c.d. effetto scaletta), sono costantemente a crediti di IVA e sopportano per tale motivo, in modo altrettanto costante, l’onere derivante dalla garanzia fidejussoria, prevista dall’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica in questione, che condiziona i relativi rimborsi.

Si è pertanto predisposta l’allegata proposta di integrazione del decreto legislativo n. 241 del 1997 che prevede l’esonero dalla garanzia per i soggetti che si trovino nelle condizioni previste dal suddetto articolo 30, lett. a), b) e d), e che inoltre presentino le seguenti caratteristiche di "solvibilità":

Viene inoltre previsto che l’"entità" del rimborso dei crediti d’imposta in esonero di garanzia non potrà essere superiore al 100 per cento della media dei versamenti effettuati in conto fiscale nell’ultimo biennio.

Con il comma 2, in accoglimento di una osservazione formulata dalla Commissione parlamentare (oss. n. 9), è stata estesa a tutti i produttori agricoli la facoltà di separare, fino al 31 dicembre 1999, le attività svolte all’interno della stessa impresa agricola.

E’ da condividere, inoltre, l’esigenza, segnalata dalla Commissione (oss. n. 6), di chiarire la esatta portata della disposizione dell’ultimo comma dell’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, relativa al limite massimo dei rimborsi erogabili ai contribuenti qualora ricorrano tutte le condizioni previste dalla medesima norma. Tale chiarimento, però, non necessita di modifiche al testo e verrà effettuato con circolare.

In materia di regime fiscale IVA per le cessioni di cascami, rottami, carta da macero ecc., di cui all’articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, occorre premettere che eventuali modifiche alla vigente disciplina al riguardo, in quanto derogatoria rispetto all’ordinario regime dell’imposta, debbono essere concordate con la Commissione UE. Per quanto riguarda i chiarimenti chiesti dalla Commissione parlamentare (oss. n. 8), si precisa che gli stessi verranno forniti con apposita circolare.

In relazione alla esigenza, manifestata dalla Commissione parlamentare (oss. n. 7), di chiarire se l’esenzione dalla prestazione della garanzia per le società a "fisiologico" credito IVA si applichi anche nell’ipotesi di liquidazione dell’IVA "di gruppo prevista dall’articolo 73, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, si fa presente che tali precisazioni verranno fornite con apposita circolare al riguardo.

ARTICOLO 4

Con la modifica di cui a1la lettera a) del comma 1, al fine di risolvere dubbi interpretativi che erano sorti nella concreta attuazione della norma concernente la determinazione della base imponibile IRAP per le imprese di assicurazione, si è provveduto a chiarire, come richiesto dalla Commissione parlamentare (oss. n. 18), che gli interessi passivi sono compresi tra i componenti che le predette imprese di assicurazione possono portare in deduzione nella determinazione della base imponibile IRAP ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 446/1997.

La prima modifica recata dalla lettera b) dello stesso comma chiarisce, così come richiesto dalla Commissione parlamentare (oss. n. 16), che per i consorzi di garanzia collettiva fidi la base imponibile IRAP va determinata sulla base delle retribuzioni, analogamente a quanto si verifica per gli enti non commerciali, è stata apportata una modifica al comma 1, dell’articolo 10 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, inserendo espressamente i suddetti consorzi tra i soggetti che beneficiano di tale modalità di determinazione della base imponibile ai fini dell’IRAP.

Con la seconda integrazione di cui alla citata lettera b), si è sostanzialmente recepita nel testo l’osservazione della Commissione parlamentare (oss. n. 17) relativa alla necessità di prevedere la non concorrenza alla formazione dell’imponibile IRAP delle somme erogate per borse e assegni di studio che godono attualmente dell’esenzione dall’IRPEF. Si è previsto che tale disposizione agevolativa abbia effetto limitatamente alle borse e agli assegni di studio attribuiti fino al 31 dicembre 1999 e che siano attualmente esenti da IRPEF (quali, a titolo esemplificativo, le borse di studio corrisposte dalle regioni a statuto ordinario agli studenti universitari, quelle per la frequenza di corsi perfezionamento e simili corrisposte dalle Università e quelle per la frequenza di corsi di specializzazione in medicina) in previsione di un intervento che riveda complessivamente la materia del trattamento ai fini IRAP delle predette somme erogate da tutti i soggetti.

La lettera c), in accoglimento della proposta della Commissione parlamentare (oss. n. 22) modifica l’articolo 17, comma 3, del decreto legislativo n. 446 del 1997 sostituendo, ai fini della determinazione dell’ambito territoriale per la concessione del beneficio, il riferimento all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 1978 con la pronuncia della Commissione delle Comunità Europee n.95/455/CE. La stessa lettera reca una modifica finalizzata ad esplicitare normativamente che la base di calcolo per determinare la detrazione dall’IRAP per le imprese operanti nel Mezzogiorno è costituita dalle "retribuzioni" dei dipendenti. Tale chiarimento, peraltro già fornito con circolare, si rende necessario per rendere la disposizione del tutto compatibile con la normativa comunitaria al riguardo.

Con la lettera d), al fine di accogliere il suggerimento della Commissione al riguardo (oss. n. 27), è stato modificato l’articolo 31 del decreto legislativo n. 446 del 1997, prevedendo la possibilità di regolarizzare gli omessi o insufficienti versamenti IRAP (i cui termini sono scaduti alla data del 30 ottobre 1998) con il pagamento delle somme non pagate (comprensive dei relativi interessi calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno) entro il termine del primo versamento IRAP successivo alla predetta data.

Con la lettera e), accogliendo un suggerimento della stessa Commissione, sono state rimodulate le aliquote IRAP dovute dai soggetti operanti nei settori dell’agricoltura e della piccola pesca durante il periodo transitorio (oss. n. 19). Per effetto dell’intervento, i predetti soggetti potranno usufruire di un più graduale "sentiero" di avvicinamento all’aliquota ordinaria del 4, 25 per cento che sarà articolato in cinque periodi d’imposta anziché quattro.

Con la lettera f), in considerazione dei ristretti tempi a disposizione per l’espletamento delle procedure concorsuali per l’affidamento in gestione a terzi del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta sulla pubblicità e della tassa per l’occupazione di suoli ed aree pubbliche, si è previsto, accogliendo un suggerimento della Commissione parlamentare (oss. n. 4-seconda parte), che il comune possa esercitare la già prevista facoltà di proroga dei contratti aventi scadenza anteriormente al 31 dicembre1998 fino al 31 dicembre 1999.

Non si è ritenuto di accogliere, invece, la proposta relativa alla possibilità di dare in concessione le predette attività anche a soggetti che non siano in possesso dei requisiti previsti dagli articoli 52 e 52 del decreto n. 446 del 1997 (oss. n. 4-prima parte), in quanto tali norme sono finalizzate a garantire la trasparenza delle procedure di affidamento dei servizi nonché l’affidabilità e la correttezza dei soggetti concessionari.

Non si è potuto accogliere il suggerimento di cui al punto 20) del parere della Commissione parlamentare in primo luogo per esigenze di carattere finanziario a causa delle inevitabili conseguenze che una modifica della base imponibile IRAP avrebbe sul gettito dell’imposta. In secondo luogo la estensione del regime agevolativo previsto per l’IRPEG per gli utili portati a riserva indivisibile anche ai fini della determinazione dell’imponibile IRAP, rischierebbe di confondere tributi diversi introducendo nella normativa IRAP principi ad essa estranei con la conseguenza di frammentare la disciplina di tale imposta di recente introduzione.

Per quel che concerne, poi, la proposta avanzata dalla Commissione parlamentare (oss. n. 21) di estendere alle organizzazioni non governative l’agevolazione prevista per le cooperative sociali che consente la deduzione del costo del lavoro delle persone svantaggiate dalla base imponibile IRAP, si fa presente che la forza lavoro utilizzata da tali organizzazioni non comprende soltanto categorie svantaggiate e pertanto, l’estensione in parola non sarebbe giustificata, per mancanza dei relativi presupposti.

Avuto riguardo alle valutazioni formulate dalla Commissione con riferimento all’eventuale fenomeno di decentramento delle funzioni produttive, come diretta conseguenza della introduzione dell’IRAP (vedi il punto n. 23 del parere), occorre rilevare che le stesse attengono a considerazioni di ordine politico in relazione alle quali il Governo ribadisce la propria disponibilità ad intervenire nel futuro qualora le problematiche evidenziate dovessero trovare effettivo riscontro nella pratica applicazione della riforma attuata con l’istituzione di tale imposta.

ARTICOLO 5

Nella elaborazione del provvedimento a seguito del parere della Commissione parlamentare, non si è tenuto conto di talune osservazioni di carattere generale (vedi osservazioni 3, 4, 12, 13 e 15 della parte seconda del parere) che avrebbero richiesto, di fatto, una revisione di ampio respiro del decreto n. 460 del 1997. Ciò in quanto, proprio per l’ampiezza delle problematiche prospettate, l’intervento non può che essere differito ad una momento successivo nel quale possano essere complessivamente valutati tutti i problemi pratici connessi all’introduzione della nuova disciplina fiscale per gli enti non commerciali e per le ONLUS. Le modifiche apportate, pertanto, sono finalizzate a risolvere le questioni aventi carattere di maggiore urgenza.

La disposizione del comma 1, lettera a), sulla base di un suggerimento della Commissione parlamentare (oss. n. 8–parte II), è finalizzata a fissare al 18 dicembre 1998 il termine entro il quale gli enti di tipo associativo debbono adeguare i propri statuti secondo le previsioni del decreto legislativo 7 dicembre 1997, n. 460 per potere beneficiare delle agevolazioni tributarie; la predetta data è stata individuata allo scopo di contemperare l’esigenza di offrire ai predetti soggetti un congruo differimento del termine con quella di rendere più agevole per i soggetti destinatari di porre in essere i citati adempimenti evitando di porre come scadenza gli ultimi giorni dell’anno. Occorre precisare, al riguardo, che il predetto termine si applica anche con specifico riferimento alle ONLUS, in forza del generale rinvio alle disposizioni relative agli enti non commerciali operato dall’articolo 26 del decreto n. 460 del 1997.

Con la lettera b) è stato modificato, accogliendo, sul punto una osservazione della Commissione (oss. n. 6–parte II), l’articolo 9 del decreto legislativo n. 460 del 1997 prevedendo che la registrazione degli atti relativi al trasferimento a titolo gratuito di beni agli enti non commerciali e alle ONLUS possa avvenire entro il 31 marzo 1999. Con la medesima lettera, sempre aderendo ad un suggerimento della Commissione parlamentare (oss. n. 10–parte II), è stata modificata la disposizione transitoria relativa alle agevolazioni temporanee per il trasferimento di beni patrimoniali agli enti non commerciali e alle ONLUS.

Con la prima modifica recata dalla lettera c), è stata, inoltre, operata, aderendo ad un suggerimento della Commissione parlamentare (oss. n. 19–parte II), una modifica all’articolo 10, comma 4, del citato decreto n. 460 del 1997, al fine di coordinare tale disposizione con quella recata dal comma 1, lettera a), numero 11, dello stesso articolo 10.

La seconda modifica di cui alla citata lettera c), in aderenza ad un suggerimento della Commissione (oss. n. 17–parte II), estende la qualifica di ONLUS "di diritto", spettante alle cooperative sociali ai sensi del comma 8 dell'art. 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997, anche ai consorzi di cooperative sociali di cui alla stessa legge n. 381 del 1991 a condizione che gli stessi siano formati interamente da cooperative sociali.

Con i commi 2 e 3, si è accolta l’osservazione della Commissione parlamentare (oss. n. 11–parte II)relativa alla necessità di prevedere, per le associazioni di rilevanza nazionale prive di organizzazione articolata sul territorio ed un elevato numero di soci, una deroga al requisito statutario del voto singolo del socio prevedendo la possibilità del voto per corrispondenza. Al fine di evitare che la modifica possa di fatto fare venire meno il requisito generale della "democraticità" della partecipazione alla vita sociale da parte di tutti i soci, la predetta possibilità è stata limitata, a quegli enti che espressamente prevedevano tale modalità di espressione del voto nell’atto costitutivo già prima dell’entrata in vigore della legge di cui il decreto n. 460 del 1997 costituisce attuazione, che siano in possesso dei seguenti requisiti: rilevanza nazionale dell’associazione e mancanza di una struttura articolata sul territorio.

Il suggerimento di carattere generale con il quale la Commissione propone di colmare il vuoto normativo che caratterizza il settore del no-profit (cons. A e D–parte II), con particolare riferimento alla definizione civilistica di tali soggetti ed ai problemi del lavoro volontario, implica un ampliamento dei contenuti della delega e, pertanto, non può essere accolto in questa sede che, nel rispetto dei limiti posti dalla predetta legge di delega, ha affrontato soltanto i problemi relativi alla disciplina fiscale. La richiesta della Commissione, che è relativa agli aspetti civilistici della disciplina, potrebbe essere presa in considerazione in occasione di una eventuale iniziativa di riforma generale del settore.

Posto, inoltre, che il controllo preventivo si prospetta come atto particolarmente oneroso e spesso inutile, si è del parere che le finalità sottese alle considerazioni della Commissione (vedi cons. gen. B-parte II) possano essere perseguite prevedendo nell’ambito dei controlli annuali affidati al Dipartimento delle Entrate una specifica attività degli Uffici, a tutela della corretta applicazione della normativa introdotta dal decreto legislativo n. 460 del 1997. In particolare tali controlli saranno finalizzati all’accertamento della rispondenza dei soggetti alle prescrizioni del decreto legislativo n. 460 del 1997 utilizzando le disposizioni recate dall’articolo 6 dello stesso decreto come parametri per verifica, in concreto, dell’eventuale "non commercialità" dei singoli enti. Al riguardo, inoltre, si fa presente che, con le disposizioni del disegno di legge recante norme in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale, collegato alla manovra finanziaria per l’anno 1999, si è provveduto ad eliminare gli ostacoli che si frapponevano alla piena operatività dell’organismo di controllo previsto dall’articolo 3, comma 191, della legge n. 662 del 1996.

Con riferimento all’esigenza rappresentata dalla Commissione (vedi cons. gen. C-parte II) di costituire un organismo di controllo sugli Enti non commerciali e sulle ONLUS, si fa presente che l’intervento sulla legge di delega, illustrato al precedente punto del parere, è strumentale alla imminente costituzione di tale organismo.

La proposta della Commissione riferita agli Enti aventi le caratteristiche di associazioni di promozione sociale, risulta superata dalle previsioni contenute nel disegno di legge concernente la disciplina delle associazioni di promozione sociale (AC 159 + abb.).

In merito alla osservazione della Commissione (oss. n. 1–parte II)relativa alla necessità di un intervento in materia di trattamento fiscale dei rimborsi spese erogati a volontari, si rileva che la delega non consente di operare l’intervento suggerito. D’altro canto la stessa modifica proposta dalla Commissione, finalizzata a estendere ai predetti rimborsi spese il trattamento tributario previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, non è sembrata idonea a soddisfare le esigenze segnalate in quanto la predetta disciplina dell’associazionismo sportivo è oggetto di una ridefinizione legislativa ( vedi disegno di legge concernente la disciplina delle società e associazioni dilettantistiche e degli enti di promozione sportiva - AC 2761 + abb).

La modifica normativa suggerita dalla Commissione (oss. n. 2–parte II), avuto riguardo al regime IVA applicabile alle prestazioni socio sanitarie e di assistenza erogate dalle ONLUS, è stata già recepita nel testo del disegno di legge c.d. "omnibus" (AC 4565-ter), la cui approvazione è ormai prossima.

La Commissione (oss. n. 3–parte II) pone il problema dell’applicazione dell'IVA sulle cessioni di beni alle ONLUS con particolare riferimento agli acquisti da parte di tali organismi di autoambulanze. Al riguardo, si evidenzia, in particolare, che, al momento, non è possibile prevedere l'esenzione per tutti gli acquisti di beni strumentali da parte delle ONLUS in quanto le ipotesi di esenzione sono tassativamente elencate nell'articolo 13 della VI direttiva CEE n. 77/388 del 17 maggio 1977 il quale non dispone trattamenti di esenzione in relazione alla qualificazione soggettiva del cessionario del bene. Aliquote IVA ridotte possono essere applicate solo ai beni menzionati nell'allegato H della direttiva comunitaria n. 92/77 del 19 ottobre 1992, secondo i criteri in essa contenuti. Poichè tra tali beni non figurano le cessioni di beni strumentali effettuate nei confronti di ONLUS nè come categoria unitaria di beni strumentali nè con riferimento a specifici beni strumentali, quali le autoambulanze, non può essere accolto il suggerimento avanzato dalla Commissione dei trenta. Il Governo, comunque, è disponibile, a valutare con la partecipazione dei soggetti interessati, l’opportunità di risolvere i problemi prospettati mediante un intervento in sede comunitaria al fine di rimuovere i suddetti ostacoli che non consentono un immediato intervento sulla legislazione interna.

Non è stato possibile accogliere il suggerimento della Commissione (oss. n. 5–parte II) concernente la previsione di un obbligo di assumere una determinata struttura societaria per gli enti che perdano la qualifica di enti non commerciali per aver superato un rilevante volume d’affari, in quanto ciò, in primo luogo, sarebbe in contrasto con i principi generali dell’ordinamento, ed inoltre, non risulterebbe in linea con i limiti posti dalla legge di delega.

In relazione alla osservazione della Commissione (oss. n. 7–parte II) in merito all’obbligo di redigere ed approvare annualmente "un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie", imposto agli enti non commerciali di tipo associativo dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 460 del 1997, la formulazione generica adottata dalla norma deriva dalla riconosciuta opportunità di non imporre a tali soggetti adempimenti eccessivamente onerosi. In ogni caso, è evidente che il concetto di rendiconto economico e finanziario non comprende la situazione patrimoniale. Per quanto riguarda, invece, l’obbligo di rendicontazione imposto alle ONLUS dall’articolo 25 dello stesso decreto n. 460 del 1997, la norma dispone espressamente che i predetti soggetti devono redigere un documento da cui risulti la situazione patrimoniale, economica e finanziaria distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali.

Per quanto riguarda l’osservazione della Commissione (oss. n. 9–parte II) relativa alla opportunità di estendere alle associazioni di volontariato non riconosciute la facoltà di accettare donazioni e lasciti ereditari già prevista, per quelle riconosciute, dall’articolo 6 della legge 266 del 1991, si precisa che le limitazioni che la legge di delega ha posto al legislatore delegato, non hanno consentito di prendere in considerazione l’intervento auspicato, dal momento che lo stesso avrebbe comportato la predisposizione di norme derogatorie alla disciplina civilistica in materia.

La Commissione (oss. n. 14–parte II) ha formulato una osservazione sottolineando la necessità di intervenire per evitare che la sola sospensione od eliminazione dalla tabella, prevista dalla legge n. 534 del 1996, delle istituzioni culturali destinatarie di contributi da parte dello Stato, derivante da non provata attività od inattività del soggetto, comporti la perdita della qualifica di ONLUS ed il conseguente venire meno dei benefici fiscali previsti dalla legge. Al riguardo si precisa che non si è ritenuto di dover modificare il testo del provvedimento in quanto al problema sollevato verrà data soluzione in via amministrativa.

Non si è ritenuto di poter accogliere l’osservazione della Commissione (oss. n. 12–parte II) relativa alla limitazione del vincolo di destinazione del patrimonio delle ONLUS in caso di suo scioglimento, in quanto la modifica della disposizione si sarebbe posta in contrasto con i criteri della legge di delega.

Non è stata accolta la richiesta della Commissione (oss. n. 16–parte II) in merito alla previsione di una deroga al divieto della temporaneità della partecipazione alla vita associativa (analogamente a quanto previsto per gli enti ecclesiastici) a favore di altre associazioni ed istituti, in quanto la suddetta deroga non si giustifica nei casi esemplificati dalla medesima Commissione non esistendo, per tali soggetti, alcun reale impedimento al rispetto del requisito statutario citato.

In merito alla osservazione formulata dalla Commissione (oss. n. 18–parte II) relativa alla necessità di chiarire che le attività di formazione e di istruzione, esercitate dai soggetti che svolgono attività di promozione della cultura e dell’arte ai quali sono erogati contributi da parte dello Stato, debbano essere necessariamente rivolte in favore delle categorie svantaggiate, si fa presente che il pericolo paventato dalla stessa Commissione non sussiste: ogni settore di attività delle ONLUS è soggetto a regole sue proprie e pertanto, per beneficiare delle disposizioni agevolative, le attività di istruzione e formazione debbono essere in ogni caso rese a favore di persone svantaggiate.

ARTICOLO 6

Le integrazioni all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, (che detta disposizioni in materia di riduzione delle sanzioni amministrative tributarie in caso di ravvedimento del contribuente), recata dalla lettera a), numero 1) del presente articolo, hanno carattere formale e di coordinamento normativo, e sono state effettuate anche sulla base di un suggerimento della Commissione parlamentare (oss. n. 24). La modifica al medesimo articolo 13, apportata con il numero 2), si è resa necessaria al fine di prevedere tra le condizioni che debbono ricorrere perché si possa usufruire dell’esclusione dall’applicazione delle sanzioni anche la circostanza che le omissioni o gli errori non debbono essere di natura tale da ostacolare un’attività di accertamento in corso (fermo restando che gli stessi non debbono incidere sulla determinazione o sul pagamento del tributo, e che la regolarizzazione deve essere effettuata entro tre mesi)".

Con la lettera b), in linea con il suggerimento della Commissione parlamentare (oss. n. 26), il termine per la definizione delle controversie pendenti alla data del 1° aprile 1998, in materia di sanzioni tributarie, è stato differito al 18 dicembre 1998. La stessa lettera, inoltre, recepisce integralmente la proposta della Commissione (oss. n. 25) di inserire una norma finalizzata ad evitare l’applicazione di sanzioni per errori formali commessi nella predisposizione delle dichiarazioni dei redditi e del modello UNICO presentati nel 1998. Non è stato possibile, invece, recepire la proposta della Commissione di estendere la definizione agevolata anche a tutte le tipologie di illeciti tributari amministrativi comunque sanzionati, attesa la difficoltà di individuare univoci criteri per la definizione di diverse tipologie di sanzioni non pecuniarie.

Infine, per quanto riguarda le osservazioni della Commissione formulate nella parte terza del parere, si fa presente che i chiarimenti finalizzati a risolvere le problematiche sollevate sono contenuti nella risoluzione ministeriale n. 159/E del 28 ottobre 1998.

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