Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

RELAZIONE AL DECRETO LEGISLATIVO IN MATERIA DI IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO IN ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 3, COMMA 66, DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1996, N. 662.

L’articolo 1 del presente provvedimento reca modifiche agli articoli 2, 4, 6 e 10 del DPR n. 633 del 1972.

In particolare, l’esclusione dall’imposta oggi prevista per i conferimenti in genere, viene circoscritta, come previsto dalla VI direttiva, ai conferimenti di aziende o di rami di azienda; diviene pertanto soggetto ad imposta il conferimento di singoli beni e servizi accorpando la lettera e) alla lettera f) e, quindi, uniformando i contenuti dei conferimenti a quelli delle cessioni.

Viene modificato il primo comma dell’articolo 4, al fine di ricondurre tra i soggetti d’imposta anche coloro che svolgono attività non enumerate nella tassativa previsione dell’articolo 2195 del codice civile, ma organizzate in forma di impresa.

Vengono, altresì introdotte deroghe al principio affermato nel secondo comma del predetto articolo 4, allo scopo di eliminare alcuni effetti della attribuzione di carattere imprenditoriale a qualunque attività svolta da società commerciali. Sono state quindi individuate alcune attività non rivolte al mercato, ma tipicamente finalizzate a consentire un mero godimento di beni e servizi da parte dei loro diretti o indiretti titolari. Negando a tali attività natura commerciale si impedisce la detrazione dell’IVA sui relativi acquisti; questa norma si presta però anche a contrastare le successive destinazioni, a queste finalità di mero godimento, di beni precedentemente adoperati ad altri fini (e sui cui acquisti l’imposta era stata in ipotesi detratta). Con la norma in esame, in sostanza, viene a crearsi nel patrimonio delle società e degli enti, analogamente a quanto avviene per le persone fisiche, una sfera "non commerciale" parallela a quella commerciale.

La destinazione al "mero godimento" di cui all’articolo 4, come modificato dal presente decreto, comporta infatti l’applicazione dell’imposta sul valore normale del bene, in base alla disposizione dell’articolo 2 in materia di "destinazione a finalità estranee" all’esercizio dell’impresa.

Con le modifiche all’articolo 6 viene fissato il momento in cui l’imposta diviene esigibile, cioè, il momento a partire dal quale lo Stato è potenziale creditore dell’imposta, anche se, in realtà, il debito d’imposta deve essere assolto dal contribuente nei termini e con le modalità stabilite nel titolo secondo del DPR n. 633 del 1972. La nuova disposizione sull’esigibilità costituisce inoltre la premessa per ricollegarvi, in modo simmetrico il diritto alla detrazione d’imposta.

Per quanto concerne, in particolare, le operazioni fatte allo Stato, regioni, provincie, comuni, ecc., non viene più differito il momento di effettuazione delle operazioni, ma viene posticipata, al conseguimento del corrispettivo la sola esigibilità dell’imposta; a coloro che forniscono beni e servizi ai predetti enti è data, tuttavia, facoltà di rinunciare al rinvio del pagamento dell’imposta e di attenersi alla regola generale.

Essendo venute a cadere le deroghe al momento di effettuazione delle operazioni è stato conseguentemente soppresso l’ultimo comma dell’articolo 16 del DPR n. 633 del 1972 che, in caso di mutamento di aliquota nelle more del pagamento del corrispettivo della cessione o della prestazione, lasciava invariato l’originario addebito dell’imposta.

L’esclusione dall’imposta stabilita dal terzo comma, lettera h), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, per le cessioni di beni il cui acquisto non dà luogo alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19, secondo comma, è stata convertita in esenzione ex articolo 10 ed è stata estesa a tutti i beni per i quali non spetta alcuna detrazione d’imposta ai sensi degli articoli 19, 19-bis 1 e 19-bis2. Ciò per aderire all’indirizzo della Commissione U.E. confermato con la sentenza del 25 giugno 1997 (punti 19 e 20) della causa C-45/95, con la quale la Corte di Giustizia ha condannato lo Stato italiano per il mancato recepimento della disposizione di cui all’articolo 13 B, c., della VI direttiva CEE.

Relativamente a tale articolo, si segnala che il testo recepisce le osservazioni delle Commissione parlamentare di cui all’articolo 3, comma 13, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in relazione alla inclusione della definizione di ramo aziendale e alla sostituzione del concetto di debenza dell’imposta con quello di "esigibilità". Non si è ritenuto di poter condividere, invece, le osservazioni relative alla previsione di ulteriori fattispecie di esclusione e di esenzione dall’imposta e alla necessità di prorogare le agevolazioni per lo scioglimento delle società di comodo, in quanto tali proposte eccedono i limiti posti dalla legge di delega e si pongono in contrasto con i principi comunitari in materia di IVA.

L’articolo 17 della VI direttiva del 17 maggio 1977, n. 388, stabilisce, ai numeri 2 e 3, che la detrazione dell’IVA compete nella misura in cui i beni e servizi acquistati o importati sono impiegati per realizzare operazioni soggette ad imposta o a queste assimilate (esportazioni, servizi internazionali, ecc.).

Secondo le citate norme comunitarie, quindi, la detrazione non spetta per i beni e servizi sia utilizzati in operazioni esenti, sia in operazioni escluse dal campo di applicazione dell’IVA.

Ma le norme dettate in materia di detrazioni dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non si sono rivelate così precise e puntuali da impedire ai contribuenti di

detrarre l’imposta relativa a beni e servizi utilizzati in attività escluse dall’IVA o addirittura in operazioni esenti da imposta.

Peraltro, pur avendo l’IVA subìto, in quasi 25 anni di vita, innumerevoli rimaneggiamenti, pochi di essi sono stati preordinati a migliorare l’aspetto fondamentale del tributo costituito, com’è noto, dal meccanismo delle detrazioni.

Dalla descritta situazione è scaturita la delega di cui all’articolo 3, comma 66, lett. b), della legge n. 662 del 1996, concessa al Governo con l’obiettivo di eliminare le cennate discrasie attraverso il riordino della disciplina delle detrazioni IVA, secondo un maggiore rispetto delle direttive comunitarie.

Da un lato, va esplicitamente sancita l’indetraibilità dell’imposta a fronte di operazioni escluse dal campo IVA, disciplinando le ipotesi di detraibilità parziale, dall’altro va disciplinato in modo più puntuale ed organico il diritto alla detrazione da parte di soggetti che svolgono sia attività imponibili (o assimilate) sia attività esenti.

Con tali intendimenti si è proceduto a predisporre l’unito schema di norme destinate a sostituire quelle previste dagli articoli 19 e 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, salvi i necessari coordinamenti con altre disposizioni dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 legate al meccanismo delle detrazioni.

Con l’articolo 2 del presente decreto sono sostituiti gli articoli 19 e 19-bis del DPR n. 633 del 1972.

Nel nuovo testo dell’articolo 19 il primo comma, solo per il primo periodo è immutato rispetto alla formulazione vigente. Il diritto alla detrazione continua ad essere riconosciuto al soggetto passivo in quanto tale per tutti i beni e servizi purché inerenti l’esercizio dell’attività svolta; il diritto alla detrazione potenzialmente illimitato, viene ad essere ridimensionato dalle successive disposizioni le quali, in sostanza, non lo ammettono se i beni ed i servizi riguardano operazioni escluse dall’applicazione del tributo.

Per evidenti ragioni di semplicità applicativa la detrazione deve continuare ad avvenire al momento dell’acquisto dei beni e servizi, compresi quelli ammortizzabili. E’ stato perciò previsto che la detrazione avvenga al momento dell’acquisto, senza attendere il materiale impiego dei beni o dei servizi, ma i sopra indicati principi impongono già in tale momento di considerare se per ipotesi l’acquisto già prospetticamente afferisca ad operazioni esenti o escluse; in tal caso la detrazione è preclusa sin dall’origine. Ciò che il contribuente deve valutare, e che è suscettibile di riscontri da parte degli organi di controllo, é l’oggettiva afferenza dell’acquisto ad operazioni esenti o escluse dal campo di applicazione del tributo. Sarà poi compito del successivo articolo 19-bis2 stabilire in quale misura la detrazione inizialmente operata deve essere corretta, a seguito di una eventuale utilizzazione del bene diversa da quella considerata al momento dell’acquisto o a seguito di mutamenti straordinari del regime IVA applicabile all’attività aziendale.

Con una disposizione innovativa viene fissato il momento in cui nasce il diritto alla detrazione (momento in cui l’imposta diviene esigibile), ma viene consentito al contribuente di esercitare il relativo diritto in un lasso di tempo ben più ampio di quello attualmente previsto cioè, al più tardi, nella dichiarazione IVA relativa al secondo anno successivo a quello in cui sorge il diritto.

Nel secondo comma si è dovuto disporre il divieto di detrazione generalizzato per tutte le operazioni che non rilevano agli effetti del tributo, siano esse qualificate, esenti, non soggette all’imposta ovvero escluse dal suo campo di applicazione, salvo, poi, riammettere alla detrazione con il terzo comma tutte quelle operazioni cui le disposizioni comunitarie riconnettono comunque per la loro particolare natura il diritto alla detrazione dell’imposta "a monte" (esportazioni, cessioni intracomunitarie, cessioni di navi, aeromobili, ecc).

Per quanto attiene all’indetraibilità dell’imposta stabilita in via generale dal comma 2, è da porre in evidenza che nell’ampia locuzione "operazioni non soggette all’imposta" rientrano anche quelle escluse dal campo di applicazione del tributo, intendendo per tali sia quelle che sono oggetto di specifiche disposizioni di legge (contenute ad esempio negli articoli 2, 3 etc.) sia quelle che non rientrando nel campo IVA per mancanza di almeno uno dei requisiti generali richiesti dal tributo ai fini dell’imponibilità, non sono espressamente menzionate nel testo normativo.

Il rifiuto della detrazione postula che si configurino le descritte ipotesi e non le operazioni indirettamente e funzionalmente ricollegabili ad altre operazioni imponibili o dalla legge considerate tali. Così, ad esempio, deve ritenersi detraibile l’imposta su consulenze tese ad attuare una riorganizzazione dell’assetto societario o a pervenire ad una transazione, ad ottenere un risarcimento danni afferenti beni o attività dell’impresa, come pure l’imposta relativa a beni dati in comodato a clienti sempre che naturalmente il tutto si inquadri nell’ordinaria attività dell’impresa volta a porre in essere operazioni che danno diritto a detrazione. Ma la norma in questione, che è del tutto in linea con l’articolo 17 della VI direttiva, è destinata ad esplicare i suoi effetti soprattutto nei confronti di quei soggetti i quali, svolgendo attività escluse dal campo IVA (come ad esempio le holdings o i soggetti che prestano servizi a fronte di introiti di natura paratributaria, ecc.), non potranno più, a partire dal 1° gennaio 1998, accampare alcun diritto alla detrazione e al rimborso dell’imposta a monte.

Come sopra accennato, nella VI Direttiva è previsto che talune operazioni, attraverso la compatibilità della detrazione con l’esonero, siano completamente detassate. Si fa riferimento alle esportazioni, ai servizi internazionali, alle cessioni di navi ed aerei, alle cessioni intracomunitarie, ecc.

Partecipano allo stesso regime (compatibilità della detrazione con l’esonero) alcune fattispecie caratterizzate, vuoi dalla tassazione monofase (es. editoria, sali, tabacchi ecc.), vuoi dalla necessità di interrompere la tassazione in una data fase del ciclo economico per motivi di cautela fiscale (es. cessioni di rottami metallici, carta da macero, ecc.).

Il medesimo trattamento viene esteso alle cessioni di danaro e di crediti in denaro, di campioni gratuiti, alle operazioni di fusione, trasformazione e scissione che attengono alla struttura giuridica del soggetto passivo e non comportano come tali cessioni in senso tecnico, alle cessioni e conferimenti di aziende e di rami aziendali, in quanto implicano una continuità dell’impresa (articolo 4, punto 8, della VI direttiva).

Le disposizioni introdotte dal comma 4, primo periodo, sono la logica conseguenza della limitazione stabilità dal comma 2. Infatti, posto il principio dell’indetraibilità totale per beni e servizi esclusivamente impiegati in operazioni estranee al campo di applicazione dell’IVA, scaturisce l’esigenza di regolare le situazioni in cui i beni ed i servizi vengono utilizzati dal soggetto passivo sia in operazioni rientranti nel campo di applicazione del tributo sia in operazioni da esso escluse.

Si tratta di situazioni - già considerate in tema di enti non commerciali dall’articolo 19-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 - al verificarsi delle quali è rimessa al contribuente l’individuazione di appropriati criteri per la determinazione della quota parte dell’imposta non ammessa in detrazione.

Questo criterio di ripartizione tra IVA detraibile e IVA non detraibile opera su un piano diverso da quello della regola nota come "pro rata".

Il criterio di ripartizione previsto dal comma 4 porta ad un’analisi diretta degli acquisti in funzione del loro utilizzo, mentre la regola del pro rata agisce come strumento forfetario e indiretto dal momento che, attraverso la misurazione delle operazioni attive, quantifica un dato - l’IVA detraibile - riguardante invece le operazioni di acquisto.

Occorre peraltro notare che nella fattispecie non può trovare applicazione il pro rata di cui all’articolo 19-bis, che avrebbe ben scarsa attendibilità se riferito ad operazioni particolari ed eterogenee come quelle escluse; inoltre la Corte di Giustizia con sentenza 22 giugno 1993, relativa alla causa C-333/91, ha affermato che la regola del pro rata è riservata agli acquisti di beni e servizi utilizzati promiscuamente per operazioni imponibili ed esenti, cioè per quelle che in base alla VI direttiva, concorrono a formare la cifra d’affari del soggetto passivo.

Il quarto comma, secondo periodo - che sancisce l’indetraibilità dell’IVA per la quota parte riferibile all’utilizzazione dei beni e servizi per fini privati e comunque estranei all’esercizio dell’attività - estende a tali ipotesi la soluzione accolta per il caso che i beni ed i servizi siano parzialmente utilizzati per operazioni escluse, nel senso che anche in tali ipotesi l’imposta indetraibile è determinata dal contribuente secondo criteri oggettivi salvo, naturalmente, il controllo da parte dell’amministrazione finanziaria.

Con il quinto comma viene stabilito che i soggetti che esercitano sia attività che danno luogo a operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione dell’IVA, sia attività che danno luogo a operazioni esenti, operano la detrazione in base a un pro rata; provvisoriamente con quello dell’anno precedente, salvo conguaglio a consuntivo.

Recependo un suggerimento della Commissione parlamentare, la norma fa riferimento alle "attività" e non più alle "operazioni", dal che deriva che il pro-rata si rende applicabile soltanto in funzione di operazioni riconducibili all’attività caratteristica del soggetto d’imposta. In tal modo si evita l’applicazione del pro-rata da parte di chi, svolgendo essenzialmente un’attività soggetta ad IVA, effettua sporadicamente operazioni esenti non rientranti nell’attività propria. In entrambi i casi, naturalmente, per le operazioni non ricadenti nella regola del pro-rata torna applicabile la detrazione secondo il criterio dell’utilizzazione dei beni e servizi.

Con il nuovo articolo 19-bis viene fissata la formula per calcolare la percentuale di detrazione, la quale, giova ribadirlo, deve essere applicata soltanto all’IVA relativa a beni e servizi utilizzati per la effettuazione di operazioni soggette ad IVA o assimilate e di operazioni esenti.

Come stabilito dall’articolo 19 della VI direttiva, con le norme che si propongono viene determinata una percentuale di detraibilità e non d’indetraibilità dell’imposta come oggi previsto.

Come dall’attuale articolo 19, comma 3, dal calcolo del pro-rata vengono esclusi talune operazioni che a tal fine sono scarsamente significative, anzi fuorvianti (come, ad esempio, le cessioni di beni ammortizzabili); nel calcolo medesimo non vengono neppure ricomprese le operazioni escluse dal campo IVA di cui all’articolo 2, terzo comma, lettere a), b), d), e f), le quali, secondo la già richiamata sentenza della Corte di Giustizia U.E., non debbono interferire nella determinazione della percentuale di detrazione.

Per quanto concerne le operazioni esenti, di cui ai numeri da 1) a 9) dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, anch’esse escluse dal calcolo del pro-rata, quando non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa, è stato espressamente previsto - ad evitare il protrarsi dei numerosi casi di contenzioso - che resta comunque ferma l’indetraibilità dell’imposta relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per realizzare le operazioni medesime, perché si rende applicabile la regola generale del comma 2 dell’articolo 19.

Relativamente all’articolo 2, si evidenzia che nello stesso è stata recepita l’osservazione della citata Commissione parlamentare relativa alla opportunità di far riferimento, per il calcolo del pro-rata, alle "attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione e ad operazioni esenti". Non sono state accolte, al contrario le osservazioni riguardanti l’introduzione di talune nuove fattispecie di esclusione dall’imposta ovvero di indetraibilità della stessa, in quanto si è ritenuto che le stesse non rispettassero i limiti posti dal legislatore delegante e non fossero in linea con le corrispondenti norme comunitarie.

L’articolo 3 del presente decreto inserisce, nel DPR n. 633/72, dopo l’articolo 19-bis, due articoli (19-bis1 e 19-bis2).

Nell’articolo 19-bis1, salvo le modifiche di seguito indicate, sono confermate le esclusioni e le riduzioni della detrazione dell’imposta relativa all’acquisto di alcuni beni e servizi, attualmente indicate nel secondo comma dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633.

E’ stata soppressa l’indetraibilità, prevista dall’articolo 19, comma 2, lettera e-ter), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, riguardante beni immobili acquistati da soggetti passivi in comproprietà con "non soggetti" d’imposta.

Ciò in quanto il divieto non è giustificato per la quota di proprietà dell’immobile riferibile al soggetto d’imposta (cfr. sentenza Corte di Giustizia 11 luglio 1991 C - 97/90 ST. Lennartz).

E’ stata altresì soppressa per analoghi motivi (procedura di infrazione in atto avanti la Corte di Giustizia) l’indetraibilità prevista alla lettera e-quater) in materia di immobili strumentali acquistati nell’esercizio di arti e professioni. E’ stato, inoltre, precisato alla lettera e) che l’indetraibilità in essa contenuta, non opera per le operazioni inerenti l’attività propria dell’impresa.

Per contro è stata introdotta (lettera f) l’indetraibilità, con le opportune eccezioni, dell’imposta afferente l’acquisto di beni (alimenti e bevande) trattandosi di operazioni che si connotano normalmente come rivolte al consumo finale; è stata inoltre disposta l’indetraibilità dell’IVA sulle spese di rappresentanza (lettera h) così come previsto dalla VI Direttiva; attesa la vasta letteratura esistente sullo specifico tema, si è rinviato alla definizione che si rinviene ai fini delle imposte sul reddito e, in sostanza, all’articolo 74, secondo comma, TUIR n. 917/1986.

Nell’articolo 19-bis2, in sintonia con l’articolo 20, paragrafo 1, della VI direttiva, si prevede, ai commi 1 e 2, una rettifica della detrazione iniziale relativamente ai beni e servizi per l’ipotesi che ad essi sia data una destinazione diversa da quella considerata ai fini della detrazione operata al momento dell’acquisto.

Detta rettifica trae la sua giustificazione sia dal fatto che la detrazione è dalla legge accordata con carattere di immediatezza, senza cioè attendere l’effettivo impiego degli acquisti, sia dal fatto che alcuni beni e servizi formano oggetto di utilizzazione pluriennale da parte del soggetto passivo. Ai fini della rettifica per i beni non ammortizzabili, deve tenersi conto soltanto dell’eventuale diverso impiego - rispetto alla previsione iniziale - che può verificarsi all’atto della loro "prima utilizzazione", ciò vale anche per quei beni strumentali per i quali è esclusa la procedura di cui ai commi successivi (ad esempio i beni di costo inferiore al milione).

Le rettifiche della detrazione sono destinate ad assumere carattere di marginalità specialmente per quanto riguarda i beni non ammortizzabili: ciò sia perché le caratteristiche dei beni in rapporto al tipo di attività del soggetto passivo ne fanno prevedere univocamente il loro effettivo impiego in una determinata categoria di operazioni sia perché non deve farsi luogo a rettifica quando la diversa misura della detrazione deriva dalle variazioni del pro-rata.

Per i beni ammortizzabili, l’entità della rettifica è rapportata agli anni solari interi che intercorrono tra quello in cui si verifica il cambio di destinazione e quello di "tutela fiscale", pari ad anni cinque. Se, ad esempio, un bene ammortizzabile acquistato nel corso dell’anno 1998, gravato da lire 1.000.000 di IVA, interamente detratta perché utilizzato in operazioni tassate, viene impiegato in operazioni escluse nel corso dell’anno 2001 al contribuente resterà attribuita la detrazione di lire 600.000 per gli anni 1998, 1999 e 2000, mentre incomberà l’obbligo di restituire lire 400.000, pari cioè ai due quinti dell’imposta detratta inizialmente, riferita agli anni 2001 e 2002.

Mentre il comma 1 riguarda rettifiche su singoli beni, il comma 3 si riferisce ad eventi di ordine generale, che possono riepilogarsi come segue:

1) mutamento del regime fiscale applicabile alle operazioni attive (ad es. passaggio da regime di esenzione a regime di imponibilità e viceversa);

2) adozione o abbandono di regimi speciali che riguardano anche la detrazione dell’imposta sugli acquisti (agricoltura, spettacoli ecc.); in questo caso la detrazione rischia di essere duplicata per i beni acquistati prima dell’ingresso nel regime speciale e utilizzati dopo, ed invece azzerata (in caso di abbandono del regime speciale) per i beni acquistati in regime speciale e utilizzati dopo;

3) mutamenti nella gestione aziendale, a seguito dei quali vengono intraprese nuove attività, esenti o imponibili.

In tutti questi casi si stabilisce che l’IVA sui beni ed i servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati, debba essere oggetto di rettifiche che sostanzialmente seguono gli stessi principi sanciti nel comma 1, con la differenza di essere effettuate in unica soluzione in relazione agli eventi straordinari sopra indicati, senza attendere il materiale impiego dei beni stessi.

Il quarto comma, che riproduce sostanzialmente il 1° comma dell’attuale articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, riguarda le rettifiche che debbono essere operate per i beni ammortizzabili in caso di variazione della percentuale di detrazione oltre 10 punti.

La nuova formulazione stabilisce che il periodo di "tutela fiscale" decorre, qualunque siano le modalità di acquisizione del bene, dall’anno di entrata in funzione del bene medesimo, qualora questa non coincida con l’anno di acquisto o di produzione del bene; la prima rettifica va eseguita per tutta l’imposta che ha gravato l’iter acquisitivo del bene, con applicazione del pro rata dell’anno di entrata in funzione e prescindendo dalla tolleranza di dieci punti.

Si tratta di una misura di semplificazione rispetto all’attuale procedura poiché permette di riferire le rettifiche successive alla sola imposta "coagulata" nell’anno di entrata in funzione del bene.

L’ultimo periodo del quarto comma dà facoltà al contribuente di rinunciare alla tolleranza di dieci punti e di procedere alla rettifica per scostamenti inferiori a detto limite; in tal caso, ad evitare facili abusi, la rinuncia esplica effetto per almeno cinque anni.

Il quinto comma riassume le disposizioni dei commi 2 e 4 dell’attuale articolo 19-bis, previa eliminazione di richiami normativi non più conferenti.

Per il caso di cessione di beni ammortizzabili durante il periodo di "tutela fiscale", il sesto comma modifica il criterio di regolarizzazione attualmente previsto per uniformarlo a quello stabilito dall’articolo 20, paragrafo 3, della VI direttiva.

Pertanto la cessione imponibile apre il diritto al recupero dell’IVA a monte non detratta in proporzione agli anni mancanti al compimento del quinquennio; ad evitare abusi mediante l’artificiosa riduzione del prezzo di vendita, è stabilito che l’imposta detraibile non possa eccedere quella dovuta sulla vendita.

Il settimo comma è invariato rispetto al testo del corrispondente comma dell’attuale articolo 19-bis.

In virtù dell’ottavo comma, i fabbricati e le loro porzioni sono considerati comunque beni ammortizzabili; attesa la loro natura, il periodo di "tutela fiscale" è elevato a dieci anni e decorre dall’anno dell’acquisto o da quello della loro ultimazione; per effetto del più ampio periodo sopra indicato, si ha che le rettifiche si esprimono in decimi (anziché in quinti) nell’arco dei nove anni successivi a quello dell’acquisto o dell’ultimazione. Per quanto riguarda le aree fabbricabili, per le quali non si ha una utilizzazione in senso tecnico fino al momento della costruzione, il periodo rilevante per le rettifiche è stato unificato a quello dei fabbricati.

Il periodo di tempo adottato per la generalità degli immobili è intermedio tra quello attuale (5 anni) e quello consentito dall’articolo 20 della VI direttiva (20 anni).

Viene anche stabilita la regola generale secondo la quale tutte le rettifiche previste dal presente articolo debbono essere eseguite nella dichiarazione annuale degli anni in cui gli eventi indicati dalla norma si verificano.

Con l’articolo 4 del presente decreto si pongono in essere incisive modifiche di natura procedimentale riguardanti in particolare:

a) i termini di registrazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali attualmente previsti dall’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, i quali vengono differiti al più lungo periodo stabilito dalle nuove disposizioni (articolo 19, comma 1) per l’esercizio del diritto alla detrazione; viene, inoltre, soppresso il quinto comma dell’articolo 27, in quanto non si ritiene più rilevante, ai fini dell’esercizio della detrazione, il singolo periodo infrannuale ma solo la dichiarazione annuale;

b) le operazioni attive e passive che i contribuenti devono prendere in considerazione ai fini delle liquidazioni di imposta infrannuali di cui all’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, dopo che, con le modifiche apportate agli articoli 6 e 19 dello stesso decreto, sono stati fissati rispettivamente, il momento in cui l’imposta diviene esigibile e quello in cui nasce e viene esercitato il diritto alla detrazione;

c) gli adeguamenti che, in conseguenza delle modifiche introdotte, si riflettono sui contenuti della dichiarazione annuale, prendendo a base le disposizioni dell’articolo 28, come sostituito dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

L’articolo 5 del presente decreto sostituisce l’articolo 34 del DPR n. 633/72, recante il regime speciale per i produttori agricoli.

In conformità al disposto dell’art. 25 della sesta direttiva CEE n.77/388 del 17 maggio 1977, paragrafo 9, primo periodo, che ne prevede l’applicabilità ai soli agricoltori per i quali l’applicazione dell’ordinario regime IVA (o di un diverso regime forfettario) potrebbe creare delle difficoltà amministrative, per rendere l’applicazione dell’imposta più uniforme possibile fra le categorie ed eliminare le distorsioni constatate in questi anni, si ritiene necessario limitare il novero dei soggetti ammessi all’utilizzazione del predetto regime speciale.

Le modifiche apportate, finalizzate al conseguimento di una maggiore trasparenza fiscale nella commercializzazione dei prodotti agricoli consentono, inoltre, di limitare l’incidenza di fenomeni fraudolenti verificatisi, anche al livello comunitario e internazionale, nel settore, attuati attraverso la utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, l’indicazione di dati fiscali non veritieri, per impedire l’esatta individuazione dei produttori agricoli. Questi fenomeni si sono manifestati con particolare evidenza nel settore lattiero caseario e nel commercio dei bovini ed hanno determinato censure all’Italia da parte degli organismi comunitari. La riconduzione nell’ambito del regime ordinario degli agricoltori con volume d’affari più significativo, sia pure a decorrere dal 1° gennaio 2000, oltre a consentire l’effettuazione di più puntuali controlli di carattere formale e sostanziale, contrasta il perpetuarsi delle rilevate fenomenologie fraudolente, che sono rese possibili proprio in virtù delle peculiarità del regime speciale attualmente previsto.

Le ricordate caratteristiche consentono artifici frodatori piuttosto semplici, a volte fondati sulla semplice cessione di prodotti agricoli da un soggetto in regime speciale ad un altro in regime normale, fra loro generalmente collegati, con il solo scopo di consentire al cedente di trattenere l’imposta corrispondente alla percentuale di compensazione applicata alla cessione, imposta che l’acquirente, operando in regime normale, può a sua volta detrarre.

La limitazione dei soggetti ammessi al regime speciale agricolo, oltre a circoscrivere le frodi ideate con riferimento allo specifico settore, comporta l’effetto di ridurre notevolmente il generico rischio di cessioni di prodotti agricoli effettuate senza emissione di fattura, atteso che gli agricoltori che operano in regime ordinario sono tenuti all’osservanza dei normali adempimenti contabili previsti in materia di IVA, i quali implicano un effetto deterrente.

L’adozione, del criterio di limitazione dei soggetti ammessi al regime speciale agricolo fondato sulla rilevanza del volume d’affari prodotto, riduce ulteriormente il rischio di frodi, atteso che la predisposizione di artifici evasivi o elusivi si fonda, nel settore, su transazioni, reali o fittizie, per ammontari sempre rilevanti, comunque superiori ai quaranta milioni.

Secondo quanto dispone la direttiva CEE l’applicazione del regime speciale agricolo non ha motivo di esistere fra i produttori agricoli che per la loro dimensione non hanno difficoltà ad assolvere agli obblighi contabili previsti dal regime normale. Di conseguenza, si è ritenuto poter escludere, tranne che per il periodo transitorio, i produttori agricoli che abbiano realizzato nell’anno solare precedente un volume di affari superiore ad un ammontare predeterminato , che si è ritenuto fissare in quaranta milioni.

E’ stato invece ponderato attentamente il trattamento (esclusione o meno del regime speciale) da riservare alle cooperative costituite tra produttori agricoli, considerata, sia la rilevanza del fenomeno cooperativistico in alcune zone del territorio nazionale, sia il generale favore con cui il legislatore ha generalmente considerato detto fenomeno.

Pertanto, si è ritenuto che le cooperative e le altre forme similari di associazione rientrino, comunque, nel regime agricolo, nei limiti in cui operano per conto di produttori agricoli per i quali sono applicabili le nuove norme dell’articolo 34.

Accogliendo il suggerimento della Commissione Parlamentare, si è ritenuto dover chiarire le modalità di applicazione della detrazione, in considerazione che su tutte le operazioni effettuate, come qualsiasi altro produttore agricolo, l’organismo associativo applica l’aliquota normale propria del prodotto ceduto.

A tale riguardo l’imposta sui conferimenti, acquisti e importazioni viene suddivisa in tre gruppi:

1) Conferimenti da parte dei soggetti che possono applicare il regime speciale agricolo:

la detrazione è operata sulla base di una percentuale calcolata sull’ammontare delle operazioni imponibili effettuate, determinata dal rapporto avente al numeratore tali conferimenti e al denominatore tutti i conferimenti, gli acquisti e le importazioni di prodotti agricoli ed ittici;

2) Conferimenti da parte dei soggetti che non possono applicare il regime speciale agricolo e acquisti e importazioni di prodotti agricoli e ittici:

la detrazione è operata, nei modi ordinari, sull’imposta assolta per rivalsa su tali conferimenti, acquisti e importazioni;

3) Restanti acquisti e importazioni (come l’energia elettrica, servizi comuni ecc.):

la detrazione è operata in base ad una percentuale calcolata sull’imposta assolta per rivalsa su tali acquisti e importazioni, determinata dal rapporto avente al numeratore i conferimenti, gli acquisti e le importazioni di cui al precedente punto 2) e al denominatore tutti i conferimenti gli acquisti e le importazioni di prodotti agricoli e ittici.

Insieme con la limitazione dei soggetti ammessi ad applicare il regime speciale agricolo, si è ritenuto dover introdurre una disciplina particolare, nel quadro del predetto regime speciale, diretta ad attenuare le distorsioni della concorrenza fra i diversi soggetti del settore, provocate dalla circostanza che il carico fiscale IVA relativo alle cessioni di uno stesso prodotto agricolo può essere diverso a seconda che l’agricoltore cedente applichi il regime speciale ovvero il regime normale.

La citata sesta direttiva CEE (paragrafo 9, secondo periodo ) prevede, infatti, espressamente che occorre adottare gli opportuni accorgimenti normativi affinché la cessione dello stesso prodotto agricolo sia soggetta alla stessa imposta indipendentemente dal soggetto che effettua la cessione.

La nuova disciplina consiste nell’applicazione all’atto della cessione dell’aliquota utilizzata per il medesimo prodotto dal settore commerciale e il versamento della differenza tra aliquota applicata e la corrispondente percentuale di compensazione. In tal modo, in sostanza, la detrazione resta forfettizzata sempre pari alla percentuale di compensazione applicabile al prodotto ceduto, ma il prodotto arriva al consumo con la stessa misura di imposta.

Tale disciplina viene esclusa per ovvie ragioni equitative e di agevolazione contabile, per i conferimenti agli organismi associativi (cooperative ecc.) e ai produttori agricoli esonerati fino a cinque o quindici milioni di lire di volume d’affari.

Nelle disposizioni transitorie è previsto che tale sistema, unitamente alle nuove norme che regolano tale regime speciale, si applicano per gli anni 1998 e 1999, anche ai soggetti con volume d’affari superiore a quaranta milioni.

Inoltre, ulteriori modifiche, compatibili con quelle illustrate, vengono apportate al regime speciale precedente, disciplinato dall’art. 34 del DPR n. 633/1972, con funzioni di coordinamento formale ed antielusive. Tali modifiche, più dettagliatamente illustrate successivamente, interessano in particolare il delicato settore del commercio di bovini e suini, per il quale si è ritenuto il mantenimento della regola (prima contenuta nel comma 2 dell’art. 34) che preclude la forfettizzazione della detrazione in relazione alle cessioni di animali a suo tempo acquistati con atto non assoggettato all’imposta ovvero assoggettato ad IVA detratta nei modi ordinari.

La cennata regola, prevista per le sole cessioni di bovini e suini, è stata estesa, per uniformità di trattamento, a tutti i prodotti ricompresi nell’elenco di cui alla tabella A, parte prima. Inoltre, il particolare regime agricolo applicato ha formato oggetto di censura da parte della Commissione CEE in occasione del controllo circa la determinazione della base imponibile nazionale per il pagamento delle risorse proprie al bilancio comunitario.

In tale sede è stato contestato e dimostrato che il particolare regime agricolo adottato dall’Italia, che consente l’utilizzazione di aliquote forfetarie compensative superiori al tasso medio gravante sugli oneri IVA a monte, comporta significativi vantaggi ai soggetti interessati. Pertanto, in sede di determinazione della cennata base imponibile per le risorse proprie l’Amministrazione italiana, attenendosi alle dichiarazioni a processo verbale del Consiglio CEE relative all’articolo 4, par. 3, ed all’articolo 5, par. 2, del Regolamento n. 1553/89 del 25 maggio 1989, procede ogni anno alla determinazione del mancato gettito derivante dal settore agricolo ed alla corrispondente maggiorazione della detta base imponibile mediante l’adozione del metodo previsto dall’allegato C, punto 2, della sesta direttiva comunitaria del 1977. La correzione ha comportato per l’anno 1995 un aumento della base pari a lire 377.104.320.000 che ha determinato un corrispondente aggravio del contributo italiano al bilancio comunitario.

Sulla base di quanto esposto, in particolare per uniformare la normativa italiana ai dettati principali della direttiva CEE si sono apportate all’art. 34 le seguenti modifiche che si illustrano singolarmente qui di seguito:

Comma 1: Mentre non si apporta alcuna modifica al primo periodo, viene introdotto ex-novo il secondo periodo, che prevede l’applicazione dell’imposta con aliquota propria dei singoli prodotti. Essendo la detrazione effettuata in base all’aliquota di compensazione dovrà essere effettuato all’erario il versamento della differenza.

Tali modalità particolari non si applicano per i passaggi dei prodotti agricoli effettuati da soci o associati in regime speciale nei confronti degli enti, delle cooperative o degli altri organismi associativi che adottano lo stesso regime e per i produttori agricoli che operano in regime di esonero, con volume d’affari fino a cinque o a quindici milioni, ai quali si rende applicabile l’aliquota di compensazione.

Comma 2: Vengono individuati, sotto il profilo soggettivo i produttori agricoli indicati nelle lettere a), b) e c) della disposizione. In particolare:

- la lettera a) ripete il secondo periodo del primo comma del preesistente art. 34;

- la lettera b) riprende l’undicesimo comma del previgente art. 34;

- la lettera c) riprende il preesistente ultimo periodo del primo comma dell’articolo 34, consentendo a tale categoria di soggetti di adottare il regime speciale limitatamente ai conferimenti effettuati da produttori che hanno i requisiti previsti dalle nuove norme. Inoltre, per permettere uno svolgimento lineare della gestione annuale di tali organismi, viene previsto che:

- all’inizio di ogni anno ciascun partecipante dichiari l’esistenza dei requisiti, al fine di evitare che possano essere addebitati all’organismo associativo violazioni non dipendenti dal proprio comportamento;

- l’eventuale superamento in corso di anno del limite del volume di affari di lire venti milioni da parte di un socio o partecipante non comporta il venir meno del regime speciale adottato dall’organismo associativo.

Vengono, infine, determinate le modalità di detrazione dell’imposta nel caso non vi siano solo conferimenti da parte di soci, associati o partecipanti che possono usufruire del regime speciale.

Comma 3: E’ la disposizione di maggior rilievo introdotta dalle modifiche al regime speciale dell’agricoltura. Nel rispetto dell’art. 25 della sesta direttiva CEE si è ritenuto dover concedere il particolare regime solo ai soggetti che possono avere difficoltà di natura contabile ad applicare il regime ordinario.

Si è fatta eccezione solo per gli organismi di intervento, che hanno una loro autonomia, e per le cooperative (escluse quelle che cedono prodotti agricoli di propria produzione) per le quali esistono particolari motivazioni. Gli agricoltori meritevoli di agevolazioni, infatti, potrebbero non più essere in grado di operare in modo cooperativistico, se si escludesse l’applicabilità del particolare regime agricolo a tali organismi.

Viene, pertanto, concesso il regime speciale alle cooperative (escluse quelle che cedono prodotti agricoli di propria produzione) e agli altri organismi similari, indipendentemente dal loro volume di affari, a condizione che operino esclusivamente per imprese agricole per le quali tornino applicabili le nuove norme, così come chiarito al comma 2, lettera c).

Per tutti gli altri soggetti si è posto il limite del volume di affari dell’anno precedente di lire quaranta milioni, a decorrere dal 1° gennaio 2000 (articolo 11, comma 5).

Comma 4: Riprende il testo del 2° comma preesistente, con l’unica modifica di attrarre nella nuova disciplina non solo i bovini e i suini, ma tutti i prodotti agricoli, stabilendo così una parità di trattamento fra di essi ed eliminando ulteriori possibili elusioni.

Comma 5: Ripete il testo del previgente 3° comma stabilendo unicamente sotto il profilo formale di non più riportare l’inciso "con decorrenza dal 1° gennaio 1994", in quanto non ritenuto necessario nella nuova formulazione.

Comma 6: Con il presente comma si è inteso dare attuazione all’impegno assunto dal Governo nella seduta del 30 aprile 1997, della Camera dei deputati in sede di conversione del decreto legge 11/3/97, n. 50 e finalizzato a "rivedere con effetto dall’anno 1998, tenendo conto della prevista introduzione, a partire da tale anno, della nuova imposta di cui all’articolo 3, comma 143, lettera a), della legge 23/12/1996, n. 662, la disciplina fiscale in materia di IVA delle attività agricole in funzione della semplificazione degli adempimenti documentali e contabili nonché della lotta all’evasione".

Il nuovo regime delle imprese agricole di minori dimensioni è articolato, ora, prendendo in considerazione tre fasce di contribuenti:

- contribuenti con volume di affari fino a 5 milioni di lire nei cui confronti viene confermato il regime di esonero totale da tutti gli adempimenti, compresi quelli di versamento, corrispondente al regime di esonero di cui all’attuale 4° comma dell’articolo 34, applicabile ai contribuenti con volume di affari fino a 20 milioni di lire;

- contribuenti con volume d’affari fino a quindici milioni, purché svolgano l’attività esclusivamente nei comuni montani con meno di 1000 abitanti;

- contribuenti con volume di affari tra 5 o 15 e 40 milioni di lire, nei cui confronti si rende applicabile il regime contabile semplificato, che consiste nell’esonero dalla tenuta delle scritture contabili e dalla liquidazioni e versamenti periodici e nell’assolvimento degli obblighi di fatturazione, conservazione di tutti i documenti e di presentazione di apposita dichiarazione annuale nonché del versamento dell’imposta dovuta.

Per garantire la necessaria trasparenza nei comportamenti dei contribuenti che superano i previsti limiti dei 5 o 15 e 40 milioni di lire, viene disposto che, dall’anno solare successivo a quello in cui si è verificato detto superamento, non si rendono più applicabili i rispettivi regimi bensì le disposizioni del terzo periodo del comma 6, per i soggetti già esonerati, o quelle di carattere generale previste dalla disciplina IVA per quelli che hanno superato nell’anno precedente il volume di affari di 40 milioni, a condizione che non venga superato il limite di un terzo dell’ammontare delle cessioni di beni non rientranti nel regime agricolo; in quest’ultimo caso il regime ordinario si applica a decorrere dalla stessa operazione che ha fatto superare il limite di un terzo.

Infine, viene prevista la facoltà di rinunciare ai regimi contabili di cui sopra mediante espressa comunicazione all’Ufficio competente.

Comma 7: Ripete il previgente 8° comma, eliminando unicamente l’inciso "con decorrenza dal 1° settembre 1993", non ritenendolo necessario nella nuova formulazione.

Si precisa che il 5°, 6° e 7° comma del previgente testo normativo erano già stati soppressi.

Comma 8: Ripete nella sostanza il previgente 10° comma, con delle modifiche formali per raccordarlo al comma richiamato nella nuova formulazione e comprendere i prodotti derivanti da pesca in acque lagunari e salmastre, già previste da leggi separate.

Si precisa che il 9° comma della previgente formulazione era già stato soppresso.

Comma 9: Riporta il previgente 13° comma così come sostituito dalla legge 18.02.1997, n.28.

Comma 10: E’ stata prevista, per eliminare distorsioni commerciali e fiscali, il divieto di frazionare in più attività l’esercizio di una attività agricola che si svolge nell’ambito di un unico processo produttivo; è il caso, ad esempio della raccolta del latte con la relativa produzione e la conseguente attività di commercio dei prodotti caseari derivanti dalla attività di trasformazione che in virtù delle attuali disposizioni, al fine di acquisire vantaggi fiscali, può essere svolta separatamente.

Comma 11: Disciplina le modalità di opzione per i soggetti che non intendono avvalersi del regime speciale, come già previsto nel precedente testo dell’articolo 34 al 12° comma. Viene ammessa la possibilità che l’organismo associativo possa continuare ad emettere le fatture per conto dell’associato, trattandosi di una agevolazione puramente contabile. Inoltre, è previsto che in presenza di acquisto o costruzione di beni ammortizzabili, il regime non può essere variato fino a quando non è trascorso il termine previsto dall’art. 19 bis2. Infine, viene esteso il vincolo generico minimo di permanenza nel regime prescelto da tre a cinque anni. Si è ritenuto di non riproporre l’ultimo periodo del previgente testo, in quanto la regolamentazione della detrazione, nei casi di passaggio da un regime ad un altro, viene prevista nelle modifiche dell’art. 19 e seguenti.

Comma 12: E’ stato previsto, in considerazione delle innovazioni introdotte con le norme del presente articolo, l’emanazione di un regolamento per disciplinare le modalità di attuazione.

Relativamente all’articolo 5 giova evidenziare che sono state sostanzialmente accolte tutte le osservazioni della Commissione Parlamentare con l’unica eccezione del suggerimento relativo al problema dei c.d. "creditori strutturali": sarebbe stato necessario infatti modificare la misura delle aliquote relative a tali settori e tale intervento è stato considerato non consentito sulla base dei limiti posti dalla legge delega.

L’articolo 6 del presente decreto modifica la normativa IVA in tema di editoria.

Con le modifiche apportate all’art.74, primo comma, lettera c), non vengono alterati i caratteri essenziali del particolare regime dell’imposta sul valore aggiunto previsto per il commercio dei prodotti editoriali, il quale resta, pertanto, caratterizzato da un sistema monofasico di corresponsione dell’imposta da parte di un unico soggetto passivo - l’editore - calcolata sul prezzo finale di vendita al pubblico.

La nuova formulazione intende dare soluzione ad alcune specifiche problematiche emergenti dall’applicazione della disciplina attualmente vigente, eliminando le incongruenze che hanno dato adito a fenomeni distorsivi della concorrenza e anche a casi di elusione fiscale.

Con la nuova formulazione si è inteso, inoltre, assicurare una maggiore chiarezza logica e sistematica del dettato normativo, riportando nel corpo dell’articolo 74, primo comma, lettera c) tutte le disposizioni modificative o integrative dello stesso contenute in altri provvedimenti.

Passando ad illustrare le singole modifiche apportate, si osserva innanzitutto che, per ragioni di chiarezza, è stato espressamente indicato il soggetto passivo del tributo, precisando che l’imposta è dovuta dagli editori. Per editore deve intendersi, in linea generale, l’operatore che intraprende l’iniziativa economica editoriale.

Ciò premesso circa l’ambito soggettivo, per quanto riguarda, invece, l’ambito oggettivo del regime e i limiti di applicazione della forfettizzazione della resa, sono state apportate rilevanti modifiche di carattere formale e sostanziale.

Circa l’ambito oggettivo di applicazione, sono state innanzitutto apportate alcune modifiche formali nella definizione dei beni cui si applica il regime speciale per l’editoria, premettendo alla parola "quotidiani" il termine "giornali ",alle parole " supporti integrativi" l’aggettivo "relativi".e aggiungendo inoltre la parola "cataloghi", infine, si definiscono i periodici come prodotti editoriali per escludere quelli che non sono tali.

Sono state poi apportate rilevanti modifiche di carattere sostanziale alla disciplina delle cessioni dei supporti integrativi e delle cessioni congiunte di pubblicazioni con altri beni anche a titolo gratuito, stabilendo in linea di principio che la detrazione forfetaria non si applica ai giornali e ai periodici ceduti congiuntamente con i supporti integrativi o altri beni, analogamente non si applica alle cessioni di cataloghi.

Per quanto riguarda i supporti integrativi, è stata ricompresa nel nuovo testo la definizione normativa recata dall’art. 3, comma 10, del D.L. 27 aprile 1990, n.90, convertito dalla legge 26 giugno 1990, n.165, ma operando una revisione del rapporto tra costo del supporto e prezzo della pubblicazione.

Infatti, mentre nell’attuale sistema si considerano supporti integrativi "i nastri, i dischi, le videocassette ed altri supporti sonori o videomagnetici, ceduti, per un prezzo indistinto ed in unica confezione, unitamente a giornali quotidiani, libri e periodici, a condizione che il costo del supporto non sia superiore ai tre quarti del predetto prezzo di vendita al pubblico", la norma proposta riduce l’ammontare del rapporto tra costo del supporto e prezzo della confezione al 50 per cento.

La modifica tende ad attenuare le discrasie che l’attuale disposizione fiscale presenta rispetto alle norme sul commercio, le quali stabiliscono che la vendita al pubblico, in un’unica confezione e ad un unico prezzo, è consentita per prodotti appartenenti a tabelle merceologiche diverse, nell’esercizio che abbia nella propria tabella merceologica il prodotto che rispetto agli altri della confezione risulti di valore pari ad almeno i tre quarti del prezzo della confezione medesima.

Tale rapporto non è stato, tuttavia, pienamente trasfuso nella normativa fiscale la quale, con intento agevolativo, ha mantenuto il raffronto tra il costo del supporto integrativo e il prezzo di vendita della confezione, anziché quello tra il valore di mercato del supporto e il prezzo della confezione, come richiesto dalle disposizioni sul commercio, e ha stabilito, come misura di tale rapporto, quella del 50 per cento. Qualora il rapporto costo/prezzo non sia nei termini previsti, o non ricorrano le altre condizioni stabilite (prezzo indistinto e unica confezione), venendo meno l’elemento identificativo del "supporto integrativo", si applica l’aliquota prevista per quest’ultimo ferma restando, comunque, l’applicazione del regime monofasico.

Per quanto riguarda, invece, le cessioni congiunte di giornali quotidiani, periodici e libri unitamente ad altri beni, è stato previsto che il regime speciale si applica a condizione che il costo di questi ultimi non sia superiore al cinquanta per cento del prezzo dell’intera confezione.

Pertanto, qualora il rapporto costo/prezzo superi tale limite, le predette cessioni fuoriescono dal regime monofasico e devono essere assoggettate all’I.V.A. nei modi ordinari.

E’ stato poi previsto che alle cessioni di pubblicazioni effettuate congiuntamente ad altri beni può applicarsi l’aliquota del 4 per cento, qualora le stesse siano effettuate per un prezzo indistinto ed in unica confezione ed il costo del bene ceduto congiuntamente non sia superiore al 10 per cento del prezzo dell’intera confezione.

Qualora non ricorrano tali condizioni, l’imposta si applica con l’aliquota di ciascuno dei beni ceduti congiuntamente,

Pertanto, in base al combinato disposto delle sopraillustrate norme proposte, le cessioni congiunte di pubblicazioni con altri beni il cui costo sia superiore al 10 per cento ma non superiore al 50 per cento del prezzo dell’intera confezione rientrano comunque nel regime speciale dell’editoria, ma l’imposta si applica con l’aliquota di ciascuno dei beni ceduti congiuntamente.

Come in precedenza evidenziato, altre importanti modifiche alla normativa attuale concernono l’applicazione della resa forfetaria.

Secondo la disposizione di carattere generale, la base imponibile dell’I.V.A., per la cessione dei prodotti editoriali, è costituita dal numero delle copie effettivamente vendute dall’editore. Il diverso sistema di determinazione della base imponibile mediante forfettizzazione della resa può applicarsi, per le cessioni di giornali quotidiani e periodici, diversi da quelli pornografici e da quelli ceduti unitamente a supporti integrativi, nella misura del 60 % e per i libri, esclusi quelli pornografici e quelli ceduti congiuntamente a supporti integrativi o ad altri beni, nella misura del 53%.

Restano quindi individuate le seguenti fattispecie nelle quali non può applicarsi la percentuale forfetaria della resa:

a) cessioni congiunte di pubblicazioni con beni appartenenti alla categorie merceologica dei supporti integrativi o con altri beni.

b) cessioni di pubblicazioni pornografiche e di cataloghi

c) cessioni di pubblicazioni da parte di associazioni sportive dilettantistiche e di pro-loco che svolgono attività editoriale, le quali, a seguito di opzione per l’applicazione del regime di favore previsto dalla legge 16 dicembre 1991, n.398, determinano forfettariamente la detrazione dell’imposta nella misura di due terzi ai sensi dell’art.74, quinto comma del D.P.R. n.633 del 1972.

Nelle richiamate ipotesi l’imposta è dovuta dall’editore sulla base del prezzo di vendita al pubblico in relazione al numero delle copie effettivamente vendute.

Nelle ipotesi di cui alla lettera a), l’applicazione della resa forfetaria rappresenterebbe un indubbio vantaggio fiscale produttivo di effetti distorsivi della concorrenza in relazione alle cessioni di analoghi prodotti, ceduti disgiuntamente da quelli editoriali, attraverso i propri canali di commercializzazione, per le quali l’imposta si applica in relazione all’intera base imponibile.

Circa l’ipotesi di cui alla lettera b), si è ritenuto che la mancanza di un contenuto essenzialmente culturale del prodotto editoriale non giustifichi l’applicazione della misura agevolativa costituita dalla forfettizzazione della resa. Relativamente a questa fattispecie, si osserva che già l’articolo 2, comma 28, della legge 28 dicembre 1995, n.549, prevedeva l’applicazione dell’aliquota ordinaria ed escludeva l’applicazione della resa forfetaria per le cessioni di giornali pornografici e di cataloghi, diversi da quelli di informazione libraria.

Nell’ipotesi di cui alla lettera c), trattandosi di soggetti che, avendo esercitato l’opzione per avvalersi delle disposizioni della legge n.398 del 1991, determinano forfettariamente l’imposta nella misura di un terzo di quella determinata con le modalità dell’art.74, quinto comma, del D.P.R. n.633 del 1972, si è ritenuto di escludere l’applicazione di un’ulteriore forfettizzazione in relazione alla determinazione della base imponibile; è stata, peraltro, mantenuta, per esigenze di semplificazione, per le cessioni di prodotti editoriali effettuate dalle suddette associazioni, l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto secondo le modalità previste dalla menzionata legge n.398 del 1991.

Con lo schema di decreto legislativo proposto si è, inoltre, ritenuto opportuno modificare il n.18) e il n.35) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972, prevedendo l’applicazione dell’aliquota ordinaria, oltre che per le cessioni delle pubblicazioni pornografiche e dei cataloghi diversi da quelli di informazione libraria, individuati ai sensi del citato art.2, comma 28 della legge n.549 del 1995, anche per le prestazioni relative alla composizione, legatoria e stampa degli stessi.

Ciò anche allo scopo di non favorire fiscalmente un settore non meritevole di particolari agevolazioni fiscali, analogamente alla disciplina applicata in altri Paesi europei.

Con l’articolo 7 del presente decreto si modifica il regime IVA relativo alle manifestazioni spettacolistiche

La disciplina I.V.A. applicabile alle manifestazioni spettacolistiche è caratterizzata dal fatto che tali attività vengono contemporaneamente assoggettate anche all’imposta sugli spettacoli . Il legislatore, al fine di ridurre la gravosità derivante dal doppio onere di imposizione e dalla conseguente duplicazione degli adempimenti, ha uniformato le modalità applicative dei due tributi (salvo il diritto di optare per l’applicazione I.V.A. nei modi ordinari) prevedendo la stessa base imponibile, le stesse modalità di riscossione e di contenzioso ed una sostanziale semplificazione della liquidazione I.V.A. mediante la forfettizzazione della detrazione.

Si ritiene che, in attesa di una radicale revisione dell’imposta sugli spettacoli, per la quale è stata costituita apposita Commissione presso il Ministero delle finanze, non possano essere apportate modifiche strutturali alla disciplina I.V.A. applicabile alle manifestazioni spettacolistiche, che necessiterà invece di opportune norme di adeguamento da coordinare con le modifiche dell’imposta sugli spettacoli.

Con la presente riformulazione dell’art. 74, quinto comma, si apportano modifiche di ordine sistematico e si introducono disposizioni antielusive. Inoltre, allo scopo di rendere la determinazione dell’imposta calcolata in applicazione del regime speciale il più possibile aderente a quella che deriverebbe dalla applicazione della disciplina IVA ordinaria, come richiesto dalla norma di delega, si dispone, in primo luogo, che debba essere ridotta, dai due terzi attualmente previsti, al cinquanta per cento la misura di detrazione forfetaria. Tuttavia, nelle disposizioni transitorie è previsto che, per l’anno 1998, detta detrazione è fissata nella misura dei due terzi.

Per quanto concerne le altre modifiche apportate si evidenzia che vengono espressamente escluse dalla applicazione del particolare regime forfetario previsto dal quinto comma dell’articolo 74 le operazioni indicate nell’art.10, n. 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (operazioni relative all’esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei totalizzatori e delle scommesse ) al pari di quanto previsto per quelle, di analoga natura, indicate nel n..7 dello stesso articolo 10. La modifica, di ordine sistematico, chiarisce che eventuali operazioni esenti da IVA non rientrerebbero nell’ambito applicativo della presente disposizione anche se fossero soggette all’imposta sugli spettacoli.

Per le cessioni o concessioni dei diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica, connesse con lo spettacolo, è prevista una detrazione forfettizzata pari ad un terzo.

La detrazione è, invece, pari ad un decimo dell’imposta applicabile per le operazioni rilevanti ai fini dell’IVA ma non soggette all’imposta sugli spettacoli, effettuate dalle imprese spettacolistiche. La norma riconosce che ad esse si applicano le stesse semplificazioni amministrativo-contabili previste per le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sugli spettacoli ma con una percentuale di detrazione inferiore .

In applicazione dei principi generali in materia IVA viene data rilevanza, ai fini della detrazione forfetaria, alle operazioni soggette al particolare regime IVA-spettacolo che, in base ai criteri della territorialità, non si considerano effettuate nel territorio dello Stato. E’ disposto che per esse l’importo della detrazione si calcola con riferimento all’ammontare dell’imposta che sarebbe applicabile su analoghe operazioni imponibili ma, in considerazione delle particolari modalità di versamento del tributo, eventuali eccedenze detraibili risultanti in sede di liquidazione non possono dare diritto a rimborsi e devono essere computate con la successiva liquidazione dell’imposta.

Per quanto concerne, infine, le modalità di esercizio dell’opzione per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari, al fine di garantirne l’operatività fin dall’inizio dello svolgimento della attività spettacolistica e di facilitare il coordinamento tra gli uffici interessati, viene disposto che ,in caso di inizio di attività la comunicazione debba essere resa all’Ufficio IVA nella relativa dichiarazione, mentre nelle altre ipotesi debba essere presentata, anteriormente all’inizio dell’anno solare, alla SIAE e successivamente all’Ufficio IVA ai sensi dell’art. 35. Si propone, infine, per evitare comportamenti elusivi, di elevare da tre a cinque anni il periodo in cui il contribuente che ha effettuato l’opzione per l’applicazione dell’I.V.A. nei modi ordinari, debba permanere in tale regime e di prolungare la permanenza nel regime I.V.A. ordinario, qualora nel periodo di efficacia dell’opzione, siano stati acquistati o prodotti beni ammortizzabili.

Relativamente all’articolo 7 è stata sostanzialmente accolta l’osservazione della Commissione Parlamentare relativa alla misura della detrazione forfetaria dell’imposta. Infatti con disposizione transitoria (articolo 11, comma 6) è stato previsto che per l’anno 1998 la predetta misura rimarrà fissata a due terzi.

Non sono state apportate le modifiche richieste dalla Commissione relativamente al regime speciale per le operazioni connesse all’attività di spettacolo ma non soggette alla relativa imposta, in quanto un intervento in tal senso avrebbe comportato gravi disagi alla categoria e un ingiustificata penalizzazione degli operatori del settore.

Con l’articolo 8 del presente decreto si aggiunge un comma all’articolo 74 del DPR n. 633/72.

La modifica recata all’articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, chiarisce che l’applicazione dei regimi particolari previsti dall’articolo 74 è esclusivamente relativa alle operazioni commerciali indicate nel primo comma del medesimo articolo ad esclusione di quelle di intermediazione.

Il comma 2 trova la propria "ratio" nella crescente diffusione di documenti di parcheggio sostitutivi del denaro che vengono ceduti per la maggior parte attraverso le rivendite autorizzate (edicolanti, tabaccai, ecc.). In ottemperanza alla norma di delega di cui alla lettera c), del comma 66, dell’articolo 3, della legge n.662 del 1996, ed in particolare per una maggiore aderenza della base imponibile alla realtà operativa, viene previsto un regime monofase per l’assolvimento dell’IVA sull’attività di distribuzione di tali tessere. Detto regime monofase, a differenza di quello ordinario, rende responsabile direttamente il gestore del parcheggio per l’assolvimento dell’imposta sull’intera base imponibile costituita dal corrispettivo dovuto per l’attività di rivendita dei documenti relativi alla sosta dei veicoli, anziché porre a carico dei singoli rivenditori, con difficoltà operative da parte di questi ultimi, tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa IVA.

Con il comma 3 viene estesa l’applicazione dell’IVA monofase anche alla vendita pubblica delle carte telefoniche prepagate per telefoni cellulari. Con tale modifica è stata accolta la proposta formulata, al riguardo, dalla Commissione Parlamentare.

Con l’articolo 9 del presente decreto si modifica il regime IVA applicabile alle agenzie di viaggio.

Lo schema di modifica dell’art. 74-ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che si propone, vuole essere un più puntuale adeguamento della normativa nazionale alla sesta Direttiva CEE, che detta le caratteristiche ed i principi direttivi del particolare regime delle agenzie di viaggio.

Si è inteso, altresì, fornire una più precisa formulazione della norma atta a definirne, in particolare, il campo di applicazione e tale da consentire una più proficua azione di accertamento da parte degli organi preposti.

E’ stato, infatti, precisato che l’applicazione del regime speciale in parola, in conformità alle disposizioni di cui all’art. 26 della sesta Direttiva CEE, è limitata esclusivamente alle attività di organizzazione di viaggi e soggiorni individuate mediante il rinvio all’art. 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111, recante norme di attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto compreso".

Per le attività di mera intermediazione, invece, resta fermo l’ordinario criterio di determinazione del tributo.

E’ stata altresì definita l’attività di organizzazione di un pacchetto da parte di un’agenzia di viaggio e turismo come un’operazione composita, ma unitaria, al fine di evitare l’applicazione della disciplina speciale alle operazioni considerate singolarmente, conformemente, peraltro, al secondo paragrafo dell’art. 26 della direttiva citata, a norma del quale "Le operazioni effettuate dall’agenzia di viaggi per la realizzazione del viaggio sono considerate come una prestazione di servizio unica...".

Il secondo comma detta le modalità di determinazione dell’imposta che non si discostano sostanzialmente da quanto già disciplinato dal primo comma dell’attuale articolo 74-ter.

Inoltre, la parola "cliente" adottata nel testo attuale dell’art. 74-ter è stata sostituita con quella di "viaggiatore" così da evitare una possibile e distorta lettura della disposizione in esame che autorizzi l’applicazione del sistema detrattivo "base da base" da parte delle agenzie che acquistano il pacchetto per la successiva rivendita ai consumatori finali, ma che non esplicano alcuna attività organizzativa.

Il primo paragrafo dell’art. 26 della direttiva surrichiamata dispone, infatti, che il regime speciale in parola trova applicazione "... nella misura in cui tali agenzie agiscano in nome proprio nei confronti del viaggiatore o utilizzino per l’esecuzione del viaggio, cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi", facendo quindi chiaramente riferimento all’attività di organizzazione di viaggi e soggiorni, e che " non è applicabile alle agenzie di viaggi che agiscono unicamente quali intermediari...".

Il quinto comma dello schema di provvedimento disciplina il particolare sistema della determinazione dell’imposta nelle ipotesi di prestazioni rese dalle agenzie di viaggio e turismo che cedono, in nome e per conto proprio, pacchetti turistici organizzati da altri soggetti, ovvero si avvalgono di mandatari senza rappresentanza. In particolare, l’imposta dovuta da questi ultimi soggetti è computata deducendo dal corrispettivo lordo dovuto dal viaggiatore all’agenzia di viaggio e turismo, la parte del corrispettivo di spettanza dell’operatore turistico che ha organizzato i pacchetti medesimi. Dal risultato così ottenuto va scorporata l’imposta in esso contenuta e successivamente va applicata sullo stesso imponibile l’aliquota ordinaria.

Al fine di dirimere le perplessità sorte in materia di obblighi strumentali e per motivi di cautela fiscale, con il settimo comma dello schema di decreto in rassegna è stato precisato che per le prestazioni di servizi effettuate dalle agenzie di viaggio ricorre l’obbligo di fatturazione che, nell’ipotesi di prestazioni effettuate tramite intermediari con rappresentanza, può essere assolto entro il mese successivo a quello in cui avviene il pagamento integrale del corrispettivo, ovvero, se antecedente, all’inizio del viaggio o del soggiorno.

Recependo la proposta della Commissione Parlamentare, viene, infine, previsto, per le provvigioni pagate agli intermediari l’obbligo di fatturazione e contabilizzazione dell’imposta, per conto dell’intermediario stesso, da parte delle agenzie organizzatrici. Le stesse, perché l’obbligo si intenda assolto, devono inviare copia agli intermediari, i quali, devono assolvere a tutti gli obblighi ad essi connessi ad eccezione della contabilizzazione dell’imposta. Tale nuova regolamentazione semplifica gli adempimenti degli operatori del settore e permette migliori e più tempestivi controlli all’Amministrazione.

Sono state, inoltre, accolte nel testo dell’articolo le proposte formulate dalla Commissione Parlamentare prevista dall’articolo 3, comma 13, della citata legge n. 662 del 1996.

L’articolo 10 del presente decreto modifica l’articolo 57 del DPR n. 633/72.

La nuova disposizione modula i termini di decadenza delle rettifiche ed accertamenti previsti dall’art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, relativamente alle dichiarazioni IVA a rimborso.

Si dispone infatti la proroga dei termini di decadenza previsti per l’esecuzione delle rettifiche e accertamenti di un periodo pari a quello che intercorre tra il quindicesimo giorno successivo a quello in cui l’ufficio notifica la richiesta della documentazione del rimborso e quello in cui il contribuente adempie alla richiesta.

La misura assolve funzione antielusiva e mira ad evitare che l’inerzia del contribuente nel produrre all’ufficio IVA la documentazione prevista per l’esecuzione del rimborso si protragga oltre i termini di decadenza attualmente previsti, con l’effetto di legittimare l’erogazione del rimborso senza che l’ufficio possa effettuare i necessari controlli in ordine all’esistenza del credito.

La modifica proposta dalla Commissione relativa alla sospensione dei termini per l’accertamento secondo quanto previsto in materia di termini processuali, non è stata accolta in quanto questi ultimi non hanno alcuna attinenza con i procedimenti tributari relativi all’accertamento dei tributi.

L’articolo 11, infine, reca disposizioni che regolano gli effetti temporali delle norme innovative contenute nel provvedimento in questione.

Inoltre:

- (comma 4) prevede la rideterminazione delle aliquote di compensazione, al fine di assicurare maggiori entrate nette per 120 miliardi di lire per l’anno 1998 e di 150 miliardi di lire per il 1999;

- (comma 5) proroga l’applicazione delle nuove norme sul regime speciale dell’agricoltura, per il produttori agricoli con volume d’affari superiore a lire 40 milioni, al 1° gennaio 2000;

- (comma 6) proroga per l’anno 1998 l’applicazione della detrazione forfetaria nella misura dei due terzi dell’imposta relativa alle operazioni di bonifica ai fini dell’imposta sugli spettacoli:

- (comma 6) prevede la possibilità, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa al 1997, di poter revocare eventuali opzioni, precedentemente esercitate, o per i regimi speciali modificati e per la separazione delle attività.

 

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