PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE CONSULTIVA IN MATERIA DI RIFORMA FISCALE AI SENSI DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1996, N. 662, SULLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE "DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E CORRETTIVE DEI DECRETI LEGISLATIVI 9 LUGLIO 1997, N. 461, 18 DICEMBRE 1997, N. 466 E 467, E 2 SETTEMBRE 1997, N. 314, RECANTI, RISPETTIVAMENTE, DISPOSIZIONI IN MATERIA DI REDDITI DI CAPITALE, DI RIORDINO DELLE IMPOSTE PER FAVORIRE LA CAPITALIZZAZIONE DELLE IMPRESE, DI IMPOSTA SOSTITUTIVA DELLA MAGGIORAZIONE DI CONGUAGLIO E DI RAZIONALIZZAZIONE DELLE DISPOSIZIONI FISCALI CONCERNENTI I REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE", APPROVATO IN VIA PRELIMINARE DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI IL 19 NOVEMBRE 1999.

Il presente decreto corregge la normativa afferente a vari provvedimenti di legge varati in seguito alle deleghe fiscali concesse al Governo con la legge 662 del 96. Il 31 dicembre segnerà per molti di quei provvedimenti il termine per revisioni da sottoporre alla Commissione Parlamentare.

Il decreto in esame è soprattutto importante perché introduce nel nostro ordinamento una specifica normativa fiscale per i diritti di acquisto (o ritiro) di azioni concessi a categorie selezionate di dipendenti (stock option). Colma, in effetti, un vuoto legislativo in questo campo.

Il nostro ordinamento normava fiscalmente, infatti, (all’art. 48 del Testo Unico delle imposte sui redditi) solo la distribuzione di azioni ai dipendenti, in quanto riferito a quelle decisioni aziendali tese a diffondere l’azionariato tra la "generalità" dei dipendenti, ("azionariato popolare") che è fattispecie diversa dalle stock option (ciò era nello spirito della legge, che non a caso faceva riferimento ad "assegnazioni" di azioni ed era espressamente richiamato in una circolare ministeriale). La Commissione aveva in due occasioni richiamato invitato il Governo ad adeguare la lettera della normativa in questione e a varare quindi uno specifico trattamento fiscale per le stock option.

La presente correzione va nella direzione auspicata dalla Commissione. La normativa proposta stabilisce chiaramente il principio che l’acquisizione (a qualsiasi titolo) di azioni ricade, a partire dal valore normale, nell’ambito degli eventi che riguardano il patrimonio finanziario delle persone fisiche: il reddito che ne scaturisce va trattato fiscalmente come tutti gli altri proventi di natura finanziaria.

La normativa sulle stock option è comunque più favorevole al contribuente rispetto ad analoghe normative in vigore in altri Paesi (specie in quelli anglosassoni, dove la pratica delle stock option è più diffusa) in ciò che attiene alla non imponibilità, in sede di tassazione sui redditi, dello scarto tra valore di realizzo e valore normale, all'assenza di limiti nell’assegnazione di opzioni, alla fissazione del momento in cui sorge l’obbligo di corresponsione dell’imposta, alla possibilità di attribuire ai dipendenti di una unita' produttiva le azioni di società controllate o controllanti.

La Commissione, visto il parere espresso dalla VI Commissione (Finanze) della Camera dei deputati e esaminate le disposizioni integrative e correttive dei decreti cui in intestazione, ritiene che esse siano conformi alle deleghe

esprime parere favorevole

con i seguenti indirizzi

  1. REDDITI DA CAPITALE

  1. Alcune modificazioni proposte relative al riordino della disciplina tributaria dei redditi da capitali e diversi possono dar luogo a problemi applicativi e presentano oscurità procedurali (da chiarire nella relazione di accompagnamento o con disposizioni ministeriali secondarie). Il Governo ha, in particolare, facoltà, dopo eventuale verifica con gli operatori interessati, di modificare le date di decorrenza delle disposizioni e, in relazione a tali modifiche, di stabilire una normativa transitoria per il 2000.

  2. Il Governo chiarisca se la decorrenza dall’1.7.2000 degli articoli da 1 a 6 si applica ai titoli emessi a partire da tale data o anche ai titoli già in circolazione (in occasione del pagamento dei proventi che si rendano esigibili dopo la predetta data).

  3. Con riferimento all’articolo 2 la Commissione segnala al Governo che la soglia anti elusione, fissata al tasso ufficiale di sconto più due terzi per i titoli collocati senza offerta pubblica o non negoziati nei mercati regolamentati, con gli attuali tassi di mercato, può essere superata anche in presenza di spread limitati, o quando l’emissione risalga a periodi contrassegnati da alti tassi di mercato, e la scadenza dei titoli sia di medio o lungo periodo. Valuti inoltre il Governo l’opportunità di introdurre in proposito una normativa transitoria, ovvero anche solo interpretativa.

  4. La Commissione segnala che nell’articolo 2 appare la dizione "tasso ufficiale di sconto" dove si dovrebbe intendere "tasso ufficiale di riferimento".

  5. Le disposizioni vigenti concernenti la tassazione dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo mobiliare di diritto estero considerano rilevanti sia i redditi di capitale sia i redditi diversi di natura finanziaria. In particolare, per quanto riguarda i redditi di capitale, le regole impositive sono individuate nell’art. 10 ter della legge 23 marzo 1983, n. 77 (così come modificato dall’art. 8, comma 5, del d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461), mentre per quanto riguarda i redditi diversi le regole sono contenute, come per gli altri titoli, nell’art. 81, comma 1, lettera c) ter del Tuir, nonché del successivo comma 1 quater.
    L’applicazione delle due disposizioni crea notevoli difficoltà agli intermediari per la corretta determinazione della base imponibile e del prelievo alla fonte specialmente con riferimento agli organismi di investimento collettivo di tipo multicompartimentale, nei quali i comparti sono espressi in diverse valute estere e l’investitore decida di effettuare passaggi da un comparto all’altro.
    Considerato che, per effetto delle modificazioni apportate dall’art. 2, comma 1, lettera b) del d.lgs. 21 luglio 1999, n. 259, nonché per effetto di quelle proposte dall’art. 6 dello schema di decreto correttivo concernenti la tassazione degli interessi sulle obbligazioni e titoli similari emessi all’estero, si giunge alla tassazione del reddito di capitale rendendo rilevanti anche le oscillazioni valutarie intervenute per tutto il periodo di riferimento, valuti il Governo l’opportunità di introdurre tale principio anche per la determinazione dei redditi di capitale derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo di diritto estero prevedendo che per la fattispecie reddituale di cui all’art. 41, comma 1, lettera g) del Tuir, le somme impiegate e quelle percepite siano valutate secondo il cambio del giorno in cui sono sostenute o incassate.

  6. Con riferimento alle disposizioni dell’art. 8, la Commissione attira l’attenzione del Governo sul fatto che non appare coerente con l’impostazione normativa in materia di agevolazioni per l’accesso in Borsa delle piccole e medie imprese (super Dit) l’inasprimento di aliquota per l’acquisizione di partecipazioni qualificate da parte degli intermediari finanziari. L’accompagnamento verso il mercato finanziario di piccole e medie imprese (spesso verso il mercato di borsa) e in genere la circolazione dei diritti di proprietà è al pari un’attività meritoria capace di produrre efficienza per il nostro sistema produttivo ed è un'evoluzione auspicabile. per il nostro sistema produttivo Richiede che questo tipo di istituzioni abbia partecipazioni qualificate verso tali imprese. La Commissione non intravede una necessità di principio che porti a omogeneizzare il trattamento fiscale delle plusvalenze sulle partecipazioni qualificate dei fondi con quello delle persone fisiche e giuridiche. Diverse sono le motivazioni e le funzioni dell’investimento in partecipazioni qualificate per gli uni e per gli altri. Vi può essere una motivazione di ordine pratico se la disomogeneità di aliquote - accoppiata alle recenti disposizioni di liberalizzazione in materia di portafoglio e tipologia dei fondi mobiliari - può provocare fenomeni elusivi.
    La Commissione ritiene, anche a tale proposito, che sia preferibile ribaltare la prospettiva lasciando separato il trattamento fiscale delle plusvalenze su partecipazioni qualificate per i fondi e le persone fisiche, ma perseguendo l'omogeneità di trattamento fiscale tra le partecipazioni qualificate delle persone fisiche, considerando tra queste ultime la partecipazione individuale a fondi mobiliari superiore a certe soglie (anche in forma coordinata con altri soggetti). Tali soglie possono all’occorrenza essere stabilite con limiti molto bassi, con particolari restrizioni per i fondi che abbiano un ristretto numero di partecipanti o per i quali sia esclusa la sollecitazione all’investimento del pubblico risparmio.

B) ASSEGNAZIONE DI AZIONI E STOCK OPTION

  1. Con riferimento alle disposizioni di cui all’art. 13, comma 1, lett. b) n. 2, riferite al limite di esclusione dal reddito del valore delle azioni distribuite ai dipendenti, la Commissione ritiene che esse debbano fare esplicito riferimento alla norma generale stabilita per la determinazione quantitativa e qualitativa dei fringe benefit goduti dal dipendente (valore normale meno costo di acquisizione). Ciò consente di esplicitare che la limitazione ai fini dell’esclusione dal reddito è riferita all’entità del reddito trasferito attraverso l’attribuzione di azioni al di sotto del loro valore normale; tale entità coincide con il valore delle azioni distribuite solo nel caso in cui tale distribuzione avvenga a titolo gratuito.

  2. La limitazione in questione appare restrittiva (tetto di esenzione basso) e sarebbe opportuno che sia elevata. Al fine di rendere tale disposizione un utile strumento di contrattazione tra le parti sociali, valuti il Governo di trasformarla in limitazione individuale da rispettare (a scorrimento) nella media di più anni (esempio 20 milioni in 5 anni). Consideri inoltre la possibilità di fissare tale limite anche con riferimento alla retribuzione annuale del dipendente.

  3. È necessario che la normativa includa, tra le fattispecie che riportano la distribuzione di azioni ai dipendenti nel campo di applicazione dell’Irpef, anche l’esistenza di clausole di riacquisto da parte dell’impresa alla scadenza del periodo previsto di detenzione (altrimenti quella distribuzione si risolverebbe in un espediente per corrispondere una parte di retribuzione in esenzione d’imposta).

  4. Il Governo specifichi qual è il valore normale delle operazioni normate alla lettera g) ai fini dell’imposta sui capital gain.

  5. La Commissione invita il Governo a valutare se non sia preferibile, al fine della certezza dei valori di carico in portafoglio e al fine di evitare fenomeni elusivi, che il reddito da lavoro dipendente assoggettabile a tassazione per gli importi eccedenti il tetto di esenzione (lettera g) sconti l’aliquota marginale del periodo d'imposta relativo all'assegnazione delle azioni, prevedendo allo scopo un debito d’imposta da corrispondere al momento della cessione delle azioni.

  6. Per quanto riguarda la lettera g bis), si chiarisca che in caso di assegnazione di diritti di opzione con valore di esercizio inferiore al valore normale del titolo, concorre a formare il reddito unicamente la differenza tra i suddetti valori.

  7. Sempre con riferimento alla lettera g bis), non e' specificato il periodo d'imposta in cui sorge per il contribuente l'obbligo di pagamento dell'imposta sul reddito nel caso in cui vi sia una imponibilità, in sede Irpef, della differenza positiva tra il valore normale e il costo delle azioni. La Commissione suggerisce di riferirsi ritiene preferibile il riferimento al periodo d'imposta in cui avviene la cessione ed estende a questa fattispecie l'invito al Governo a valutare le considerazioni esposte al punto 9).

  8. E' opportuno rendere esplicito, o con specifica formulazione o con richiamo alla normativa di tassazione dei proventi finanziari (sotto la quale viene sussunta l'acquisizione di azioni e diritti in portafoglio), che il periodo d'imposta in cui sorge la tassazione dei capital gain e' quello nel quale l'azione e' ceduta (non quello in cui avviene l'esercizio del diritto), salvo quanto disposto per il risparmio gestito individualmente.

  9. Al fine di evitare possibili contestazioni e contenzioso relativi alle operazioni di stock option o di assegnazione di azioni poste in essere in assenza di normativa specifica prima dell'entrata in vigore del presente regime e per dare certezza del trattamento fiscale, il Governo e' invitato a varare una normativa transitoria che:

  1. escluda qualsiasi tassabilità in sede Irpef delle operazioni già concluse (con l'esercizio dell'opzione e la cessione delle azioni corrispondenti, o con l’assegnazione di azioni) e di quelle già avviate (al 30 settembre 1999) e non ancora concluse (sia perché non vi e' stata cessione delle azioni derivanti da un diritto esercitato, sia perché il diritto di esercizio dell'opzione o il diritto all’assegnazione delle azioni maturerà oltre l'entrata in vigore della presente normativa).

  2. Consideri inoltre che quanto sopra previsto deve applicarsi anche per le assegnazioni di azioni previste da accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale dipendente entro il 30 settembre 1999, nel contesto di ristrutturazioni o riorganizzazioni aziendali;

  3. consideri esclusivamente l'avvenuta acquisizione di azioni sotto il profilo del portafoglio, normato dalla legge 461del 1997;

  4. per le operazioni già avviate e non concluse come definite al punto a) e b), il valore d'ingresso nel nuovo regime sia in subordine non inferiore al valore normale delle azioni al 31/12/1999, costituendo esso la base per la tassazione dei capital gain realizzati dall'1/1/2000 in avanti;

  5. qualora si segua l’opzione c), sia applicabile il credito d'imposta sulle perdite in conto capitale solo nel caso in cui la cessione delle azioni avvenga al di sotto del costo di acquisizione (e non semplicemente sotto il valore d'ingresso).

  1. La Commissione ritiene che le agevolazioni di cui alle lettere g) e g bis) dovrebbero essere estese anche a quei soggetti che, pur non essendo dipendenti, prestino la propria attività continuativamente al servizio dell'impresa. La Commissione non considera palesemente infondata la tesi che, avendo la legge 662 del 1996 delegato il Governo a rivedere la normativa Irpef, il punto possa essere affrontato contestualmente al varo del provvedimento in questione, riferito solo al trattamento fiscale del reddito dei lavoratori dipendenti. Si invita altrimenti il Governo ad assumere le iniziative legislative necessarie.

  2. La Commissione rileva che la normativa di cui alla lettera g) si attaglia male alla specificità delle imprese a statuto cooperativo, dove gli scopi cui essa si ispira sono già soddisfatti: la partecipazione dei soci lavoratori al capitale di rischio e, in misura temperata, ai conseguenti dividenti annuali, è regolata dalla legge e dallo statuto sociale, così come il percorso di ammissione a socio cooperatore (per il quale è rilevante il rapporto lavorativo). Le disposizioni di cui alla lettera g-bis), relative alle stock option, sono generalmente inapplicabili nel caso in questione.
    Al fine di rendere le agevolazioni di cui alla lettera g) accessibili anche a tali imprese, nel rispetto della loro specificità statutaria e della loro peculiarità, sembrerebbe opportuno che per esse – purchè in presenza di organica previsione statutaria di ammissibilità a socio del personale dipendente che ne fa richiesta – il tetto di esclusione dal reddito delle azioni o quote sociali assegnate, correlato anche all’integrazione retributiva di cui all’articolo 11, ultimo comma del DPR 601 del 1973, si applichi pure nel caso in cui tale assegnazione sia riservata ai soci lavoratori.

  3. La Commissione attira l'attenzione sul fatto che, per le società non quotate, le azioni assegnate ai dipendenti e quelle che ad essi pervengono tramite l'istituto delle stock option possono determinare nel tempo una quota significativa di capitale di una singola impresa in mano ad un pubblico diffuso, senza che ciò sia avvenuto con le dovute tutele per i risparmiatori implicati.

  1. REDDITO DA LAVORO DIPENDENTE

  1. Con riferimento ai prestiti concessi dalle imprese ai propri dipendenti con tasso di interesse variabile, la Commissione ritiene che la quantificazione del beneficio da assoggettare a tassazione come fringe benefit potrebbe essere più correttamente basata sul tasso ufficiale di riferimento rilevante nel periodo di pagamento degli interessi e non a su quello vigente al momento della concessione del prestito stesso.

  2. La Commissione invita il Governo a introdurre, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, una particolare disciplina fiscale per i compensi di cui all’art. 47, 1° comma, lettera l), del Tuir percepiti dagli anziani.
    Purché i compensi non superino determinati importi (indicativamente 6 milioni) e l’anziano possegga soltanto trattamenti pensionistici di importo complessivamente non superiore a limiti stabiliti (indicativamente 18 milioni) è possibile prevedere l’assoggettamento dei suddetti compensi ad una ritenuta a titolo d’imposta pari all’importo dell’aliquota del primo scaglione di reddito, maggiorata delle addizionali vigenti.

  3. Per i redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero l’introduzione del credito d’imposta potrebbe comportare per le imprese adempimenti amministrativi addizionali. Se così fosse, valuti il Governo se limitare l’applicazione del credito d’imposta ai soli paesi a fiscalità privilegiata mantenendo l’attuale sistema oltre la scadenza prevista per il 31 dicembre 2000 per i paesi a fiscalità ordinaria.

  4. La Commissione ritiene di dover sollecitare con forza il Governo affinchè si concludano le trattative con la Repubblica di S. Marino finalizzate alla stipula di una nuova Convenzione con quello Stato di un accordo bilaterale contro le doppie imposizioni e per la cooperazione amministrativa tra le autorità fiscali, nel cui ambito trovi sistemazione anche la questione dei lavoratori transfrontalieri La mancanza di un trattato, oltre a determinare incertezza sugli obblighi fiscali per i lavoratori frontalieri, espone in modo inaccettabile i lavoratori italiani all'assenza di tutele previdenziali e di tutele giuridiche sul lavoro.

  1. ALTRE DELEGHE

  1. La Commissione, conscia che la scadenza del 31/12/1999 non consentirà al Governo di intervenire ulteriormente su molti dei provvedimenti varati a seguito delle deleghe concesse con la legge 662 del 1996, si era proposta di inserire in questo parere la segnalazione dei punti che giudicava in sospeso o migliorativi, afferenti al complesso di quei provvedimenti.
    La Commissione, pur ribadendo le opinioni espresse in tutti i pareri fin qui approvati, non ha ritenuto, successivamente, di riformularle ora o di aggiungerne altre, per non dar luogo ad un elenco convulso di richieste, per le quali comunque il Governo non avrebbe il tempo per la necessaria meditazione e per l'eventuale traduzione in norme di legge.
    La Commissione ritiene che sia opportuna una richiesta del Governo al Parlamento volta all'estensione di almeno sei mesi dei termini per intervenire su quei provvedimenti con eventuali decreti correttivi. Tale prerogativa potrebbe essere limitata a quelle correzioni che si rivelassero necessarie e che implichino solamente la semplificazione delle procedure fiscali, la riduzione degli oneri impositivi o altri aggiustamenti della normativa favorevoli al contribuente e quelle già segnalati in precedenti pareri.

  2. Per ciò che riguarda il provvedimento che disciplina il trattamento fiscale e il quadro normativo degli Enti e associazioni non commerciali e delle Onlus, i pareri precedentemente espressi dalla Commissione e il bilancio di due anni di operatività della legge richiederebbero un ripensamento in punti nodali. Poiché non vi e' tempo per una meditata riflessione che coinvolga il Governo, la Commissione e i soggetti interessati, e' assolutamente necessario che il prolungamento dei termini di revisione, di cui al punto 21, sia chiesto dal Governo al Parlamento per lo meno in riferimento al solo provvedimento in questione.

  3. Relativamente al potere delegificante di cui all’articolo 3, comma 136, della legge n. 662/96 (cui si riferiscono l’articolo 2, comma 2, l’articolo 5, comma 2, e l’articolo 14, comma 3, dello schema di decreto in oggetto), la Commissione ritiene di poter affermare che esso non si esaurisce con l’emanazione dei singoli decreti legislativi che vi facciano esplicito rinvio. Ciò in considerazione della finalità di consentire un puntuale adeguamento della normativa vigente, allo scopo di semplificare gli adempimenti dei contribuenti, al quale risponde il comma 136 dell’articolo 3, della legge n. 662/96. A tal fine, la Commissione segnala al Governo l’opportunità di adottare, con norma da sottoporre al Parlamento per via ordinaria, una disposizione di carattere interpretativo volta a recepire tale indicazione.

Roma, 15 dicembre 1999