PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE CONSULTIVA IN MATERIA DI RIFORMA FISCALE AI SENSI DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1996, N. 662, SULLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E CORRETTIVE DEI DECRETI LEGISLATIVI 15 DICEMBRE 1997, N. 446 E 21 NOVEMBRE 1997, N. 461.

La Commissione Parlamentare consultiva in materia di riforma fiscale, istituita ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha esaminato lo schema di decreto legislativo correttivo ed integrativo dei decreti legislativi 15 dicembre 1997, n. 446 e 21 novembre 1997, n. 461, sottoposto alla Commissione dal Governo ai sensi dell’articolo 3, comma 17, della legge istitutiva. Esso prevede la possibilità di presentare, entro i due anni successivi alla loro entrata in vigore, provvedimenti integrativi e correttivi dei decreti fiscali emanati.
La Commissione ritiene indispensabile apportare quegli interventi correttivi ed integrativi che, alla luce dell’esperienza compiuta nell’applicazione dei decreti legislativi fiscali, si rendono necessari per adeguare e perfezionare le norme. La complessità e la delicatezza della materia avrebbero comunque richiesto una più meditata ed approfondita espressione di parere, sottoponendo per tempo lo schema di decreto legislativo all’esame della Commissione. La sensibilità ed il senso di responsabilità dei componenti la Commissione di fronte alle prossime scadenze fiscali, e la necessità che il Governo, pur in ritardo, predisponga la modulistica e le istruzioni relative alla dichiarazione IRAP, non possono essere scambiati per la rinuncia ad esercitare un ruolo critico e costruttivo.
Il condizionamento delle scadenze è tanto più grave, quanto più si considera che quella del 21 giugno è immodificabile, a meno di creare buchi nella trimestrale di cassa, che si ripercuoterebbero poi negativamente sull’immagine del Paese.
L’attività di consultazione ed audizione in corso di associazioni, enti, organizzazioni economiche e sindacali che la Commissione sta effettuando pone in evidenza la necessità di interventi correttivi della disciplina IRAP di carattere organico che perseguano obiettivi di semplificazione ed uniformazione delle basi imponibili IRPEG/IRPEF e IRAP, oltre ad eliminare fenomeni paradossali e non in sintonia con la politica economica del Governo che si riscontrano nell’effetto redistributivo del carico fiscale prodotto dall’introduzione dell’IRAP.
Peraltro, su quest’ultimo aspetto la Commissione ha più volte richiamato l’attenzione del Governo fin dall’espressione del parere sul decreto legislativo che introduceva la nuova imposta.
L’attività conoscitiva avviata dalla Commissione e il documento finale che ne risulterà potranno concorrere, come d’altra parte il Governo si è impegnato a fare, all’elaborazione di un decreto legislativo che riveda ed adegui in modo organico la materia.
La Commissione, pur nella valutazione positiva delle correzioni ed integrazioni apportate, rileva che esistono una serie di aspetti problematici, sui quali richiama l’attenzione del Governo, posti dall’impatto della nuova disciplina con la realtà economica e con le modalità applicative ai fini di realizzare obiettivi di trasparenza, certezza interpretativa e semplificazione. Essi sono:

1)    l’avvicinarsi dei termini di presentazione della dichiarazione IRAP relativa al periodo d’imposta 1998, e la necessità di una rapida approvazione del decreto legislativo, che dia risposta ai dubbi ed alle incertezze interpretative, non consentono alla Commissione la proposizione delle soluzioni da dare in termini organici e strutturali alle uniformazioni delle basi imponibili, dal momento che la discrasia attualmente esistente, tra valori fiscali rilevanti agli effetti del reddito d’impresa e valori fiscali rilevanti agli effetti dell’imponibile IRAP, creano il cosiddetto "terzo binario" e cioè la tenuta di una contabilità e di un bilancio, oltreché agli effetti civilistici e fiscali, anche agli effetti IRAP;

2)    il Governo pone rimedio solamente ad alcune problematiche di carattere interpretativo che dovrebbero andare nella direzione di uniformare la base imponibile IRAP a quella IRPEF/IRPEG. Non si può non evidenziare però che il metodo adottato corre il rischio di originare una normativa "casistica". A parere della Commissione, la soluzione "strutturale" (cioè i principi generali contenuti nell’articolo 1 dello schema di decreto legislativo con le modifiche apportate all’articolo 1, comma 1, - inserimento lettera 0a) -) non pare corrispondere compiutamente ai requisiti di "portata generale", tali da ristabilire una situazione di continuità ed omogeneità nella determinazione all’imponibile IRAP, in relazione a variazioni di componenti positivi e negativi che hanno rilevato ai fini della determinazione del valore della produzione in periodi d’imposta precedenti o di elementi patrimoniali, da cui potranno derivare componenti positivi e negativi del valore della produzione di periodi d’imposta successivi. La Commissione rileva il permanere di evidenti limiti, anche dopo l’adozione della norma di "portata generale", alla "uniformazione" delle basi imponibili IRPEG/IRPEF e IRAP, che, trattandosi di due discipline i cui presupposti sono completamente diversi, non sarà agevole uniformare;

3)    se i dubbi della Commissione non avessero rilievo non avrebbe senso il proporre una norma di portata generale come quella commentata al punto 2, ma, contestualmente, anche soluzioni "puntuali" come quelle che si riferiscono a:

- perdite su crediti;

- contributi, anche in conto gestione, erogati in base a norme di legge.

Per quanto riguarda le perdite su crediti, la normativa introdotta con il decreto correttivo complica ulteriormente le modalità applicative del tributo, obbligando il contribuente non solo ad apportare le variazioni in aumento oppure in diminuzione rilevanti ai fini IRAP alle voci di conto economico che costituiscono la base imponibile di detto tributo, ma anche a compiere un’indagine sulle voci di conto economico che accolgono aumenti di reddito aventi natura straordinaria.
Per quanto attiene ai contributi, ci si trova in presenza di una norma innovativa e non interpretativa. Una norma che, in quanto tesa a comprendere i contributi a copertura di perdite nell’imponibile IRAP, va nella direzione esattamente opposta a quella della uniformazione delle basi imponibili IRPEG/IRPEF e IRAP.
Non si capisce d’altra parte l’utilità di una norma che, stando a quanto affermato nella relazione tecnica, comporterà una partita di giro, innalzando contestualmente dello stesso importo la pressione fiscale e la spesa. Per questi motivi, la Commissione ritiene preferibile eliminare detta norma dal testo del decreto. Nel caso in cui il Governo decida di mantenerla, vanno meglio precisate le motivazioni che stanno alla base di siffatto provvedimento;

4)    (cessioni di azioni ai lavoratori dipendenti (stock-option) La Commissione richiama l’attenzione del Governo sui pareri precedentemente espressi sul trattamento fiscale delle assegnazioni agevolate di azioni ai dipendenti.
Questo processo non corrisponde solo al dettato costituzionale, che all’articolo 47 prevede di favorire l’accesso del risparmio popolare all’investimento nei grandi complessi produttivi del Paese. Esso è parte integrante di una moderna democrazia economica e costituisce un "bene meritorio" da agevolare fiscalmente.
In tal senso si è mosso il decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314, riguardante il trattamento fiscale e la base imponibile del lavoro dipendente che ha esentato da assoggettamento all’IRPEF le assegnazioni agevolate di azioni ai dipendenti. La mancanza di precise condizioni, finalità e limiti di spettanza della norma agevolativa, ha però generato diffusi fenomeni elusivi in base ai quali, soprattutto per le società quotate nei mercati regolamentati, la facile ed immediata monetizzazione delle azioni assegnate, ha di fatto trasformato questo istituto in un "fringe benefit" esente fiscalmente, senza creare peraltro i presupposti in virtù dei quali era stato introdotto e cioè la partecipazione azionaria diffusa tra i lavoratori dipendenti ed il godimento dei risultati d’esercizio.
In questa circostanza va rilevato che l’assegnazione di azioni ai dipendenti, in mancanza di regole definite, ma intesa come mero strumento finanziario per premiare il merito o la fidelizzazione solo verso alcune categorie del lavoro dipendente o, al limite, a singoli lavoratori dipendenti, è bene che perda il carattere di "bene meritorio" e quindi l’agevolazione fiscale. E’ evidente che la motivazione dei managers, la loro fidelizzazione, produttività e merito costituiscono beni privati dell’impresa. In tal caso l’assegnazione agevolata di azioni deve intendersi a tutti gli effetti come "fringe benefit" ed essere assoggettata ad IRPEF.
Occorre definire quindi le condizioni che giustificano una assegnazione di azioni tali da motivare una agevolazione fiscale.
La Commissione ritiene che esse consistano:

A)    nella applicabilità del beneficio solo alle fattispecie che favoriscono un azionariato diffuso e che quindi interessano la generalità dei dipendenti;

B)    nella possibilità di realizzare la fattispecie, non soltanto, come attualmente previsto, attraverso l’emissione di nuovi titoli, ma anche tramite l’assegnazione di titoli già circolanti così da pervenire ad un allineamento della fattispecie stessa al modello originario delle stock options (offerte ai dipendenti contro corrispettivo);

C)    nelle previsioni di regole che incentivino il mantenimento del possesso della partecipazione prevedendosi il recupero del beneficio in dipendenza di atti di realizzo che intervengano entro un predeterminato periodo minimo.
Sarebbe auspicabile inoltre estendere l’applicazione della disciplina relativa alle stock options ad altri soggetti compartecipi della vita aziendale e interessati al buon andamento dei risultati gestionali, quali ad esempio gli amministratori e altri collaboratori significativi.
Allo stato dei fatti tale possibilità non appare realizzabile in carenza di delega poiché le norme relative alle stock options erano contenute nella finanziaria 1997 nell’ambito della revisione della base imponibile del lavoro dipendente (decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314);

D)    nella introduzione di vincoli riferiti alle retribuzioni nella assegnazione delle azioni ai dipendenti e determinazione di un tetto massimo.
Contestualmente, si deve rilevare che la disposizione introdotta alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 2, a prescindere da un più organico intervento in materia, si tradurrebbe in una inaccettabile penalizzazione per i contribuenti, tanto più grave in relazione alla previsione della sua efficacia retroattiva. A tale ultimo riguardo, si segnala che in linea generale non sembra corretta l'introduzione, nell'ambito di provvedimenti correttivi dei decreti legislativi già adottati, l'introduzione di norme di carattere retroattivo, a meno che non si tratti di disposizioni di contenuto inequivocabilmente interpretativo. Questo non sembra tuttavia il caso della disposizione richiamata, tanto più che, al di là delle affermazioni contenute al riguardo nella relazione illustrativa, la formulazione della stessa disposizione non ne esplicita la natura interpretativa. Conseguentemente, trattandosi di una norma che modifica sostanzialmente il regime preesistente, e considerato il fatto che la modifica si muove in senso peggiorativo per i contribuenti, anche in relazione alle difficoltà che la sua eventuale applicazione comporterebbe sotto il profilo contabile, si ritiene opportuno prospettarne lo stralcio.

La Commissione, dopo aver rilevato che lo schema di decreto legislativo è conforme alle deleghe, conferite con la legge 662 del 1996,

esprime parere favorevole

sullo schema di decreto legislativo sottoposto al suo esame, purché la disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d) sia stralciata e rinviata ad un provvedimento successivo.

La Commissione esprime inoltre le seguenti osservazioni:

a)    L’articolo 1, al comma 2, contiene una disposizione di modifica dell’articolo 61 del decreto legislativo n. 446/97 in materia di riduzione dei trasferimenti erariali alle Province. L’articolo 61 fissava al 31 marzo 1999 il termine per la determinazione delle riduzioni definitive delle dotazioni dei fondi spettanti alle Provincie (e ai Comuni). L’articolo 1, comma 2 modifica questo termine, prevedendo che i dati definitivi relativi alla riscossione dell’imposta sulle assicurazioni (RC auto) ed all’imposta sulle trascrizioni (IPT), sulla cui base deve essere determinato l’esatto importo della riduzione dei suddetti trasferimenti erariali, possono essere comunicati dal Ministero delle Finanze entro il 31 marzo 2000. A tal fine, dal momento che un differimento si rende indispensabile, valuti il Governo l’opportunità e la possibilità che questo non oltrepassi il 30 settembre 1999, per garantire alle Province la certezza dei trasferimenti nel corso del 1999, in modo tale da pervenire ad un corretto assestamento di bilancio nei termini di legge.

b)    L’articolo 2, comma 1, lett. a) dello schema di provvedimento si occupa, tra l’altro, delle plusvalenze da cessione a titolo oneroso o rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati.
In pratica, la norma è diretta ad affermare la non imponibilità, per carenza del requisito di territorialità, delle plusvalenze su obbligazioni "quotate" realizzate da operatori non residenti.
Proprio in considerazione dell’opportunità di provvedere ad un ancora maggiore alleggerimento degli oneri di carattere amministrativo che possono intralciare l’operatività nei rapporti con gli intermediari non residenti, si suggerisce un ampliamento della portata oggettiva della disposizione, fino a ricomprendere l’intera area dei titoli emessi dai c.d. "grandi emittenti" rientranti nell’ambito di applicazione del meccanismo introdotto con il decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239 (titoli emessi dallo Stato, dalle banche e dalle società per azioni negoziate in mercati regolamentati).

c) Sempre nell’ambito delle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, dello schema di decreto, le lettere b) e c) regolamentano la rilevanza della variazioni di cambio nella determinazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi, con particolare riguardo ai contratti di pronti contro termine e riporti espressi in valuta estera ed alle attività finanziarie espresse in valuta estera non soggette a negoziazione da parte dell’investitore.
Le disposizioni hanno certamente il pregio di fare chiarezza su uno dei punti più controversi della riforma, consentendo l’eliminazione di un fattore distorsivo della fiscalità che poteva dar luogo ad arbitraggi.
L’apprezzabilità della norma non esime però la Commissione dal rimarcare i riflessi negativi che essa potrà determinare inevitabilmente in sede applicativa per le banche e gli altri intermediari, sia perché impone di rivedere procedure impiantate per l’attuazione del decreto legislativo n. 461/97, sia soprattutto in ragione della sua decorrenza retroattiva, essendo previsto che la stessa si applichi a far tempo dal 1° gennaio 1999 (articolo 2, comma 2), sia pure con la previsione di particolari modalità per la sistemazione dei redditi di capitale, delle plusvalenze e delle minusvalenze relativi al periodo intercorrente dall’inizio dell’anno alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Più precisamente, a meno che il contribuente interessato intenda provvedere in via autonoma alla sistemazione della propria situazione fiscale in dichiarazione dei redditi, è previsto che le imposte sostitutive e le ritenute dovute per effetto delle descritte modifiche potranno essere applicate dagli intermediari sulla base di una apposita opzione da esercitare entro il 31 ottobre 1999, alla quale farà seguito il versamento delle imposte dovute entro il giorno 16 dicembre.
Le ripercussioni fortemente negative che potrebbero derivare da tale decorrenza retroattiva impongono di richiederne la rimozione, stabilendo invece che le nuove disposizioni in tema di "effetto valuta" ai fini della ritenuta sui proventi dei contratti di pronti contro termine e dell’imposta sostitutiva sui capital gains trovino ingresso non prima dell’entrata in vigore del decreto correttivo, con riferimento ai contratti stipulati ed alle attività finanziarie sottoscritte a far tempo da tale data.
Se ciò non fosse, le banche e gli altri intermediari si troverebbero costretti a "riaprire" operazioni già chiuse, con tutte le difficoltà connesse alla necessità di ricostruire i dati relativi all’evoluzione subita nel tempo dai possessi di attività finanziarie da parte dei risparmiatori. Non è poi da sottovalutare la circostanza che, tanto le decisioni di investimento quanto quelle di disinvestimento, vengono assunte anche in considerazione dei connessi riflessi fiscali, sicché l’adozione di una norma di retroattività come quella ipotizzata dallo schema di decreto legislativo finirebbe con il compromettere ex post la redditività complessiva di operazioni considerate già definite in tutti i loro aspetti, con forte pregiudizio della fiducia da parte dei risparmiatori in principi basilari quelli quello della certezza del diritto in vigore nel momento in cui si effettuano operazioni fiscalmente rilevanti.
Oltretutto, la disciplina transitoria recata dallo schema di provvedimento appare oltremodo poco chiara, sia perché sembra regolamentare esclusivamente la posizione di quei contribuenti che, per effetto della retroattività della norma, si trovino "a debito" nei confronti del fisco, e pertanto devono pagare somme a titolo o di ritenuta sulle operazioni di pronti contro termine ovvero di imposta sostitutiva per le plusvalenze dovute alla competente "valuta", mentre nulla viene detto con riferimento a quei contribuenti che si trovino invece nella posizione di poter vantare una minusvalenza realizzata dal 1° gennaio 1999 alla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale.

d)    Si ricorda che non è stato ancora attuato il necessario coordinamento delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 461 del 1997 con quelle contenute nei decreti legislativi nn. 471 e 472 del 1997 riguardanti la riforma delle sanzioni tributarie non penali. Appare, inoltre, necessario attuare un coordinamento anche con riferimento alle nuove disposizioni relative alle semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, tra i quali rientrano senza dubbio i versamenti delle imposte sostitutive. Si raccomanda, pertanto, di attuare il coordinamento delle suddette disposizioni con apposito provvedimento stralciando la normativa relativa alle sanzioni dallo schema di decreto legislativo in esame.

e)    Per quanto riguarda, invece la definizione degli appositi correttivi previsti dall’articolo 82, comma 9, del TUIR, come sostituito dall’articolo 4 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, al fine di rendere equivalenti, sotto il profilo finanziario, il regime di tassazione basato sul criterio del realizzo e quello basato sul criterio della maturazione, si rileva la necessità di rivedere i meccanismi di determinazione di tali correttivi. E’ opportuno, infatti, prevedere che i correttivi possano tenere conto anche del cambiamento dell’aliquota della ritenuta, che potrebbe intervenire in futuro. Inoltre, per la definizione degli stessi, si ritiene opportuno il supporto a livello consultivo degli operatori specializzati del settore.

ONLUS - TRASFERIMENTO A TITOLO GRATUITO DI BENI PATRIMONIALI.

Pur trattandosi di materia che esula dai decreti legislativi esaminati, la Commissione richiama l’attenzione del Governo sulla necessità di una proroga dei termini, previsti dai decreti legislativi 4 dicembre 1997, n. 460 e 19 novembre 1998, n. 422, in relazione alle agevolazioni temporanee per il trasferimento a titolo gratuito di beni patrimoniali.
La particolare complessità della documentazione prevista ha fatto si che molte ONLUS od Enti di tipo associativo non hanno potuto usufruire di quella norma.
E’ opportuno pertanto prevedere una ulteriore proroga dei termini di cui all’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 460/1997, modificato dall’articolo 5, comma 1 lettera b), del decreto legislativo n. 422/1998, al 30 settembre 1999.